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Ricostruzione del ruolo del Presidente della Repubblica nella formazione dei Governi “tecnici”

Il ruolo del Presidente della Repubblica italiana nella formazione di Governi “tecnici” nei periodi di crisi economica

3. Ricostruzione del ruolo del Presidente della Repubblica nella formazione dei Governi “tecnici”

Gli esempi sopra descritti dimostrano che i Governi “tecnici” vengono ad esistenza specialmente in presenza di una duplice crisi, politica ed economica, cioè nei momenti in cui le forze politiche hanno notevole difficoltà o non sono in grado di esprimere una maggioranza a sostegno di un Esecutivo stabile, che possa fronteggiare gli urgenti problemi, specie di natura economica, del Paese. Un ulteriore dato che emerge è, inoltre, la contiguità temporale dei Governi “tecnici”, segno che il superamento dei periodi critici da un punto di vista sia politico-istituzionale sia socio-economico non è generalmente rapido né facile, ma richiede l’impegno congiunto di tutti gli attori istituzionali, e anche dei cittadini.

38 Dichiarazione del Presidente Napolitano al termine delle consultazioni, 13/11/2011.

39 Anche se non è questa la sede idonea, vorrei rilevare che la tendenza degli ultimi anni è quella di assegnare, anche

nei Governi “politici”, il ruolo di Ministro dell’Economia ad una personalità tecnica e non politica, dotata di maggiori capacità di negoziare le misure economiche in ambito UE e di rapportarsi con i mercati internazionali; si ricordano al proposito Padoa-Schioppa nel secondo Governo Prodi e Padoan nell’attuale Governo Renzi.

La formazione dei Governi “tecnici” vede generalmente l’esercizio di ruolo più incisivo da parte del Capo dello Stato; ribadisco però, come già detto, che per addivenire a un maggiore “attivismo” presidenziale è necessaria la contemporanea presenza di entrambe le situazioni di crisi: dinnanzi a una crisi solo politica ma in un contesto economico florido e poco problematico (o ritenuto tale) sarà infatti possibile che lo stallo delle forze politiche nella formazione dei Governi sia maggiormente accettato e inquadrato nella normale dialettica politica e che la formazione di Gabinetti instabili ed effimeri non desti particolari preoccupazioni; nel caso in cui la crisi sia solo economica ma non anche politica, invece, saranno i partiti stessi a organizzarsi in modo autonomo e spontaneo per dare una risposta forte alle urgenze del Paese e adottare i provvedimenti necessari per risollevarlo.

Come visto supra, un più energico ruolo presidenziale trova suo fondamento nella scarna disposizione dell’art. 92, co. 2 Cost. – «Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio dei ministri e, su proposta di questo, i ministri» - che delinea un potere presidenziale non ben definito.

In Assemblea Costituente, nel dibattito sulla forma di governo si affermò la preferenza per il parlamentarismo, ma si avvertì anche la necessità di evitarne le degenerazioni, come quelle che si erano realizzate nella III Repubblica francese. La volontà di adottare un sistema parlamentare dotato degli strumenti idonei a tutelare la stabilità governativa fu consacrata, il 5 settembre 1946, con l’approvazione da parte della seconda sottocommissione della Commissione per la Costituzione di un ordine del giorno proposto dall’On. Perassi. Una volta scelta la forma di governo, il dibattito si focalizzò sul ruolo del Capo dello Stato e sui poteri da attribuirgli in relazione al Governo e al Parlamento. Non mancavano posizioni favorevoli ad un’impostazione dualista: in tal senso spiccava Vittorio Emanuele Orlando. Si privilegiò, però, una figura presidenziale priva di compiti di governo – a capo della maggioranza e dell’Esecutivo era infatti il Primo Ministro –, ma dotata ugualmente di rilevanti funzioni, sia pure tratteggiate per lo più con formule solenni e connotate da una certa vaghezza: grande consigliere, magistrato di persuasione e di influenza, titolare di una missione di equilibrio e coordinamento40, grande regolatore del gioco costituzionale41, supremo moderatore e

regolatore dei poteri dello Stato42.

E’ da leggersi nell’ambito di queste concezioni il fatto che il Presidente della Repubblica sia stato delineato in modo enigmatico – la figura è stata definita «la più enigmatica e sfuggente fra le cariche pubbliche previste dalla Costituzione»43 – e abbia mantenuto alcuni compiti tipici di una forma

dualista, quali la nomina del Presidente del Consiglio e lo scioglimento anticipato delle Camere. Come già visto, tali poteri, e in particolare, per quanto è di interesse per il presente lavoro, quello inerente alla formazione del Governo, sono stati enunciati in Costituzione in modo poco dettagliato, e sono quindi soggetti a diverse interpretazioni.

Senza voler in questa sede ripercorrere le numerose ricostruzioni del Capo dello Stato elaborate da autorevolissima dottrina, mi limito a ritenere piuttosto convincente la tesi secondo cui il Presidente della Repubblica è figura complessa e non riconducibile ad uno schema unitario, ma assomma su di sé sia funzioni di garanzia e controllo costituzionale sia poteri, più propriamente “politici”, di influenza e intermediazione, che possono spingersi fino a rendere il Presidente decisivo nel

40 Relazione del Presidente della Commissione Ruini presentata alla Presidenza dell’Assemblea Costituente il 6 febbraio 1947, 11-

12.

41 Intervento dell’On. Tosato, in Assemblea Costituente, seduta pomeridiana di venerdì 19 settembre 1947, 338.

42 Interventi dell’On. Ruini, in Assemblea Costituente, seduta pomeridiana di venerdì 19 settembre 1947, 355-357 e seduta

antimeridiana di giovedì 23 ottobre 1947, 1480-1481.

FRANCESCO SANTOLINI

raccordare gli organi costituzionalmente attivi e le forze politiche nei momenti di inceppamento o di crisi del sistema istituzionale44.

La Corte Costituzionale ha recentemente affermato, nella nota sentenza 1/2013, che la «attività informale di stimolo, moderazione e persuasione» costituisce «il cuore del ruolo presidenziale nella forma di governo italiana»45. Si legge infatti nella pronuncia che il Presidente della Repubblica,

«collocato dalla Costituzione al di fuori dei tradizionali poteri dello Stato e, naturalmente, al di sopra di tutte le parti politiche», è dotato di attribuzioni che «non implicano il potere di adottare decisioni nel merito di specifiche materie, ma danno allo stesso gli strumenti per indurre gli altri poteri costituzionali a svolgere correttamente le proprie funzioni da cui devono scaturire le relative decisioni di merito»; tutti i poteri che gli sono attribuiti «hanno dunque lo scopo di consentire allo stesso di indirizzare gli appropriati impulsi ai titolari degli organi che devono assumere decisioni di merito, senza mai sostituirsi a questi, ma avviando e assecondando il loro funzionamento, oppure, in ipotesi di stasi o di blocco, adottando provvedimenti intesi a riavviare il normale ciclo di svolgimento delle funzioni costituzionali»46. Il Capo dello Stato deve quindi «tessere costantemente una rete di

raccordi allo scopo di armonizzare eventuali posizioni in conflitto ed asprezze polemiche, indicare ai vari titolari di organi costituzionali i principi in base ai quali possono e devono essere ricercate soluzioni il più possibile condivise dei diversi problemi che via via si pongono»47.

Occorre comunque ribadire che, anche alla luce di quanto appena visto, un ruolo presidenziale più incisivo nella formazione dei Governi, e in particolare di quelli “tecnici”, incontra comunque dei limiti. Non ritengo infatti opportuno aderire alle tesi di chi ritiene che il Capo dello Stato possa nei momenti di crisi divenire reggitore dello Stato e, in via eccezionale, assumere su di sé le attribuzioni e i compiti spettanti agli organi di indirizzo politico, neppure in modo transitorio48. Reputo invece

preferibile l’orientamento, avallato dalla Corte Costituzionale, secondo cui il Capo dello Stato ha la funzione non di sostituirsi agli organi di indirizzo politico, ma di stimolarli ad agire, specie nei momenti di maggiore difficoltà e di stasi; per dirla con autorevole dottrina, egli «non deve decidere, ma può costringere gli altri a farlo»49; la sua funzione infatti «non è quella di prendere parte all’azione

di Governo, bensì di porre le forze di maggioranza in condizioni di governare»50.

In conclusione, non nego di aver proposto, nel mio lavoro, un’accezione piuttosto ampia di Governo “tecnico”, ricomprendente non solo i casi in cui l’intera compagine ministeriale è composta da non parlamentari, ma anche le ipotesi di Esecutivi nati (e vissuti), in periodi particolarmente delicati dal punto di vista economico, non per accordi spontanei tra le forze politiche omogenee sulla base di programmi e obiettivi organici, ma grazie a un apporto determinante del Presidente della Repubblica, che di fronte alle difficoltà politiche e alle urgenze economiche ha esercitato con maggiore autonomia il compito assegnatogli dall’art. 92, co. 2 Cost. I Gabinetti riconducibili a tale ampia e variegata categoria sono accomunati dalla stessa origine: vengono infatti formati in presenza di situazioni di doppia criticità. Alla luce di ciò, mi preme ribadire la necessità e l’auspicio che i momenti di crisi politica ed economica siano sempre circoscritti nel tempo e non divengano mai la regola, e che, di conseguenza, il Presidente della Repubblica non si trovi continuamente “costretto” a optare per Governi “tecnici”. Ritengo condivisibili le posizioni secondo cui i Governi debbano

44 A. Baldassarre (voce), Capo dello Stato, in Digesto IV ed. (disc. pubbl.), II, Torino, 1987, 483, 488-489. 45 Corte cost., sent. 15-01-2013, n. 1, Cons. dir. pt. 8.3.

46 Corte cost., sent. 1/13, cit., Cons. dir. pt. 8.2. 47 Corte cost., sent. 1/13, cit., Cons. dir. pt. 8.3.

48 Si veda al proposito C. Esposito, voce Capo dello Stato, in Enc. dir., VI, Milano, 1960, 237-241.

49 G. Silvestri, Il Presidente della Repubblica: dalla neutralità-garanzia al governo delle crisi, in Quad. cost., 1, 1985, 51-52. 50 E. Cheli, Il Presidente della Repubblica come organo di garanzia, in L. Lanfranchi (cur.), Garanzie costituzionali e diritti

normalmente godere di una legittimazione popolare sostanziale e non solo di quella formale parlamentare51, e pertanto penso che sia opportuno che il circuito di indirizzo politico Parlamento–

Governo conservi, e se del caso riacquisti, la centralità che gli è propria in una Repubblica parlamentare e possa affrontare in modo stabile ed efficiente i problemi del Paese e garantirne la buona gestione e lo sviluppo, senza bisogno di continui interventi del Capo dello Stato dettati dall’emergenza.

Abstract

The paper deals with the “technical”/ “technocratic” Governments (or Governments of Experts) in Italy during periods of economic crisis and the role of the President of the Republic in their formation.

In the first part, we analyze the constitutional articles about Executive Power and the main features of the “technocratic” Governments, in particular their composition and their political connotation. Then, we examine the main historical experiences of Italian technical Governments (the Governments formed by Mr. Amato in 1992, Mr. Ciampi in 1993, Mr. Dini in 1995, Mr. Monti in 2011, Mr. Letta in 2013). Finally, we reflect on the role of the President of the Republic in the formation of technical Governments.

We note that technical Governments are formed when the crisis is both political and economic; they involve a significant intervention of the President of the Republic and are (or should be) not ordinary experiences, but exceptional ones.

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