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La riforma dell’art 81 Cost.: contesto storico-economico e profili critic

La riforma dell’articolo 81 della Costituzione tra flessibilità operativa, valorizzazione del patrimonio pubblico e tutela dei diritt

1. La riforma dell’art 81 Cost.: contesto storico-economico e profili critic

La revisione costituzionale del 2012 con il conseguente impatto sulla gestione della finanza pubblica si pone all’esito di un più generale processo di riforma maturato a livello sovranazionale1. Durante la

crisi che dal 2007 aveva colpito il mercato finanziario prima e l’economia reale poi, la necessità di fronteggiare l’eccessiva esposizione dei debiti sovrani – che poneva a rischio la stabilità della moneta unica e dell’Unione stessa –, ha indotto le Istituzioni europee ad intervenire con misure più stringenti sulla governance delle finanze pubbliche nazionali. In questa direzione si sono resi più rigidi i meccanismi europei (con la revisione del Patto di Stabilità e Crescita)2 ma si è anche agito direttamene

sulle discipline nazionali di bilancio, sia con strumenti di diritto comunitario (Patto Europlus) che con norme pattizie a carattere internazionale (Fiscal compact)3.

Per garantire maggior controllo sulle procedure di bilancio nel nostro ordinamento è stata avviata una revisione della Carta costituzionale: con la legge cost. 20 aprile 2012, n. 1 si è così modificato l’art. 81 Cost. al fine di introdurvi il principio del c.d. “pareggio di bilancio”, incidendo anche su altre disposizioni per estenderne la portata agli Enti locali (art. 117 e 119 Cost.)4 e al sistema

complessivo delle pubbliche amministrazioni (art. 97 Cost.).

Guardando al contenuto della riforma occorre però sgomberare il campo da un pregiudizio ancora diffuso benché non supportato da alcun dato normativo: nessuna delle disposizioni comunitarie, infatti, imponeva una riforma delle Carte costituzionali nazionali. Sia il Patto Europlus che il Fiscal compact chiedevano sì l’adozione di misure sufficientemente rigide e permanenti, capaci di garantire un maggior controllo dei parametri di finanzia pubblica ma nulla dicevano sullo strumentario tecnico con cui attuarle5. Tuttavia, pur non essendo formalmente tale, la necessità di

una tale revisione è stata avvertita come sostanzialmente imposta6.

1 Sul punto si veda A. Antonelli, L’introduzione del “pareggio” di bilancio nella Costituzione: nuove prospettive per la

governance della finanza pubblica, in www.federalismi.it, 2016.

2 Le modifiche sono emerse tra 2011 e 2013 con vari regolamenti ed una direttiva (c.d. six pack e two pack) che rafforzano

le procedure sui disavanzi eccessivi (art. 126 TFUE). Si vedano, M. Degni, P. De Ioanna, Il vincolo Stupido. Europa e Italia

nella crisi dell’euro, Roma, Castelvecchi, 2015; R. Dickmann, Le regole della governance economica europea e il pareggio di bilancio in Costituzione, in www.federalismi.it, 2012; G. Della Cananea, Lex fiscalis Europea, in Quad. cost., 2014, 1, 7 ss.

3 Si tratta di un accordo approvato nel marzo 2012 che prevede per i Paesi contraenti il rispetto di clausole vincolanti

quali l’obbligo di perseguire il pareggio di bilancio; di non superare la soglia di deficit strutturale dello 0,5% del PIL; di ridurre ogni anno il rapporto debito-PIL di un ventesimo della parte eccedente il 60% del PIL.

4 Su cui, E. Di Carpegna Brivio, Quali prospettive per le autonomie locali dopo l’introduzione dell’equilibrio di bilancio?, su

www.federalismi.it, 2015.

5 Come conferma il Conseil constitutionnel francese nella décision n. 2012-653 DC del 9 agosto 2012, in Journal officiel,

11/08/2012, 13283 ed in particolare nei considerando 19-23 e nel considerando 30 secondo cui «le paragraphe 2 de l'article 3 n’imposant pas qu’il soit procédé à une révision de la Constitution...». Sul punto, M. Luciani, Costituzione, bilancio,

diritti e doveri dei cittadini, in www.astrid.it, 2012, 25 e R. Casella, Il Consiglio costituzionale francese e il trattato sul Fiscal

compact, in www.forumcostituzionale.it, 2012.

6 Come dimostrano, nel rispetto dei termini previsti dall’art. 138 Cost., la rapidità dell’approvazione (tra la prima

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La ratio di tale condotta sembrerebbe allora risiedere nel contesto storico-politico ed economico in cui si è agito: la stretta emergenzialità nella quale il legislatore è dovuto intervenire parrebbe inquadrabile tra quei fenomeni fattuali capaci di produrre effetti giuridici ben al di là della loro reale portata normativa e con una forza innovativa dell’ordinamento che ne superi il mero dato formale. Un contesto peculiare in cui l’alterazione dei principi stessi di governance della finanzia pubblica sarebbe espressione di un vero e proprio potere costituente capace di tradursi nella matrice prima di quella concreta esigenza di riforma della Costituzione.

Su questo aspetto emerge poi un secondo rilevante nodo problematico: il rischio cioè che l’esigenza di fronteggiare una crisi imminente dei debiti sovrani abbia indotto il legislatore a ridisegnare procedure di finanza pubblica eccessivamente sbilanciate su meccanismi di tipo emergenziale7 – come il Meccanismo Europeo di Stabilità – funzionali sì al ripristino dei normali

parametri economico-finanziari connessi all’andamento del deficit e del debito pubblico ma per loro stessa natura provvisori e chiamati ad intervenire in casi di già manifesta grave instabilità. Questi, infatti, pur agendo con efficacia immediata, non sembrano capaci di affrontare le fasi di ordinario “controllo” di quei parameri né la loro successiva stabilizzazione che rischiano così di essere gestite con strumenti privi di una piena capacità di produrre effetti permanenti nel tempo.

Fatta questa premessa, occorre ora valutare l’impatto che la riforma del 2012 ha avuto sul modello di governance della finanza pubblica tracciato dall’art. 81 Cost.8.

La sua formulazione originaria oltre a stabilire alcuni principi tutt’ora vigenti per i documenti di bilancio (annualità, trasparenza ed esercizio provvisorio) individuava nel combinato disposto del 3 e 4 comma un modello procedurale che, impedendo alla legge di bilancio di introdurre nuovi tributi e nuove spese ed imponendo ad ogni «altra» legge di spesa («altra» rispetto alla legge di bilancio) di indicare i mezzi per farvi fronte, permetteva al sistema di mantenersi in equilibrio9 evitando un

accumulo eccessivo di deficit e l’aumento del debito. Il legislatore costituente senza aderire ad uno specifico orientamento economico non imponeva quindi al processo di bilancio vincoli contenutistici limitandosi a disegnarne un preciso percorso procedurale e metodologico che solo indirettamente finiva per inciderne anche gli esiti materiali.

Nel tempo poi la flessibilità della norma rispetto ai contenuti aveva consentito sia l’apertura in via interpretativa (con la sent. 7 gennaio 1966, n. 1 della Corte costituzionale10) al ricorso

Senato, svoltasi il 17 aprile 2012, sono trascorsi poco più di quattro mesi) e l’ampiezza della maggioranza parlamentare che l’ha sostenuta con la quasi unanimità dei presenti e votanti.

7 Sul bilanciamento tra emergenzialità del contesto e stabilità degli interventi correttivi si veda A. Brancasi,

L’introduzione del principio del c.d. pareggio di bilancio: un esempio di revisione affrettata della Costituzione, in

www.forumcostituzionale.it, 2012.

8 Sul tema si veda, ex pluribus, N. Lupo, La revisione costituzionale della disciplina di bilancio e il sistema delle fonti, in

www.arsae.it, 2011; F. Bilancia, Note critiche sul c.d. “pareggio di bilancio”, in Rivista AIC, 2012; Aa.Vv., Dalla crisi

economica al pareggio di bilancio: prospettive, percorsi e responsabilità, Milano, 2013; M. Luciani, L’equilibrio di bilancio e i principi fondamentali: la prospettiva del controllo di costituzionalità, in www.cortecostituzionale.it, 2013; G. Martinico, L.

Pierdominici, Crisis, Emergency and Subnational Constitutionalism in the Italian Context, in Perspectives on Federalism, 2014, 116 ss.

9 Se non già in pareggio come risulta dai lavori preparatori in sede di Assemblea costituente richiamati da G. Di

Gaspare, Innescare un sistema in equilibrio della finanza pubblica ritornando all’art. 81 della Costituzione, in www.amministrazioneincammino.luiss.it, 2005. Nell’originale formulazione i commi 3 e 4 stabilivano che «con la legge di approvazione del bilancio non si possono stabilire nuovi tributi e nuove spese» mentre «Ogni altra legge che importi nuove o maggiori spese deve indicare i mezzi per farvi fronte».

10 In essa la Corte afferma che «l'interpretazione cosiddetta estensiva dell'obbligo imposto dall'ultimo comma dell'art.

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all’indebitamento come fonte di copertura per le maggiori spese sia la possibilità in via legislativa (con la legge 5 agosto 1978, n. 468) che quei meccanismi subissero un sostanziale aggiramento con l’adozione della legge finanziaria. Si trattava però di interventi finalizzati sì ad un superamento del dato normativo ma condotti, pur sempre, sul terreno delle procedure e non dei risultati.

Il nuovo art. 81 Cost., invece, introduce un meccanismo innovativo che ne tradisce l’impianto originario imponendo ora ai documenti di finanza pubblica e alla legge di bilancio non un mero percorso metodologico ma un preciso obbligo di risultato – l’equilibrio (non il pareggio) tra entrate e spese –, che lo Stato deve assicurare «tenendo conto delle fasi avverse e delle fasi favorevoli del ciclo

economico» affiancandovi un espresso divieto di ricorso al’indebitamento se non «al fine di considerare gli effetti del ciclo economico e, previa autorizzazione delle Camere a maggioranza assolta dei componenti, al verificarsi di eventi eccezionali»11.

Si abbandona così la precedente impostazione che prevedeva meri criteri operativi – e solo in via mediata e attraverso questi anche taluni risultati “gestori” (più auspicati che imposti) –, individuando adesso un preciso obiettivo da perseguire incidendo direttamente sull’oggetto e sul prodotto dei processi di bilancio e che diviene anche parametro di legittimità costituzionale per i documenti di finanza pubblica, censurabili dalla Corte costituzionale laddove non ne diano attuazione12. Trova così

giustificazione la stessa soppressione del 3 comma dell’art 81 Cost.: dovendosi perseguire uno specifico risultato possono decadere quei limiti procedurali cui la legge di bilancio era sottoposta riconoscendole ora, vincolata com’è a quell’obiettivo, una piena capacità di incidere i macro-aggregati economici che rende superato anche il ricorso alla legge di stabilità13.

Questo sistema si sosterrebbe, quindi, su previsioni maggiormente rigide di controllo della finanza pubblica. In realtà le nuove disposizioni, specie quelle contenute nella legge 24 dicembre 2012, n. 243 di attuazione della riforma, prevedono ipotesi derogatorie all’azione di quei limiti che ne incrementano l’elasticità. Una flessibilità che, come per lo spazio operativo dei vincoli, subisce una traslazione dal piano procedurale a quello materiale-contenutistico.

Un primo elemento di flessibilità deriva dalla definizione stessa che la legge 243/2012 dà di “equilibrio”: questo non è interpretabile come “pareggio” in senso contabilistico e manifesta una certa vaghezza concettuale14 dovuta anche al rimando che il legislatore fa alle diverse e spesso confliggenti

definizioni di matrice comunitaria dei molteplici profili economici e contabili15 chiamati a costruirne

il precetto normativo.

solo esercizio in corso si riduca in una vanificazione dell'obbligo stesso […]» per cui «l'obbligo della "copertura" deve essere osservato dal legislatore ordinario anche nei confronti di spese nuove o maggiori che la legge preveda siano inserite negli stati di previsione della spesa di esercizi futuri [e] ammettere la possibilità di ricorrere, nei confronti della copertura di spese future […] a nuovi tributi o l'inasprimento di tributi esistenti, la riduzione di spese già autorizzate, l'accertamento formale di nuove entrate, l'emissione di prestiti e anche alla previsione di maggiori entrate […]». Si veda la ricostruzione teorica di V. Onida, Le leggi di spesa nella Costituzione, Milano, 1969.

11 Secondo i nuovi primo e secondo comma dell’art. 81 Cost. come attuati dalla l. 243/2012. 12 Sul punto, G. Scaccia, La giustiziabilità della regola del pareggio di bilancio, in Rivista AIC, 2012, 3.

13 La legge 4 agosto 2016, n. 163 ha così espunto dal nostro ordinamento la legge di stabilità assegnandone i contenuti

(ed i connessi esiti sugli andamenti economico-finanziari) ad una specifica sezione della riformata legge di bilancio.

14 Si vedano le ricostruzioni di M. Luciani, L’equilibrio di bilancio e i principi fondamentali, cit., 21 ss.; M. Passalacqua,

«Pareggio» di bilancio contro intervento pubblico nel nuovo art. 81 della Costituzione, in www.amministrazioneincammino.luiss.it, 2012, 4 ss. e N. D’Amico, Oplà: il pareggio di bilancio non c’è più, in www.brunoleoni.it, 2012, 2.

15 Ex art. 2, 3 e 14 della l. 243/2012. Sul punto, M. Nardini, La legge n. 243/2012 e l’adeguamento dell’ordinamento nazionale

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Ma la flessibilità riguarda anche, sul piano pratico, lo spazio in cui si colloca il raggiungimento dell’equilibrio prevedendo ipotesi in cui questo possa legittimamente non realizzarsi. Non solo l’equilibrio deve essere perseguito tenendo conto delle fasi avverse e di quelle favorevoli del ciclo economico ma in casi eccezionali – che la legge 243/2012 individua in gravi recessioni economiche a carattere regionale e in eventi straordinari fuori dal controllo dello Stato quali gravi crisi finanziarie o calamità naturali –, ne è consentito un attenuamento purché espressamente autorizzato dalla Camere con legge approvata a maggioranza assoluta dei loro componenti e in previsione di un piano di rientro16. Infine, in via generale, è sempre possibile uno scostamento dall’equilibrio purché sia più

contenuto di quello considerato “significativo” ai sensi della disciplina europea e che richiede un immediato intervento correttivo17.

Analoghe valutazioni valgono poi per il complementare divieto di ricorso all’indebitamento: anche qui, oltre alle ipotesi eccezionali che ne giustificano il mancato rispetto – secondo i limiti e le procedure (legge di autorizzazione a maggioranza qualificata) previsti per il non raggiungimento dell’equilibrio –, esiste una generale ipotesi derogatoria che consente sempre il ricorso all’indebitamento, in assenza peraltro di analoghe prescrizioni (l’approvazione parlamentare), laddove occorra fronteggiare un «ciclo economico avverso».

La discrezionalità del decisore pubblico sull’azione di tali vincoli impone una duplice riflessione. Anzitutto, stante il tenore letterale della norma, escludendo che le recessioni dell’economia reale possano essere ricondotte a questa seconda deroga – rientrando piuttosto tra gli eventi eccezionali che richiedono l’approvazione parlamentare –, alla nozione di «ciclo economico avverso» sarebbe riferibile la sola ipotesi di un ciclo “finanziario” negativo connesso alla necessità di fronteggiare la crescita degli oneri di servizio del debito pubblico causata dall’incremento del costo di questo18. In

questo modo, però, si rischierebbe di scaricare surrettiziamente sul bilancio pubblico, senza peraltro alcun procedimento autorizzatorio formale, il maggior costo del debito derivante dalla forza speculativa dei capitali sui mercati globali a danno di quel principio di sostenibilità della finanza pubblica che rappresenta oggi un obiettivo essenziale da perseguire.

Infine, una maggior attenzione merita la natura del debito che in queste “oasi” derogatorie è consentito. Le norme si limitano a circoscrivere con maggiore o minore flessibilità il raggio d’azione delle deroghe al principio generale di divieto all’indebitamento ma non vi affiancano ulteriori e più stringenti confini contenutistici19. Sarebbe stato opportuno invece, come già avviene per gli Enti

Locali ex art. 119 Cost., individuarne specifiche modalità operative e gli esiti ultimi anche in termini di risultato che, in quei casi, il ricorso all’indebitamento è chiamato a realizzare. Ne deriverebbe una netta distinzione tra debito improduttivo, destinato a finanziare spese di parte corrente e da considerare sempre vietato ed indebitamento produttivo, finalizzato a garantire una prima copertura per spese d’investimento cui ancorare invece l’azione di quelle deroghe20. Solo vincolando il

16 Ai sensi dell’art. 6 della l. 243/2012.

17 Già a partire dall’esercizio successivo, i contenuti e le tempistiche del piano di rientro, ex art. 8 della l. 243/2012,

devono essere previsti dettagliatamente dai documenti di finanza pubblica.

18 È condivisibile la ricostruzione di G. Di Gaspare, Il nuovo art. 81 Costituzione: dallo Stato finanziatore allo Stato

scommettitore?, in www.amministrazioneincammino.luiss.it, 2015, 4.

19 Non pare, infatti, sufficiente vincolare il ricorso all’indebitamento al solo superamento delle fasi avverse del ciclo

economico o dei danni causati dagli eventi eccezionali ma occorre definirne obiettivi e contenuti onde evitare ne derivino effetti negativi ulteriori rispetto a quelli che è chiamato a rimediare.

20 Un principio, quello della netta distinzione tra spese improduttive e spese d’investimento, che meriterebbe dunque

pieno riconoscimento non solo per la gestione finanziaria degli Enti locali ma anche, ex art. 81 e 97 Cost., quale canone operativo generale della finanza pubblica.

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“legittimo” ricorso all’indebitamento a specifici obblighi di risultato connessi agli andamenti dell’economia reale si avrebbe quindi una flessibilità controllata e ragionevole capace di indurre la stabilità della finanza pubblica e lo sviluppo del sistema-Paese.

2. La rinnovata governance della finanza pubblica tra valorizzazione del patrimonio pubblico e

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