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Itinerari del riaccentramento territoriale in Italia e Spagna durante la crisi economico-finanziaria I poteri di coordinamento finanziario dello Stato

2. Ordinamento italiano

2.1 Quadro normativo, problematicità della nozione di coordinamento

Nel testo costituzionale vigente, il «coordinamento della finanza pubblica» è ambito di potestà legislativa concorrente fra Stato e Regioni (art. 117, comma 2, Cost.)6. Coerentemente, l’art. 119 Cost.,

1 V., ex multis G. De Vergottini, Diritto costituzionale comparato, Padova, 2011, vol. I, 441 ss. 2 G.F. Ferrari (cur.), Federalismo, sistema fiscale, autonomie, Roma, 2010, 4-5.

3 Ad esempio, il c.d. Semestre europeo, Six Pack e Two-Pack, sui quali si rimanda sintenticamente a D. Chalmers, G.

Davies, G. Monti, European Union Law. Text and Materials, Cambridge, 2012, 740 ss.

4 Particolarmente il Trattato sulla stabilità, coordinamento e governance nell'Unione economica e monetaria, contente

il c.d. Fiscal compact., come sottolinea ad esempio A. Guazzarotti, Il ruolo dei diritti sociali (e dei giudici) nella

“costituzionalizzazione” dell’Unione Europea, in Dir. pubbl. comp. eur., 2014, 1, 55 ss.

5 G.G. Carboni, Federalismo fiscale comparato, Napoli, 2013, 135 ss.

6 Prima della l.cost. 1/2012, di cui si dirà oltre, il coordinamento finanziario formava un’endiadi con la competenza

FRANCESCO EMANUELE GRISOSTOLO

nel riconoscere l’autonomia finanziaria delle Regioni, richiama i ‘principi’ relativi al coordinamento finanziario7. Con tale competenza concorrente, s’intreccia poi la novella costituzionale, introdotta

dalla l. cost. 20 aprile 2012, n. 1, (in particolare l’art. 81 Cost., come modificato) e la legge rinforzata 24 dicembre 2012, n. 243, approvata sulla base del comma 6 del medesimo articolo, al fine di disciplinare, fra l’altro, «le norme fondamentali e i criteri volti ad assicurare l'equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni». Come è noto, l’introduzione di tali vincoli a livello costituzionale, costituiva un adempimento di quanto pattuito a livello europeo nel c.d. Fiscal compact.

Anche sulla base di quanto poi affermato dalla Corte costituzionale con sent. n. 88 del 2014, secondo parte della dottrina la novella costituzionale del 2012 finisce dunque per sdoppiare i poteri di coordinamento finanziario previsti a livello costituzionale fra la figura generale prevista dall’art. 117, comma 3, Cost. – consistente, almeno in linea teorica, in sole norme di principio – e il potere di coordinamento di cui alla legge cost. n. 1 del 2012, che abilita a porre anche norme di dettaglio, seppure col duplice limite della fonte (legge rinforzata) e dell’ambito materiale, (blandamente) delimitato dall’art. 5, comma 2, lett. b) e c) della legge costituzionale8.

A tutto questo, si aggiunga come, in prospettiva, la riforma costituzionale approvata dal Parlamento inserisse il potere di coordinamento nel ‘nuovo’ comma 2 dell’art. 1179. Anche qui si

davano due letture. Una prima lettura vedeva tale collocazione come un’opera di riordino del tessuto costituzionale delle competenze e una scelta dovuta a seguito dell’eliminazione della potestà legislativa concorrente. Altra lettura – al contrario – riteneva che questo spostamento comportasse il travolgimento della giurisprudenza formatasi in materia e una nuova, più forte, legittimazione per la politica di tagli lineari portata avanti dal livello centrale di governo10.

In realtà, sembra potersi affermare che la problematicità della nozione di coordinamento non è tanto estrinseca – ovvero legata alla sua collocazione nell’uno o nell’altro titolo di competenza – quanto intrinseca, e dipende dal contenuto normativo che si attribuisce a tale figura. Esso non può dirsi pacifico nemmeno nella dogmatica amministrativistica, all’interno della quale tale relazione organizzativa aveva ricevuto l’originaria sistematizzazione scientifica11.

Sviluppandosi dunque la questione, più che sul piano delle fonti, su quello dell’interpretazione, sono essenziali le scelte compiute sul punto dalla Corte costituzionale.

dalla sentenza 16-01-2004, n. 17). Ora, quest’ultima competenza risulta fra le competenze esclusive dello Stato: sulle relative implicazioni, v. L. Mercati, Armonizzazione dei bilanci pubblici e principi contabili, in www.federalismi.it, 15 gennaio 2014; S. Bartole, Supremazia e collaborazione nei rapporti tra Stato e Regioni anche alla luce della legge costituzionale

n. 1 del 2012, negli atti del Seminario di Studio Il sindacato di costituzionalità sulle competenze legislative dello Stato e delle Regioni. La lezione dell’esperienza (Palazzo della Consulta, 15 maggio 2015), presenti sul sito www.cortecostituzionale.it.

7 Dopo un lungo periodo di inerzia, il legislatore statale ha iniziato a dare attuazione a tale disposizione costituzionale

con la legge delega 5 maggio 2009, n. 42: l’ulteriore fase di attuazione – di cui non è possibile dare conto in questa sede – è stata segnata dall’intersecarsi di altre dinamiche, determinate dalla crisi finanziaria, fra le quali quelle descritte in questo contributo. Per una valutazione critica v., ad esempio, M. Bertolissi, Autonomia e responsabilità sono un punto di

vista, Napoli, 2015, 427 ss.

8 G. Brancasi, La Corte costituzionale al bivio tra il tradizionale paradigma del coordinamento finanziario e la riforma

costituzionale “introduttiva del pareggio di bilancio”, in Giur. cost., 2014, 1633 ss.; G. Rivosecchi, Finanza delle autonomie speciali e vincoli di sistema, in Rivista AIC, 1, 2016, part. 27 ss. Sulla giurisprudenza formatasi su questi profili, v. E.

Albanesi, La giurisprudenza ed il ruolo della Corte costituzionale nel delineare i rapporti tra Stato e Regioni alla luce del principio

di equilibrio di bilancio (nel contesto della crisi economica), in AA.VV., Stato di diritto e crisi delle finanze pubbliche, Napoli,

2016.

9 Ci si riferisce al d.d.l. di riforma costituzionale, approvato dalla Camera dei deputati, in seconda deliberazione, il 12

aprile 2016, successivamente sottoposto il 4 dicembre 2016 a referendum confermativo, ai sensi dell’art. 138 Cost., con esito negativo.

10 L. Antonini, L’autonomia finanziaria delle Regioni tra riforme tentate, crisi economica e prospettive, in Rivista AIC, 4, 2014. 11 F.G. Scoca (cur.), Diritto amministrativo, Torino, 2011, 70-71.

2.2 La giurisprudenza costituzionale “della crisi”

È ormai dato acquisito nella riflessione sul regionalismo il fatto di considerare la crisi economico- finanziaria come uno spartiacque nella giurisprudenza costituzionale sul coordinamento finanziario12.

La rilettura dello stesso come funzione piuttosto che come ambito materiale di competenza ha permesso allo Stato di utilizzare tale titolo a giustificazione di svariati interventi di dettaglio su materie appartenenti alla potestà legislativa concorrente e alla potestà legislativa esclusiva delle regioni13. La funzionalizzazione di tali poteri – oltre che da riferimenti all’emergenza finanziaria – è

puntellata, nelle motivazioni della Corte, anche dalla necessità per lo Stato di rispettare i vincoli finanziari stabiliti a livello europeo14.

D’altro canto, la giurisprudenza pone certamente anche dei limiti ai poteri di coordinamento, usualmente compendiati nella globalità/non esaustività e nella temporaneità delle disposizioni15;

sulla consistenza degli stessi è però opportuno fare delle precisazioni:

- lo scrutinio sulla globalità e non esaustività delle disposizioni sembra infatti condotto in maniera piuttosto deferente, in particolare ove permette di intervenire direttamente su specifiche voci di spesa, specie se di particolare rilevanza sul piano quantitativo (come le spese per il personale)16;

- per quanto riguarda la temporaneità, come avvenuto anche con la recente sentenza n. 64 del 24 marzo 2016, la mancata previsione di un termine finale non conduce a una sentenza di accoglimento tout court ma a una sentenza additiva con la quale la Corte ‘salva’ le norme impugnate, individuando il termine della loro vigenza in un triennio. La Corte ricava in questo caso le ‘rime obbligate’ dall’andamento triennale delle politiche di bilancio realizzate dalla Legge di stabilità, a norma dell’art. 11 della Legge di contabilità e finanza pubblica (l. 31 dicembre 2009, n. 196).

Stando così le cose, sul piano dei poteri statali viene parzialmente ridimensionato il peso del microsistema – o, in altri termini, della nuova competenza esclusiva – creati dalla l. cost. n. 1 del 2012, dato che il contenzioso costituzionale continua sostanzialmente a svolgersi lungo i binari degli art. 117 e 119 Cost., seppur riletti alla luce delle esigenze di equilibrio finanziario.

2.3 Cenni alle Regioni ad autonomia speciale

Non è possibile a questo punto non fare un cenno alla posizione occupata in questo contesto dalle Regioni ad autonomia speciale. La specialità, in generale, ma particolarmente nelle sue declinazioni finanziariamente più efficienti, potrebbe costituire l’occasione di realizzare il coordinamento in maniera meno unilaterale e centralistica. Non sempre uniformità e virtuosità, infatti, fanno rima. L’applicazione di tagli lineari può produrre, paradossalmente, delle diseconomie, se condotta senza aver riguardo delle specifiche scelte amministrativo-finanziarie compiute dalle diverse realtà.

12 A. D’Atena, Il riparto delle competenze tra Stato e regioni ed il ruolo della Corte costituzionale, in Rass. parl., 4, 2015, 787-

807.

13 In questo senso, anche M. Belletti, Le materie di potestà legislativa concorrente, in www.osservatorioaic.it, 2, 2016, 7 ss.

V. ad esempio il quadro tracciato da L. Mollica Poeta, L’autonomia degli enti territoriali alla prova della crisi economica:

nuovi vincoli ed equilibrio di bilancio, in www.gruppodipisa.it, 20 ss.

14 M. Salerno, Autonomia finanziaria regionale e vincoli europei di bilancio, Napoli, 2013, 153 ss.; M. Belletti, Corte

costituzionale e spesa pubblica. Le dinamiche del coordinamento finanziario ai tempi dell’equilibrio di bilancio, Torino, 2016.

15 G.G. Carboni, Lo Stato regionale al tempo del rigore finanziario, in Rivista AIC, 2, 2014, 14 ss. 16 V., ex multis, sent. 3-3-2011, n. 69 e 6-12-2013, n. 289.

FRANCESCO EMANUELE GRISOSTOLO

Il metodo pattizio – consacrato dagli Statuti speciali, prima, dalla giurisprudenza costituzionale, poi, e infine dall’art. 27 della legge 5 maggio 2009, n. 4217 – permette ad esempio di realizzare in

maniera concordata gli obiettivi di riduzione della spesa prestabiliti a livello statale, «determina[ndo] nel loro complesso punti controversi o indefiniti delle relazioni finanziarie tra Stato e Regioni, […] modulando le regole di evoluzione dei flussi finanziari dei singoli enti, in relazione alla diversità delle situazioni esistenti nelle varie realtà territoriali», riallocando, se necessario, le risorse «anche ad esercizio inoltrato»18. La giurisprudenza chiarisce peraltro come tale strumento debba declinarsi

all’interno degli spazi che residuano a seguito delle determinazioni che lo Stato deve compiere per rispettare le regole finanziarie europee, che risultano dunque prevalenti rispetto al principio pattizio. Il metodo negoziale consente altresì di pensare modalità alternative, e – si può dire – più raffinate sul piano giuridico, per realizzare quella fondamentale funzione di coordinamento statale che è la perequazione, che non deve necessariamente realizzarsi con la rinuncia di spazi finanziari per le regioni, ma può tradursi anche nell’assunzione di ulteriori competenze a parità di risorse e, quindi, con salvezza dell’erario19. Una declinazione della solidarietà che premia e non sacrifica le abilità di

governo delle classi politiche regionali più capaci.

Bisogna tuttavia registrare come, nella più recente giurisprudenza costituzionale, anche il principio pattizio sia risultato talora soccombente nel bilanciamento rispetto alle esigenze di equilibrio finanziario20. Il riferimento è specialmente alla complessa sent. n. 155 del 2015: la Corte,

nonostante l’unilateralità seguita dallo Stato nell’adozione di norme pesantemente impattanti sulla fiscalità locale, ha dichiarato inammissibili tutte le questioni poste dalle regioni, in quanto impossibilitata ad adottare una pronuncia a rime obbligate, spettando al legislatore il compito di bilanciare tutti gli interessi che si intersecano attorno al riparto delle entrate tributarie nel percorso di attuazione del federalismo fiscale21. In modo realistico, si potrebbe rilevare come, paradossalmente,

maggiore è l’invasività dell’intervento del livello centrale di governo, maggiore l’impatto sulle finanze statali, minore – in modo inversamente proporzionale – è la propensione della Corte di intervenire concretamente a tutela delle autonomie.

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