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Tra la primavera e l’estate 1529 delle “assunzioni” dei mercenari si era occupato Tommaso Soderini, in qualità di commissario di campo della Repubblica. Lo aiutavano nell’incarico Antonio Canigiani, che di Soderini era il genero, e un “famiglio”, cioè uno stretto collaboratore: Francesco Ferrucci, il futuro eroe di Gavinana. Ferrucci aveva allora 40 anni: era nato infatti il 14 agosto 1489, nel quartiere di Santo Spirito, da una famiglia di antica origine ma di non grande condizione. Durante l’adolescenza era stato al servizio di Raffaello Girolami (quello stesso che di lì a qualche mese sarebbe diventato gonfaloniere) ed era poi stato aiutante di Antonio Giacobini, commissario delle armi fiorentine. La sua fino allora scarsa esperienza militare si era concretizzata come ufficiale pagatore delle famigerate “Bande Nere”, al servizio della Repubblica con Giovan Battista Soderini, commissario generale delle truppe inviate a combattere a Napoli.32 Non gli mancava esperienza amministrativa, essendo stato podestà di Larciano nel 1519, di Campi nel 1523 e di Radda in Chianti nel 1527.33 Nei suoi Appunti il filo-mediceo Francesco Baldovinetti scrisse di lui:

30 I Dieci a Bernardo Gondi, 17 agosto 1529, in ASF, Dieci di Balìa. Missive, 102, cc. 97v-98v.

31 Beniamino Boninsegni alla Balìa di Siena, 28 agosto 1529 : in ASS, Balìa, 594, n. 82. Le cifre del Boninsegni trovano conferma nella stima che fece, a distanza di anni, il Segni nelle sue Istorie, dove calcola 13.000 mercenari (per un totale di 18.000 paghe) e 600 cavalli, per una spesa di 70.000 ducati. Cfr. SEGNI, p. 136. Più modesta la stima di NARDI, II, p. 179, che parla della presenza in Firenze di 8000 fanti pagati.

32 Nella città partenopea il Ferrucci, che al momento della rotta dell’esercito dei collegati era gravemente malato, cadde prigioniero e lo rimase per oltre tre mesi, riacquistando la propria libertà soltanto con il pagamento di una taglia di 350 ducati, come lui stesso ricordò in alcune lettere del suo epistolario (cfr. Ferrucci ai Dieci, 16 e 19 novembre 1529, in ASF, Dieci di Balìa. Responsive, 147, c. 351rv; e Responsive, 148, c. 60rv). Sulla prigionia del Ferrucci si ignorano maggiori particolari, ma G. DE LUCA DI MELPIGNANO, Discorso su Francesco Ferrucci

da leggersi nella sala del circolo Ferrucci in Molfetta, Trani, Vecchi, 1896, pubblicò in appendice documentaria

un prestito di denaro fatto a Napoli, presso il banco di Francesco Nati, il 7 dicembre 1528, per il pagamento del riscatto del futuro eroe di Gavinana.

33 A

«Alto e di pelo nero, aria burbera e spaventata, uomo levato ad alterarsi, bestiale, bestemmiatore, crudelissimo, volenteroso, animoso e senza ragione; uomo di suo parere presumeva assai di sé, aveva caro di essere lodato; cupido di sormontare, faceva ammazzare, e di sua mano, gli uomini per nonnulla, e piuttosto si potrebbe dire di lui che fosse pazzo, avventurato, animoso, che ragione alcuna fosse in lui».34

Anche ammettendo una certa partigianeria, per il futuro eroe della Repubblica si tratta di un ritratto non lusinghiero, ma che concorda sostanzialmente con diverse altre fonti. Luigi Guicciardini, fratello meno noto del grande storico Francesco, in un suo dialogo composto nel 1531 e intitolato Del Savonarola spiegò – per bocca di uno dei suoi personaggi – il carattere violento e “disordinato” del Ferrucci, che era noto per non essersi «in questi ultimi suoi anni confessato, né mai comunicato», e che «per ogni piccolo dispiacere la natura et Idio con tutti li santi bestemiava».35 Del Ferrucci si diceva anche che avesse una particolare inclinazione agli amori omosessuali, particolarmente con giovinetti, e si circondasse di efebi.36 Non sarebbe stata una novità, nella Firenze del Cinquecento: e d’altra parte anche l’altra grande figura militare dell’assedio, quel Malatesta Baglioni che sarebbe passato alla storia come traditore, era noto per i suoi vigorosi appetiti sessuali e per essere devastato dalla sifilide, la più diffusa malattia venerea di quel tempo.

Nella prima metà di giugno 1529, il Ferrucci ricevette l’incarico di recarsi ad assoldare un contingente di lanzichenecchi, duemila uomini che avrebbero dovuto essere condotti in concorso per terzi tra Venezia, Firenze e la Francia. Le trattative con Venezia per questa condotta erano iniziate ai primi di maggio, ma quando la Serenissima aveva dato il proprio benestare i reparti ai quali si era pensato non erano più disponibili.37 Una nuova occasione si presentò comunque pochi giorni più tardi, quando si seppe che alcune bandiere lanzichenecche stavano per risalire la penisola di ritorno dall’Abruzzo: il 15 giugno il Ferrucci fu quindi inviato ad assoldarle, portando con sé anche un salvacondotto della Repubblica per quelle bandiere che, pur non accettando la condotta, avessero voluto attraversare i territori fiorentini. L’incarico del Ferrucci prevedeva di trasferirsi a Pesaro, riunirsi all’inviato veneziano e da qui raggiungere il luogo più opportuno per concludere le

34

F.BALDOVINETTI, Appunti di un fautore dei Medici durante l’Assedio di Firenze, a cura di E.LONDI, Firenze, Barbera, 1911, p. 61.

35 L.G

UICCIARDINI, Del Savonarola, ovvero dialogo tra Francesco Zati e Pieradovardo Giachinotti il giorno

dopo la battaglia di Gavinana, Firenze, Olschki, 1959, p. 51. Il dialogo del Guicciardini (l’originale si conserva

in ASF, Manoscritti, 740, ins. 10, cc. 133r-163r) mette in scena il confronto dialettico tra due esponenti della Repubblica, i commissari di Pisa Francesco Zati e Pieradovardo Giachinotti, idealmente ambientato il giorno dopo la battaglia di Gavinana. Pur trattandosi di una fonte di tipo letterario, è da osservare che essa fu scritta nel 1531: l’estrema vicinanza dell’opera ai fatti narrati – un periodo cioè nel quale quasi tutti i testimoni erano in vita e avrebbero potuto contraddire le affermazioni del Guicciardini - fa ritenere che le descrizioni dei personaggi e i giudizi su di loro trovassero un riscontro nella realtà.

36 Scrisse a questo proposito Filippo Sassetti: «Erali di poca riputazione il tenere appresso di sé in gran conto giovani sbarbati, e uno de’ quali, nominato il […] da Cascina, d’aspetto giocondo, teneva in mano i suoi denari; e con tutto questo non si sa che somiglianti persone li fussero cagione di mancare all’ufizio che egli esercitava». F.SASSETTI, Vita di Francesco Ferrucci, a cura di V.BRAMANTI, Torino, Res, 2000, p. 57.

37 Cfr. le lettere di Carlo Cappello ad Andrea Gritti del 5, 22 e 29 maggio : in ASF, Carte Strozziane. Seconda serie, 31, cc. 6v-9v; 15v-19r; 21r-23r; e degli oratori francesi presso la Serenissima, D’Avranches e Joachin, a Francesco I, 6-11 maggio 1529, in BNF, Collection Béthune, Français 8525, f. 69, pubblicata in MOLINI, II, pp. 177-190.

trattative. L’arruolamento doveva riguardare al massimo 1500 uomini, perché la somma necessaria sarebbe stata divisa in terzi tra Firenze, Venezia e la Francia: per la sua missione, al Ferrucci vennero affidati 4000 ducati.38 Scrisse il Cappello:

«Questa mattina questi eccelsi signori hanno spedito per Pesaro messer Francesco Ferrucci per nome loro e del cristianissimo con li denari della prima paga per la porzione loro e di Francia; al quale hanno dato una salvacondotto per quelli lanzi che hanno a ritornare a casa, se passeranno per il paese di questi signori».39

Giunto a Pesaro, e dopo aver valutato la situazione, il 27 giugno il Ferrucci comunicò a Firenze che i reparti in questione erano così malridotti da sconsigliarne l’arruolamento.40 «Alla tua del XXVII del passato – replicarono in due righe i Dieci – non ci occorre risponder altro, se non che alla ricevuta di questa te ne torni con li danari a Firenze».41

Chiusa la missione pesarese, i Dieci durante l’estate trovarono nuovamente il modo di utilizzare il Ferrucci, come abbiamo già detto affiancandolo a Bernardo da Verrazzano come ufficiale di collegamento tra Firenze e Perugia. Dopo la capitolazione della città umbra, i due agenti fiorentini furono richiamati in città. Al Ferrucci scrissero anche in questo caso un biglietto di poche righe: «non essendo più necessaria la stanza tua costà et disegnando noi valerci dell’opera tua ti diciamo che te ne ritorni qui alla ricevuta della presente».42

Su suggerimento di Donato Giannotti, segretario dei Dieci, nei primi giorni di ottobre il Ferrucci venne inviato a Prato, con ottocento fanti e la carica di commissario.43 Nella città sul Bisenzio Ferrucci non rimase che pochi giorni, durante i quali si occupò di rimettere in efficienza le fortificazioni di quella città. In una lettera dell’11 ottobre, indirizzata ai Dieci, il Ferrucci ricordava:

«Questo giorno abbiamo facto rassegna de le fanterie et de’ cavalli leggieri. Troviamo in essere fanti 1400 da combattere computandovi la banda mandataci questo giorno di costì, condotta da Niccolò da Sasso Ferrato. Li cavalli si trovano 60 in essere. Sono andato più volte d’attorno alla terra con questi capitani, e consultato che la non vol manco di 2000 fanti a volerla guardare. La

38 Il salvacondotto alle bandiere lanzichenecche in ASF, Dieci di Balìa. Missive, 108, c. 97r; le patenti per l’incarico «alla volta di Abruzi» sono nello stesso registro, a c. 97v; le istruzioni per il Ferrucci in ASF, Dieci di Balìa. Legazioni e commissarìe, 47, cc. 9r-10r.

39

Carlo Cappello ad Andrea Gritti, 16 giugno 1529, in ASF, Carte Strozziane. Seconda serie, 31, cc. 37v-38v. 40 Carlo Cappello ad Andrea Gritti, 30 giugno 1529, ivi, cc. 49r-50v.

41 I Dieci a Francesco Ferrucci, 1° luglio 1529, in ASF, Dieci di Balìa. Missive, 102, c. 42r. 42

I Dieci a Francesco Ferrucci, 12 settembre 1529, ivi, c. 137r.

43 Il 3 ottobre 1529 fu stabilito che il Ferrucci avrebbe avuto l’incarico di commissario con una provvigione di due scudi al giorno : ASF, Dieci di Balìa. Deliberazioni, condotte e stanziamenti, 66, c. 12r. L’incarico fu poi conferito al Ferrucci il 5 ottobre, quando i Dieci «elessono commissario di Prato Francesco di Niccolo Ferrucci, et hebbe le sue patenti di commissione, et obbedì» : ASF, Dieci di Balìa. Missive, 108, c. 122r. A quanto pare il Ferrucci non riscosse mai la propria paga, visto che in data 17 agosto 1530, due settimane dopo la sua morte, i Dieci di Balìa, a saldo del dovuto, «stantiorno a Francesco Ferrucci suto mandato General Commissario a Prato, Empoli, Volterra et per tutto il dominio fl. 721 y. 3 per sua provvisione di 302 dì, cominciati adì 5 ottobre 1529 che partì di Firenze et finiti adì 3 di questo, che fu morto» : ASF, Dieci di Balìa. Deliberazioni, condotte e stanziamenti, 67, c. 128v. Si ignora se la somma, che forse doveva essere devoluta a eventuali eredi, fu mai effettivamente corrisposta, per il cambiamento di regime intervenuto appena tre giorni dopo. Per quanto riguarda i denari che il Ferrucci ottenne da Firenze e amministrò durante i mesi di guerra per lo svolgimento dei suoi uffici, in ASF, Carte Strozziane. Prima serie, 14, cc. 146v-147r si trova un interessante Conto de’ danari

pervenuti al Ferrucci. Dal prospetto, stilato da Berlinghieri di Michele Orlandini, si evince come il conto

munizione che manca, sono libbre 1000 di polvere, libbre 500 di salnitro, quattro falconetti: e fatte queste provisioni, V. S. si rendin certe, che se Prato si perderà, e’ sarà con tanto danno de’ nimici, che non verrà a perder niente».44

Le armate imperiali non avevano ancora raggiunto Firenze, e il tono delle prime comunicazioni del Ferrucci dimostra un certo ottimismo sulla condotta futura delle operazioni, anche perché qualche giorno avanti i difensori pratesi avevano brindato al primo successo: una missione guidata da Niccolò Strozzi e Otto di Montauto in Mugello era venuta a contatto col nemico (la cavalleria del conte Girolamo Pepoli) a Barberino. Poco più di una scaramuccia, ma che aveva fruttato una preda di venti cavalli e una quarantina di prigionieri, poi condotti a Prato per essere interrogati.

Già pochi giorni dopo l’arrivo in città, il Ferrucci cominciava però a domandare alla Signoria di essere sollevato dall’incarico: cosa che gli sarebbe stata accordata prontamente, il 13 ottobre. A quanto sembra, la sua breve permanenza fu dovuta a quella che oggi definiremmo “incompatibilità ambientale”. Nella città sul Bisenzio era commissario insieme a lui Lorenzo Soderini, che qualche mese dopo sarebbe stato impiccato come traditore. I due non si apprezzavano, e pochi giorni dopo l’affiancamento del Ferrucci nell’incarico di governare la città il conflitto tra loro si fece palese, a dispetto dei tentativi del nuovo arrivato di ingraziarsi il collega. Il 10 ottobre, irritato per un’osservazione fattagli, il Soderini convocò tutti i capitani presenti nella città, come riferì il Ferrucci nella stessa lettera citata più sopra:

«Signori capitani, io v’ho fatto venir qui per farvi intendere che, ancora che li Signori Dieci abbino eletto qui Francesco Ferrucci nuovo commissario, per questo non m’hanno tolto la mia comessione, e ce lo hanno mandato per compagnia, e che ognuno concorra per metà. Pertanto, io vi fo intendere a tutti, che voi siate contenti di non ne acchetare né operare per detto di nessuno di noi, se non vi è la soscrizione di tuttadua».

Riferito il fatto alla Signoria, il Ferrucci cominciò subito a chiedere di essere sostituito nell’incarico: «ché altrimenti non ci voglio stare, ché io non veggo modo alcuno di potere convenire con questo animaletto fastidioso».45 Il 12 ottobre, per risolvere la situazione, i Dieci scrissero sia al Soderini sia al Ferrucci. Al primo spiegarono che il collega gli era stato inviato perché gli fosse d’aiuto nell’amministrare una città così grande,

«et non perché diffidiamo della sollicitatione et diligentia tua, il che puoi comprendere da per te, et cognoscere che il decto Francesco non è per esserti superiore. (...)

Ci maravigliamo ti governi seco nel modo intendiamo fai et che non ti contenti della compagnia sua, et tanto più ce ne maravigliamo quanto li tempi che corrono et il luogho dove ti trovi ricerchono più la unione de’ Cittadini et ministri publici».

Contemporaneamente, al Ferrucci veniva spiegato come «noi cognosciamo benissimo che il Commissario Lorenzo Soderini ha preso dispiacere del esser tu stato electo da noi Commissario costì et molto ci dispiace che lui usi teco li termini che fa»; allo stesso tempo

44 Francesco Ferrucci ai Dieci, 11 ottobre 1529, in ASF, Dieci di Balìa. Responsive, 145, c. 284rv. 45

Francesco Ferrucci ai Dieci, 11 ottobre 1529, in ASF, Dieci di Balìa. Responsive, 145, c. 284rv. Le lettere del Ferrucci sono state stampate in più d’una edizione tra Ottocento e Novecento. Abbiamo qui tenuto come riferimento quella di A.VALORI (a cura di), Francesco Ferrucci. Le lettere, Roma, Edizioni Roma, 1935.

però il Ferrucci veniva invitato a essere paziente, a sottomettersi «alle voglie sue, acciocché la discussion vostra non fussi causa di qualche grande accidente in cotesta terra che per essere della importantia che è, sarebbe causa di qualche ruina di questa città ancora, oltre al caricho che ne resulterebbe a tutta dua voi».46 Si trattava di una diffida per entrambi i contendenti, che comunque sembrarono non darsene per intesi. L’ostilità del commissario Soderini, nei confronti del collega che gli era stato mandato da Firenze, era tale che persino gli uomini d’arme alla guardia di Prato si sentivano in diritto di disobbedirgli e mancargli di rispetto. In un caso Ferrucci era arrivato alle vie di fatto con Niccolò Strozzi, che comandava la cavalleria, e gli si era gettato contro con la spada già sguainata: solo l’intervento dei presenti, che divisero i contendenti, evitò che scorresse il sangue.

Provvidenziale (e voluta dalla Signoria per non far degenerare ulteriormente la situazione) arrivò dunque per il Ferrucci la nomina a commissario di Empoli, nodo nevralgico per garantire le comunicazioni di Firenze con Pisa, da dove arrivavano i rifornimenti alla città. Erano stati gli stessi empolesi, con una lettera del 12 ottobre, a sollecitare ai Dieci della Guerra l’invio di un nuovo commissario, per sostituire il poco affidabile Alberto Guasconi, arrivato appena un paio di settimane prima. Questi infatti aveva esplicitamente detto che «essendoci nemici, si partirà»: cioè che se gli imperiali si fossero presentati sotto Empoli lui avrebbe abbandonato la piazza. Per di più, chiedevano gli empolesi, serviva un uomo di polso, perché si sarebbe trovato a tenere a bada soldataglie poco disciplinate:

«aremo di bisognio di homo più vivo, perché se Vostre Signorie ci mandano e’ compagni tutti che ci bisogniano, insino alla somma di 700, come c’è di bisognio, supereranno la terra et non ci essendo miglior capo, cioè più vivo, ci metterano a soquadro tutta la terra e tutti capiteranno male».47

Le richieste degli empolesi furono immediatamente accolte. In quello stesso 12 ottobre Francesco Zati, fino a poco tempo prima commissario di Bibbiena in Casentino, venne nominato commissario di Empoli, e furono scritte anche le sue patenti di commissione.48 All’ultimo momento, tuttavia, il “caso” pratese suggerì probabilmente un cambio di nomine: così il Ferrucci fu inviato a Empoli al posto dello Zati, e lo Zati a Prato al posto suo.

Il 13 ottobre i Dieci scrivevano al Ferrucci, raccomandandogli di portarsi al più presto alla guardia di Empoli e metter mano all’abbattimento dei sobborghi che minacciavano la sicurezza del castello.

«Noi non vogliamo manchar di replicarti che è necessario che tu solleciti il partir tuo per Empoli, perché, oltre a restarvi chi comandi, quella comunità ancora ha mandato qui uno aposta et con instantia et ricercha che vi si mandi un nuovo commissario perché Albertaccio Guasconi

46 Le due lettere in ASF, Dieci di Balìa. Missive, 105, c.8rv. 47

Lettera dei Quattro di Empoli ai Dieci del 12 ottobre 1529, in ASF, Dieci di Balìa. Responsive, 145, c. 293rv, già parzialmente trascritta in G.LASTRAIOLI (a cura di), 29 maggio 1530. Il sacco di Empoli nella “Storietta” di

un empolese, Empoli, Azienda di Promozione Turistica Empolese, 1986, p. 23.

48 Le patenti di commissione dello Zati per Empoli sono in ASF, Dieci di Balìa. Missive, 108, cc. 124v e 131r. Alla stessa carta 124v la lettera dei Dieci a Francesco Ferrucci, sempre del 12 ottobre, con l’ordine di trasferimento a Empoli. In ASF, Dieci di Balìa. Missive, 104, c. 11v, la comunicazione dei Dieci al commissario e al podestà empolese dell’avvenuta elezione del Ferrucci.

si vuol partire, sì che se desideri farci cosa grata, non perder tempo al transferirti là. Se allo arrivar tuo non si fussino ancor rovinati li borghi faragli subito rovinare».49

Alla missiva i Dieci allegavano anche una credenziale che il Ferrucci avrebbe dovuto consegnare agli Uomini della Guerra empolesi, cioè il comitato che si era insediato per far fronte all’emergenza bellica.

«Noi crediamo che a quest’hora vi sia venuto a notitia come noi habiamo electo per commissario nostro Francesco Ferrucci, homo di quelle qualità che voi ne ricerchate et siamo certi che ve ne contenterete. Però lo ricognoscerete et farete quanto da lui vi sarà ordinato. (…) Et perché il detto commissario sarà apportatore di questa, potrete a lui conferire li vostri bisogni et state di buona voglia ché non siamo per volervi abandonare né mancharvi di quanto harete di bisogno».50

Mentre il Ferrucci si portava verso Empoli anche il Soderini venne sollevato dall’incarico e sostituito prima da Francesco Zati e poi da Lottieri Gherardi, l’ex commissario di Scarperia.51 Intanto tutto il dominio fiorentino aveva avuto modo di prepararsi all’arrivo degli imperiali. Nella piana fiorentina, a complicare una situazione già difficile sul piano militare, arrivò anche il rischio di contagio. A Prato erano stati segnalati alcuni casi sospetti di «mal contagioso», termine generico impiegato dalla medicina dell’epoca per indicare tutta una serie di malattie che andava dalla peste vera e propria al colera, dal morbillo al vaiolo. Pochi giorni dopo, alcuni casi di peste furono registrati anche nel castello di Capalle, a pochi chilometri da Prato. Ma alla cosa non si dette granché peso, perché a quel punto erano ben altri i problemi della Repubblica.