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La regola del bail-in: effetti e rischi per la tutela del risparmio

Moneta unica e tutela costituzionale del risparmio

3. La regola del bail-in: effetti e rischi per la tutela del risparmio

L’obiettivo della nuova normativa europea è evidentemente quello di tutelare i creditori delle banche coinvolte senza «alcuna forma di finanziamento o supporto pubblico alle banche in risoluzione o al Fondo nazionale di risoluzione nel procedimento di risoluzione»13. La regola del bail-in e quella del

burden sharing rispondono sostanzialmente all’esigenza di evitare che gli Stati si facciano carico delle

inefficienze e degli squilibri del sistema creditizio e, più in generale, del sistema di imprese private che operano in regime di concorrenza, non solo per le comprensibili conseguenze sul sistema delle finanze pubbliche, ma soprattutto per il rischio di falsare il gioco della concorrenza tra le banche legato al moral

hazard14.

Questi principi entrano potenzialmente in conflitto con una tradizione italiana nella quale la soluzione delle crisi bancarie è stata molto spesso trovata con il ricorso, diretto o indiretto, a fondi pubblici. Problema che permane anche quando si ricorre al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (FITD) con l’autorizzazione della Banca d’Italia ai sensi dell’art. 96 bis del Testo Unico Bancario15 e

dell’art. 29 dello Statuto del FITD. Infatti, quando nel 2013 la Banca d’Italia autorizzò un intervento di sostegno di questo tipo per la TERCAS16, la Commissione europea avviò un procedimento ai sensi

dell’art. 108 TFUE giungendo alla conclusione che tale intervento costituisse aiuto di Stato capace di determinare un vantaggio selettivo e una distorsione della concorrenza. La Commissione precisò che la natura privatistica del FIDT non esclude il carattere pubblico dell’intervento, in quanto quest’ultimo agisce in adempimento ad un mandato pubblico autorizzato, coordinato e deciso dalla Banca d’Italia. Si tratta di un principio dalle conseguenze assai rilevanti. La natura privatistica del Fondo Interbancario, in

11 J.N. Gordon, W.G. Ringe, Bank Resolution in Europe: The Unfinished Agenda of Structural Reform in D. Busch, G. Ferrarini

(cur.), The European Banking Union, Oxford, 2015.

12 Il legislatore italiano ha preferito conservare l’espressione inglese di bail-in, un po’ più “oscura”, specie per il grande

pubblico dei risparmiatori rispetto ad una più chiara traduzione italiana che ne facesse comprendere più facilmente gli effetti, cfr. anche R. Lener, Bail-in bancario e depositi bancari fra procedure concorsuali e regole di collocamento degli strumenti

finanziari, in Banca Borsa Tit. Cr., 2016, 287.

13 Comunicato stampa del Consiglio dei ministri n. 93 del 22.11.2015 (www.governo.it). Il bail-in dà attuazione al principio

di ripartizione dei costi delle crisi bancarie attraverso l'internalizzazione delle perdite della banca (A. Gardella, Il bail-in e

il finanziamento delle risoluzioni bancarie nel contesto del meccanismo di risoluzione unico, in Banca Borsa Tit. Cr., 2015, 587 ss.)

per cui il problema può essere impostato anche in termini di scelta di politica legislativa tra due interessi ugualmente meritevoli di tutela: quello dei contribuenti e quello dei risparmiatori, così: S. Maccarone, La nuova disciplina europea sulle

crisi bancarie, in Riv. bancaria, n. 2/3, 2016, 115 ma cfr. anche L. Chennells, V. Wingfield, Bank Failure and Bail-In: An Introduction, in Bank of England Quarterly Bulletin, 2015.

14 Cfr. A. Lucarelli, Il Bail-in paradigma dell’eterno conflitto tra Stato assicuratore e Stato regolatore, in www.federalismi.it, 2016,

11 ss.; C. Goodhart, D. Schoenmaker, Burden Sharing in a Banking Crisis in Europe, in Sveriges Riksbank Economic Review, 2006. Sulla linea di demarcazione tra risorse private e pubbliche nel finanziamento della risoluzione delle banche v. A. Gardella,

Il bail-in e il finanziamento delle risoluzioni bancarie, cit., 587 ss.

15 D. Lgs. 1.9.1993, n. 385.

16 Per maggiori dettagli sulla vicenda: B. Inzitari, BRRD, bail in, risoluzione della banca in dissesto, condivisione concorsuale delle

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sostanza, assume un rilievo secondario agli occhi della Commissione, risultando determinante, invece, l’obbligatorietà della partecipazione delle banche ai fondi di garanzia e la natura pubblica dell’istituzione alla quale è rimessa la decisione di autorizzare l’aiuto17.

Nel caso delle quattro banche italiane in grave stato di crisi e per le quali era stata da tempo adottata la procedura di amministrazione straordinaria18, la misura del bail in, in realtà, non è stata applicata in

quanto la legge di delegazione europea 2014 n. 11419 prevedeva che il meccanismo del bail in si applicasse

solo dal 1 gennaio 2016. In questo caso, la Banca d’Italia, nella sua veste di Autorità di risoluzione, ha avviato le misure previste dal D. Lgs. 180/2015 con l’autorizzazione della Commissione europea, la quale ha consentito la ricapitalizzazione delle quattro banche anche attraverso il Fondo di risoluzione. E in effetti, se fosse stato applicato integralmente il principio del bail in, l’impatto sulle perdite a carico degli obbligazionisti e degli altri creditori (compresi i depositanti) sarebbe stato più esteso e impopolare.

La regola del bail-in, come è noto, non si applica indistintamente a tutte le categorie di crediti in quanto colpisce, prioritariamente, gli azionisti e i titolari di obbligazioni subordinate20 mentre ne sono

esclusi i depositi protetti dal sistema interbancario di garanzia, ossia i depositi fino a centomila euro21.

Ciononostante, l’applicazione delle nuove norme ha destato grande scalpore nell’opinione pubblica, non fosse altro per l’incidenza che esse provocano sui diritti patrimoniali dei titolari degli strumenti finanziari, in particolare per i titolari di investimenti talora non ritenuti particolarmente rischiosi, come le obbligazioni subordinate, o addirittura ritenuti sicuri come i depositi bancari (al di sopra dei centomila euro). Per questa ragione il Governo ha introdotto apposite norme nella legge di stabilità 201622 che

prevedono l’istituzione di un fondo di solidarietà alimentato dal Fondo interbancario di tutela dei depositi con il quale indennizzare talune categorie di risparmiatori che fossero effettivamente inconsapevoli del rischio nel momento in cui effettuarono o furono indotti all’investimento, in violazione degli obblighi di informazione, diligenza, correttezza e trasparenza previsti dal Testo Unico della Finanza23. Successivamente tali misure sono state ampliate secondo modalità più rapide e

tendenzialmente automatiche24.

Tuttavia, al di là di questi “ammortizzatori” che intervengono su specifici casi, resta il fatto che la regola del bail in ha determinato un nuovo e, per certi versi, inaspettato contesto che mette a rischio strumenti finanziari che sinora erano stati ritenuti indenni e, almeno nel sentire comune, garantiti comunque da un generale impegno dello Stato. Si tratta di una profonda rottura sul piano del metodo, degli strumenti e delle finalità rispetto al precedente modello di salvataggio pubblico delle banche, in cui lo “Stato assicuratore” assumeva la funzione di assorbire “in ultima istanza” le crisi del settore

17 Cfr. sul punto, soprattutto per alcuni condivisibili rilievi critici, S. Maccarone, La nuova disciplina europea sulle crisi bancarie,

cit., 124.

18 Ci si riferisce alla procedura ex artt. 70 e seguenti del testo unico bancario. Le quattro banche sono, come è noto: Banca

delle Marche, Cassa di risparmio di Ferrara, Banca dell’Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Chieti.

19 Art. 8, c. 1, lett. b).

20 Più precisamente, i soggetti coinvolti nell’operazione sono, nell’ordine: gli azionisti, i detentori di altri titoli di capitale,

i titolari di obbligazioni subordinate, i creditori chirografari, i correntisti e depositanti con somme superiori a centomila euro, cfr. art. 52, D. Lgs. 180 del 2015.

21 Il riferimento è all’art. 1, co. 3 del D. Lgs. 15.2.2016, n. 30 che, in recepimento della direttiva n. 49/2014, fissa l’ammontare

massimo oggetto di rimborso ai sensi dell’articolo 96-bis, co. 1 -bis, lettera a) del Testo Unico Bancario (D. lgs. n. 385 del 1993). Sulle passività escluse cfr., più in dettaglio, E. Rulli, Il bail-in. Il capitale (degli altri) come capitale di riserva, in Riv.

bancaria, n. 2/3, 2016, 83 ss.

22 Ci si riferisce, in particolare, all’art. 1, commi 855, 856, 857 e 858 della L. 28.12.2015, n. 208. 23 D. Lgs. 24.2.1998, n. 58.

24 Cfr. artt. 8, 9, 10 del D.L. 3.5.2016 n. 59, convertito in L. 30.06.2016, n. 119 , nonché, ancora, B. Inzitari, BRRD, bail in,

risoluzione della banca in dissesto, cit., 3. Più recentemente il Governo è ancora intervenuto con il D.L. 23.12.2016, n. 237

finanziario25. La nuova normativa pone, pertanto, alcuni importanti problemi non solo sulle legittime

aspettative che i risparmiatori hanno sinora riposto negli investimenti ritenuti sicuri, ma anche, più in generale, sul principio di “tutela del risparmio” che trova fondamento nell’art. 47 della Costituzione26.

Le maggiori preoccupazioni riguardano il rischio che l’applicazione della regola del bail in possa dar luogo a misure che violano i principi costituzionali di tutela del risparmio27 e di garanzia della funzione

sociale ed economica del sistema creditizio28, oltre al potenziale trattamento discriminatorio che si

potrebbe verificare tra depositanti (sopra e sotto la soglia dei centomila euro), azionisti ed obbligazionisti29. In alcuni casi, vengono sollevati dubbi di costituzionalità anche rispetto alla tutela del

diritto di proprietà (art. 42 Cost.) nella misura in cui la regola del bail in costituirebbe un «esproprio senza indennizzo e non motivato da un interesse generale»30. Senza avventurarci in questa problematica dai

confini evidentemente assai ampi, occorre riconoscere che, con riferimento ai titoli di credito azionari e obbligazionari, il diritto di proprietà è strettamente connesso con il rischio d’impresa. L’azionista e, anche se in misura minore, l’obbligazionista, conoscono (o dovrebbero conoscere) il rischio insito nell’investimento in quanto si tratta di strumenti finanziari che seguono necessariamente le sorti dell’impresa. Pertanto, sotto questo specifico profilo, elementi di incostituzionalità vanno sempre osservati nella prospettiva dell’investitore/proprietario che assume consapevolmente un rischio legato ad un ipotetico stato di insolvenza dell’impresa bancaria. Una situazione completamente diversa, invece, riguarda gli investitori “inconsapevoli”31, ossia quelli che in maniera fraudolenta non sono stati resi

edotti del rischio di investimento al quale andavano incontro32 oppure i titolari di depositi bancari che,

25 A. Lucarelli, Il Bail-in paradigma dell’eterno conflitto tra Stato assicuratore e Stato regolatore, cit., 1 s. Analoghe preoccupazioni

in R. Smits, Is my money safe at European banks? Reflections on the ‘bail-in’ provisions in recent EU legal texts, in Capital Markets

Law Journal, 2014, 137 ss.

26 L.M. Delfino, I profili di criticità del bail in: una misura che presenta indiscutibili caratteri di incostituzionalità, in

www.filodiritto.it, 2016; Ulteriori profili critici in E. Chiti, P.G. Teixeira, The constitutional implications of the European

responses to the financial and public debt crisis, in C. Mkt L. Rev., 2013, 683 ss. dove si evidenziano, in particolare, i rischi di

trasformare l’unione monetaria da una «community of benefits» a una «community of benefits and risk-sharing».

27 A. Patuelli, Risparmio, perché il bail in è incostituzionale, in www.ilsole24ore.com, 2016; C. De Rose, L’antigiuridicità del

salvataggio delle banche attraverso il c.d. “bail in”, in www.foroeuropa.it, 2016; G. Nori, Uno dei problemi provocati dal bail in, in

www.forumcostituzionale.it, 2016; L. Di Brina, Sulla dubbia costituzionalità degli interventi comunitari e nazionali in materia di

“risoluzione delle banche”, in First on line, 11.12.2015; L.M. Delfino, I profili di criticità del bail in, cit.; G. Valditara, Rischi per il sistema bancario e incostituzionalità del bail in, in www.logos-rivista.it, 2016; per una posizione contraria v. L. Stanghellini, A.

Zorzi, Perché il bail in è costituzionale, in www.lavoce.info, 2016.

28 F. Fimmanò, Lo Stato si riprenda il governo del credito e lo metta al servizio dell’economia dei territori, in Gazzetta Forense, 2016,

581 ss., il quale vede nel venir meno dell’intervento pubblico nell’economia attraverso le grandi banche pubbliche la principale causa del declino industriale ed economico.

29 C. De Rose, L’antigiuridicità del salvataggio delle banche attraverso il c.d. “bail in”, in www.foroeuropa.it, 2016.

30 E. Rulli, Il bail-in. Il capitale (degli altri) come capitale di riserva, cit., 93 ss.; C. De Rose, L’antigiuridicità del salvataggio delle

banche, cit.; ma cfr. anche altri come, ad esempio, L. Longhi, La tutela costituzionale della proprietà e del risparmio nel socio uscente della banca popolare, in Gazzetta Forense, 2016, 621; A. Lucarelli, Il Bail-in paradigma dell’eterno conflitto tra Stato assicuratore e Stato regolatore, cit., 6 e 15 s. Spunti interessanti anche in S.G. Valia, Bank Recovery and Resolution: What About Shareholder Rights?, Cambridge, Faculty of Law Research Paper N. 23, 2012. Elementi utili alla valutazione del

bilanciamento tra le esigenze dell’interesse pubblico e quelle della tutela del diritto di proprietà degli obbligazionisti emergono anche nella recente sentenza dell’Alta Corte austriaca del 3 – 28 luglio 2015 (G 239/2014-27, G 98/2015-27), riguardante una legge federale contenente misure di risanamento di alcuni istituti bancari mediante azzeramento del valore nominale di obbligazioni subordinate, su cui v. L. di Brina, “Risoluzione” delle banche e “bail-in”, alla luce dei principi

della carta dei diritti fondamentali dell’UE e della costituzione nazionale in Rivista trimestrale di diritto dell’economia, 2015, 184 ss.

31 Prevalentemente si tratta di investitori retail che hanno poca o nessuna capacità di valutare la rischiosità delle scelte di

investimento, come sottolinea anche G. Boccuzzi, La risposta europea alla gestione delle crisi bancarie: alcune riflessioni critiche, in Bancaria, n. 4, 2016, 7.

32 Basti pensare che a quanto accaduto in Italia nella recente vicenda delle quattro banche sottoposte a risoluzione, dove la

gran parte delle obbligazioni subordinate sono state collocate nei portafogli titoli di persone anziane, pensionati o con minimi livelli di istruzione, come rileva G. Guizzi, Le azioni a tutela del risparmio nel diritto interno e nell’Unione, in Bancaria, n. 6, 2016, 43. Appare condivisibile l’idea di una nozione più “estesa” di responsabilità che coinvolga, oltre ai titolari del capitale di rischio, anche i componenti del management (in questo senso: L. Lucarelli, Il Bail-in paradigma dell’eterno conflitto

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per loro natura, non si sono mai posti il problema della valutazione del rischio. Questi ultimi non possono neppure essere considerati degli investitori in quanto non hanno acquistato quote di capitale o di debito dell’istituto bancario, ma hanno sottoscritto un prodotto finanziario non soggetto a rischio di impresa e coperto dal Fondo interbancario di garanzia, pertanto non partecipano (o non dovrebbero partecipare) al rischio di impresa.

La fissazione di una soglia (quella dei centomila euro) utilizzata per distinguere i depositanti soggetti al rischio da quelli coperti da garanzia, potrebbe persino peggiorare la situazione nella misura in cui determina un trattamento differenziato tra titolari dello stesso strumento finanziario, basato su un criterio che appare piuttosto arbitrale e poco ragionevole33. Ritenere che il titolare di un deposito di

importo maggiore sia più predisposto al rischio o meno danneggiato da un’eventuale decurtazione della quota capitale è un argomento non del tutto appagante. Il fatto di detenere un deposito superiore ai centomila euro non è necessariamente indice di elevata capacità patrimoniale o di propensione al rischio34. Inoltre, se i titolari fossero stati a conoscenza, al momento di effettuare l’operazione di deposito,

dell’introduzione di questa regola, avrebbero potuto banalmente frazionare i propri depositi. Se, infatti, il criterio prudenziale della diversificazione negli investimenti è noto ed è diffusamente praticato nell’ambito degli investimenti rischiosi, non è (o non è ancora) ritenuto necessario con riferimento agli investimenti generalmente ritenuti sicuri e garantiti. Pertanto, l’asimmetria informativa che, di fatto, si è determinata costituisce un vulnus piuttosto importante nella nuova disciplina.

In ogni caso, l’introduzione di un rischio generalizzato ed esteso a tutti gli strumenti finanziari, anche quelli ritenuti da sempre più sicuri, solleva certamente un nuovo problema di alfabetizzazione finanziaria35. Non si può pensare che scelte finanziarie appropriate possano essere prese da soggetti che

non hanno opportuna padronanza, ad esempio, con la naturale correlazione tra rischio e rendimento. Occorre ripensare una «strategia nazionale» di educazione finanziaria rivolta sia agli adulti di domani (attraverso la scuola) che agli adulti di oggi attraverso appositi programmi che coinvolgano autorità di governo e autorità di vigilanza36. Inoltre, acquista sempre maggiore rilievo il tema dell'applicabilità delle

regole di condotta al collocamento effettuato dalle banche, non solo quando si tratta di prodotti finanziari come le obbligazioni subordinate, ma anche quando “vendono” prodotti tipicamente bancari quali i depositi e i conti correnti37.  Infine, a prescindere dalla natura bancaria o finanziaria del servizio,

occorrerebbe anche rafforzare gli strumenti informativi che consentono al “risparmiatore medio” di avere un’idea della solidità della propria banca38.

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