14. Dalla lateralizzazione emisferica alla embodied cognition: un riepilogo
14.2 Embodied cognition
La cognizione incorporata è un approccio alla cognizione che ha le sue radici nel comportamento motorio (Schneegans, Schoner, in Calvo, Gomila, 2008, pp. 241-242). Questo approccio sottolinea che la cognizione coinvolge tipicamente l’agire con un corpo fisico nell’ambito di un ambiente in cui il corpo è immerso. Tale visione postula che il comprendere i processi cognitivi comporti il comprendere il loro stretto legame con gli aspetti motori che possono generare azione e quelli sensori che forniscono i segnali sensori in relazione all’ambiente.
Le teorie della cognizione incorporata propongono che la simulazione sia la base per la rappresentazione cognitive (Meteyard, Vigliacco, in Calvo, Gomila, 2008, p. 293). Si argomenta che la simulazione usi gli stessi sistemi sensoriomotori che sono impegnati durante l’esperienza reale; quando questo principio è applicato alla rappresentazione del significato linguistico (semantica), tali teorie propongono che il contenuto semantico sia ottenuto ricreando, di solito in forma più debole, l’informazione sensoria e motoria prodotta quando il referente di una parola o di una frase ne sta facendo attuale e diretta esperienza.
Cognizione è ciò che accade quando il corpo interagisce con il mondo fisico e culturale (Gibbs, in Pecher, Zwaan, eds., 2005). Le menti non sono interne rispetto al corpo umano, ma esistono come reti che comprendono cervelli, corpi ed il mondo. In un modo simile l’incorporamento – embodiment – si riferisce alle interazioni dinamiche tra il cervello, il corpo e l’ambiente fisico e culturale, laddove per contesto culturale si fa riferimento ad una considerazione dello stesso afferente ai recenti avanzamenti dell’antropologia (ambiente come ecosistema valorizzato dalla
cultura e dalla tecnologia, cfr. Fabietti, U. e Remotti, F., 1997) e delle neuroscienze, per le quali il comportamento è funzione dell’ambiente e della persona (Baroni, R., 2006).
Il termine embodiment è diretto a sottolineare importanti aspetti dell’esperienza fenomenologica dei loro corpi in azione vissuta dagli individui nel corso della loro esistenza. Essi non hanno bisogno di queste sensazioni (“proprioception”), per quanto ci siano importanti regolarità nelle esperienze fisiche che sono tacitamente incorporate nella cognizione di più alto livello. Questa possibilità non esclude l’importanza fondamentale di processi corporei come l’attività neurale, che naturalmente è un elemento focale della ricerca nelle scienze cognitive.
Peraltro va messa in luce l’importanza e la rilevanza di schemi ricorrenti dell’azione corporea delle sensazioni nel processo di “grounding”, di posizione a terra di fondamenta, della creazione e dell’uso di simboli da parte del soggetto. Una parte cruciale nel comprendere in che modo l’embodiment procura il fondamento concreto di percezione, cognizione e linguaggio è lo studio di come gli individui usino in maniera immaginativa aspetti della loro esperienza fenomenica per per la strutturazione di concetti astratti.
Naturalmente questo studio conduce all’argomento della metafora, dato il suo ruolo nel “mapping”, nell’associare aspetti concreti delle esperienze fisiche soggettive all’interno dei domini della conoscenza astratta. L’embodiment modella il pensiero metaforico ed il linguaggio a differenti livelli; ciascuno di questi riflette una diversa scala temporale, che si estende dall’evoluzione linguistica, caratterizzata dalla lentezza del suo procedere, agli aspetti veloci della produzione e comprensione e produzione immediata del linguaggio in rete. A tale proposito si può argomentare in relazione a differenti livelli di interazione tra l’embodiment ed il significato linguistico. L’embodiment gioca un ruolo nello sviluppo e nei cambiamenti dei significati delle parole e delle espressioni nel tempo. Esso procura motivazioni inerenti ai significati linguistici correnti all’interno delle comunità linguistiche, o può avere un ruolo in un’idealizzata comprensione del linguaggio da parte di chi lo parla e lo ascolta. L’embodiment motiva l’uso di chi parla e la sua comprensione del motivo per cui varie parole ed espressioni abbiano un determinato significato e funziona automaticamente ed interattivamente nell’uso e nella comprensione in rete del significato linguistico.
Le teorie della embodied cognition sostengono che i processi cognitivi di alto livello come il pensiero ed il linguaggio sono modali, cioè coinvolgono parziali riattivazioni di stati secondo modalità specifiche nei sistemi sensoriomotori (Winkielman, Niedenthal, Oberman, in Semin, Smith, 2008, pp. 265 e segg.). Il fondamento della conoscenza si troverebbe negli originali stati neurali che si sono verificati quando l’informazione è stata acquisita in origine. In tale descrizione “embodied” non c’è bisogno che gli stati di attivazione nei sistemi percettivi, motori e introspettivi siano ridescritti in simboli astratti che rappresentano la conoscenza. La conoscenza in un certo senso in parte rivive nelle sue modalità sensorie, motorie e introspettive. Di recente sono state applicate descrizioni “embodied” per comprendere la processazione dell’informazione emozionale (cfr. Barrett and Lindquist, 2008; Decety and Jackson, 2004; Gallese, 2003; Niedenthal et al., 2005).
Tale applicazione propone che gli stati sensoriomotori e affettivi innescati durante l’incontro con uno stimolo che suscita un’emozione siano catturati e immagazzinati in aree di associazione secondo modalità specifiche. Più tardi, durante il recupero dell’esperienza nella coscienza – il ritorno del pensiero all’evento scatenante l’emozione – lo schema originario degli stati sensoriomotori e affettivi che si sono verificati durante l’incontro può essere riattivato. Un punto di discussione di tale assunto è che la riattivazione può essere parziale e coinvolge un uso dinamico, in rete di informazioni secondo modalità specifiche. Sarebbe a dire che ciò che viene riattivato dipende da come è distribuita l’attenzione selettiva e su quale informazione è attualmente rilevante per l’individuo.
Per le teorie della cognizione incorporata, il fatto di usare la conoscenza – come nel richiamare i ricordi, effettuare inferenze e fare progetti – è pertanto definito simulazione incorporata, perché le
parti dell’esperienza precedente sono riprodotte nei sistemi neurali originariamente implicati, come se l’individuo fosse lì, nella stessa situazione effettuale (cfr. la questione dei neuroni specchio). Un importante dibattito riguarda i substrati esatti dei meccanismi di simulazione. Alcuni ricercatori ritengono sufficiente assumere che il cervello rappresenti informazioni attraverso una gerarchia di aree associative largamente distribuite, talvolta chiamate zone di convergenza (Damasio, 1989). Quelle aree trattengono le informazioni riguardo alle caratteristiche modali, sensoriomotorie, dello stimolo, con la sintonizzazione di aree progressivamente più alte con gli aspetti più astratti della rappresentazione. Questo modo di rappresentare l’informazione preserva i suoi contenuti modali e permette alle rappresentazioni sensoriomotorie di essere selettivamente riattivate, attraverso i meccanismi attenzionali, ogni volta che il soggetto che percepisce ha bisogno di costruire una simulazione. A tale proposito va detto che non c’è dal punto di vista anatomico un sistema unico di simulazione o rispecchiamento. In sostanza l’intero cervello può funzionare come una macchina di simulazione, con aree a modalità differente che vengono coinvolte in dipendenza dagli obiettivi in un compito particolare.
Da un altro punto di vista si sostiene che la simulazione è supportata da neuroni a specchio specializzati, o anche da un intero sistema di neuroni specchio che rileva e associa le corrispondenze tra azioni osservate e compiute. Alla trattazione di questo tema sarà successivamente riservato un capitolo del presente lavoro.
Peraltro c’è disaccordo riguardo all’esatta localizzazione dei neuroni specchio; ci si chiede se questi neuroni costituiscano attualmente un sistema di elementi interconnessi e se ci siano neuroni specializzati dedicati al rispecchiamento oppure se neuroni regolari possono semplicemente compiere una funzione di rispecchiamento.
Una parte dello studio originale compiuto sulle scimmie evidenzia un ruolo unico dei neuroni situati nella corteccia inferiore parietale ed inferiore frontale, che si attivano quando una scimmia compie un’azione e quando osserva l’azione di un altro individuo (Gallese, Keysers and Rizzolatti, 2003). Le implicazioni di questo studio sono state rapidamente estese agli esseri umani. Alcuni studiosi sostengono che essi hanno un’area dedicata ai neuroni a specchio, localizzata intorno alla BA 44. Essa può elaborare operazioni complesse, come rilevare la corrispondenza tra sé e gli altri, o rilevare differenze tra un’azione orientata all’obiettivo e un’azione non intenzionale (Gallese et al., 2004). Il problema è complesso. Mentre ci sono studi sugli esseri umani che trovano l’attivazione in un’area di neuroni specchio, ci sono anche studi che suggeriscono che risposte simili al rispecchiamento, nel senso del coinvolgimento di un’area sia nella percezione che nell’azione, possono essere osservate in altre regioni del cervello.
Queste possono includere una serie di aree connesse alle emozioni (l’insula, la cingolata anteriore), la corteccia somatosensoria, il solco temporale superiore, l’area del corpo extrastriato o quella dentat del cerebellum. Naturalmente questo potrebbe suggerire che che i neuroni specchio siano sparsi attraverso il cervello, forse formando un sistema distribuito di neuroni specchio.
Si potrebbe pure pensare che non ci sia un sistema, e che il rispecchiamento sia proprio una funzione che può essere caratteristica di molte aree. Infatti un principio che spiega questi effetti sostiene che la codificazione neurale generalmente tende a localizzare insieme funzioni simili. Ad esempio la rappresentazione neurale di un’immagine visuale e del concetto linguistico di una gamba è parzialmente co-localizzata con la rappresentazione neurale della gamba fisica, a causa dell’apprendimento hebbiano (il vedere la gamba di uno muoversi e muoverla allo stesso tempo, attraverso un meccanismo di attivazione simultanea nelle cellule pre e postsinaptiche (Cfr. Kandel et al., 2000, p. 1262). Del resto non sorprende che la stessa area possa essere attiva durante la percezione e l’azione (Si veda, in termini di educazione emotiva, il meccanismo di simulazione e rispecchiamento che vede l’insegnante, in rapporto agli allievi, agente in un comportamento di tipo emotivo – cognitivo all’interno di un contesto relazionale da lui scarsamente orientato alla collaborazione).