4 Dalla lettura allo studio cognitivo della comprensione: prodromi ad un’analisi neurocognitiva dell’interpretazione del discorso letterario
4.3 Le inferenze negli esperimenti di neuroscienza cognitiva.
La processazione del testo richiede inferenze per stabilire la coerenza tra frasi successive. Negli studi neuropsicologici e di neuroimmagine questi processi di costruzione della coerenza sono stati ascritti al RH. D’altra parte c’è un’evidenza in ordine al danno cerebrale prefrontale che causa disturbi non afasici del linguaggio, in cui i processi a livello del testo sono deteriorati. In uno studio di Ferstl e von Cramon (2001) è stata usata una metodologia di event-related fMRI relativa all’interezza dell’encefalo per valutare i contributi delle aree prefrontali e del RH alla costruzione della coerenza. Sono stati scansionati dodici soggetti mentre leggevano centoventi coppie di frasi ed esprimevano giudizi sulla loro coerenza. Sono state usate quattro condizioni, risultanti dall’incrocio della coerenza e della coesione, cioè la presenza di una connessione lessicale. Un pre-test comportamentale ha confermato che la coesione aiutava a stabilire la coerenza, mentre essa ostacolava la rivelazione delle rotture della coerenza.
Nello studio di fMRI tutte le condizioni di linguaggio hanno prodotto l’attivazione nelle regioni frontolaterale e temporolaterale sinistra, quando confrontate con un compito fisico di controllo. Le differenze dovute alla coerenza delle coppie di frasi sono state assai evidenti nella più estesa attivazione per le coppie di frasi coerenti, quando confrontate con le incoerenti, nell’area frontomediale sinistra, ma anche nelle regioni cingolata posteriore e del precuneo. Da ultimo un’area prefrontale inferiore sinistra è stata sensibile alla difficoltà del compito, e in particolare all’aumento nei costi della processazione quando la coesione indicava in modo falso la coerenza. Questi risultati non potrebbero fornire evidenza per uno speciale coinvolgimento del RH durante l’attività di inferenza. Suggeriscono piuttosto che la corteccia frontomediale sinistra gioca un ruolo importante nella costruzione della coerenza.
A tale proposito va citato lo studio di Beeman et al. (2000), relativo a tre esperimenti in cui giovani soggetti sani hanno ascoltato racconti che provocavano inferenze ed hanno indicato parole di test connesse da inferenza presentate al campo visivo destro/LH e al campo visivo sinistro/RH. I soggetti partecipanti hanno mostrato un innesco per le inferenze predittive soltanto per parole target presentate al campo visivo sinistro/RH; al contrario, essi hanno evidenziato un innesco per le inferenze di coerenza soltanto per parole target presentate al campo visivo destro/LH. Questi risultati, più del fatto che pazienti con danno al RH hanno difficoltà nel trarre inferenze di coerenza e non mostrano un innesco connesso all’inferenza, suggeriscono che le informazioni capaci di supportare le inferenze predittive è più probabile che siano inizialmente attivate nel RH che nel LH, ma dopo il venir meno della coerenza questi concetti, ora inferenze di coerenza, siano completati nel LH. Questi risultati sono in accordo con la teoria secondo cui il RH si dedica ad una codificazione semantica di grana relativamente grossa, che aiuta la piena comprensione del discorso.
Nello studio di event-related fMRI condotto da Virtue e colleghi (2006) i partecipanti hanno ascoltato ed hanno compreso brevi racconti che implicavano o affermavano esplicitamente eventi di inferenza. Lo scopo di questo studio era esaminare i meccanismi neurali che sono alla base della generazione di inferenze, un processo essenziale per una efficace comprensione. Sono stati osservati patterns distinti di un aumento del segnale di fMRI per gli eventi impliciti rispetto agli espliciti in due punti fondamentali durante i racconti: entro il giro temporale superiore destro, quando un verbo nel testo implicava l’inferenza, ed entro il giro temporale superiore sinistro al venir meno della coerenza, o quando i partecipanti avevano bisogno di generare un’inferenza per comprendere la storia. Per trovare la più convincente evidenza dell’attività neurale durante la generazione di inferenze, è stato esaminato il segnale fMRI in questi due punti cruciali separatamente per i soggetti
con alta capacità della memoria di lavoro, cioè quegli individui che è più probabile traggano inferenze durante la comprensione del testo. In modo interessante i soggetti con un alto livello di memoria di lavoro hanno mostrato un maggiore segnale di fMRI per gli eventi impliciti che per gli espliciti nel giro frontale inferiore sinistro al venir meno della coerenza, in confronto ai soggetti con basso livello di memoria di lavoro. Lo studio fornisce l’evidenza secondo cui le aree entro i giri temporale superiore e frontale inferiore sono fortemente coinvolte quando gli individui generano inferenze, anche durante il corso della comprensione che esige molti processi cognitivi. Inoltre i dati suggeriscono che il giro temporale superiore del RH è particolarmente coinvolto durante la prima processazione inferenziale, mentre il giro temporale superiore del LH è particolarmente coinvolto durante la successiva processazione inferenziale nella comprensione del racconto.
Si è detto che per creare coerenza tra le frasi e comprendere il discorso, si devono trarre le inferenze, cioè attivare e integrare le informazioni che non sono attualmente espresse. Kuperberg e colleghi (2006) hanno usato la event-related fMRI per determinare la localizzazione e l’estensione dell’attività cerebrale che media le inferenze causali attraverso scenari d’esame composti da tre brevi frasi. I partecipanti leggevano e esprimevano giudizi di coerenza causale in relazione a frasi che erano connesse da un punto di vista causale in modo notevole, intermedio o nullo ai contesti delle due frasi precedenti. Gli scenari connessi in modo elevato e intermedio erano collegati in termini di somiglianze semantiche tra le singole parole che le componevano. Uno studio di valutazione previo stabiliva che le inferenze causali erano generate per gli scenari connessi in modo intermedio, non per quelli legati in modo elevato o nullo. Nello scanner le frasi che erano correlate in modo intermedio, rispetto a quelle altamente o per nulla connesse, ai contesti che le precedevano erano associate con tempi di reazione più lunghi nel giudizio, e hanno evidenziato aumenti nell’attività emodinamica all’interno delle aree corticali temporale laterale sinistra, parietale inferiore sinistra e prefrontale, nel giro prefrontale inferiore destro e nella corteccia prefrontale bilaterale mediale e superiore. All’opposto, le frasi che non erano connesse, rispetto a quelle altamente connesse, ai contesti che le precedevano erano associate con aumenti soltanto transitori (al momento dell’apice della risposta emodinamica, ma non dopo) nell’attività all’interno della corteccia temporale laterale e del giro prefrontale inferiore destro. Questi dati suggeriscono che per capire il senso del discorso, si attiva un network corticale largamente bilaterale in risposta a ciò che non è esplicitamente asserito. Questo network riflette l’attivazione, il recupero e l’integrazione delle informazioni dalla memoria semantica a lungo termine nella struttura sopravveniente del discorso durante la produzione di inferenze causali.
Altri ricercatori ritengono che, sebbene l’inferenza predittiva nella lettura sia stata estensivamente analizzata con i paradigmi comportamentali, si sappia ancora poco riguardo ai substrati neurali. Manipolando la probabilità che un particolare evento possa essere predetto dal contenuto di un precedente racconto di tre frasi, lo studio condotto da Jin et al. (2008) mediante risonanza magnetica funzionale ha mostrato che il giro frontale inferiore sinistro e il giro linguale destro erano coinvolti nella generazione di un’inferenza predittiva. Si è suggerito che il giro frontale inferiore sinistro sia stato responsabile della costruzione di un’inferenza predittiva e il giro linguale destro dell’integrazione dell’inferenza costruita in una coerente rappresentazione testuale. Combinati con precedenti ricerche, i risultati forniscono una consistente evidenza di neuroimmagine che si accorda con le previsioni del modello di Schmalhofer e altri (Disc. Proc., 33, 105-13, 2002), che è rivolto a unificare le inferenze predittive e a collegare l’inferenza in un’unica struttura teorica.
D’altra parte, il fatto che le operazioni di inferenza si attuino anche inconsapevolmente viene messo in luce nello studio di Day e Gentner (2007), in cui vengono presentati risultati i quali suggeriscono che i processi di inferenza analogica possono giocare un ruolo nella comprensione e nell’interpretazione fluente. I soggetti dovevano provvedere ad usare informazioni da un precedente esempio, simile dal punto di vista relazionale, nel comprendere il contenuto di un esempio successivo, ma hanno riportato che non erano consapevoli di averlo fatto. Questi processi di inferenza erano sensibili alle mappature strutturali tra le due istanze, impedendo spiegazioni basate solamente su tipi più generali di attivazione, come il priming. Le misure di velocità di lettura sono
state in accordo con la possibilità che queste inferenze abbiano avuto luogo durante la codificazione del target piuttosto che durante il test di riconoscimento successivo. Questi risultati suggeriscono che la mappatura analogica, sebbene sia stata vista come un processo deliberativo esplicito, può talvolta operare senza intenzione o anche senza consapevolezza.
Capitolo V