Il principio costituzionale del pareggio di bilancio nell’esperienza della Regione Abruzzo a partire dalla Legge 243 del
3. L’esperienza della Regione Abruzzo
Il bilancio dello Stato è solo uno degli aggregati che qualifica il sistema di contabilità nazionale, insieme a quello del settore pubblico, in considerazione di questo, l’art. 19 della legge n. 196 del 2009, prescrive che la copertura degli oneri recati dalle leggi va assicurata anche lì dove ne derivi un impatto finanziario a carico dei bilanci delle pubbliche amministrazioni.
Proprio in base al presupposto secondo cui i conti regionali concorrono al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica, già con il D.lgs. n. 76 del 2000 il legislatore ha posto i principi fondamentali e le norme di coordinamento in materia di bilancio delle Regioni a statuto ordinario. È stata accordata la possibilità alle Regioni di approvare una propria legge finanziaria e, nel bilancio regionale, sono state introdotte le unità previsionali di base e la regola del bilancio a legislazione vigente per determinare la copertura finanziaria delle leggi regionali.
Sulla materia è intervenuto poi l’art. 2, c. 1, lett. h), della legge n. 42 del 2009 con l’obiettivo di armonizzare i bilanci degli enti territoriali per renderli maggiormente confrontabili. Il successivo D.lgs. n. 118 del 2011 individua l’oggetto dell’armonizzazione dei bilanci pubblici nell’omogeneità dei bilanci e dei sistemi di rilevazione contabile delle regioni e degli enti locali, rispetto al bilancio dello Stato, e nelle conseguenti procedure di consolidamento dei conti pubblici ai fini di garanzia degli equilibri di finanza pubblica e del rispetto del patto di stabilità e crescita. Esso pone i principi per l’armonizzazione dei bilanci delle Regioni a statuto ordinario, disponendo l’articolazione del bilancio in missioni e programmi.
La disciplina regionale abruzzese in materia di leggi di spesa è condizionata poi anche dal Regolamento interno per i lavori del Consiglio regionale, che contempla disposizioni relative all’iter legislativo delle proposte di legge finanziariamente rilevanti13.
Per la Regione Abruzzo la copertura finanziaria delle leggi, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 3 del 2002, è determinata, esclusivamente nei seguenti modi: utilizzo degli accantonamenti iscritti nei fondi speciali destinati a far fronte agli oneri derivanti da provvedimenti legislativi regionali che si perfezionano dopo l’approvazione del bilancio; riduzione di precedenti autorizzazione legislative di spesa; utilizzo delle economie di spese di natura non obbligatoria formatesi nel corso dell’esercizio; modifiche legislative comportanti nuove o maggiori entrate.
3.1 Il giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione per l’esercizio finanziario 2012
Ai fini dell’analisi in questa sede condotti, rileva, in particolare, il giudizio di parificazione del rendiconto generale della Regione Abruzzo per l’esercizio finanziario 2012. L’accertamento è stato indirizzato – si legge nel giudizio della Corte dei Conti – «all’analisi ed alla verifica della concordanza dei dati, sia per l’entrata che per la spesa, come risultanti dal disegno di legge sul rendiconto 2012, con quelli presenti nelle scritture tenute dal Servizio Ragioneria della Regione, nonché con quelli risultanti dalle registrazioni dei flussi di cassa effettuate dal Tesoriere regionale»14. Il bilancio 2012 è regolare, presenta però delle rilevanti criticità su alcuni punti, in
particolare, sul disavanzo finanziario relativo ai residui attivi e passivi. Il rendiconto è stato istruito con residui attivi e passivi non accertati e verificati, non solo, anche il conto patrimoniale non è stato parificato: la Regione Abruzzo ha 34 sedi che generano spese obbligatorie gravose per il bilancio. Infine, l’ente è chiamato ad un maggior controllo sulle partecipate che presentano conti economici negativi. Passi avanti vengono invece rilevati dalla Corte sul fronte dei conti del sistema sanitario regionale, con avanzi di bilancio realmente accertati e riutilizzati. Sebbene non si sia fatto ricorso all’esercizio provvisorio, il bilancio di previsione 2012 approvato non rispecchia l’effettiva
13 V., in particolare, art. 59, c. 3, 97, c. 1 e 101, c. 2, lett. h), che considerano lo strumento della relazione tecnica per la
quantificazione degli oneri finanziari recati dalle iniziative legislative di spesa, già previsto dal secondo comma dell’art. 27 L.R. 3/2002
situazione finanziaria dell’ente ed è stato chiuso in equilibrio formale e non sostanziale: vale a dire, con la riconduzione a pareggio attraverso la previsione della voce “avanzo di amministrazione presunto” o “saldo finanziario presunto positivo”.
È stato inoltre ignorato il risultato negativo dell’esercizio 2011, sul punto, la sezione di controllo della Corte dei Conti ha richiamato la sentenza n. 70 del 2012, in G.U. 04/04/2012 n. 14, del Giudice delle leggi che ha definito «non conforme ai precetti dell’articolo 81 della Costituzione, realizzare il pareggio di bilancio in sede preventiva attraverso la contabilizzazione di un avanzo di amministrazione non accertato e non verificato a seguito della procedura di approvazione del bilancio consuntivo dell'esercizio precedente». Per il 2012, non essendo intervenute né l’approvazione del rendiconto 2011 né la necessaria variazione del bilancio preventivo, con copertura del disavanzo dell’esercizio precedente, il risultato è stato considerato come risorsa positiva, anziché negativa, con la violazione del principio dell’equilibrio e la mancata previsione di adeguata copertura del disavanzo. Non appare conforme a legge neppure la tecnica redazionale e procedimentale adottata che vede disattesa, anche nel 2012, la norma di contabilità regionale che fissa al 30 giugno il termine per l’assestamento di bilancio. La gestione dell’esercizio 2012 è caratterizzata da una preponderanza di risorse vincolate e da un lento ma progressivo restringimento della manovrabilità di bilancio, anche per i limiti imposti dal patto di stabilità. Le entrate sono diminuite del 5.7% nel 2012 rispetto al 2011. Una diminuzione che si accompagna ad un rigido vincolo sulle entrate tributarie che ne blocca l’88.4%. Su un totale di 2.773 milioni di euro di entrate tributarie accertate, solamente 316milioni (l’11.6%) sono stati disponibili per politiche regionali diverse dalla sanità e dagli altri vincoli dettati dalla Regione. Il 78.4% delle risorse sono state destinate alla spesa corrente dando priorità assoluta al soddisfacimento degli obblighi derivanti dal Piano di rientro dai deficit sanitari pregressi. Il raggiungimento dell’equilibrio ha consentito alla Regione di poter disporre di una quota della leva fiscale regionale del 2012, che ha permesso di ridurre le aliquote fiscali vigenti, alleggerendo – seppur in parte – la pressione fiscale. Anche in termini di indebitamento sanitario è evidente la riduzione dovuta, da un lato, alla contrazione dei mutui e, dall’altro, dei prestiti obbligazionari. Per il resto, risulta evidente la riduzione degli impegni per Organi istituzionali e per l’Amministrazione generale mentre è cresciuta la spesa sul personale. L’aumento è dovuto alla riconduzione al bilancio regionale delle spese di funzionamento – quindi anche le spese per il personale – degli Enti strumentali regionali soppressi.
Il risultato finanziario al termine dell’esercizio 2012 è positivo, tiene conto delle risultanze della gestione di cassa al 31 dicembre e dell’ammontare dei residui attivi e passivi. E proprio l’esame sulla gestione dei residui ha evidenziato notevoli criticità. In bilancio, permangono crediti sui quali è ragionevole nutrire dubbi sulla effettiva esigibilità: infatti, mancano specifiche dimostrazioni sull’esistenza del credito stesso e sulle ragioni della mancata riscossione. Considerata l’incidenza del mantenimento dei residui riferiti a crediti inesistenti o non più esigibili sull’effettiva determinazione del risultato di amministrazione, la Regione è chiamata a valutarne con rigore la sussistenza e il mantenimento in bilancio.
Se il patto di stabilità è stato rispettato, ulteriori problemi si registrano per quel che riguarda il conto del patrimonio: non sussistendo una contabilità economica infatti, la situazione patrimoniale non offre un quadro attendibile dei valori esposti né consente valutazioni di ordine economico circa il reddito patrimoniale prodotto. Dunque, la Corte dei Conti dubita della attendibilità delle poste allocate alla voce beni immobili perché la Regione non è dotata di inventario aggiornato.
Nel febbraio 2016, nel corso dell’Adunanza della Sezione regionale di controllo per l’Abruzzo della Corte dei Conti per deliberare in pubblica udienza sulla parificazione del rendiconto generale della Regione Abruzzo per l’esercizio finanziario, sono emersi rilievi pesanti riferiti alle annualità 2012 e 2013. Nel settembre 2015, è stato effettuato il riaccertamento dei residui. Dai dati forniti attualmente dalla Regione i bilanci 2015 e 2016 sono in equilibrio e sono stati accantonati 80 milioni, 61 dei quali sono utilizzabili per colmare eventuali disavanzi provenienti dal passato. Il bilancio
CARMEN RANALLI
2015, come dichiarato dall’assessore al Bilancio è in equilibrio e per il 2016 è stato iscritto un disavanzo presunto di 430 milioni, accantonando per la prima volta complessivamente 80 milioni, chiudendo dunque in equilibrio già nella previsione il 2016.
L’Attuale giunta dichiara inoltre di aver “sterilizzato” i 174 milioni di anticipazione di liquidità contratta nella scorsa legislatura e assimilati dal nuovo quadro normativo a mutuo. In sostanza si sta procedendo gradualmente a dare risposte positive e concrete ai tanti rilievi mossi dalla Corte dei Conti15.
La Regione Abruzzo, in buona sostanza, anche in considerazione del quadro nazionale e nel contesto delle altre Regioni, ha messo in campo un’azione di forte risanamento dei conti sia per quanto riguarda il bilancio sia rispetto al settore sanitario, in virtù dei dispositivi normativi del decreto sugli enti territoriali.
3.2 La giurisprudenza costituzionale
Particolarmente significativa appare, in tale contesto, la sentenza n. 250 del 201316, in G.
U. 30/10/2013 n. 44, rispetto alla legge regionale recante “Bilancio di previsione per l’esercizio finanziario 2013 - Bilancio pluriennale 2013 - 2015, art. 13, c. 1, e art. 14, comma 1, della legge della Regione Abruzzo 10 gennaio 2013, n. 3”. Sotto il profilo della lesione dell’equilibrio del bilancio, è fondata limitatamente alla parte del c. 1 che determina le modalità di copertura della spesa. Il parametro costituzionale evocato opera sia in relazione ai criteri di imputazione della spesa, sia attraverso il principio “attuativo” dell’unità di bilancio, desumibile dall’art. 24, c. 1, della legge 196/2009 come già affermato dalla stessa Corte17. Entrambe le norme impugnate sono incompatibili
con i precetti desumibili dall’art. 81, c. 4, in quanto comportano l’indebita utilizzazione dell’avanzo di amministrazione presunto per fronteggiare le obbligazioni perfezionate negli esercizi precedenti e scadute o in scadenza nell’esercizio 2013 nonché la creazione di uno squilibrio nel bilancio dovuto all’allargamento delle autorizzazioni di spesa della Regione a seguito di tale operazione. Quanto alla prima censura, è evidente, da un lato, che la copertura della spesa è viziata per effetto della non consentita imputazione all’avanzo di amministrazione presunto, entità giuridicamente ed economicamente inesistente (sent. 70/2012), e, dall’altro, che il principio di unità, prescrivendo «che il bilancio non può essere articolato in maniera tale da destinare alcune fonti di entrata a copertura di determinate e specifiche spese, salvi i casi di espresso vincolo disposti dalla legge per alcune tipologie di entrate (tributi di scopo, mutui destinati all’investimento, fondi strutturali di provenienza comunitaria, etc.)» (sent. 241/2013), non consente la correlazione vincolata tra la posta di entrata e la spesa, dal momento che nella fattispecie in esame non esiste alcuna specifica disposizione legittimante tale deroga. Quanto alla seconda censura, le descritte violazioni dei principi della copertura e dell’unità concorrono a rendere il bilancio dell’esercizio 2013 privo di equilibrio nel suo complesso, poiché determinano il sovradimensionamento della spesa rispetto alle risorse effettivamente disponibili.
Sono stati, inoltre, dichiarati incostituzionali, in via consequenziale, gli art. 1 e 4, L.R. 3/2013 nella parte in cui contabilizzano, rispettivamente sul versante dell’entrata e della spesa del bilancio di competenza e di cassa dell’esercizio 2013, l’avanzo di amministrazione presunto nella misura di euro 9.000.000,00, pari alla sommatoria degli importi destinati dagli articoli 13 e 14 alla riassegnazione dei residui passivi in conto capitale e di parte corrente. Analoga statuizione deve essere adottata nei confronti dell’art. 11 della legge 3/2013, nella parte in cui applica al bilancio di previsione 2013 l’avanzo di amministrazione presunto dell’esercizio 2012 nella misura di euro
15 V. in particolare, il testo della delibera n. 549 del 2015 della Regione Abruzzo, in
leggi.regione.abruzzo.it/index.asp?modello=elencoDelibere&servizio=xList&stileDiv=monoLeft&template=intInde x&b=delibere2&tom=n:-1:2015:549
16 Corte Cost., sent. n. 250 del 2013. 17 Corte Cost., sent. n. 241 del 2013.
9.000.000,00, pari alla sommatoria degli importi destinati dagli artt. 13 e 14 alla riassegnazione dei residui passivi in conto capitale e di parte corrente. L’evidente correlazione con le suddette disposizioni comporta, infatti, un rapporto di chiara consequenzialità con la decisione assunta in ordine alle stesse18.
3.3. La sentenza n. 275 del 2016 della Corte Costituzionale
La sentenza n. 275 del 2016, in G.U. 21/12/2016 n. 51, della Corte costituzionale, pare limitare in maniera significativa il vincolo del pareggio di bilancio subordinandolo ai diritti inviolabili. Oggetto della pronuncia è il rapporto tra equilibrio di bilancio e garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni con disabilità.
Nei fatti, con ordinanza del 19 marzo 2014, il TAR abruzzese ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 6, c. 2-bis, della legge della Regione Abruzzo n. 78 del 15 dicembre 1978 recante “Interventi per l’attuazione del diritto allo studio”, aggiunto dall’art. 88, c. 4, della legge n. 15 del 26 aprile 2004, recante “Disposizioni finanziarie per la redazione del bilancio annuale 2004 e pluriennale 2004-2006”, nella parte in cui prevede che, per gli interventi di cui all’art. 5-bis della legge 78/1978, la Giunta regionale garantisce un contributo pari al 50% della spesa necessaria e documentata dalle Province solo «nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa». Secondo il giudice, in tal modo, il godimento del diritto allo studio degli studenti con disabilità, tutelato dalla Costituzione, sarebbe rimesso ad arbitrari stanziamenti di bilancio di anno in anno decisi dall’ente territoriale e, nella fattispecie, dalla norma censurata. La difesa regionale rappresenta, tra l’altro, che l’effettività del diritto allo studio dell’alunno con disabilità deve essere bilanciato con altri diritti costituzionalmente rilevanti e, in particolare, con il principio di copertura finanziaria e di equilibrio della finanza pubblica di cui all’art. 81 Cost.
Il giudice ritiene fondata la questione specificando che «il diritto all’istruzione del disabile è consacrato dall’art. 38 Cost., e spetta al legislatore predisporre gli strumenti idonei alla realizzazione ed attuazione di esso, affinché la sua affermazione non si traduca in una mera previsione programmatica, ma venga riempita di contenuto concreto e reale»19. La Corte prosegue
specificando che «non può nemmeno essere condiviso l’argomento secondo cui, ove la disposizione impugnata non contenesse il limite delle somme iscritte in bilancio, la norma violerebbe l’art. 81 Cost. per carenza di copertura finanziaria. A parte il fatto che, una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa violazione dell’art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio di bilancio, sia con riguardo alla Regione che alla Provincia confinatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione»20. In sintesi sono anzitutto i diritti a
dover essere garantiti a prescindere dall’equilibrio di bilancio, che alla doverosa erogazione di tali diritti deve conformarsi. La Corte non ha affermato che il bilancio non ha alcun un limite precostituito, ma indubbiamente ha messo i cittadini in condizioni di difendere ogni diritto fondamentale pretendendone la tutela anche di fronte a difficoltà di cassa soprattutto quando afferma che: «nella materia finanziaria non esiste un limite assoluto alla cognizione del giudice di costituzionalità delle leggi. Al contrario, ritenere che il sindacato sulla materia sia riconosciuto in Costituzione non può avere altro significato che affermare che esso rientra nella tavola complessiva dei valori costituzionali, cosicché non si può ipotizzare che la legge di approvazione del bilancio o
18 Per utili approfondimenti sulla giurisprudenza costituzionale in materia v., G. Lo Conte, Equilibrio di bilancio,
vincoli sovranazionali e riforma costituzionale, Torino, 2015.
19 P.to 4, considerato in diritto, sent. 275/2016 20 P.to 11, considerato in diritto, sent. 275/2016
CARMEN RANALLI
qualsiasi altra legge incidente sulla stessa costituiscano una zona franca sfuggente a qualsiasi sindacato del giudice di costituzionalità, dal momento che non vi può essere alcun valore costituzionale la cui attuazione possa essere ritenuta esente dalla inviolabile garanzia rappresentata dal giudizio di legittimità costituzionale (sent. n. 260/1990)» 21.