11. La metafora nella sperimentazione della neuroscienza cognitiva
11.3 Metafora incorporata e mental imagery.
La presenza di metafore incorporate in alcuni aspetti della comprensione delle metafore verbali è caratterizzata da modalità immaginative, poiché il soggetto ricrea ciò che dev’essere compiuto come se fosse impegnato in azioni simili a quelle riportate nel tropo. La chiave per questo processo immaginativo è la simulazione, in questo caso la rappresentazione mentale esatta a cui ci si è riferiti nella metafora (Gibbs, Jr & Matlock, pp. 162 e segg.).
Per esempio, concetti astratti sono spesso compresi come oggetti fisici che possono essere toccati, tenuti, lasciati cadere e, ad esempio, picchiati: quando in una manifestazione di protesta sentono la
frase “massacrate il razzismo”, gli ascoltatori immaginano di impegnarsi in una rilevante azione fisica come il pestaggio, che facilita la costruzione metaforica della nozione astratta di razzismo come entità fisica. Sebbene non ci sia un’azione compiuta fisicamente, la simulazione mentale creata ha incorporato degli elementi perché i soggetti si immaginano mentre compiono l’azione rilevante. In questo modo il simulare ciò ch’è necessario come per praticare azioni simili facilita l’elaborazione di metafore incorporate in alcuni aspetti della comprensione della metafora verbale. Uno degli elementi interessanti delle simulazioni incorporate elaborano questi processi non soltanto quando il movimento è esplicitamente menzionato, ma anche quando è fino a un certo punto implicito. Per esempio gli studi mostrano che il soggetto inferisce la presenza del movimento quando legge la scrittura a mano (Babcock & Freyd, 1988) o guarda una serie di fotografie in cui il movimento tra gli eventi ritratti è implicito (Freyd, 1983). Dunque il soggetto percepisce le presentazioni della scrittura basate sui gesti che le producono e non solo sulle caratteristiche statiche delle lettere.
La ricerca neuroscientifica mostra che le aree cerebrali associate alla processazione visuale del movimento sono attive quando il soggetto vede sia immagini che ritraggono il movimento reale, sia quelle che propongono il movimento implicito (Kourtzi & Kanwisher, 2000). Queste scoperte suggeriscono che la processazione del movimento implicito in scene statiche sia molto simile alla percezione del movimento reale.
Tutti questi studi indicano che i soggetti possono prontamente e per lo più inconsciamente creare simulazioni di eventi del mondo reale quando comunicano con gli altri, ascoltano o leggono storie, risolvono problemi e percepiscono anche presentazioni d’immagini prive di movimento.
Gli studi di psicolinguistica dimostrano anche l’importanza delle simulazioni incorporate nella comprensione del linguaggio ordinario. Ad esempio, leggere frasi con componenti semantiche visive può interferire selettivamente con la processazione visiva. Pertanto i partecipanti ad uno studio hanno impiegato più tempo a svolgere un compito di categorizzazione visuale nella parte più alta del loro campo visivo quando hanno sentito frasi che descrivevano un movimento verso l’alto, come La formica saliva (Richardson et al., 2003). Quando degli individui compivano azioni fisiche come fare il pugno o muovere una leva verso il corpo, erano più lenti nel verificare come significative frasi che descrivevano azioni non collegate, come puntare una freccia (Klatzky et al., 1989) e chiudere il cassetto (Glenberg & Kaschak, 2002).
Inoltre compiere una semplice azione fisica, come ruotare una manopola in senso orario, può interferire con la velocità di comprensione, da parte dei soggetti, di affermazioni come Eric ha
abbassato il volume, che descrive uno scenario in cui una persona muove il polso in senso
antiorario (Zwaan &Taylor, 2006).
In generale questi studi psicolinguistici dimostrano che la comprensione, da parte di soggetti normodotati, di descrizioni linguistiche di un’azione simula mentalmente l’azione. Molti scienziati cognitivi descrivono le simulazioni cognitive come atti di finzione consci deliberati (Goldman, 2006). Ma i processi di simulazione che sono cruciali per la processazione del linguaggio sono diversi dall’impegnarsi nella finzione (Curie & Ravenscroft, 2002) e sono probabilmente automatici, inconsci e preriflessivi (Gallese, 2000). Dunque, si finge di fare qualcosa compiendo qualche altra azione in parte analoga.
D’altra parte, la maggior parte delle simulazioni immaginative sono azioni mentali in cui non si sta facendo una cosa per rappresentarne un’altra, ma ci si dedica mentalmente ad azioni simili a quelle a cui apertamente ci si riferisce. Per esempio, quando si immagina che impressione faccia calciare un pallone, non ci si dedica a qualche altra azione, come calciare un frutto, si costruisce invece mentalmente uno scenario del proprio corpo che calcia un pallone. Questa simulazione non è astratta nel modo in cui, ad esempio, una simulazione al computer di un uragano imita elementi astratti del modo in cui esso si sposta.
Le simulazioni incorporate evidenziano spesso una sensazione fisica, allo stesso modo in cui una persona può sperimentare sensazioni di movimento volando su un simulatore di velivolo (Gibbs, 2006). I soggetti possono non essere necessariamente consapevoli di queste sensazioni, come
dimostrato dalla ricerca sulle azioni ideomotorie, la quale indica che essi spesso si spostano inconsciamente entro schemi simili agli altri intorno a loro (Knuf et al., 2001). Le simulazioni incorporate sono atti immaginativi che sono implicati intimamente in processi subpersonali (Currie & Ravenscroft, 2002) e in molti casi sono compiute automaticamente senza riflessione significativa conscia.
La ricerca della psicologia cognitiva e della psicolinguistica suggerisce che i soggetti possono simulare facilmente il movimento, specialmente attinente al movimento corporeo, quando si sono dedicati a vari compiti cognitivi, inclusa la comprensione del linguaggio non metaforico.
Ma i soggetti simulano il movimento in situazioni in cui è fisicamente impossibile farlo, come in quelle rappresentate da frasi metaforiche come afferrare un concetto e pestare il razzismo? Gli studi hanno richiesto ai partecipanti di compiere azioni diverse in situazioni sperimentali che facevano ricorso a processi mentali consci e inconsci, come immaginare azioni metaforiche e rispondere a domande riguardo alle loro immagini, disegnare mappe che ritraevano eventi metaforici, reagire in modo appropriato ad affermazioni metaforiche, leggere frasi metaforiche dopo aver compiuto, o immaginato di compiere, differenti movimenti del corpo, e camminare pensando al significato di narrazioni metaforiche.
Alcuni di questi esperimenti hanno esaminato i prodotti della comprensione della metafora, ad esempio i significati che i partecipanti hanno inferito, mentre altri hanno investigato sui processi attraverso cui i soggetti costruiscono questi prodotti. L’esame sperimentale sia dei processi che del prodotto della comprensione è utile per dimostrare i differenti aspetti del modo in cui i soggetti costruiscono comprensioni immaginative delle metafore, che sono strettamente legate alla loro simulazione mentale delle azioni cui ci si riferiva tramite queste espressioni. Le simulazioni metaforiche non sono astratte o amodali, ma sono create in termini di “come se” fossero un’azione fisica, in cui i soggetti immaginano di muovere i loro corpi in modi caratteristici delle loro comprensioni metaforiche dei concetti astratti notati nelle affermazioni metaforiche, come afferrare
un concetto.
Chiedere ai soggetti di descrivere la loro comprensione di pestare il razzismo mostra che essi possono facilmente immaginare i modi in cui un’idea astratta come il razzismo può essere fisicamente “pestata”. A qualcuno questa abilità di immaginare eventi impossibili da un punto di vista fisico e concreto può sembrare strana. Ma gli schemi pervasivi del pensiero metaforico, in cui concetti astratti sono spesso compresi metaforicamente in modi concreti, permette ai soggetti di immaginare l’impossibile e lo fa sembrare del tutto plausibile.
Diversi studi sperimentali hanno indagato sulle abilità dei partecipanti di formare immagini mentali per frasi metaforiche (Gibbs & O’Brien, 1990; Gibbs et al., 1997), i quali mostrano che le metafore concettuali vincolano i tipi di immagini che i soggetti hanno in relazione a espressioni come
spargere i fagioli (metafora di “svelare un segreto”) e non mettere tutte le tue uova in un cesto
(metafora di “rischiare tutto in un colpo solo”). Tuttavia queste espressioni metaforiche possono essere facili da immaginare perché sono percepibili quando sono usate concretamente, perché ad esempio si può letteralmente spargere i fagioli in alcune situazioni. Ma i soggetti possono formare immagini mentali per esprimere azioni fisicamente impossibili che esprimono un significato metaforico, come pestare il razzismo o afferrare un concetto?
Una serie di esperimenti ha esplorato questi problemi confrontando le immagini mentali dei partecipanti le quali stavano per il concreto (es. masticare la gomma) e le frasi metaforiche (es.
masticare un’idea) (Gibbs et al., 2006). Diversamente dall’immaginare affermazioni di azione non
metaforica (masticare la gomma), in cui le immagini dei soggetti dovrebbero focalizzarsi sulle caratteristiche procedurali delle azioni concrete (muovere la bocca quando masticano la gomma), le immagini mentali dei soggetti per le frasi metaforiche dovrebbero mostrare una comprensione analogica del modo in cui domini astratti, come idee o concetti, possono essere attivamente strutturati in termini di domini d’origine incorporati (masticare qualcosa per produrne di più). I partecipanti hanno essenzialmente osservato che le idee sono oggetti che possono essere fisicamente verificati stendendoli per esaminarli in modo più efficace, e il fatto che comprendere è
afferrare permette al soggetto di estendere il suo corpo per controllare meglio l’oggetto e dunque comprenderlo meglio. Questo risultato illustra concretamente come le metafore incorporate vincolino le immagini mentali che i soggetti costruiscono quando interpretano affermazioni metaforiche di un’azione.
La metafora è dunque strettamente connessa all’immaginazione umana.
Una prova che depone ulteriormente a favore dell’ipotesi di uno stretto rapporto tra corporeità e processazione metaforica è quella inerente alle relazioni tra percezione, immaginazione e memoria visiva (Gazzaniga et al., 2005, pp. 232 e segg.). Il rapporto tra percezione e immaginazione è stato oggetto di un vivace dibattito, che ha attraversato il campo della psicologia per più di due decenni (Kosslyn, 1988). Al centro di tale dibattito stava la domanda se l’immaginazione dipende dagli stessi meccanismi neurali della percezione. Forse la prova più convincente del fatto che l’immaginazione e la percezione hanno processi in comune è venuta dalle ricerche di neuropsicologia.
Farah (1988) ha identificato casi in cui lesioni cerebrali che avevano causato deficit percettivi avevano provocato anche deficit dell’immaginazione corrispondenti. Un ictus può isolare l’informazione visiva proveniente da aree che rappresentano conoscenze più astratte, e in questo modo causare difficoltà sia nei compiti di immaginazione che in quelli di percezione. I pazienti con deficit visivi di ordine superiore rivelano deficit corrispondenti anche nell’immaginazione.
Si considerino due pazienti, uno con lesioni bilaterali della corteccia temporale e danni estesi alla regione occipitale sinistra, e un altro con lesioni bilaterali della corteccia parieto-occipitale. Il paziente con lesioni più ventrali, occipito-temporali, aveva difficoltà a immaginare facce o animali, mentre il paziente con danni alle vie dorsali produsse vivide descrizioni quando gli si chiese di immaginare oggetti, mentre fallì nei compiti di immaginazione spaziale.
Altre prove neuropsicologiche sono emerse da studi fisiologici su soggetti normali. Farah ha misurato i potenziali evocati (ERP) mentre i soggetti leggevano una lista di parole, o mentre leggevano parole e simultaneamente dovevano immaginarne i referenti. La componente iniziale del potenziale evento-correlato era identica in entrambe le condizioni, ma nella condizione dell’immaginazione si osservava un aumento dell’onda che rappresentava gli elettrodi occipitali. Anche se gli stimoli erano gli stessi nelle due condizioni, la generazione di immagini mentali aveva fatto selettivamente aumentare l’attivazione delle aree visive.
Risultati simili sono stati ottenuti da studi PET (Kosslyn et al., 1993), dai quali emerge che la produzione di immagini mentali non soltanto attiva le aree visive associative, ma fa aumentare il flusso sanguigno locale anche nella corteccia visiva primaria. Kosslyn e i suoi collaboratori della Harvard University hanno usato un nuovo metodo di stimolazione magnetica transcranica (TMS) per valutare l’importanza funzionale della corteccia visiva nella creazione di immagini mentali. La bobina della TMS fu collocata sopra la corteccia visiva primaria e i soggetti ricevettero un impulso al secondo per dieci minuti. L’ipotesi era che questa procedura alterasse l’attività neurale nella struttura bersaglio per circa dieci minuti dopo il termine della stimolazione. Come condizione di controllo si ripeté la procedura TMS, orientando però la bobina in modo tale che gli impulsi magnetici non raggiungessero il cervello. Dopo la TMS sulla corteccia visiva, i soggetti impiegavano più tempo nel formulare giudizi basati su immagini mentali, rispetto a quello impiegato nella condizione di stimolazione simulata.
Questi risultati sono in accordo con l’ipotesi che durante la generazione di immagini mentali vengano evocate rappresentazioni nella corteccia visiva primaria, benché sia possibile che la stimolazione magnetica elimini anche la funzionalità di aree visive secondarie attraverso proiezioni feedforward della corteccia visiva primaria. Queste prove depongono fortemente a favore dell’ipotesi che l’immaginazione utilizzi molti dei processi critici anche per la percezione. Quando viene generata un’immagine mentale, le scene visive probabilmente attivano le aree cerebrali visive, i suoni le aree uditive e gli odori quelle olfattive.
I risultati degli esperimenti sulle immagini mentali dimostrano che la memoria per le informazioni percettive non è indipendente dai processi percettivi. Non si deve pensare all’elaborazione percettiva e alla sua memoria come a entità neurali distinte; la memoria percettiva potrebbe semplicemente riattivare vie percettive.
Capitolo XII