17. Competenza emotiva e scuola
17.1 L’alfabetizzazione emotiva
Se si volessero migliorare le abilità emotive, come si potrebbe fare? Molte abilità si possono migliorare attraverso l’educazione ed è probabile che questo sarà valido almeno per alcune abilità connesse con l’intelligenza emotiva (Mayer, Salovey, 1997, pp. 19-20). Le abilità emotive cominciano in casa con una buona interazione tra genitore e figlio. I genitori aiutano i bambini ad identificare e a definire le loro emozioni, a rispettare i loro sentimenti e ad iniziare a connetterli alle situazioni sociali. Questo processo può riuscire ad un grado maggiore o minore in ogni casa. Nel corso degli studi si è arrivati a realizzare che gli individui operano da differenti punti di partenza emotivi. Questi possono essre considerati la base della loro conoscenza emotiva. Le opportunità per l’apprendimento delle abilità emotive non sono sempre le stesse. I genitori possono soffrire di limitazioni psicologiche così gravi da essere incapaci di avviare un processo di apprendimento emotivo-cognitivo. Un figlio può apprendere lezioni scorrette riguardo alle emozioni: i genitori possono evitare i sentimenti o un genitore può negare di essere adirato anche mentre si comporta in modo ostile. Come conseguenza i bambini talvolta sviluppano disturbi in cui essi diventano molto estranei ai loro sentimenti o li fraintendono. Qualche volta è necessario uno psicoterapeuta per per correggere il problema. Gli psicoterapeuti sono preparati nell’ascolto empatico, nella riflessione sul sentimento e nella ricerca delle emozioni perdute che hanno bisogno di essere costruite, recuperate o agite in modi migliori. È possibile anche che qualche tipo di apprendimento terapeutico abbia luogo nelle scuole. Alcune delle forme più importanti di esso si verificano nelle relazioni informali tra alunno ed insegnante, il quale spesso presta servizio nel ruolo di un importante e potenzialmente saggio modello adulto. Un altro luogo in cui le abilità dell’intelligenza emotiva sono insegnate è nel curriculum standard.
A questo proposito è particolarmente utile l’insegnamento emotivo naturale, che si verifica attraverso molte delle arti liberali e pure con diversi sistemi di valori. A scuola, nelle lezioni di
lettura che comportano storie attraenti, gli alunni iniziano ad apprendere riguardo ai sentimenti dei personaggi. I personaggi della storia hanno una inevitabile tendenza a diventare felici, impauriti, gelosi e così via, e gli studenti possono osservare sia ciò che fa provare sensazioni ed emozioni a quei personaggi in un determinato modo, sia anche come i personaggi affrontano la risposta ai sentimenti. Questo apprendimento procede lungo tutto il sistema educativo, e come le storie diventano più complesse, così lo diventa l’apprendimento emotivo. I modi in cui i sentimenti dei personaggi motivano le loro azioni, che a loro volta conducono avanti la trama è una lezione di percezione emotiva per i giovani adulti tanto quanto lo è la costruzione della trama. Infatti essa non può essere valutata senza chiedersi che cosa senta un personaggio, con la sua storia ed il suo stile personale, in una determinata situazione, e senza domandarsi poi quanto sia ragionevole che, provando emozioni in un certo modo, il personaggio agisca come effettivamente agisce. La
letteratura è probabilmente la prima dimora delle intelligenze emotive (Mayer, Salovey, 1997, p.
20), come lo sono anche i programmi didattici di arte, musica e teatro.
Nella conoscenza descrittiva delle emozioni è compresa la comprensione della terminologia correlata alle emozioni, che sembra essere un importante subcomponente dell’intelligenza emotiva (Goetz et al., 2005, p. 241). Per essere capaci di parlare e discutere riguardo alle emozioni è necessario che gli studenti abbiano un esteso vocabolario delle emozioni. Dunque è importante insegnare loro un vocabolario eterogeneo delle parole inerenti all’emozione (ad esempio aggettivi come gaio, gioioso, contento o allegro per la descrizione differenziata dell’esperienza della gioia). Estendere il lessico dell’emozione degli studenti è un obiettivo importante che può essere incorporato nello studio di quasi tutte le materie scolastiche. Sono particolarmente adatti i corsi legati al linguaggio e le materie inerenti all’arte, dove si possono discutere l’espressione delle emozioni in un oggetto d’arte o nei personaggi fittizi trovati nelle opere letterarie.
Uno dei primi obiettivi educativi della scuola è che gli studenti diventino soggetti alfabetizzati dal punto di vista emotivo, conseguendo una comprensione olistica delle parole che destano emozioni e sentimenti e caratterizzano la gamma di esperienze umane come l’eccitazione, la vergogna, la disaffezione e la responsabilità. L’alfabetizzazione emotiva promuove la competenza sociale attraverso l’insegnamento agli studenti di percorsi atti a formare la consapevolezza di sé e quella sociale, l’empatia e la comunicazione positiva. L’alfabetizzazione emotiva aiuta anche a sviluppare abilità connesse alle emozioni attraverso l’esecuzione di compiti che insegnano le quattro abilità fondamentali dell’intelligenza emotiva: percezione, uso, comprensione e controllo dell’emozione. Da ultimo l’alfabetizzazione emotiva favorisce le abilità chiave che fanno parte degli standard educativi della scuola nel complesso delle attività di apprendimento nel corso degli studi primari e secondari: tale azione promozionale è inerente all’incremento del lessico, al ragionamento astratto, alla scrittura creativa, al pensiero critico e alla risoluzione di problemi (Brackett, Katulak, 2007). Le lezioni di alfabetizzazione emotiva possono essere facilmente incorporate nelle tradizionali materie scolastiche come quelle attinenti alla lingua, all’arte e agli studi sociali, ma possono anche essere insegnate in altre aree disciplinari, come l’educazione alla salute e le scienze. Date le richieste di alto livello rivolte agli insegnanti, lingua, arte e studi sociali sono i veicoli più pratici per mezzo dei quali è possibile insegnare le abilità sociali ed emotive. Le lezioni di letteratura e di storia come gli eventi attuali coinvolgono invariabilmente personaggi che sperimentano una miriade di esperienze emotive che hanno bisogno di essere espresse, comprese e regolate. Questi personaggi forniscono esempi appartenenti alla realtà, concreta o possibile, del modo in cui le emozioni giocano un ruolo di integrazione nell’interazione umana, oltre che nello sviluppo (Brackett et al., 2007). Da ultimo le lezioni vanno organizzate in modo che i docenti siano aiutati a differenziare l’insegnamento, supportandone così la personalizzazione e la significatività e dunque il pieno e integrale sviluppo di tutti gli studenti.
Quando si pensa alla vita emotiva, agli stati d’animo e ai sentimenti provati nella quotidianità, si ritiene di avere a che fare con vissuti ambivalenti e sfumati, con situazioni intricate e aggrovigliate.
Nel lavoro educativo è particolarmente importante che si diradi l’intensità e la densità emotiva proprie delle situazioni di fragilità esistenziale: questo fa sì che il sentire non sia percepito nella relazione come ostacolo o come peso, risultante di emozioni via via accumulate, ma mai effettivamente accolte. Essere consapevoli della propria affettività significa rendere presente, restituire vitalità, stabilire familiarità con i vissuti emotivi e riappropriarsi di tutte quelle zone interiori trascurate e nascoste, che si temono e non si frequentano. La consapevolezza emotiva si costruisce con il tempo ed è frutto di costante impegno: si nutre di slanci e intuizioni, ma si affina e si consolida grazie alla riflessione personale e al confronto con gli altri. I percorsi di formazione che intendono accrescere la consapevolezza emotiva devono essere incentrati sulla gradualità e sul rispetto dei tempi di ciascuno: occorre avvicinarsi con prudenza e cautela al proprio mondo interiore, per non essere abbagliati e bruciati da ciò che può emergere. Nella misura in cui emozioni e sentimenti vengono ascoltati, si è capaci di riconoscerli, di dare loro un nome appropriato, di comprenderne il significato, si potrà anche imparare a sentire in maniera ricca ed efficace e a rapportarsi alle proprie emozioni in modo appropriato; se invece si diffida di esse e si tenta di tacitarle e di escluderle, esse rischiano di manifestarsi in maniera inconsapevole e distorta, e spesso dannosa e deleteria, all’interno delle relazioni umane e nei contesti di lavoro (Iori, 2009, p. 33). Se si è affettivamente analfabeti, cioè se non si sa ascoltare, nominare, esprimere i propri sentimenti, si sarà anche affettivamente “dislessici” (Augelli, 2009), cioè incapaci di leggere, di dar voce e di comunicare con i sentimenti altrui.
Ma se si impara a restare in contatto con la propria esperienza profonda anche corporea ed emozionale, si diventerà progressivamente più sensibili, più empatici, più capaci di decentramento motivo, cioè capaci di intuire l’esperienza vissuta dell’altro e comprenderla adeguatamente per sintonizzarsi su di essa e agire di conseguenza. Lo sviluppo della competenza affettiva implica un duplice sforzo: da una parte evitare la repressione e la rimozione dei sentimenti, dall’altra rinunciare a subire passivamente le emozioni o a reagire impulsivamente sulla base di esse. Le emozioni non si educano semplicemente tollerandole o imparando a scaricarle, quasi che l’espressione avesse sempre un carattere catartico e liberatorio (Iori, 2009), bensì attivando a poco a poco un processo di consapevolezza emozionale, un percorso che si compone di diversi livelli, ciascuno dei quali rappresenta un’abilità da apprendere e da coltivare.
Occorre innanzitutto lasciare essere le emozioni, senza negarle o distorcerle: solo ospitandole in sé ci si potrà interrogare sul loro significato e far sì che possano dire qualcosa. Bisogna dunque attivare i modi del sentire e quindi predisporsi ad ascoltare le proprie emozioni e i propri sentimenti; infatti il sentire è per eccellenza un recepire (De Monticelli, p. 73). Questo richiede una certa fiducia nella saggezza del nostro organismo e dei modi in cui sente il mondo e si sente nel mondo: l’attenzione e la dedizione a sé, unite all’ascolto dell’espressione emotiva altrui, nelle varie forme in cui può tradursi, ad esempio la letteratura e l’arte, possono rendere il soggetto “esperto in umanità” (Bruzzone, in Iori, 2006, pp. 133-135).
La vita emotiva è percepita non di rado come qualcosa che travolge e scompiglia: alcune emozioni e sentimenti, in particolare, sono vissute nei loro aspetti più distruttivi e sconvolgenti, Una nebulosa densa e inafferrabile, vaga e sfuggente, entra e ci sconvolge, ponendosi tra la nostra interiorità e il mondo esterno. Associamo le reazioni istintive o le sensazioni dilaganti a fiumi in piena o virus contagiosi, incapaci di essere fermati nel loro turbinio. Si avverte una certa difficoltà a trattenere emozioni e sentimenti e si oscilla spesso da un estremo all’altro: rifiutare e nascondere gli stati emotivi oppure scaricarli e vuotare in fretta il sacco di ciò che ci si porta dentro. Perché i sentimenti possano costituire una risorsa per l’agire professionale bisogna sottrarli a questa condizione di imprecisione ed enigmaticità e offrire loro uno spazio di comprensione e di cura: accogliere uno stato emotivo significa offrirgli spazio interiore; vuol dire contenerlo non per lasciarlo estinguere e soffocarlo, ma per orientarlo nel modo migliore. In un secondo momento bisogna imparare a nominare le emozioni, riuscire a distinguerle e differenziarle dal modo immediato e magmatico di cui abbiamo un’avvertenza spontanea: poter dare un nome appropriato al proprio stato emotivo in base alla qualità e all’intensità che lo caratterizza consente di uscire dalla confusione e
dall’approssimazione del “mi sento bene, mi sento male” ed è la prima forma di appropriazione dei sentimenti che si agitano in noi.
Un passo ulteriore e necessario consiste nel saper accettare ciò che si prova, evitando di sovrapporvi immediatamente gli schemi rigidi con cui siamo abituati a definire un vissuto lecito o non lecito, buono o cattivo. Questo vuol dire riconciliarsi con se stessi e valorizzare le zone d’ombra di sé come quelle di luce, in maniera non giudicante e con un atteggiamento di apertura al flusso continuo dell’esperienza. Legittimare e accogliere i sentimenti, anche quelli negativi, consente di non rimuoverli e di affrontarli consapevolmente. Il salto di qualità nel percorso di consapevolezza emotiva riguarda la possibilità di comprendere le situazioni affettive: coglierne lentamente e con prudenza il significato, capirne l’origine e la ragione, ricostruendo il quadro concreto in cui si manifestano senza giudizi affrettati o conclusioni premature.
Un ruolo importante riveste la capacità e l’opportunità di comunicare e condividere i sentimenti, dal momento che i vissuti emotivi sperimentati nell’isolamento, nella solitudine e nell’incomunicabilità riecheggiano nel vuoto interiore e possono apparire più violenti e insuperabili, mentre la condivisione consente di relativizzarli, di comprenderli meglio e di stemperarne l’impatto psicologico. Possedere e gestire correttamente i linguaggi verbali e non verbali che consentono di esprimere le emozioni in modo non ambivalente e di leggerle tra le parole, sui volti e nei gesti degli altri in modo non equivoco, ci mette in grado di entrare in relazione più profonda e significativa con i nostri interlocutori ed educarli anche a entrare in relazione più fiduciosa ed integrata con se stessi. Nella quotidianità sperimentiamo inoltre come attraverso il dialogo e la condivisione dei nostri vissuti emotivi, riusciamo a chiarire meglio anche a noi stessi ciò che proviamo: è la presenza dell’altro ad indurci a trovare le parole giuste per far capire progressivamente, fino in fondo, la situazione affettiva; è l’altra persona che, attraverso le sue domande ed i suoi riscontri, ci aiuta a far luce sul nostro sentire.
La consapevolezza, la familiarità e l’ascolto di se stessi consente di fare un uso costruttivo ed efficace delle emozioni e dei sentimenti, e in certi casi perfino di cambiare il modo di sentire e di sentirsi in relazione a persone e situazioni; si potrà così dare a se stessi la possibilità di esistere e di progettarsi in maniera diversa, intravedendo possibilità che i pregiudizi ci impedivano di rappresentarci. Per questo il percorso di conoscenza di sé ci conduce alla capacità tipicamente umana di esercitare una scelta, orientando e perfino trasformando le proprie emozioni, senza subirle passivamente. Che cosa fare del sentimento che si prova? Come scegliere di comportarsi? Alcuni sentimenti, ad esempio, sono supportati da rappresentazioni distorte o disfunzionali della realtà, convinzioni o abitudini di pensiero errate; ciò significa che spesso il nostro sentirci bene inizia con la capacità di pensare in modo sano e viceversa.