Costituzione e mercato
2. Il difficile contemperamento tra tutela della salute e interessi commerciali nel settore delle biotecnologie agro-alimentar
Il settore delle biotecnologie agro-alimentari si presta a costituire un terreno elettivo di indagine per l’applicazione e l’interpretazione del principio di precauzione, tenuto conto delle vaste potenzialità di sviluppo della ricerca scientifica e delle incertezze circa i potenziali effetti dannosi per l’ambiente e la salute umana derivanti da tali prodotti transgenici.
Il dibattito sugli organismi geneticamente modificati (OGM) e sul loro utilizzo nel settore della produzione agro-alimentare è più che mai nutrito nell’attuale momento storico nel quale l’Europa sta tentando di delineare con maggiore nettezza la direzione verso la quale procedere alla costante ricerca di un plausibile bilanciamento tra istanze confliggenti.
In buona sostanza, il conflitto dialettico nel campo delle biotecnologie si articola nei seguenti termini: da un lato, vivono le esigenze connesse alla costruzione di un mercato unico europeo e alla promozione della concorrenza da attuarsi attraverso la liberalizzazione degli scambi; dall’altro, si stagliano le istanze di salvaguardia del fondamentale diritto alla salute minacciato dall’imprevedibilità degli effetti dannosi prodotti dagli OGM e verosimilmente tutelato dal ricorso al principio di precauzione. Precisamente, all’esigenza europea di codificare regole comuni intese ad agevolare la libera circolazione degli OGM, si contrappone a livello statale una complessa esigenza di tutela della salute pubblica declinata nei complementari concetti di food safety e food security.
Tale dialettica fra istanze contrapposte, che si concreta de facto in una differenza di approccio e priorità tra Stati e Commissione in materia di OGM, ha innervato il dibattito a partire dagli anni Novanta, influenzandone l’evoluzione normativa.
Da tale angolo visuale, è opportuno volgere lo sguardo alla disciplina comunitaria relativa all’utilizzazione nel settore agroalimentare degli OGM, dando precipuo rilievo agli interventi compiuti nella menzionata ottica di bilanciamento.
Tale disamina intende prendere le mosse dal regolamento (CE) n. 258/1997 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 gennaio 1997, in G.U.C.E L 043, 14-02-1997, 1-6, preceduto dalle direttive 1990/219/CE e 1990/220/CE del Consiglio, del 23 aprile 1990, entrambe in G.U.C.E L 117, 8-5-1990, 1-14 e 15-27.
L’intervento regolamentare in analisi era prioritariamente volto a riavvicinare le disposizioni nazionali vigenti in materia di OGM allo scopo di evitare che l’eccessiva frammentazione normativa tra gli ordinamenti nazionali, frapponendo ostacoli alla libera circolazione dei prodotti alimentari, legittimi forme patologiche di protezionismo mascherate dietro esigenze di tutela della salute12.
Sul piano procedurale, giova focalizzare l’attenzione sull’istituzione, ad opera del reg. 258/97, di un procedimento semplificato di immissione in commercio applicabile in deroga con esclusivo riferimento a talune nuove categorie di prodotti o ingredienti alimentari, attesa la loro sostanziale
11 Si pensi al ruolo svolto in materia dalla Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO),
dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), dalla World Trade Organization (WTO) e dalla Commissione del
Codex Alimentarius (ACC).
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equivalenza ai prodotti o ingredienti convenzionali13. Si trattava di una mera procedura di notifica,
non implicante la necessità di un esplicito atto autorizzatorio, in base alla quale il richiedente era semplicemente tenuto a notificare alla Commissione l’avvenuta immissione in commercio dei prodotti de quibus, sulla base del convincimento che le varietà geneticamente modificate sono da considerarsi, fino a prova contraria, come sostanzialmente equivalenti alle varietà convenzionali e quindi tali da non giustificare trattamenti discriminatori.
Nell’ottica del bilanciamento valoriale tra tutela della salute e interessi commerciali, il regolamento offriva un primo tentativo di contemperamento attraverso la previsione di un’apposita clausola di salvaguardia che consentiva allo Stato membro interessato, sulla base di nuove informazioni o della nuova valutazione delle informazioni esistenti, di limitare temporaneamente o sospendere la commercializzazione dell’alimento sospetto laddove vi fossero fondati rischi per la salute e per l’ambiente.
L’impostazione liberista sopradescritta, fondata sul criterio dell’equivalenza sostanziale, ha ceduto successivamente il passo ad un metodo operativo sincretistico inteso a contemperare, in un’ottica precauzionale, esigenze economiche e tutela della salute.
Tale approccio ha trovato consacrazione nella direttiva 2001/18/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 12 marzo 2001, in G.U.C.E L 106/1, 17-4-2001, 1-39, e nei regolamenti (CE) n. 1829/2003 e n. 1830/2003 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 22 settembre 2003, in G.U.U.E L 268/24, 18-10-2003, 1-23 e 24-28, strutturati intorno al ricorso al principio di precauzione e basati su un’apposita procedura di tipo autorizzatorio intesa ad un riaccentramento della governance regolativa a livello europeo, salvo prevedere, in applicazione del principio di precauzione, la possibilità per gli Stati di invocare clausole di salvaguardia e misure di emergenza per motivazioni esclusivamente attinenti il rischio ambientale e sanitario. Invero, i regolamenti citati hanno altresì innovato in materia di tracciabilità ed etichettatura obbligatoria onde assicurare ai consumatori informazioni idonee a garantire scelte consapevoli.
Venendo alla disamina degli aspetti procedurali, il reg. 1829/03 ha disposto che ogni OGM, al fine di ottenere l’autorizzazione, deve essere sottoposto ad una procedura comunitaria di valutazione dei rischi sotto la guida dell’EFSA. Quest’ultima è chiamata ad adottare un parere motivato che verrà trasmesso al richiedente, alla Commissione e agli altri Stati membri e successivamente pubblicato onde consentire ai cittadini europei di presentare osservazioni alla Commissione. Alla fase di risk
assessment segue la fase di risk management: difatti, la valutazione scientifica effettuata dall’Authority
dovrà essere implementata da una decisione relativa alla gestione del rischio, sotto forma di autorizzazione, adottata dalla Comunità attraverso una procedura di regolamentazione intesa a garantire la necessaria cooperazione tra Commissione e Stati membri.
A tale iter non è consentito derogare in nessun caso: con ciò si intende mettere in luce la principale novità apportata dal regolamento in parola consistente nell’esclusione degli OGM dal campo applicativo della procedura semplificata disciplinata dal reg. 258/97.
Invero, un tale accentramento della governance regolativa a livello europeo è stato bilanciato riconoscendo agli Stati il diritto di adottare clausole di salvaguardia14 e misure di emergenza15 intese
a limitare o proibire la coltivazione di OGM sulla base, a seconda dei casi, di nuove o ulteriori
13 Cfr. art. 1, n. 2, lett. b), d) ed e) reg. 258/97. Nel novero delle categorie residuali rientranti nel campo applicativo
della procedura semplificata si segnalano i prodotti o ingredienti alimentari ottenuti a partire da OGM ma che non li contengono. Giova precisare che, a partire dal 2004 (termine per l’applicazione del reg. 1829/2003) la categoria richiamata sarà estrapolata ed esclusa dal campo applicativo della procedura semplificata.
14 Cfr. art. 23 dir. 2001/18. 15 Cfr. art. 34 reg. 1829/03.
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informazioni riguardanti la valutazione dei rischi ambientali e divenute disponibili dopo la data dell’autorizzazione, o di una nuova valutazione delle informazioni esistenti.
Tuttavia, un tale criterio di riparto della governance tra Unione europea e Stati membri, inteso a realizzare un verosimile contemperamento nella dialettica degli interessi confliggenti, non è risultato pienamente satisfattivo del principio di sussidiarietà attesa la complessità ed eterogeneità delle istanze in gioco in materia di OGM.
Difatti, il margine di manovra riconosciuto agli Stati, in quanto limitato alla possibilità di ricorrere alla clausola di salvaguardia e alle misure di emergenza, è risultato eccessivamente settoriale e restrittivo atteso che le preoccupazioni nazionali potrebbero trascendere le questioni squisitamente sanitarie.
In considerazione dei superiori rilievi, si è imposta la necessità di revisionare l’assetto delle competenze nazionali e europee attraverso l’emanazione della direttiva 2015/412/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, dell’11 marzo 2015, in G.U.U.E L 68/1, 13-3-2015, 1-8, modificativa della previgente dir. 2001/18.
Muovendo dall’assunto per cui la coltivazione degli OGM è «questione con forte dimensione nazionale, regionale e locale dato il suo legame con l’uso del suolo, le strutture agricole locali e la protezione o il mantenimento degli habitat, degli ecosistemi e dei paesaggi»16, la nuova disciplina
intende irrobustire il margine di «flessibilità»17 riconosciuto agli Stati nel decidere se desiderare
oppure opporsi alla coltivazione di OGM nel loro territorio. Difatti, l’approdo rivoluzionario cristallizzato dalla recentissima direttiva consiste nell’ampliamento del novero delle motivazioni che possono essere addotte dagli Stati a sostegno della decisione di opporsi alla coltivazione di OGM.
In buona sostanza, aprendo a considerazioni di ordine diverso da quelle connesse al rischio ambientale e sanitario e fermo restando il rispetto dei principi di non discriminazione e di proporzionalità, le limitazioni o i divieti nazionali alle coltivazioni possono basarsi su motivazioni connesse a fattori imperativi, traducibili in interessi pubblici, legati ad obiettivi di politica agricola, alla pianificazione urbana e territoriale, all’uso dei suoli, agli impatti socio- economici, all’ordine pubblico, oltre che a ragioni di politica ambientale18.
Trattasi di un ragionevole tentativo di bilanciamento attraverso il quale viene realizzata una faticosa, ma non definitiva, sintesi tra gli interessi in gioco: difatti, mentre il processo di rinazionalizzazione delle procedure autorizzatorie relative alla coltivazione di OGM finisce per dare voce alle istanze nazionali, dall’altro lato, il fatto che le questioni relative all’immissione in commercio e all’importazione di OGM continuino ad essere disciplinate a livello dell’Unione finisce per salvaguardare le esigenze connesse alla produzione e al libero mercato.
3. La complessa interazione tra i diversi livelli di governance nella giurisprudenza comunitaria e