3. I processi neuropsicologici della lettura: lo sviluppo tipico
3.3 I processi neurofisiologici della lettura
Si vedrà ora nei particolari un approccio di ordine neurocognitivo specifico all’analisi dei processi coinvolti nella lettura a livello cerebrale, nel corso della quale si cercherà di verificare quali connessioni sono possibili in relazione ad una integrazione tra parti dei modelli sopraesposti e le acquisizioni più recenti della sperimentazione mediante tecniche di neuroimmagine. Si vedrà inoltre come la processazione inerente alla lettura coinvolga aree cerebrali la cui connotazione è di ordine cognitivo-emotivo, in corrispondenza a quanto si è detto nell’introduzione al presente lavoro. Il cervello che legge fluidamente allarga la sua capacità di decodificare e di capire, senza contare il fatto che prova sensazioni (Wolf, 2007, pp. 140 e segg.). Come rileva David Rose (Rose, 2007), le tre funzioni principali del cervello che legge sono riconoscere configurazioni, progettare strategie e provare sentimenti. Ogni tecnica di neuroimmagine di un cervello capace di fluidità di lettura e comprensione lo evidenzia con la crescente attivazione del sistema limbico, sede della realtà fisiologica delle emozioni, e con i collegamenti con i processi cognitivi.
Situato sotto la corteccia, il sistema limbico è alla base della capacità di provare emozioni in rapporto a ciò che si legge ed alla comprensione di ciò che provano i personaggi (si veda il capitolo sull’empatia ed i neuroni specchio), aiuta a stabilire priorità e a valutare, senza contare che l’emotività aiuta a stimolare o ad attenuare i processi di attenzione e comprensione.
Il lettore capace di comprensione fluida, quello che si assume si accosti ad un testo letterario, trascorre un tempo minore del bambino nelle operazioni di decodifica, di assemblamento dei fonemi nei vocaboli e di controllo delle rappresentazioni collegate alle parole, dal momento che le sue regioni specializzate hanno imparato a utilizzare le informazioni importanti dal punto di vista visivo, fonologico e semantico e a recuperarle in brevissimo tempo. Con l’aumentare della fluidità della lettura il cervello giovane sostituisce tipicamente l’attivazione biemisferica con un sistema più efficiente nell’emisfero sinistro, quello della via ventrale o inferiore. Questa via della lettura fluente parte da regioni visive e temporo-occipitali più limitate di quelle del bambino e coinvolge poi le regioni temporali inferiori e medie e le regioni frontali.
Quando si ha una vera familiarità con un vocabolo non c’è più necessità di sottoporlo ad un’analisi complessa, dato che gli schemi di lettere e le rappresentazioni del mondo esterno memorizzate in particolare nell’emisfero sinistro attivano un sistema più rapido. Peraltro la transizione evolutiva verso l’attivazione specializzata dell’emisfero sinistro nei processi di decodifica consente una gestione più bilaterale dei processi di comprensione ed elaborazione del significato. Con i processi di decodifica ormai automatici il cervello avviato ad una lettura fluida impara ad integrare più esperienze metaforiche, inferenziali, analogiche e affettive, approfittando di ogni millesimo di secondo guadagnato.
Ogni ricostruzione lineare e cronologica della lettura va qualificata, perché i processi sono interattivi. Alcuni si svolgono in parallelo, altri si attivano e riattivano quando ulteriori informazioni concettuali necessitano di un’integrazione, giungendo ad una fusione quasi istantanea di elaborazioni cognitive, linguistiche e affettive in una pluralità di regioni cerebrali.
Ogni lettura comincia con l’attenzione (0 – 100 msec). Quando il lettore esperto guarda una parola, le prime tre operazioni cognitive, afferenti a tre diverse aree cerebrali, consistono nel cessare le altre attività, rivolgersi al testo e inquadrare la nuova lettera e la parola. Il distogliere l’attenzione coinvolge aree della parte posteriore del lobo parietale, lo spostamento di essa attiva i collicoli superiori, cioè parti del mesencefalo responsabili dei movimenti oculari, l’inquadramento attiva il talamo, che coordina le informazioni.
Subito dopo interviene l’altra rete nervosa, quella dell’attenzione esecutiva, che è coinvolta in ogni fase della lettura. Il sistema esecutivo riguarda l’area del giro del cingolo ed è situato in profondità nei lobi frontali, sotto la scissura interemisferica. La parte frontale di questa regione è profondamente coinvolta nel dirigere il sistema visivo su particolari caratteristiche di una lettera o parola, nel coordinare informazioni da altre aree frontali, in particolare in ordine all’elaborazione semantica dei significati dei vocaboli, e nel controllare l’uso della cosiddetta memoria di lavoro. La capacità di rievocare informazioni soggettive del passato è la memoria episodica, che va distinta dalla memoria semantica, inerente al modo in cui si immagazzinano parole e fatti. Va poi ricordata la memoria dichiarativa, che recupera i contenuti del sapere nozionistico, e quella procedurale, che richiama le informazioni sul come svolgere determinate azioni.
Risulta poi utile un’ulteriore classificazione. La memoria di lavoro è relativa ad un’informazione usata brevemente per una certa attività: essa permette di far durare il riconoscimento visivo di una parola abbastanza a lungo per rintracciare i suoi significati e le sue caratteristiche grammaticali. Nel momento in cui il lettore riconosce una serie di vocaboli dal notevole contenuto semantico e grammaticale, utilizza la memoria di lavoro ma anche quella associativa, la quale richiama informazioni immagazzinate nei depositi a lungo termine.
Imparare a leggere trasforma la corteccia cerebrale visiva. Il sistema visivo riconosce gli oggetti e si specializza, per cui le aree visive del lettore esperto sono popolate da reti neuronali preposte alle immagini di lettere, raggruppamenti di lettere e parole. Tali aree funzionano ad altissima velocità (50 – 150 msec) grazie a determinati principi di elaborazione, alcuni dei quali sono dovuti a Donald Hebb (1949), il quale ha proposto la nozione di assemblee cellulari, gruppi di cellule che imparano a funzionare come unità operative. Se da un lettore esperto viene visto un gruppo di lettere o un vocabolo, esso attiva la sua rete specifica, non singole cellule non collegate inerenti ai segni grafici che formano lettere. Il principio secondo cui le cellule che si attivano insieme stanno insieme descrive l’attività cerebrale che crea circuiti sempre più ampi, i quali connettono le assemblee cellulari in un sistema di reti distribuite nell’intero cervello, dagli schemi visivi e ortografici a quelli fonologici. Queste rappresentazioni possono essere richiamate rapidamente anche quando lo stimolo iniziale non è realmente di fronte al lettore, ma è percepito solo con l’occhio della mente, come ha dimostrato Stephen Kosslyn (Kosslyn et al., 2006).
Un altro automatismo riguarda il modo in cui lo sguardo si muove sul testo. Gli occhi compiono di continuo piccoli movimenti detti saccadi (Rayner, 1999), come si è visto in precedenza, seguiti da brevi pause in cui essi rimangono quasi immobili, le fissazioni, in cui vengono raccolte informazioni dalla nostra visione centrale o foveale. Almeno nel 10% dei casi lo sguardo fa piccoli movimenti retrogradi per recuperare informazioni precedenti. La saccade di un adulto copre circa otto lettere; il sistema visivo gli permette di vedere più avanti in una regione parafoveale e oltre lungo la linea del testo fino alla regione periferica. Pertanto si ha sempre una visione anticipata, dal momento che si usano informazioni foveali e parafoveali, per cui il testo visto con la coda dell’occhio è poi più semplice da riconoscere alcuni msec dopo, fatto che accentua l’automatismo. Il legame tra vista e mente è assai stretto: molti processi rappresentativi visivi e ortografici durano tra 50 e 150 msec, poi tra 150 e 200 msec si attivano i processi esecutivi e di attenzione dei lobi frontali che influenzano i successivi movimenti oculari.
Il sistema esecutivo decide se ci sono informazioni sufficienti sulla forma delle lettere e delle parole, per procedere a una nuova saccade a 250 msec, o se sia necessario un movimento retrogrado per recuperare altri dati. Contribuisce all’automatismo nella sequenza dei movimenti oculari anche la capacità di riconoscere quando un gruppo di lettere forma uno schema accettabile nella lingua del lettore e se uno schema accettabile corrisponde o meno a una parola di tale lingua. A circa 150 msec diventano importanti alcune zone temporo-occipitali note come area 37 di Brodman.
McCandliss e Dehaene sostengono che quando un bambino impara a leggere alcuni neuroni di quest’area si specializzano negli schemi ortografici del suo particolare sistema di scrittura (McCandliss et al., 2003). La loro ipotesi è che questa capacità si sia evoluta a partire dai circuiti nervosi di riconoscimento degli oggetti. Dehaene e la sua equipe affermano che le stesse aree
utilizzate per il riconoscimento di serpenti o falci di luna finirono con l’essere usate per riconoscere le lettere dell’alfabeto. Questi cambiamenti della specializzazione visiva sono assai presenti nel lettore esperto, il quale possiede circuiti nervosi della corteccia visiva che erano inesistenti prima della lettura. Dehaene ipotizza che queste popolazioni neuronali specializzate nella zona temporo- occipitale dell’area 37 siano diventate un’area visiva della forma delle parole, che permette al lettore di stabilire se un qualunque gruppo di lettere costituisce o no una vera parola, in un breve torno di tempo intorno ai 150 msec.
Altri neuroscienziati non concordano (Pammer et al., 2004) e utilizzando la MEG, tecnica di neuroimmagine ad alta risoluzione cronologica che evidenzia come varie strutture nervose si attivino nei primi millesimi di secondo, hanno verificato che ancora prima che l’area 37 dia informazioni alla coscienza sulla forma di una parola, delle aree frontali potrebbero stare mappando le sue lettere in fonemi. Resta da vedere se l’attivazione delle aree frontali contribuisca a una vera e propria mappatura fonetica o alla sua progettazione, visto che esse potrebbero essere implicate in funzioni esecutive. Ma è notevole la quasi simultaneità dei primi processi del lettore esperto mostrata dalle neuroimmagini MEG. Il lavoro di entrambe le equipe evidenzia i rapidi meccanismi di feedback e feedforward presenti ogni volta che il cervello reinterpreta il principio alfabetico nei successivi 100-200 msec.
Conoscere le regole di una data lingua sulla corrispondenza grafemi-fonemi è l’essenza del principio alfabetico: diventare esperti in questi collegamenti cambia il modo di funzionare del cervello (Morais et al. 1979) non solo a livello di corteccia visiva, ma anche nelle regioni destinate a funzioni uditive e fonologiche come la percezione, la discriminazione, l’analisi, la rappresentazione e la manipolazione dei suoni linguistici. L’attuale ricerca sui processi fonologici ha rivelato una grande attività anatomica per questi processi, tra i 150 e i 200 msec, in diverse aree corticali comprese le regioni frontali, temporali e alcune zone parietali, oltre che nella parte destra del cervelletto.
Le specifiche abilità fonologiche usate nella lettura dipendono dall’esperienza del lettore, dalla parola da leggere e dal sistema di scrittura utilizzato. La diversità tra scritture alfabetiche influisce sul modo in cui la corteccia recluta le sue regioni fonologiche nella cronologia. I lettori di sistemi alfabetici più regolari, come il tedesco e l’italiano, attivano prima le aree del lobo temporale e ne fanno più largo uso rispetto ai lettori dei sistemi alfabetici inglese e francese. I lettori inglesi e francesi usano le regioni temporali, ma sembrano impiegare in misura maggiore le regioni preposte all’identificazione delle parole nella presunta area visiva della forma delle parole. Presumibilmente la maggiore importanza data ai morfemi e ai vocaboli irregolari in inglese e francese richiede una maggiore conoscenza delle rappresentazioni visive e ortografiche nell’intervallo tra i 100 e i 200 msec.
Le conoscenze sulle parole sono in continua evoluzione. Le neuroscienze cognitive misurano l’attività elettrica cerebrale nelle fasi di elaborazione semantica in cui i significati e le associazioni delle parole vengono attivati. Sulla cronologia si sa che il recupero dell’informazione semantica ha inizio nel lettore tipico intorno ai 200 msec e che la raccolta di informazioni prosegue intorno ai 400 msec in presenza di divergenze semantiche rispetto ai significati attesi. Più consolidata è la conoscenza di un vocabolo, più rapidamente e precisamente lo si legge.
Nel lettore esperto c’è un continuum di sapere lessicale che va dalla parola sconosciuta a quella nota a quella consolidata. Il punto in cui la parola si colloca nel continuum dipende dalla sua frequenza, dalla dimestichezza del lettore col suo senso e dal tempo trascorso dall’ultimo incontro. Ricercatori finlandesi (Salmelin, Helenius, 2004) hanno trovato che le regioni superiori dei lobi temporali coinvolte nell’elaborazione sia fonologica che semantica si attivano più rapidamente nei vocaboli più vicini all’estremità consolidata del continuum. Più è ricco il numero di parole e di significati che si associano a un’altra parola e ci aiutano a capirla, più è veloce il riconoscimento. Disporre di un lessico, cioè di una rete semantica consolidata, ricca e interconnessa è una realtà rispecchiata dal cervello: l’ampia distribuzione nell’intervallo cronologico tra i 200 e i 500 msec riflette una serie di
processi fonologici e l’intervento di complicate reti semantiche. Più reti del genere entrano in attività, maggiore è l’efficacia complessiva del cervello nella lettura di una parola.
Come i processi semantici, l’informazione sintattica sembra essere utilizzata automaticamente a partire dai 200 msec da aree frontali come quella di Broca, da aree temporali dell’emisfero sinistro, nonché dalla metà destra del cervelletto. I processi sintattici sono usati più ampiamente con testi strutturati, come una frase o un periodo, e spesso richiedono operazioni di feed-forward e di feed- backward, oltre che un considerevole impiego di memoria di lavoro. Parole che contengono informazioni sintatticamente ambigue hanno bisogno del contesto, di un’altra parte di testo, per trasmettere più dati. Le informazioni sintattiche sono intrinsecamente legate sia a quelle semantiche che a quelle morfologiche, e l’attitudine dei corrispondenti sistemi a lavorare di concerto aumenta l’efficienza nell’intervallo tra i 200 e i 500 msec.
A questo proposito si può cercare di delineare uno schema plausibile delle basi neurali del significato. Lo schema più corrente è quello della attivazione di una popolazione di neuroni, fermo restando che ogni neurone attivato può possedere una singolarità che gli è propria (Changeux, 2003, pp. 54 e segg.). Insiemi distinti di neuroni presenti in mappe sensoriali, motorie, associative o d’altro genere sarebbero legati tra loro in una medesima unità distribuita, che Hebb chiamava associazione cellulare, come si è visto. In queste condizioni, significati differenti attiverebbero popolazioni anch’esse differenti di neuroni situati in aree corticali corrispondenti ai tratti particolari del significato proprio dell’oggetto e investite di un peso differente. Per esempio, la parola o l’immagine relativa ad un animale attiverebbe popolazioni di neuroni distribuiti tra le aree attivate dagli animali (corteccia temporale), tra quelle che sono stimolate dalla percezione del colore (corteccia visiva), nonché tra quelle che intervengono nella percezione del movimento (corteccia visiva e parietale).
Si può quindi concepire la distribuzione di rapporti funzionali che attiva più territori distinti e funzionalmente specifici del cervello come una realizzazione neuronale plausibile del significato. Non si tratta di una topologia esatta e riproducibile punto per punto delle connessioni anatomiche, ma di una mappa di rapporti funzionali il cui contenuto è determinato dalla specificità funzionale dei neuroni connessi.
Considerato ciò che occorre per comprendere una parola, si vedrà ora che cosa è necessario per leggere una frase o un paragrafo. La misura in cui la lettura esperta muta nel tempo dipende in gran parte da ciò che si legge e da come lo si legge. Maturando si legge con più alta qualità di attenzione, criterio, sensibilità e associazioni di idee, apportando al testo non solo l’esperienza nell’elaborazione dei vocaboli, ma l’impatto delle esperienze di vita. L’interazione dinamica tra le esperienze di vita e quelle della lettura è bidirezionale: il lettore apporta la testo le sue esperienze, ma le letture influiscono sulle sue esperienze. Esistono correlati neurali di questa condizione, che implicano cambiamenti neurofisiologici quando il livello del lettore esperto è stato raggiunto. Just (Mason, Just, 2004; Keller, Carpenter, Just, 2001) ipotizza che quando un lettore esperto effettua inferenze durante la lettura, nel cervello si verifichi almeno un processo a due tempi, che include sia la produzione di ipotesi, sia la loro integrazione nella conoscenza del testo da parte del lettore. Questo usa vari processi di comprensione, oltre a vari processi semantici e sintattici e alle corrispondenti regioni corticali, per comprendere un testo.
Quando un lettore effettua inferenze sui possibili significati di un testo, i ricercatori hanno osservato l’attivazione intorno all’area di Broca di un sistema frontale biemisferico. Inoltre, quando le parole usate sono semanticamente e sintatticamente complesse, il sistema frontale interagisce con l’area di Wernicke nel lobo temporale, con alcune aree parietali e con la parte destra del cervelletto. A ciò si aggiunge il fatto che, quando il lettore esperto integra nel resto del suo sapere generale le inferenze che ha effettuato, sembra venire usato un intero sistema dell’emisfero destro collegato al linguaggio. Questo secondo gruppo di processi di inferenza richiede molto più lavoro da parte dell’emisfero destro rispetto al precedente lavoro di decodifica del lettore principiante. Il sistema di
lettura dell’emisfero destro cambia molto durante lo sviluppo della lettura, diventando tanto ampio e largamente distribuito quanto le aree linguistiche dell’emisfero sinistro.
Alla fine, nel lettore esperto c’è maggiore coinvolgimento dell’area di Broca e delle altre aree linguistiche degli emisferi destro e sinistro, nonché di una pluralità di aree temporali e parietali, tra cui l’area del giro angolare destro e l’emisfero destro del cervelletto. Il cervello del lettore esperto e dotato di comprensione evoluta è assai diverso da quello del lettore neofita, che utilizza un numero inferiore di parti del cervello.
In definitiva, come sostengono Sandak et al. (2004, pp. 275 e segg.), ci sono sostanziali evidenze riguardo al fatto che la ricognizione abile delle parole richiede l’attività di un sistema corticale altamente organizzato, che integra la processazione delle caratteristiche ortografiche, fonologiche e lessicali-semantiche delle parole. In generale questo sistema include due subsistemi posteriori nel LH (emisfero sinistro): un sistema ventrale occipito-temporale, uno dorsale temporoparietale e una terza area, anteriore rispetto alle altre due, il giro inferiore frontale.
Il sistema ventrale include un’area occipitotemporale fusiforme inferiore del LH e si estende anteriormente nell’area del giro temporale mediale e inferiore. Si è suggerito che la regione occipitotemporale fusiforme funzioni come un’area della forma presemantica visuale della parola. Importante è il fatto che la specificità funzionale di questa regione appare svilupparsi tardi ed essere correlata in modo decisivo all’acquisizione dell’abilità di lettura (Shaywitz et al., 2002). A causa del suo ruolo cruciale nella lettura specializzata, ci si riferisce a questa regione come alla zona occipitotemporale dell’abilità. Punti focali più anteriori, che si estendono entro il sistema ventrale nel giro temporale mediale fino a quello inferiore, sembrano essere armonizzati dal punto di vista semantico.
Il sistema ventrale, in particolare gli aspetti più posteriori, agisce pure rapidamente in risposta agli stimoli linguistici nei lettori specializzati, ma non nei soggetti con disabilità di lettura. Studi recenti, (Pammer et al., 2003), che esaminano sia gli effetti di durata che il tipo di stimolo, suggeriscono che muovendo anteriormente attraverso questo sistema le subregioni rispondono alla parola e a stimoli simili alla parola in un modo progressivamente astratto e linguistico. Molto presto nella processazione, le componenti extrastriate, cioè gli aspetti più posteriori di questo sistema, rispondono indiscriminatamente ad ogni tipo di stringa di lettera; in seguito l’area della forma visuale delle parole mostra un’aumentata risposta alle pseudoparole relative a parole e, a stadi più avanzati della processazione, gli aspetti più anteriori del sistema ventrale mostrano un’aumentata risposta alle parole reali relative ad altri tipi di stringhe di lettere (Fiebach et al., 2002).
Il sistema temporoparietale maggiormente dorsale include in termini generali il giro angolare e quello sopramarginale nel lobo parietale inferiore, così come l’aspetto posteriore del giro superiore temporale (area di Wernicke). Tra le altre loro funzioni (ad esempio la processazione controllata dell’attenzione), le aree entro questo sistema sembrano essere coinvolte nella mappatura dei percetti visuali dei caratteri nelle strutture fonologiche e semantiche del linguaggio.
Nei lettori specializzati certe regioni all’interno del sistema temporoparietale del LH rispondono con maggiore attività alle pseudoparole più che alle parole familiari. Questa scoperta suggerisce che il sistema temporoparietale giochi un ruolo nei tipi di analisi fonologica che sono rilevanti per l’apprendimento di nuovi materiali.
Un sistema anteriore centrato sugli aspetti posteriori del giro frontale inferiore appare associato con la ricodifica fonologica durante la lettura, tra le altre funzioni, come la memoria fonologica e la processazione sintattica; gli aspetti più anteriori del giro frontale inferiore sembrano giocare un