Alla ricerca di buone idee sul futuro dell’arco alpino e in particolare delle popolazioni che vi abitano. È stato questo il filo conduttore della tavola rotonda, fra esponenti politici, ospitata dal ForumAlpinum 2014 e dedicata al tema «Sfide per la politica». A confronto - assenti per cause di forza maggiore il sottosegretario Gianclaudio Bressa e l’onorevole Enrico Borghi - i rappresentanti della Regione Lombardia e del Cantone svizzero dei Grigioni: due diversi modi di essere (e di operare) al di qua e al di là delle Alpi, di particolare interesse nel momento in cui si stanno aprendo i nuovi scenari della Strategia macroregionale alpina EUSALP. Con il corollario nella tavola rotonda di un faro puntato sulla montagna veneta, a seguito dell’approvazione della legge regionale n. 25 sulla specificità montana e sull’autonomia amministrativa della Provincia di Belluno. Hanno partecipato alla discussione, coordinata da chi scrive queste note e arricchita da annotazioni Twitter, l’assessore di Regione Lombardia Gianni Fava, responsabile del programma di sviluppo rurale (PSR), il sottosegretario della medesima Regione Ugo Parolo, delegato alle politiche per la montagna, il presidente della Regione Valposchiavo nel Cantone dei Grigioni, Cassiano Luminati, il presidente uscente della Provincia di Sondrio, Massimo Sertori.
Sullo sfondo, la nuova dimensione delle Province montane alpine, confinanti con Stati esteri, introdotte dalla legge Delrio, la programmazione
europea 2014-2020, le aspettative legate alla già citata Strategia alpina europea, l’uso sostenibile delle risorse e la “remunerazione” dei servizi ecosistemici resi dalle zone montane alpine. Trattandosi di un appuntamento internazionale, in sede introduttiva il moderatore ha innanzitutto chiarito il riparto delle competenze, in Italia, fra Stato e Regioni, e fra Regioni e Province autonome da un lato e Regioni a statuto ordinario dall’altro lato, nonché i punti salienti del dibattito istituzionale in corso, invitando ciascuno dei partecipanti - per il proprio ambito di riferimento - ad esplicitare l’agenda sulla quale concentrare l’attenzione nella prospettiva di promuovere scenari e condizioni di vita capaci di declinare insieme tutela ambientale e coesione sociale. Alla luce di questo quadro di riferimento, la tavola rotonda ha fatto emergere alcune possibili linee di intervento a favore dei territori alpini soprattutto dal punto di vista delle politiche regionali essendo venuto meno il contributo degli esponenti politici nazionali (sono comunque intervenuti nel dibattito con una testimonianza diretta l’onorevole Davide Caparini e con un breve intervento scritto Marina Berlingheri). Le diverse chiavi di lettura sviluppate dai relatori hanno fatto riferimento, come si accennava, ai programmi in cassetto a valere sui fondi europei, ai progetti volti a favorire l’autogoverno dei territori alpini, ai chiaroscuri tracciati dalle recenti riforme sull’assetto dei poteri locali (Province di secondo
grado e revisione dei rapporti fra Stato e Regioni), con una sottolineatura particolare per le iniziative utili a dare un “peso politico” adeguato alle comunità alpine.
Sotto quest’ultima visuale, stimolante è stato
l’intervento del presidente della Regione
Valposchiavo, il quale ha portato l’esperienza del progetto Lagobianco, sul passo del Bernina, per la realizzazione, da parte di Repower, azienda partecipata dallo stesso Cantone, di una centrale idroelettrica ad accumulo da 1.000 megawatt a Camp Martin nel sottostante lago di Poschiavo. Si tratta di un investimento da 1,5 miliardi di franchi svizzeri (circa un miliardo e 100 milioni di euro). Dopo una lunga fase di trattative al termine delle quali le popolazioni interessate, nel referendum obbligatorio per legge, si sono espresse con il 65% di voti favorevoli, nel marzo 2014 il Cantone dei Grigioni ha approvato i testi delle concessioni messe a punto con i Comuni coinvolti: Poschiavo e Brusio, una comunità con meno di 5 mila abitanti. Il pacchetto, incamerato dalla Valposchiavo, comprende i canoni d’acqua incassati annualmente dai Comuni e in parte dal Cantone, l’imposta sugli impianti di pompaggio, l’opzione riconosciuta ai Comuni stessi di poter successivamente entrare, a condizioni prestabilite, con una partecipazione del 5% nella compagine sociale della società operativa a cui la nuova centrale farà capo, oltre a un ampio ventaglio di compensazioni ambientali, di interventi a favore dell’agricoltura, nonché della cessione gratuita all’azienda elettrica comunale di un quantitativo predeterminato di energia elettrica. I “benefit” contemplano altresì la devoluzione di una quota parte delle imposte sui redditi d’impresa e di carattere fondiario riscosse dal Cantone e si traducono in un importo cospicuo: circa 8 milioni di franchi svizzeri l’anno, pari a 6,7 milioni di euro. Ben diversa musica si registra invece in Italia. Le grandi concessioni idroelettriche sono (al momento) di competenza delle Regioni, popolazioni e Comuni interessati (di fatto) subiscono. Senza contare che, nelle Regioni a statuto ordinario, per gli impianti Enel il decreto Bersani del 1999 ha fissato la scadenza delle concessioni al 2029. Ora, a tale panorama fa eccezione la Lombardia, dove molte concessioni sono esercite in regime di “prorogatio”. Alla tavola rotonda ne ha dato conto il sottosegretario Parolo, a cui il governatore Roberto Maroni ha delegato anche la materia dei rapporti con la macroregione alpina. In Lombardia le concessioni di grandi derivazioni idroelettriche sono 82 e una quindicina è appunto scaduta. Ma per avviare le gare - minimo
20 e massimo 30 anni - mancano ancora i criteri e i parametri per la procedura. Su questo punto Regione Lombardia intende avviare un’iniziativa con il Governo per ottenere alcune modifiche legislative: le dighe non siano beni dei concessionari, bensì beni pubblici; nel bando di gara sia ammessa la possibilità di costituire società miste (fra operatori privati ed enti locali); siano rivisti i canoni da devolvere ai Comuni e alle loro forme associative sulla falsariga del modello svizzero; si amplino le compensazioni ambientali obbligatorie in coerenza con quanto previsto dalla pianificazione idrica.
Oltre che sulla partita idroelettrica, Regione Lombardia, ha aggiunto l’assessore Fava, è pronta a cimentarsi a favore dei territori alpini facendo leva anche sul Sottoprogramma montagna del proprio PSR. In Lombardia le aree di montagna sono il 14% della Sau, l’agricoltura in quota produce circa il 20% della Plv complessiva regionale, ma dal 35 al 45% delle risorse PSR verranno destinate alle aziende che operano in montagna, con priorità ai giovani agricoltori e alla multifunzionalità dell’attività agricola. Maggiori spazi di autogoverno sono stati sollecitati da Sertori, secondo il quale la situazione istituzionale che si sta delineando nelle Province montane a statuto ordinario rischia di creare ulteriore marginalità e minore capacità di sintesi e di rappresentanza territoriale. La Provincia di Sondrio, d’intesa con Regione Lombardia, attraverso un accordo di programma e lo strumento del bilancio idrico ha sviluppato un interessante livello di autonomia decisionale, che, una volta risolto il nodo rinnovo delle concessioni, potrebbe portare ad ancora più avanzati traguardi.
Beninteso, il tema dei “ristori”, cioè delle contropartite sulle rendite dei concessionari idroelettrici, non deve smorzare l’attenzione sul rispetto degli equilibri ecologici. Ma la stessa Convenzione delle Alpi, agli Stati contraenti, riconosce nel protocollo Energia «la possibilità di imputare agli utenti finali delle risorse alpine prezzi di mercato» e di «compensare equamente le popolazioni locali per le prestazioni rese nell’interesse della comunità» con la tutela della risorsa acqua. Un tema che la ricerca può approfondire e rilanciare al tavolo della politica nel contesto di un esplicito riconoscimento della
specificità montana con norme e programmi ad hoc
in ambito nazionale, e con un rinnovato impulso a far parlare alla nascente Strategia alpina europea un linguaggio innovativo in sintonia con le popolazioni interessate.