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Governance economica europea, costituzionalizzazione del principio dell’equilibrio di bilancio e Stato democratico-sociale

L’incrinatura dell’assetto costituzionale tra diritti fondamentali e vincoli di bilancio, dallo ius condito allo ius condendo

1. Governance economica europea, costituzionalizzazione del principio dell’equilibrio di bilancio e Stato democratico-sociale

La disciplina di bilancio del nostro ordinamento, a livello sia costituzionale sia legislativo, ha subito negli ultimi anni notevoli mutamenti, in buona parte derivanti dalle normative UE e dagli impegni assunti dal nostro Paese nelle sedi europee, a seguito della difficile congiuntura economica e finanziaria che ha investito (non solo) il Vecchio continente1.

Nell’ordinamento dell’UE, a partire dal Trattato sull’Unione europea, sono state progressivamente inserite numerose prescrizioni costitutive dei vincoli alla finanze pubbliche dei Paesi aderenti all’Unione economica e monetaria. Il condizionamento della politica economica – e, specificamente, della politica di bilancio – degli Stati membri, indotto dalla crisi principiata nel 2008, è ulteriormente aumentato per effetto delle nuove più restrittive regole europee di bilancio. Tale dato, va detto, «non è frutto di un’avocazione unilaterale di funzioni, derivante dalla partecipazione degli Stati al processo di integrazione europea»2, ma è sintomo di un nuovo modello di gestione

dell’economia e della finanza ispirato ai principi di monitoraggio europeo, sia preventivo che successivo, sulle politiche di ciascun Paese: per mezzo di accordi stretti tra questi ultimi e le istituzioni dell’UE, vengono stabiliti i correttivi alle politiche interne finalizzati alla stabilità finanziaria e, all’interno dell’eurozona, alla solidità della moneta comune.

Il progressivo aggravarsi degli indicatori economici interni ha indotto i Paesi della zona euro a rafforzare il coordinamento economico con una serie di interventi, assunti anche con strumenti internazionalistici. Il più recente di questi è il Trattato sulla stabilità, sul coordinamento e sulla

governance nell'Unione economica e monetaria (c.d. Fiscal compact), sottoscritto il 2 marzo 2012 da 25

Paesi dell’UE3, i quali si sono così impegnati a introdurre nei rispettivi ordinamenti il principio del

pareggio di bilancio4 entro un anno dalla sua entrata in vigore (avvenuta il 1° gennaio 2013), «tramite

disposizioni vincolanti di natura permanente – preferibilmente costituzionale – o il cui rispetto fedele è in altro modo rigorosamente garantito lungo tutto il processo nazionale di bilancio» (art. 3, par. 2)5.

Secondo quanto recita l’articolo 3 del Fiscal compact, infatti, i bilanci degli Stati firmatari devono essere «in pareggio o in avanzo», considerandosi rispettato tale obiettivo «se il saldo strutturale annuo […]

1 Sulle misure adottate a livello europeo a partire dal 2010, v., tra gli altri, R. Dickmann, Governance economica europea

e misure nazionali per l’equilibrio dei bilanci pubblici, Napoli, Jovene, 2013, 3 ss.; G. Pitruzzella, Chi governa la finanza pubblica in Europa?, in Quad. cost., 2012, 9 ss.

2 Come sostenuto da R. Perez, Cessioni di sovranità e poteri di bilancio, in AA.VV., Dalla crisi economica al pareggio di

bilancio: prospettive, percorsi e responsabilità, Milano, 2013, 349 ss.

3 Tutti gli Stati allora membri, salvo il Regno Unito e la Repubblica Ceca, contrari all’introduzione di vincoli tanto

stringenti nei rispettivi ordinamenti.

4 Per il vero, questo principio non rappresenta una novità assoluta, in quanto già il Trattato di Amsterdam del 1997

aveva integrato nel Patto di stabilità e crescita l’obiettivo di bilancio a medio termine del raggiungimento di una posizione vicina all’equilibrio di bilancio. I limiti entro i quali è possibile discostarsi dall’equilibrio di bilancio, per converso, sono divenuti più stringenti.

5 Non pare, quindi, discendere da tali vincoli un puntuale e formale obbligo giuridico di procedere a una modifica

costituzionale in materia di bilancio, come rileva M. Luciani, Costituzione, bilancio, diritti e doveri dei cittadini, in Astrid

NICOLÒ FUCCARO

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è pari all’obiettivo di medio termine specifico per il paese, quale definito dal Patto di stabilità e crescita rivisto, con il limite inferiore di un disavanzo strutturale dello 0,5% del prodotto interno lordo». La deviazione da tale obiettivo è consentita solo di fronte a circostanze eccezionali, sempre che essa sia «temporanea» e «non comprometta la sostenibilità del bilancio a medio termine». Inoltre, all’articolo 5, è prevista una procedura di sorveglianza specifica in relazione allo Stato che sia stato riconosciuto in una posizione di deficit eccessivo. In un simile caso, lo Stato membro deve produrre un programma di partenariato budgetario ed economico, che includa una dettagliata descrizione delle riforme strutturali che intende approvare, e deve presentarlo al Consiglio e alla Commissione – titolari del potere di sorveglianza – per l’approvazione.

In ossequio agli obblighi imposti dal Fiscal compact, il Parlamento italiano ha provveduto a introdurre in Costituzione il principio dell’equilibrio dei bilanci6, mediante la legge costituzionale n.

1 del 2012 che ha modificato gli articoli 81, 97, 117 e 119 Cost. A completare la disciplina di bilancio è stata la legge n. 243 del 2012 – approvata con la maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera – che stabilisce il contenuto della legge di bilancio, le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese e la sostenibilità del debito del complesso delle amministrazioni pubbliche. Alle disposizioni di quest’ultima legge è stato affidato anche il conseguimento dell’obiettivo della riduzione dell’ammontare del debito pubblico, tramite l’introduzione di regole di spesa che consentano la salvaguardia degli equilibri di bilancio e la riduzione del rapporto tra debito pubblico e PIL nel lungo periodo, in coerenza con gli obiettivi di finanza pubblica.

Per determinare quanto sia stringente la nuova regola costituzionalizzata, occorre verificare in quali casi è concesso discostarsi dal pareggio e ricorrere all’indebitamento. Il ricorso a quest’ultimo «da decisione sostanzialmente libera … diventa un’eccezione costituzionalmente condizionata»7: ai

sensi del secondo comma dell’articolo 81 Cost., esso è consentito «solo al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere adottata a maggioranza assoluta dei rispettivi componenti, al verificarsi di eventi eccezionali». Tali «eventi eccezionali», tassativamente indicati all’articolo 6 della legge 243/2012, sono individuati in «periodi di grave recessione economica», nonché in «gravi crisi finanziarie» e «gravi calamità naturali, con rilevanti ripercussioni sulla situazione finanziaria»; per la loro definizione viene, inoltre, fatto rinvio all’ordinamento UE. In presenza di uno di questi fattori è consentito uno scostamento temporaneo dal saldo dell’obiettivo programmatico, determinato sulla base della citata procedura aggravata, che richiede altresì il parere della Commissione europea, competente a calcolare l’indebitamento strutturale e a giudicare l’adeguatezza delle politiche di bilancio.

Secondo parte della dottrina8, le nuove disposizioni costituzionali confliggerebbero con la forma

di Stato sociale riconosciuta dalla nostra Carta, limitando – quando non persino impedendo – la concreta tutela di importanti situazioni giuridiche soggettive, subordinata ai vincoli finanziari determinati in sedi sovranazionali. Non pochi hanno espresso preoccupazione per il rischio di arretramento degli standards relativi alla tutela dei diritti fondamentali, con particolare riferimento ai

6 La dottrina concorda sul fatto che la riforma è volta a perseguire il principio dell’«equilibrio» e non del più rigoroso

«pareggio» contabile: cfr. A. Brancasi, Il principio del pareggio di bilancio in Costituzione, in www.osservatoriosullefonti.it, n. 2, 2012, 2 ss.; R. Perez, Dal bilancio in pareggio all’equilibrio tra entrate e spese, in Giorn. dir. amm., n. 10, 2012, 929 ss. Si noti, peraltro, che nel testo dei nuovi art. 81, 97 e 119 Cost., nonché nell’art. 5 della l. 243/2012, si parla sempre di «equilibrio di bilancio».

7 Come spiega A. Morrone, Pareggio di bilancio e Stato costituzionale, in www.rivistaaic.it, n. 1, 2014, 6.

8 V., tra gli altri, G. Bucci, Le fratture inferte dal potere monetario e di bilancio europeo agli ordinamenti democratico-sociali, in

www.costituzionalismo.it, n. 3, 2012, passim; S. Gambino, W. Nocito, Crisi dello Stato, governo dell’economia e diritti

fondamentali: note costituzionali alla luce della crisi finanziaria in atto, in Astrid Rassegna, n. 13, 2012, 26 ss.; F. Bilancia, Note critiche sul c.d. "pareggio di bilancio", in www.rivistaaic.it, n. 2, 2012, 3.

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diritti “che costano” (si pensi, in particolare, agli articoli dal 32 al 38 Cost.)9. Il regime di rigore

finanziario, stabilito in sede europea e recepito dal nostro ordinamento a livello anzitutto costituzionale, limita la disponibilità decisionale degli organi di indirizzo politico nel governo della spesa pubblica, mettendo a repentaglio il perseguimento degli obiettivi programmatici indicati dalla Costituzione (su tutti, la realizzazione dell’eguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, comma 2, Cost.). Il modello democratico-sociale del nostro Stato potrebbe, dunque, subire squilibri derivanti dal fatto che «le politiche di bilancio conformate sui criteri del rigore finanziario producono l’effetto di limitare la spesa delle amministrazioni e di ostacolare, di conseguenza, il soddisfacimento dei bisogni fondamentali dei cittadini-lavoratori»10.

A ciò si aggiunga, infine, quale significativo elemento di pressione sull’assetto costituzionale configurato dalla Carta, la crisi economico-finanziaria manifestatasi nel 2008, che ha (con)causato un’alterazione dell’organizzazione dei poteri, della tutela dei diritti fondamentali, dei rapporti tra gli organi costituzionali e delle relazioni tra gli enti territoriali11. Si è così innescato un corto circuito tra

contingenza di crisi economico-finanziaria e assetti costituzionali: dove la prima si è manifestata, «gli equilibri costituzionali hanno finito per indebolirsi e, nell’intento di mettere le istituzioni in condizione di fronteggiarla, è stata con insistenza prospettata la necessità di modifiche costituzionali»12.

2. Gli orientamenti della Corte costituzionale tra equilibrio dei conti pubblici e tutela dei diritti a

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