8. Emozione e comprensione: una realtà biunivoca
8.5 Emozioni e pensiero analogico
Riguardo alla ricezione dell’opera d’arte, gli studi umanistici hanno indicato l’importanza due fattori complementari, la mimesis ed il ruolo dell’apprendimento (Tan, in Handbook of Emotion, 2004). L’arte può essere reale rispetto al grado in cui imita la realtà ed al grado in cui il fruitore ha interiorizzato le convenzioni inerenti al significato delle opere d’arte e sa come interpretare i segni. Tuttavia più di recente si è diffusa un’altra spiegazione, l’ipotesi dell’immaginazione, la quale ritiene che il fruitore di un’opera d’arte si dedichi ad un atto di immaginazione (Oatley, 1992). Gombrich (1963) ha introdotto la nozione per cui gli elementi di un’opera d’arte sono sostituti della realtà piuttosto che imitazioni o segni, proprio come un bastone è il sostituto del cavallo nel gioco di un bambino.
Secondo Walton (1990) i lettori di un’opera letteraria si dedicano ad immaginare che essi sono parte del mondo rappresentato. L’emozione è una risposta che è sia parte dell’immaginazione, sia il risultato della vividezza dell’immaginazione. I fruitori sono consci della loro immaginazione attiva, ma immaginare non è sempre una scelta deliberata; peraltro un fruitore non può evitare di dedicarsi
ad essa. Gli eventi più interessanti in letteratura non accadono al fruitore, ma ad alcuni personaggi nel mondo della creazione della credenza (make-believe).
Il fruitore immagina di vedere gli eventi che accadono ai personaggi. La creazione della credenza, allora, è una condizione per l’empatia, e l’empatia coinvolge sentimenti che il soggetto ha riguardo ad altre persone (Walton, 1994). La teoria della creazione della credenza sembra plausibile perché non richiede alcuna somiglianza tra i sostituti e ciò che rappresentano. La somiglianza quasi sensoria gioca soltanto un ruolo marginale in letteratura. Non inaspettatamente, allora, le emozioni nei lettori di letteratura sono state spiegate per mezzo dell’immaginazione attiva da parte del lettore. Oatley (1995) ha sostenuto che gli oggetti della letteratura non sono imitativi, ma invece stimolano un atto immaginativo. Essenzialmente è una simulazione dei propositi dei personaggi, e un’interpretazione degli eventi come variabili ed esiti in termini di progetti.
Inoltre la teoria della creazione della credenza connette l’immaginazione all’emozione. Da una prospettiva funzionale, è ovvio che l’immaginazione nel senso della simulazione di eventi e stati mentali di altri soggetti può concludersi in un’emozione reale, perché essere consapevoli della rilevanza degli interessi per una situazione immaginaria (e da cui deriva un vincolante e possibile corso delle azioni) prima del fatto piuttosto che in seguito, ha un valore adattivo. L’intensità di ogni immaginazione nell’esperienza di un’opera d’arte può allora essere una funzione della possibilità immaginata che essa apre al fruitore. Questo è il modo in cui le opere d’arte possono interagire con la legge della realtà apparente nel produrre emozioni (Frijda, 1989). È stato pure proposto che la finzione ci renda consapevoli delle discrepanze tra la realtà e la possibilità, e dunque possa influire sulle nostre credenze morali (Nussbaum, 1991).
Uno degli elementi fondamentali del codice linguistico letterario che sostengono in modo evidente la finzione e il conseguente lavoro immaginativo del lettore sono le figure retoriche, gli effetti speciali del linguaggio, come li definisce Bice Mortara Garavelli.
Ciò che i tropi (Tan, 2004, p. 128-129) hanno in comune è il fatto che attraversano la distinzione tra due o più livelli di significato. Essi sono un modo per costruire comunicazioni più interessanti, incluse quelle presenti nelle opere dell’arte. L’effetto ipotetico dei tropi è che, attraverso trasferimenti di livelli di significato, aggiungono una certa complessità o difficoltà allo stimolo che richiede un incremento dell’attenzione del fruitore. I ricercatori di letteratura hanno descritto questa complessità aggiunta come una tensione, unita ad una ricompensa istantanea dovuta ad una comprensione più profonda o più ricca.
Le contraddizioni tra i significati ai vari livelli non devono sempre essere risolte. Risolte o meno, esse segnalano un’attitudine ad essere condivise tra l’artista ed il fruitore. L’ipotesi implica che i tropi siano stimoli emozionali per eccellenza e che non ci sia niente contro il considerarli come opere d’arte in sé. In aggiunta all’attrazione dell’interesse i tropi possono essere un veicolo per il significato emozionale.
Sembra probabile che alcuni significati possano essere eminentemente o anche esclusivamente espressi per mezzo dei tropi. Una ragione per questo è che sottili caratteristiche di un evento rappresentato, che sono decisive per un’emozione particolare, possono essere articolate soltanto attraverso un processo di interazione tra i significati del soggetto ed il veicolo.
In linea con questa assunzione c’è lo status privilegiato che i tropi hanno avuto nella retorica. Le attuali descrizioni dei tropi suggeriscono anche che essi siano raffinati strumenti efficaci nello specificare il significato emotivo. In questo senso va considerato l’effetto emozionale della metafora. Essa è un tropo o figura attualmente studiato in modo molto intenso, un elemento comune del discorso nella vita quotidiana particolarmente frequente nell’uso del linguaggio letterario. La metafora in senso esteso, come alcuni altri tropi, si applica a diverse unità linguistiche di analisi, come la parola, la frase ed il livello del discorso.
Alcune opere letterarie nell’insieme sono interpretate come metaforiche, o in alcuni casi allegoriche. Nella metafora i predicati appartenenti al veicolo, cioè qualità, attributi o proprietà, vengono trasferiti al target, sia rendendo maggiormente salienti alcuni degli attributi originali del
target, sia aggiungendogliene di nuovi. Ortony (1975) discute aspetti dei predicati trasferiti che includono aspetti emotivi – ad esempio quando alcuni soggetti (il target) sono confrontati con un soggetto ben conosciuto (il veicolo) che è amato oppure odiato per specifiche ragioni. Se uno è definito “Attila l’unno”, allora le proverbiali malvagità di questo personaggio sono trasferite in lui. Steen (1992) ha dimostrato tali effetti emotivi in modo sperimentale. I predicati trasferiti spesso hanno un alto grado di concretezza e di valore percettivo, aumentando anche il potenziale emozionale del target. Per esempio, il disgusto è facilitato dalla presenza di tale attributo in una descrizione. Si presume che alcune metafore aumentino la chiarezza del target, mentre altre, specialmente quelle letterarie, possono contribuire in senso opposto all’ambiguità semantica del target.
Lakoff (1980, p. 141) fornisce l’esempio seguente:“L’amore è come un’opera d’arte collaborativa”. Questa metafora non riflette soltanto un’attitudine positiva, ma cattura anche le connotazioni degli sforzi piacevoli e dell’esigenza di creatività. Lakoff indica che l’insight può assumere un’immediata qualità di verità, quando i predicati aggiunti implicano ciò che nel taget è essenziale per il lettore. Si è anche suggerito che la metafora nella sua natura non sia linguistica, ma concettuale, e quindi sia stata anche usata nella comunicazione pittorica e nelle arti. (ciò permette di pensare fondatamente ad un rapporto con il costrutto della mental imagery: si veda Elaine Scarry, 1999). Le metafore visive abbondano nella pubblicità, nella pittura e nel cinema.
Secondo Carrol (1994) la metafora visuale è “cibo per il pensiero” senza esprimere alcun significato proposizionale fisso. Il fruitore è invitato a esplorare i significati e l’esplorazione include la considerazione della possibilità di transfer bidirezionale dei predicati – una possibilità che è esclusa nella metafora verbale. Un’altra differenza è che le metafore visuali sono creative per definizione e dunque invariabilmente attraggono l’attenzione dell’osservatore. Creativo in questo senso significa che i predicati trasferiti aggiungono una nuova proprietà al target. Allora può essere che le metafore visive producano sorpresa come esito del primo stadio dell’appraisal. A questa analisi si può aggiungere, come implica l’approccio di Forceville (1996), che la metafora visuale ha effetti emozionali più potenti quando gli elementi visivi aiutano nel rivolgersi direttamente agli interessi di un gruppo particolare di recettori del target.