13. La lateralizzazione emisferica: aspetti general
13.7 Dalla lateralizzazione emisferica alla letteratura
La lateralizzazione emisferica del RH in ordine alla processazione della novità sembra pertanto corrispondere ad una delle caratteristiche eminenti della letteratura, data la pluralità di opzioni interpretative che un testo offre qualora lo si esamini in termini ermeneutici.
La mente, come si è visto, è in grado di produrre sistemi di conoscenza che consentono di riconoscere sia la realtà, sia la sua rappresentazione simbolica. Nella capacità di produrre e comprendere una realtà simbolica, oltre a quella effettiva e concreta, la mente manifesta la caratteristica di un sistema plastico che si adatta alle diverse modalità – siano esse sensoriali o astratte – attraverso le quali avviene il contatto con la realtà. Eppure la realtà sensibile e la sua rappresentazione simbolica sono diverse. La realtà sensibile è caratterizzata da un alto grado di prevedibilità. Ora la comprensione di fenomeni che accadono con regolarità non avrebbe dato luogo a contenuti mentali plastici. La plasticità è invece indispensabile per comprendere la realtà simbolica, quando si esce dalle situazioni quotidiane in cui gli schemi funzionano in modo ipercodificato e si accede alla condizione psicologica dell’immaginazione. La realtà simbolica, con la sua ricchezza e variabilità, offre alla mente infinite opportunità, non solo perché mette a disposizione più informazioni, ma anche per la sua minore prevedibilità, che induce un funzionamento della mente sempre più avanzato e diversificato. La letteratura è in grado di spostare sempre un po’ oltre l’ambito dell’imprevedibile, e dunque dello sconosciuto, dato che opera in condizioni virtuali. I prodotti dell’immaginazione, che sono resi possibili dalla plasticità della mente, assolvono ad uno scopo conoscitivo che ha una funzione importante per l’adattamento della persona alla realtà. Gli incontri con la realtà simbolica, nella misura in cui arricchiscono e rendono più plastica l’architettura dei contenuti della mente, di fatto rendono più comprensibile, prevedibile, intelligibile la stessa esperienza reale. Ne consegue che la virtualità e l’ipoteticità della letteratura (specie nel conflitto delle interpretazioni plurime di cui si è parlato a proposito delle modalità didattiche dell’ermeneutica) consentono ad essa un’enorme potenzialità conoscitiva: costruendo una realtà immaginaria, di fatto essa riesce a rappresentare la realtà stessa nelle sue forme più esemplari. La realtà rappresentata non è vera, o non lo è necessariamente, ma può essere addirittura più autentica di quella vera.
Costruire i significati non sembra dunque essere soltanto l’obiettivo dell’ermeneutica letteraria. La molteplicità di essi, relativa alla plurivocità ed alla polisemia del testo, risulta essere anche la chiave
per comprendere la sequenza delle operazioni cerebrali. Queste variano a seconda delle aree del cervello: alcune sono monodirezionali, altre sono aperte alle influenze di quelle più prossime, nella direzione che abbiamo visto analizzare da Goldberg. Sembra pertanto ragionevole affermare che le operazioni mentali che risultano creatrici di significato siano le stesse che lo ampliano in termini simbolici nel dominio dell’arte, in ordine alla possibilità di più interpretazioni dell’opera di interesse estetico, come sostiene Semir Zeki (Zeki, 2004, pp. 193-194): ”There is a continuuum in the operations of the brain, the basis of which is to seek knowledge and to instil meaning. In this continuum, we proceed on the one hand from conditions where the brain has no option in its interpretation of the signals that it receives, as in colour vision, to ones in which there are two equally plausible interpretations and, finally, ones in which there are many interpretations. On the other hand, we also have a continuuum in which activity in an area is almost sovereign in this context, to ones in which activity in an area is open to one or multiple influences from other areas. If the function of art is an extension of the function of the brain, namely the acquisition of knowledge about the world, then it stands to reason to suppose that the mechanisms used to instil meaning into this world are the very ones used to instil meanings into works of art”.
Lo stesso neuroscienziato, in relazione ai suoi studi di neuroestetica, ha confermato quanto si è detto in precedenza riguardo alla cronoarchitettura della mente, che opera in tempi differenti in relazione alla complessità dei diversi trends di generazione delle funzioni e degli schemi mentali, come si vedrà confermato anche dalla psicolinguistica di Turner. Pertanto Zeki è giunto a definire, sulla base delle sue osservazioni inerenti a neuroimmagini funzionali, una gerarchia di tre livelli di coscienza, che si attivano in ordine a differenti tempi storici, contesti e modelli in precedenza introiettati dal soggetto, tanto da richiamare una sostanziale affinità con quanto teorizzato da Gadamer in relazione al problema della familiarità e dell’estraneità all’interno del rapporto tra il testo e il lettore: “It thus becomes possible to distinguish three hierarchical levels of consciousness: the levels of micro-consciousness, of macro-consciousness, and of the unified consciousness. Of necessity, one level depends upon the presence of the previous one. Within each level, one can postulate a temporal hierarchy. This has been demonstrated for the level of micro-consciousness, because colour and motion are perceived at different times. It has also been demonstrated for the level of the macro-consciousness, because binding between attributes takes longer than the binding of another set of attributes leading to another macro-consciousness, and the binding of several attributes would take longer still…Micro- and macro-consciousnesses, with their individual temporal hierarchies, lead to the final, unified consciousness, that of myself as the perceiving person. This and this alone can be described in the singular” (Zeki, 2003, p. 217).
Da ultimo, un ulteriore elemento di correlazione tra il contesto dell’ermeneutica e quello delle osservazioni neuroscientifiche va riferito al giudizio estetico, che in termini cerebrali fa riferimento, come già si è visto in Goldberg, all’area dei lobi frontali interessati da stimoli afferenti alla novità ed alla ricorsività: ”Predictably too, and in accordance with the mass of imaging data showing the association of specific feelings and emotional states with specific brain structures, the judgement of a painting as beautiful or not correlates with specific brain structures, principally the orbito-frontal cortex, known to be engaged during the perception of rewarding stimuli” (Kawabata, Zeki, 2004, p. 1702).
Capitolo XIV