Il dovere tributario nella crisi fiscale dello Stato
5. La progressività come “leva fiscale” dell’uguaglianza sostanziale
Per far riemergere lo spirito costituzionale di solidarietà occorre fare riferimento al principio di progressività, insito nel dovere costituzionale di contribuire alle spese pubbliche di cui all’art. 53, che è concettualmente legato, per tradizione, alla scelta del costituente di realizzare un sistema fiscale equo, in cui le ricchezze fossero redistribuite e le diseguaglianze sociali attenuate proprio attraverso la leva fiscale: la progressività come esercizio di equità, dunque, nella ripartizione dei carichi pubblici. «Se nel pensiero economico liberale moderno» viene sostenuto, «lo Stato rappresenta ancora l’ultimo garante dei diritti di libertà e di welfare, potremmo dire che i discorsi sulla progressività del sistema tributario presuppongono un sistema sociale diseguale, del quale proprio la progressività dovrebbe essere la cura»28. Sul punto anche altri autori sostengono che la progressività costituisce un
meccanismo di riparto del carico fiscale chiaramente destinato a produrre risultati redistributivi tra i consociati, in quanto «produce un depauperamento patrimoniale più che proporzionale nei soggetti dotati di maggiore ricchezza»29. Se nel paragrafo precedente abbiamo brevemente messo in evidenza
il legame con l’art. 2, ora notiamo che esiste anche una forte correlazione tra i secondi comma degli art 3 e 53; il principio di progressività sembra presentarsi come uno degli strumenti “materiali” per la realizzazione concreta dell’eguaglianza sostanziale, nucleo di quel progetto di trasformazione della società ampliamente dibattuto in Costituente e destinato ad eliminare «gli ostacoli di fatto che impediscono il pieno sviluppo della personalità umana», perché, come diceva il Maestro Norberto Bobbio, «libero non è colui che ha un diritto astratto senza il potere di esercitarlo, bensì colui che oltre al diritto ha anche il potere di esercizio»30. Da una concezione del diritto tributario come «limitatorio
ed eccezionale», si passa allora a concepire il diritto tributario come un «mezzo per attuare la politica sociale di cui la nuova Costituzione è permeata; vi è un passaggio da un modello autoritativo del tributo e del rapporto tra Stato e contribuente ad una nuova idea, solidaristica e partecipativa, della contribuzione alle spese pubbliche»31. Anche la dottrina costituzionale più classica ha posto in
evidenza questa interrelazione di principi; Giorgio Lombardi, nella sua celebre trattazione sui doveri costituzionali32, scrive che «il richiamo alla progressività opera in funzione qualificatrice del criterio
di capacità contributiva, aggiungendo ad esso una ulteriore nota specifica, in modo da precisare come
26 Corte cost., sent. n. 500/1993 27 Corte cost., sent. n. 217/1988
28 L. Carpentieri, L’illusione della progressività, cit., XX. 29 P. Boria, op. cit., 21.
30 Citato in Fisco: la Costituzione tradita, a cura della fondazione Don Lorenzo Milani e dell’associazione art. 53, Firenze,
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31 L. Carpentieri, op. cit., 30-31.
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la proporzione postulata dal collegamento con il principio di eguaglianza debba realizzarsi». La diversità di trattamento che deve corrispondere alle differenze di posizioni economiche implica non già una semplice diversità delle prestazioni astrattamente considerate, ma dei prelievi economici visti nel loro collegamento con la base imponibile, per cui «il rapporto si snoda tendenzialmente secondo un modulo geometrico e non aritmetico» ed occorre inoltre ricordare l’influenza che, nel quadro di tale processo di attuazione, assume il 2°co dell’art. 3 Cost.: «esso, ricollegandosi all’eguaglianza sostanziale, della quale prescrive la realizzazione ad opera dei pubblici poteri, implica, da un lato, che la capacità contributiva operi secondo un criterio di solidarietà non semplicemente economica, ma, in senso più ampio, sociale (ed implica l’esenzione dei redditi minimi), mentre d’altro canto postula che lo Stato, al fine di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, redistribuisca le entrate, erogandole sul piano della pubblica spesa, in misura e secondo modalità atte sia a favorire il pieno sviluppo della persona umana, sia a perseguire l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica economica e sociale del paese»33. Da queste conclusioni sembra quindi
possibile dedurre una conferma di quegli orientamenti dottrinali che vedono nei principi costituzionali relativi alla materia tributaria il superamento del principio tradizionale della cosiddetta “neutralità dell’imposta”. Come è stato evidenziato anche da altri autori, infatti, la Costituzione repubblicana ha abbandonato la nozione meramente liberale di “finanza neutrale”, per cui l’imposizione deve lasciare inalterate le posizioni economiche dei contribuenti e che può essere giustificata solo per la rimozione delle cause di inefficienza del funzionamento del mercato, per assumere un’impostazione di “finanza funzionale”34; in questa funzionalità non si può non
sottintendere anche una funzione perequativa e redistributiva del reddito in ottemperanza all’art 3. La funzione dell’imposizione tributaria sembra apparire quindi non come una mera “funzione fiscale”, ma come una sorta di “funzione extrafiscale”, destinata alla realizzazione materiale dei principi di eguaglianza e giustizia sociale sanciti nella Carta, e “assicurati” dalla richiesta di adempimento dei doveri inderogabili sanciti allo stesso art. 2. Se lo Stato preleva i tributi in relazione ad un dovere di solidarietà, ciò comporta altresì che la funzione del prelievo tributario non è meramente fiscale; la funzione dell’imposizione è quella di reperire entrate, ma questo è solo l’esito materiale immediato, intermedio; la vera funzione finale è quella di intervenire nelle regole dell’economia. Il tributo, nella forma dell’imposta, diventa lo strumento per realizzare la giustizia che opera attraverso una redistribuzione dei redditi. Anche parte della teoria economica, anche se non maggioritaria, sembra essere di questo orientamento, tanto che uno dei recenti economisti emergenti quale Thomas Piketty, ha dichiarato che «l’imposta progressiva costituisce sempre un metodo relativamente liberale per ridurre le diseguaglianze»35, e dello stesso parere anche altri tributaristi, i
quali sostengono che «la progressività è strumento di uguaglianza e di redistribuzione che deve permeare il sistema tributario nella sua interezza per ragioni di giustizia, e anche per il superamento del conflitto intergenerazionale che pesantemente riguarda l’attuale contesto politico-sociale»36.
33 G. Lombardi, op. cit., 378-379.
34 C. Sacchetto, op. cit., 187. Sul punto, della medesima opinione, anche P. Boria, op. cit., 21 ss. il quale sostiene che «la
progressività costituisce un meccanismo di riparto del carico fiscale chiaramente destinato a produrre risultati redistributivi tra i consociati, in quanto produce un depauperamento patrimoniale più che proporzionale nei soggetti dotati di maggiore ricchezza, e un depauperamento meno che proporzionale nei soggetti più poveri». Di opinione contraria invece G. Falsitta, L’imposta confiscatoria, in Riv. dir. trib., 2008, 122 ss.
35 T. Piketty, Le capital au XXI° siècle, Ed. Du Seuil, Paris, 2013, 816, «l’impôt progressif constitue toujours une method
relativement libérale pour reduire les inegalitiés».
36 F. Marchetti, La progressività come strumento per combattere le diseguaglianze anche generazionali, 2014 (intervento tenuto
in occasione del seminario “Astrid” del 21 luglio nell’ambito del gruppo di lavoro “Ripensare il sistema fiscale” coordinato dal Prof. F. Gallo). Tra le opinioni contrarie spicca invece D. Stevanato, La giustificazione sociale dell’imposta, Bologna, 2014.
GIOVANNI CHIARINI
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Preso atto di questa “correlazione” tra gli art 2, 3 e 53 della nostra Costituzione, possiamo quindi affermare, seguendo parte della dottrina costituzionale, che il sistema fiscale delineato dalla Costituzione non è appunto “neutrale”, ma “funzionale” alla realizzazione dei principi astratti in essa contenuti, o, per riportare le parole di altri autori, «è corretto parlare non di abbandono della neutralità dell’imposta, quanto di abbandono della neutralità del sistema nel suo complesso»37 e che
«il fisco non solo non è mai neutrale, ma secondo la Carta costituzionale non deve essere neutrale. (…) Concorrere in modo non proporzionale ma progressivo significa svolgerlo in funzione dei bisogni non solo propri ma anche di quelli altrui, significa rompere il nesso tra tributo da corrispondere e vantaggi ricevuti, aspetto che costituisce il profilo più importante della nozione di tributo»38. Di fatto, però, la progressività appare oggi in grande crisi, nonché sottoposta a radicali
critiche, sia economiche che politiche. Dal punto di vista giuridico sembra invece che lo scontro sia ancora imperniato tra “giusnaturalisti” e “organicisti”: uno scontro tra differenti visioni dello Stato, e quindi del tributo e del rapporto tra pubblico e contribuente, tra una concezione espropriativa e una concezione solidaristica dell’imposta, tra la considerazione dell’art 53 come norma meramente programmatica o come effettiva e precettiva. Bisognerebbe però tornare a rivalutare la centralità dell’art. 53 senza incrostature ideologiche, rivalutarne il principio di progressività, valutando anche la possibilità di nuove forme in cui esso posa estrinsecarsi, ossia su forme anche diverse dalla mera misurazione reddituale, soprattutto considerando che nel mezzo di una situazione di evasione fiscale patologica come quella che caratterizza l’Italia, l’imposta progressiva classica finisce spesso per colpire proprio coloro i quali della progressività avrebbero più bisogno, ma che invece ne sono colpiti per il solo fatto di aver dichiarato onestamente e doverosamente i redditi percepiti39.
Abstract
The article 53 of the Constitution is a continuously changing norm, as if its social function has been distorted furthermore; it has to be considered within a financial crisis of the state, which alters its own tax function. This is very important since a right does not exist only as far as the law itself identifies it but its value actually depends on the resources the law is able to provide in a certain situation. Therefore, should the tax duty be reconfigured or, on the contrary, is it advisable to reconsider the constitutional framework from the inside?
37 G. Lombardi, op. cit., 380. 38 C. Sacchetto, op. cit., 188-189.
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