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16. La lettura del testo letterario come strumento per la costruzione della competenza emotiva?

16.2 La competenza emotiva

Per introdurre questo tema tornano assai utili le parole di Vygotskij (Vygotskij, 2006, p. 153): “Questa padronanza delle emozioni, che è il problema di ogni educazione, può sembrare a prima vista soppressione del sentimento. Essa invece significa sottomissione del sentimento, suo collegamento con le altre forme di comportamento e suo orientamento vantaggioso. Come esempio di utilizzo razionale del sentimento pensiamo ai cosiddetti sentimenti intellettuali: la curiosità, l’interesse, lo stupore e così via. Nascono in rapporto diretto con l’attività intellettuale e la dirigono nel modo più evidente, sebbene possiedano un’espressione corporea estremamente insignificante, caratterizzata, per la maggior parte, da alcuni movimenti minimi degli occhi e del viso”. Si tratterà ora di capire in che cosa consiste questa padronanza delle emozioni, che corrisponde al costrutto della competenza emotiva.

Esso è stato introdotto stabilmente da Saarni (1990). Secondo la sua definizione (D’Urso, 2006), si tratta della capacità di regolare la propria esperienza emotiva e di gestire in modo ottimale i propri rapporti interpersonali. Altri psicologi (Goleman, 1995) preferiscono usare il termine “intelligenza

emotiva”, con significato molto simile. La competenza emotiva è una capacità che si sviluppa con l’età e che può essere ampliata e perfezionata attraverso l’apprendimento intenzionale quando si diventa consapevoli della sua rilevanza. Possedere un buon grado di competenza emotiva equivale all’essere socialmente integrati e personalmente equilibrati. Una buona competenza emotiva, inoltre, rafforza l’autostima, e questa sicurezza personale permette di affrontare situazioni emotivamente nuove e difficili, perfezionando così ulteriormente le proprie capacità. La competenza emotiva riguarda sia il livello intrapsichico, cioè si esercita nel rapporto interno con le proprie emozioni, sentimenti e stati d’animo, sia il livello interpersonale, quando la comprensione del quadro emotivo degli altri facilita il raggiungimento degli obiettivi sociali. La competenza emotiva si articola in diverse capacità specifiche, come la comprensione delle emozioni proprie e altrui, la capacità di esprimere emozioni anche a parole, l’empatia, la percezione delle emozioni degli altri. Queste capacità possono essere più o meno sviluppate in ogni singolo individuo. È piuttosto raro incontrare una persona che eccella in un ambito mentre è molto carente in un altro, ma è possibile che nella stessa persona vi sia un diverso grado di abilità in ambiti diversi.

Se si vuole interpretare il concetto secondo il punto di vista dell’intelligenza emotiva, si può dire che essa è l’abilità di percepire, interpretare ed esprimere le emozioni; di produrre e di accedere a sensazioni emotive che facilitano le attività cognitive; di comprendere i vari concetti riferiti alla vita affettiva; di usare un linguaggio specifico; di gestire le emozioni proprie e altrui in un modo che favorisca lo sviluppo personale, il benessere e le relazioni sociali.

L’educazione all’affettività dovrebbe fare coesistere un piano di lavoro formale ed uno informale. Il primo è quello dei percorsi strutturati, organizzati in sequenze di attività intenzionalmente mirate allo sviluppo di specifiche competenze nei vari piani della vita affettiva. Il piano informale si articola d’altra parte in tre ambiti in cui agire in termini educativi con l’attenzione alle varie componenti della vita affettiva: l’ambito delle dinamiche di insegnamento-apprendimento, la relazione di aiuto e l’elaborazione nel gruppo di temi sensibili, a cui si aggiunge l’autovalutazione da parte degli insegnanti sul loro stile affettivo.

Le competenze che devono essere sviluppate per vivere positivamente l’affettività sono: riconoscere e distinguere espressioni dell’affettività propria e altrui, comprendere dove, come e perché esse hanno origine ed esprimerle, cioè comunicarle (Ianes, 2007, pp. 11 e segg.) Ma di questo si tratterà più avanti.

L’interesse riscosso dal tema della competenza emotiva è indubbiamente connesso al ruolo estremamente significativo e ampiamente riconosciuto che le emozioni giocano sia sul piano dell’organizzazione della conoscenza e della comprensione sociale, sia per quanto riguarda il benessere psicologico nella vita quotidiana (Grazzani Gavazzi, 2009). Secondo alcuni studiosi (Schaffer, 2006) un input decisivo allo studio di questo argomento deriva dal successo del libro di Goleman (1995) intitolato Intelligenza emotiva, in cui si sottolineava la necessità di promuovere, accanto all’intelligenza cognitiva, anche il suo equivalente emotivo. La tesi dell’alfabetizzazione emotiva ha richiamato l’attenzione sulle conseguenze negative che si verfificano quando ci si concentra unilateralmente, ad esempio nell’educazione, sul primo aspetto. L’esistenza di un legame tra le componenti emotive e i vari aspetti del funzionamento psicologico è un punto di vista largamente condiviso: il fatto che le emozioni assumano il loro significato nelle transazioni quotidiane rappresenta un paradigma ormai piuttosto consolidato, che mette in luce quanto sia artificioso prenderle in considerazione senza fare riferimento ad una più generale abilità socioemotiva. Appare importante sottolineare peraltro come la competenza emotiva vada distinta dalla più generica competenza sociale (Halberstadt et al., 2001), tradizionalmente studiata attraverso abilità sociali come lo stato tra pari o il successo nella relazione, che non includono in modo esplicito gli aspetti intrapsichici e relazionali delle emozioni.

Muovendo da una prospettiva sociocostruzionista e sociologica, che enfatizza il ruolo della cultura emotiva, Gordon (1989) è stato il primo a soffermarsi sulla competenza emotiva come un insieme di conoscenze e di abilità di comportamento. In particolare secondo l’autore l’acquisizione dell’emotional culture è il prerequisito per essere emotionally competent. Tale competenza implica

cinque abilità principali, ovvero saper esprimere emozioni, saper interpretare comportamenti emotivi, sapere controllare l’espressione emozionale in base alla sua adeguatezza al contesto, conoscere il vocabolario emotivo e far fronte alle emozioni dolorose senza scompensarsi. La tesi di Gordon sottolinea il forte legame tra cultura ed emozione. Introducendo il concetto di cultura emozionale l’autore si riferisce a una serie di conoscenze, metafore, norme che un individuo apprende attraverso le interazioni quotidiane in cui è coinvolto fin da piccolo. I concetti che i bambini si formano in merito alle emozioni sono collegati alle credenze, al lessico, alle pratiche educative che l’adulto trasmette negli scambi con il bambino e che il bambino osserva negli scambi fra altri. I bambini si costruiscono concezioni personali riguardo alle emozioni, al loro significato, alla gamma di espressioni accettabili, ai contesti in cui è lecito esprimerle e ai modi in cui vanno o non vanno espresse in virtù della cultura emotiva in cui crescono. Gordon utilizza il termine di etnopsicologia per riferirsi a tale cultura: essa è data dall’insieme delle credenze condivise dagli adulti da un lato circa il significato delle emozioni per la natura umana e, dall’altro lato, circa lo sviluppo di abilità che consentono al bambino d’arrivare a provare emozioni e produrre comportamenti emotivi come gli adulti stessi.

A partire dagli anni Ottanta diversi contributi nello studio del pensiero e dei processi cognitivi hanno spinto a considerare le emozioni come un dominio dell’intelligenza, o più in generale come uno strumento di adattamento dell’individuo all’ambiente (Gardner, 1983; Sternberg, 1988). Nei primi anni Novanta sono stati proposti studi sul costrutto dell’intelligenza emotiva, che è connesso, come si è visto, a quello di competenza emotiva. Sembrerebbe infatti esistere un’ampia zona di sovrapposizione tra i due costrutti. Tuttavia Salovey e Mayer (1990), i primi ad usare l’espressione “intelligenza emotiva”, sottolineano, come caratteristica distintiva della stessa, l’attitudine o l’abilità a ragionare con le emozioni, mentre considerano la competenza emotiva come il raggiungimento da parte di un soggetto di abilità spendibili negli scambi sociali. Inoltre, mentre tali autori ambiscono a raggiungere una misura quantitativa, gli psicologi dello sviluppo che studiano la competenza emotiva sono maggiormente interessati a descrivere i cambiamenti nelle abilità stesse e a individuare i fattori di spiegazione dello sviluppo tipico e atipico, quali le pratiche educative, gli stili conversazionali familiari, lo sviluppo cognitivo e così via.

Il modello teorico di Salovey e Mayer (1990) include tre principali dimensioni di abilità: quella di discriminare le emozioni, quella di regolare le proprie e altrui emozioni e quella di usare le informazioni per guidare il proprio pensiero e la propria azione nella risoluzione di problemi.

La prima dimensione viene definita valutazione ed espressione delle emozioni in sé e negli altri ed è a sua volta distinta in quattro subcomponenti, due riferite al sé – verbale e non verbale – e due riferite agli altri –percezione non verbale ed empatia. La seconda dimensione, detta regolazione delle emozioni, è composta da regolazione delle emozioni in sé e regolazione negli altri. L’ultima dimensione, detta uso delle emozioni, include quattro subcomponenti: pianificazione flessibile, pensiero creativo, rifocalizzazione dell’attenzione e motivazione.

Nella versione rivista del modello (Mayer e Salovey, 1997), gli autori evidenziano come nella precedente definizione di intelligenza emotiva venisse omesso il “pensare circa le emozioni”. Il nuovo costrutto pertanto comprende quattro ambiti di complessità crescente: il primo è la percezione, valutazione ed espressione delle emozioni; il secondo è l’abilità di accedere e/o generare emozioni che possano facilitare il pensiero; il terzo riguarda la comprensione, l’analisi e l’utilizzo della conoscenza emotiva; infine il quarto concerne la regolazione riflessiva delle emozioni per la crescita emotiva e intellettuale. Il tentativo degli autori è quello di proporre un modello evolutivo di complessità crescente ed integrata che procede dalla semplice percezione delle emozioni fino ad un livello riflessivo di metaesperienza delle emozioni e degli stati d’animo. Carolyn Saarni ha dedicato la sua ricerca allo studio della competenza emotiva dal punto di vista evolutivo, considerando sia lo sviluppo tipico sia lo sviluppo atipico (Saarni, 1997; 1999; 2008). Con l’espressione competenza emotiva l’autrice si riferisce alla capacità di comprendere le proprie e altrui emozioni, di regolarle o controllarle e di utilizzarle al meglio nei processi cognitivi e negli scambi sociali.

Saarni ritiene che gli elementi che concorrono alla definizione di competenza emotiva siano il senso di sé, il proprio senso morale e la propria storia evolutiva. Inoltre afferma che le componenti della competenza emotiva sono quelle abilità necessarie per essere efficaci in modo particolare nelle transazioni sociali che producono emozioni, essendo gli scambi interpersonali il luogo in cui il significato viene stabilito. Nel descrivere tali abilità necessarie per emergere dagli incontri sociali sentendosi adeguati e accrescendo la stima di sé, Saarni enfatizza l’effettivo funzionamento implicito nell’espressione competenza emotiva. La derivazione delle otto abilità di base che propone è pragmatica: le prime sei provengono dalla rassegna di studi sullo sviluppo emotivo, le ultime due sono più sottili, meno definibili e riflettono lo sforzo di catturare il fatto che viviamo in sistemi socioemotivi, e che la competenza emotiva dovrebbe in ultima analisi produrre saggezza, cioè consentirci di capire come comportarsi al meglio (Saarni, 1999). Tali abilità sono le seguenti: 1. la consapevolezza del proprio stato emotivo, che ha come condizione lo sviluppo del senso di sé, che porta ad acquisire una specifica identità e a differenziarsi dagli altri. 2. L’abilità di riconoscere, cioè di distinguere e comprendere le emozioni degli altri, si sviluppa in connessione con altre abilità, ad esempio la consapevolezza delle proprie emozioni, l’empatia e la capacità di comprendere le cause delle emozioni. 3. L’abilità di usare il vocabolario emotivo ed espressioni comunemente disponibili nella propria cultura consente di comunicare le proprie esperienze emotive agli altri, ma anche di elaborarle e di integrarle con le rappresentazioni emotive altrui. Il linguaggio emotivo fornisce gli strumenti per un’efficace rappresentazione delle proprie esperienze e nel contempo dà forma alle relazioni sociali. Un ruolo importante in questa abilità è rappresentato dagli scripts emotivi, ovvero da schemi interpretativi che provvedono alla costruzione di una routine o di un piano per dare senso alle esperienze emotive in modo che siano pienamente significative per l’individuo. 4. La capacità di coinvolgimento empatico e simpatetico nelle esperienze emotive altrui consiste nella capacità di riconoscere e produrre segnali emotivi per contagio. Fattori di varia natura determinano lo sviluppo successivo della capacità di immedesimarsi negli altri: i processi maturativi, l’esperienza sociale, la costruzione di strutture cognitive, il progressivo articolarsi della vita emotiva interna, le pratiche educative. Empatia e simpatia, cioè il sentire per gli altri e il partecipare ai sentimenti altrui richiedono la consapevolezza di un sé distinto dagli altri e la capacità prospettica di inferire le emozioni altrui. 5. L’abilità di realizzare che stati emotivi interni non necessariamente trovano corrispondenza nell’espressione visibile e di comprendere che il proprio comportamento emotivo può avere impatto sugli altri, per cui essa consiste nella capacità di separare le proprie esperienze emotive soggettive dai propri comportamenti espressivi osservabili. 6. La capacità di far fronte alle emozioni a valenza negativa si realizza attraverso diverse strategie, ad esempio il problem solving, la ricerca di aiuto, l’evitamento, l’internalizzazione e l’esternalizzazione. 7. la consapevolezza che la natura delle relazioni è in larga parte definita dal modo con cui le emozioni sono comunicate all’interno della relazione; tale abilità è legata ai rituali dell’interazione, ai processi di negoziazione interpersonale e alla metacomunicazione. 8. L’autoefficacia emotiva, che consiste nel sentire di avere il controllo delle proprie emozioni, le quali vengono accettate perché l’esperienza emotiva è in linea con il senso morale e le credenze dell’individuo: consiste nell’accettazione della propria vita emotiva, per cui implica la conoscenza di sé e la disponibilità allo sguardo introspettivo. Susan Denham (1998) ha sistematizzato i contenuti degli autori precedenti, definendo la competenza emotiva come un insieme di capacità riconducibili a tre principali categorie: espressione, comprensione e regolazione delle emozioni. Ciascuna di esse comprende le abilità in precedenza analizzate. Ad esempio, per quanto riguarda l’espressione delle emozioni si ha l’uso dei gesti per esprimere messaggi emotivi non verbali, o la capacità di manifestare supporto empatico a chi soffre; circa la comprensione emotiva sono importanti il riconoscimento delle proprie e altrui emozioni e l’uso del vocabolario emotivo; riguardo alla regolazione emotiva risulta rilevante l’uso di strategie per modificare esperienze emozionali troppo intense, sia di valenza negativa che positiva.

Più di recente Halberstadt, Denham e Dunsmore (2001) hanno contribuito alla proposta di un modello teorico di quella che è stata denominata competenza socioaffettiva. Essa include tre

componenti principali: inviare messaggi emotivo-affettivi, riceverli e fare esperienze affettive. A ciascuna delle tre componenti corrispondono quattro abilità: consapevolezza dell’affetto o emozione, identificazione dell’affetto, adattamento alle situazioni contestuali, gestione e regolazione affettiva. Inoltre il modello considera i cosiddetti fattori del sé che influenzano la competenza socioaffettiva e comprendono le visioni personali del mondo, il concetto e lo schema di sé, le condotte, il temperamento e la percezione degli eventi (ad esempio l’amicizia) come processi. L’invio di messaggi affettivi riguarda la capacità di segnalare lo stato emotivo attraverso canali espressivi. La consapevolezza è relativa alla decisione di comunicare in modo comprensibile l’emozione, l’identificazione consiste nello scegliere il tipo di messaggio, mentre la capacità di adattarsi al contesto implica il saper modificare i propri comportamenti in relazione alla situazione. La gestione delle emozioni fa sì che si moduli e regoli l’espressione dei propri stati d’animo.

Il ricevere segnali emotivo-affettivi dagli altri fornisce riscontri rispetto alle azioni prodotte e informa sulle intenzioni dell’altro. La consapevolezza dei messaggi emotivi altrui consente di procedere nell’interazione; è necessario identificare, ovvero interpretare correttamente il significato del messaggio. La terza abilità nel ricevere segnali implica che si sappiano comprendere i significati emotivi tenendo conto del cambiamento degli eventi contestuali e delle regole di esibizione che impongono particolari vincoli all’espressione emotiva dell’altro. Riguardo alla gestione dei segnali emotivi altrui, si sa interagire adeguatamente rispondendo a tono ai comportamenti degli altri. Per quanto riguarda infine la componente di esperienza emotivo-affettiva, gli autori si riferiscono non solo alla consapevolezza e al riconoscimento delle proprie emozioni, ma anche all’effettiva regolazione dell’espressione emotiva durante le interazioni sociali. La consapevolezza di provare un’emozione riguarda anche la valenza emotiva, mentre la capacità di identificare un’emozione implica una maggiore accuratezza e precisione nel riconoscere e dare un nome a ciò che si sta provando. La terza abilità riguarda la comprensione dei significati dei propri stati d’animo, tenendo conto dei limiti dati dalle regole contestuali (in questo senso il confronto con modalità diverse di emozioni proposte dalla letteratura attiva il confronto tra similarità e divergenze dell’affettività del personaggioe del lettore, che aiutano il rinforzo dell’identità di quest’ultimo nel caso di affinità o l’esame della diversità e la conoscenza dell’altro da sé qualora l’esperienza affettiva riportata sia diversa) e dai cambiamenti nel flusso degli eventi. Infine la quarta abilità riguarda la gestione/regolazione delle proprie esperienze emotive e si sviluppa a partire dal riconoscimento di strategie di coping, ma anche il gestire emozioni positive durante l’interazione a livello della loro intensità o durata. Un aspetto importante della competenza socioaffettiva ed emotiva fin qui delineata consiste nell’integrare e controllare la sovrapposizione tra le tre componenti dell’inviare, ricevere e sperimentare emozioni (Denham et al., 2003).

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