16. La lettura del testo letterario come strumento per la costruzione della competenza emotiva?
16.4 Il linguaggio e la narrazione come correlati della teoria della mente
Il linguaggio è un aspetto che si connette in modo molto stretto alla teoria della mente (Astington e Baird, 2005), come dominio in cui il possesso di questa viene verificato attraverso il riconoscimento delle intenzioni del parlante e, si può dire in relazione al presente lavoro, dello scrivente, in ordine al testo letterario. Il linguaggio è il mezzo con cui i contenuti mentali vengono illustrati nel discorso, testuale e non, che circonda il lettore e da cui egli coglie contenuti e concetti, senza contare che esso è strumento di espressione spontanea delle conoscenze sulla mente e sui suoi stati, con l’utilizzazione attiva del lessico mentale (Lecce, Pagnin, 2007). In particolare torna utile per gli scopi del presente lavoro l’utilizzo della nozione di lessico mentale: si tratta dell’insieme di termini che parlano di contenuti mentali (sentimenti, emozioni, credenze, intenzioni) e che, applicati alle persone, dichiarano la loro qualità di soggetti che hanno una mente, quindi soggetti attivi, dotati di sentimenti e di pensieri e capaci di “leggerli” negli altri.
Il problema che ora si pone è il seguente: il lessico mentale come correlato della teoria della mente, nella fattispecie quello inerente alle emozioni, può essere formato attraverso esperienze che non siano soltanto quelle delle interazioni personali, ma anche attraverso esperienze testuali?
Studiare la teoria della mente significa studiare la capacità di comprendere gli stati mentali propri e altrui (Marchetti et al., 2005, pp. 39 e segg.), come si è visto, cioè come si utilizza la capacità di comprendere che i pensieri sono “opachi” e che quindi non si può leggere la mente dell’altro come se fosse un libro aperto, e che la maggior parte dei comportamenti di ogni essere umano è casualmente legata ai pensieri, ai desideri e alle emozioni che quella persona porta con sé. Lo sviluppo e il consolidamento di questa abilità mentalistica, relativa cioè al pensare gli stati mentali, è influenzata da una serie di fattori sociali e culturali. Il testo letterario si inserisce all’interno di questa prospettiva, dato che esso è uno strumento importante attraverso il quale è possibile implementare lo sviluppo della teoria della mente. Il testo offre al lettore uno spazio in cui
interagire con le parole per imparare a conoscere e a riordinare le proprie emozioni e i propri pensieri. Leggere ha a che fare con la comprensione ma anche con l’interpretazione, come si è visto, cioè con l’attribuire ad un significante un significato piuttosto che un altro consentendo che il background delle conoscenze pregresse e del contesto del lettore lo guidino nel percorso di attribuzione.
La teoria della mente inizialmente, fin dai quattro anni d’età, garantisce una comprensione di base delle credenze di primo ordine; nell’arco di qualche anno conduce alla gestione di credenze più articolate, di secondo ordine. La progressiva integrazione della psicologia del desiderio con la teoria della mente fa sì che con gli anni si diventi interpreti relativamente esperti della natura umana e si sappia sempre più relazionarsi con gli altri in un modo socialmente accettabile ed efficace. Bisogna peraltro aggiungere che, se gli aspetti salienti della teoria della mente sono quelli sopra esposti, essi non chiariscono in modo del tutto persuasivo come si arrivi ad essi: la prospettiva culturale indaga appunto i percorsi evolutivi dell’abilità di mind-reading, giungendo ad esempio a stabilire che la presenza di fratelli facilita l’acquisizione della teoria della mente (Perner et al., 1994), così come appare evidente l’esistenza di un legame stretto tra lo sviluppo del linguaggio e lo sviluppo di competenze mentalistiche (Siegal, Beattie, 1991; Plaut, Karmiloff-Smith, 1993).
Il problema è ora quello di capire su quali fonti mentalistiche di ordine culturale si possa fare affidamento: se si considera l’interazione tra l’uso del linguaggio che presenti un lessico di tipo psicologico e la teoria della mente, si può fondatamente pensare che la letteratura sia una fonte importante di contenuti mentalistici, almeno in relazione a quanto si è detto in precedenza sulle emozioni e sui processi di simulazione nella lettura. Se si considera quanto si è indagato riguardo all’importanza delle storie per lo sviluppo del sé, al fatto che attraggono perché consentono di introiettare esperienze possibili e di confrontarle con la propria conoscenza acquisita, oltre che di interagire per il tramite di un contesto con realtà immaginabili, emotivamente non anodine e interessanti il pensiero complesso grazie alla presenza della metafora, si può comprendere l’importanza della narrazione al fine dello sviluppo della teoria della mente. Bruner afferma che la narrazione rappresenta una delle fonti di comunicazione più potenti di cui l’uomo dispone, dato che determina l’ordine di priorità in cui le forme linguistiche vengono progressivamente assimilate (Bruner, 1996).
Le storie traspongono la vita, riordinano pensieri, azioni ed eventi e lo fanno tessendo una rete di significati che possa dare un senso al vissuto umano, modificando il punto di vista e la prospettiva da cui e attraverso cui guardare il mondo. Si tratta di uno strumento pronto e flessibile che ci consente di affrontare la precarietà dei piani e delle anticipazioni (Bruner, 2002). Karmiloff e Karmiloff-Smith (2001, p. 156) sostengono che attraverso la narrativa si sviluppa il senso del sé, dal momento che il soggetto, attraverso la capacità di condividere le sue esperienze ed i suoi pensieri, crea la sua autobiografia e consegue una migliore comprensione del mondo intorno a sé. La narrativa coinvolge sia la coerenza che la coesione, come si è visto in precedenza. La prima si riferisce al modo in cui il contenuto o l’argomento della narrativa è tenuto insieme ed è elaborato. La seconda non si riferisce al contenuto e alla struttura complessiva, ma ai meccanismi linguistici impiegati per collegare le frasi e connettere il background o le informazioni previe con nuove informazioni poste in primo piano quando il discorso si sviluppa.
Secondo Bruner (1990; 1996), come si è visto in precedenza, esisterebbero due modi di pensare, ai quali corrispondono due differenti modalità di organizzare l’esperienza: il pensiero paradigmatico, o logico-scientifico, e il pensiero sintagmatico o narrativo. Al primo appartengono i processi logici e categoriali, i principi di coerenza e di non contraddizione. Il secondo si contraddistingue per un registro intenzionale e soggettivo che presiede alla creazione narrativa della realtà. Questo secondo tipo di pensiero ci guida nella creazione narrativa dell’esistenza (Marchetti et al., 2005, pp. 50): si pensi all’etimologia del verbo narrare e alla sua accezione latina, che è relativa all’esporre e al rappresentare attraverso vari mezzi fatti reali o immaginari ed è pure affine a “gnarus”, cioè essere consapevoli, conoscere le cose in un certo modo. Entrambi i fatti accadono insieme ogni volta che si racconta: si organizzano i fatti e si attribuisce ad essi un senso. La narrazione potrebbe essere vista
come “un modo per addomesticare l’errore umano e la sorpresa. Essa rende convenzionali le forme comuni degli inconvenienti umani attraverso i generi letterari o qualsiasi altra forma che sia in grado di ridurre il pungolo della causalità (Bruner, 2002). Si coglie in questo modo il possibile legame tra la teoria della mente e la narrazione, cioè di un uomo che trova nelle storie una via di accesso preferenziale ai sistemi simbolici culturali che veicolano gli stati mentali delle persone. Sempre secondo Bruner (1990; 1996; 2002) per comprendere il senso della narrazione bisogna partire dall’idea di evento canonico, cioè conforme alla norma e regolare, e straordinario, quando travalica la normalità e sorprende per la sua imprevedibilità. Il racconto scaturisce dall’incontro di questi due elementi. La narrazione ancora lo straordinario alla canonicità, ovvero fornisce una impalcatura di regolarità a un progetto improbabile nella sua straordinarietà. In altre parole le storie raccontano ciò che usuale e prevedibile e quindi autorevole e legittimo affinché un evento straordinario possa diventare comprensibile. Quando il canonico incontra lo straordinario prende vita il fenomeno della negoziazione di significati, che consiste nel sottoscrivere un compromesso che soddisfi tutte le parti in gioco. Il significato non è dato a priori, ma si costruisce attraverso una contrattazione.
Con la teoria della mente abbiamo negoziazione nella misura in cui il privato ed il pubblico del soggetto si incontrano all’interno dell’ampia cornice delle interazioni sociali. Il modo del soggetto di pensare, desiderare, emozionarsi che la cultura contribuisce a costruire dialoga con le molteplici prospettive che le persone che lo circondano portano con sé. La narrazione è negoziazione perché raccontando e raccontandosi, ascoltando e ascoltandosi si realizza un incontro tra menti, reali o simboliche che siano; questo incontro porta all’individuazione di un significato per gli elementi incomprensibili/imprevedibili che costellano l’esistenza del soggetto e alla ridefinizione continua dei significati già acquisiti. Alla luce di queste considerazioni si può affermare che la teoria della mente fa parte di un ampio ventaglio di competenze e che le abilità mentalistiche nascono e si strutturano all’interno di un percorso di crescita dove fattori sociali e culturali svolgono un ruolo di notevole importanza.
In questo senso le storie sono una entità culturale che agisce nella costituzione e nella gestione della realtà psicologica degli individui, per cui rappresentano una fonte importante di contenuti mentalistici: il loro studio rappresenta un percorso d’indagine utile per comprendere lo sviluppo delle abilità mentalistiche del soggetto, sviluppo che si realizza mediante i processi di negoziazione sul piano dei sistemi semiotici utilizzati, a livello di pensiero e di storie, dagli individui e dalle culture a cui essi appartengono.