Introduzione
Generare e mantenere il consenso dell’opinione pubblica in periodi di guerra a sostegno di una determinata politica è oggi una delle priorità per le istituzioni nazio- nali e internazionali. Nell’ultimo decennio è stato possibile osservare, in occasione di conflitti e guerre, un’evoluzione e un costante raffinamento delle tecniche di gestio- ne dei media e d’ingenierizzazione del linguaggio da parte della NATO, della Casa
Bianca e del Dipartimento della Difesa americano. L’opinione pubblica si è trovata di fronte a situazioni complesse definite con terminologie nuove quali “guerra uma- nitaria” o inedite associazioni di significato e derive semantiche quali “guerra globa- le al terrorismo” o “armi di distruzione di massa”.
In quanto linguisti, memori del biblico Be Reshit (“In principio”), sperimentia- mo e analizziamo la quotidianità di quel linguaggio che, “facendo cose con le paro- le” (Austin 1962), permette la “costruzione della realtà sociale” (Searle 1995). Questa consapevolezza ci spinge dunque a osservare quale siano i meccanismi e le strategie di rappresentazione della guerra in quella che gli organizzatori dell’incon- tro hanno definito “cultura postmoderna”.
Bonanate (1998, pp. 71-104) ha indicato come, ogni qualvolta ci si ponga il que- sito “Perché si fa una guerra?”, e questo venga analizzato in una prospettiva storica e politica, si assiste alla nascita di veri e propri “programmi di spiegazione” il cui scopo è quello di giustificare la guerra.
In un periodo storico in cui il ruolo giocato dai mezzi di comunicazione di massa è cruciale per veicolare all’opinione pubblica questi “programmi di spiegazione”, le nostre analisi sono quindi vincolate a una serie di interrogativi che devono essere sempre ben presenti nella fase di formulazione delle ipotesi di ricerca, ovvero:
- Quali sono i meccanismi per cui alcune espressioni vengono a far parte del lin- guaggio comune?
- Qual è il ruolo dei giornalisti nel diffondere concetti ideologizzanti proposti dalle istituzioni e in cui l’opinione pubblica s’identifica acriticamente?
- Le strategie comunicative sono uguali per tutte le guerre o si modificano e con quali criteri?
- La guerra è un prodotto da vendere sul mercato della comunicazione globale? - Che cos’è l’ideologia del consenso?
Nel 2004 ho tentato di dare una spiegazione ai fenomeni d’ingenierizzazzione del linguaggio utilizzando questi quesiti come guida ideale (cfr. Conoscenti 2004a). Prendendo le mosse da un’analisi quantitativa e qualitativa, assistita da computer
nicative”, garantendo così un miglioramento qualitativo alle ipotesi avanzate dal ricercatore. Non è un caso che Haarman (infra, pppp.. ????), facendo riferimento a un dato empirico della sua analisi, aggiunga il seguente commento: “Ovviamente, que- ste discrepanze sono del tutto prevedibili da parte di chi segue la vita politica nei due paesi, ma è confortante che i dati empirici confermino le intuizioni in modo così palese (e veloce) (pp.. ????).
Bevitori, Miller e Johnson includono nel loro percorso d’indagine e analisi gli Appraisal Systems (cfr. Martin, White 2005), mentre Clark e Lipson propongono un’analisi di tipo multimodale che offre prospettive interessanti anche per le possi- bili ricadute, oltre che sulla ricerca, anche sulla didattica (cfr. O’Halloran, a cura, 2004; Baldry, Thibault, a cura, 2006).
I contributi dimostrano un altro effetto positivo che i CADSsembrano poter offri-
re non solo al dibattito scientifico, ma al più vasto dominio epistemologico. Sempre di più i nostri lavori, improntati a un approccio interdisciplinare, si rivelano essere utili e utilizzabili da nostri colleghi di discipline affini o complementari. È questo un punto molto importante, specialmente in questo periodo della vita accademica ita- liana, per quei colleghi “ospiti” in facoltà non specialistiche, rispetto all’insegna- mento linguistico, che sembrano non comprendere la necessità e l’utilità delle nostre discipline nei piani di studio delle facoltà stesse. Il far riferimento a ipotesi suffraga- te da una solida base statistica, di concerto a terminologie e metodologie certamen- te rigorose, ma inaspettate in una “scienza debole” quale la linguistica è percepita, abbinate a temi e problematiche di forte interesse anche per i discenti, permette ai nostri colleghi ospitanti di intendere sotto una nuova luce il nostro ruolo nella dina- mica della didattica “di sistema” e di comprendere il valore aggiunto che le nostre ricerche portano con se. È questo il caso, non unico, penso e spero, del Laboratorio di Politica Globale dell’Università degli Studi di Torino, diretto dai colleghi Fabio Armao e Anna Caffarena. Il Laboratorio, il cui interesse principale sono le relazioni internazionali, da tempo rivolge la propria attenzione anche alle ipotesi riguardanti l’interpretazione delle strategie comunicative osservate e interpretate per mezzo di metodologie linguistiche. L’obiettivo ultimo è quello di allargare lo spettro di riferi- mento dell’analisi del linguaggio politico in tutte le sue forme. I colleghi utilizzano ormai regolarmente i dati delle nostre ricerche per integrare le loro teorie. Poiché la collaborazione è continuativa ed effettivamente interdisciplinare si verifica anche il caso opposto. I dati dei nostri colleghi servono a stimolare o meglio focalizzare alcu- ni nostri temi di ricerca per quanto riguarda il linguaggio politico e il suo uso media- tico. Ovviamente è stato necessario, nelle prime fasi di collaborazione, raffinare e rie- laborare il tipo di linguaggio con cui i non-specialisti si sentono a loro agio, senza per questo impoverire la nostra ricerca. I risultati sono soddisfacenti e questo processo ha avuto delle ricadute interessanti anche sulla didattica in un corso di laurea, Studi Internazionali, in cui gli studenti sono attenti alle possibili applicazioni di quanto appreso nella loro professione futuribile. Il percorso di linguistica inglese, abbinato a queste tecniche e metodologie, si caratterizza quindi e a tutti gli effetti come un ele- mento di language in the curriculum. Non ultimo, fra gli effetti di una maggior coe- renza metodologica delle nostre ricerche CADSbased, si può indicare una tipologia di
studi che contribuiscono a sviluppare nei discenti una criticità nei confronti di un’informazione che li vede sempre più spesso non adeguatamente attrezzati per
LE TECNICHE PER COMUNICARE LA GUERRA
nelle conferenze stampa tenute da istituzioni internazionali in periodi di crisi, evi- denziai le tecniche utilizzate dagli Spin Doctor (“manipolatori”), documentando così l’attività che sta alla base del primo anello dei meccanismi di generazione del con- senso attraverso la comunicazione politica e istituzionale diffusa dai mezzi di comu- nicazione di massa.
Questo incontro offre a noi tutti una serie di opportunità. Innanzitutto ci per- mette di poter riflettere con calma, da un punto di vista privilegiato e lontano dagli affanni in cui gli impegni accademici ci costringono, sulla molteplicità e sulla natura di quei fenomeni oggi cruciali per la formazione della coscienza civile e politica delle masse. In secondo luogo, abbiamo modo di poter imparare, attraverso il confronto con colleghi che, anche loro spinti dai medesimi interessi e interrogativi, si muovo- no su percorsi di ricerca contigui in campi disciplinari diversi permettendo all’inter- disciplinarità, come indica Lipson (infra, pppp.. ????), di essere non una mera opzione, ma una realtà. Questo processo ci permette infine di poter meglio mettere a fuoco le aree problematiche delle nostre ricerche e di raffinare gli strumenti e le metodologie con cui queste vengono realizzate.
Ricerca e metodologia nei CADS: verso un approccio interdisciplinare e multimodale
I contributi dei colleghi in questo volume fanno riferimento al seminario La guer- ra in Iraq: il discorso mediatico e istituzionale. La varietà degli interventi offre una panoramica dei meccanismi di narrazione del conflitto indicando, implicitamente, come questa tenda sempre più a confluire nella categoria della persuasione e/o della propaganda. I dati rimarcano come questi tipi di narrazione, realizzati più o meno consapevolmente dai giornalisti, siano ormai armi sofisticate che fanno parte delle normali operazioni psicologiche e informative di eserciti e istituzioni, poiché, come ha avuto modo di dire il colonnello P. J. Crowley, portavoce del National Security Council statunitense, “come sarebbe possibile pensare, al giorno d’oggi, di combat- tere una guerra senza tener conto dell’attenzione dei media? È una realtà con cui ci misuriamo ogni giorno. Allora si deve pianificare la propria strategia mediatica così come si pianifica qualsiasi operazione strategica, per qualsiasi guerra”1.
Il seminario e, più nello specifico, il Programma di Ricerca PRINcui fanno riferi-
mento i ricercatori offre dunque la possibilità di documentare il secondo anello dei meccanismi di generazione del consenso, ovvero, il momento in cui le strategie dei Media Officer si concretizzano e si cristallizzano, con maggior o minor efficienza, nel lavoro quotidiano dei parlamentari (cfr. Miller, Johnson cc..dd..ss..; Bevitori infra, pppp.. ????)2 e dei giornalisti (cfr. Haarman infra, pppp.. ????; Seifert infra, pppp.. ????; Clark infra, pppp.. ????; Lipson infra, pppp.. ????).
La cifra che lega tutti questi contributi sta nell’uso di una metodologia univoca, segnatamente i Corpus Analysis Discourse Studies (CADS), che permettono di verifi-
care l’esistenza, citata da Miller e Johnson, di quell’echo-chamber teorizzata da Thompson e Hunston (2006). L’abbinamento di Corpus Linguistics ad altre meto- dologie d’analisi presenta il vantaggio di poter documentare in modo accurato, e non solo intuitivo, le modalità con cui il cittadino percepisce il realizzarsi e il manifestar- si, spesso a livello per lui puramente inconscio, di queste strategie e “mosse comu-
ne si concretizza nell’estensione e inclusione di ulteriori risorse all’interno del modello citato4.
Un’osservazione va anche fatta per gli strumenti informatici utilizzati per la rea- lizzazione di questi studi. Il software d’elezione è Wordsmith Tools. Quando interro- ghiamo un corpus5potremmo avere il bisogno di verificare se un determinato type6 è in qualche modo correlato a uno specifico schema ricorrente che potrebbe a sua volta indicare un concetto o un’idea emergente nella trattazione7. Sebbene le con- cordanze o KWIC(Key Word In Context) siano d’aiuto per realizzare questa indagine
preliminare, è facile comprendere come siano necessari altri modi più sofisticati per identificare parole/concetti chiave. La maggior parte dei software oggi disponibili per l’analisi testuale offre algoritmi che calcolano gli opportuni indici per attribuire alla parola/type lo status di parola chiave (keyness). Al momento sto testando tre software: WordSmith Tools (commerciale), TACTe Xaira (freeware)8. WSTdefinisce il
concetto di keyness in questo modo9:
The term “key word”, though it is in common use, is not defined in Linguistics. This pro- gram identifies key words on a mechanical basis by comparing patterns of frequency. (A human being, on the other hand, may choose a phrase or a superordinate as a key word). L’autore di WSTnon usa mezzi termini nel dire che il concetto di “keyness” è ben
lontano dall’essere chiaro e facilmente definibile e che un essere umano segue una procedura diversa per determinare una parola chiave. Ciononostante, leggendo il manuale del software scopriamo che:
A word is said to be “key” if:
a) it occurs in the text at least as many times as the user has specified as a Minimum Frequency
b) its frequency in the text when compared with its frequency in a reference corpus is such that the statistical probability as computed by an appropriate procedure is smaller than or equal to a p value specified by the user.
Dunque, l’intervento umano è comunque necessario per determinare una fre- quenza minima e l’indice è elaborato in seguito a un parallelo con un corpus di rife- rimento. Il concetto è reso palese nelle definizioni seguenti:
Positive and negative keyness:
a word which is positively key occurs more often than would be expected by chance in comparison with the reference corpus;
a word which is negatively key occurs less often than would be expected by chance in comparison with the reference corpus.
La necessità di un corpus di riferimento sembra un’eccessiva limitazione per due ragioni: a) alcune volte un corpus di riferimento di maggiori dimensioni non è dispo- nibile e realizzarlo può essere dispendioso in termini di tempo e di denaro; b) se si sta studiando un genere testuale completamente nuovo potremmo voler identificare possibili parole chiave a prescindere da un corpus di riferimento pre-esistente al fine di comprenderne/scoprirne le sue caratteristiche specifiche.
LE TECNICHE PER COMUNICARE LA GUERRA
generare proprie e personali analisi critiche dei contenuti e delle loro modalità di presentazione. È sempre curioso osservare come le giovani generazioni reagiscano, nei nostri corsi, alla presa di coscienza di quel dato evidente che Lipson ha ben for- mulato (infra, pppp.. ????):
Il potere della televisione è quello di fornire agli spettatori immagini di seconda mano, che vengono percepite come immagini di prima mano e che giocano un ruolo molto importante nella formazione delle percezioni e delle opinioni degli spettatori riguardo all’“altro” rappresentato nei notiziari.
È questo un principio già formulato da Scollon (1998), ma sempre troppo impli- cito nella fruizione acritica delle notizie. Tendiamo a dimenticare che la televisione è “in realtà una finestra e uno specchio, ma anche un microscopio deformante”. Questa.
constatazione ci deve far rammentare che l’evoluzione delle tecniche di media mana- gement e ingenierizzazione del linguaggio (cfr. Conoscenti 2004a) si evolvono con molta rapidità e che possono metterci di fronte a nuove strategie con le relative con- seguenze per il pubblico. Clark esplicita questo principio nella conclusione del suo intervento in questo volume:
Agli spettatori della BBC sono state presentate delle distinzioni sottili tra i vari gruppi
coinvolti nel conflitto. La dicotomia amico/nemico, o la polarizzazione di noi e loro che ci propone la retorica di guerra tradizionale sembrerebbe essere stata superata (Clark, infra, pp.. ????).
Per quanto riguarda il concetto di “flawed microscope” si rimanda all’intervento di Seifert (infra, pppp.. ????) circa gli effetti psicologici che la politica di embedding ha avuto sui reporter nella seconda guerra del Golfo3.
Modelli di riferimento e keyness: problemi e opportunità di un work in progress I lavori presentati in questo stesso volume evidenziano anche la consapevolezza circa i limiti che le forme di analisi da noi adottate possono avere. Innanzitutto il fatto che la corpus linguistics da sola non possa fornire risposte esaurienti in un qua- dro percettivo e cognitivo dove la ridondanza informativa gioca un ruolo fonda- mentale. La concordanza è il punto d’ingresso, o meglio ancora, il site of engagement (cfr. Scollon 1998), da cui partono analisi che utilizzano l’ampio bagaglio di espe- rienze e teorie a nostra disposizione. Ma come ogni site of engagement questo è un punto di partenza, non di arrivo. Miller e Johnson e Bevitori offrono una parziale revisione di alcune categorie, ad esempio quella di mood, al fine di far emergere come in alcuni casi il discorso parlamentare abbia delle caratteristiche di linguaggio emotionally-oriented e sia ben lontano da quella supposta dicotomia descritta da Lakoff (2002). Miller e Johnson, nella loro proposta d’integrazione della metodolo- gia CADS al modello dell’Appraisal System dimostrano come il campo sia estrema-
mente fertile e ancora fluido nella sua fase di definizione di tutte le risorse disponi- bili e utilizzabili all’interno del sistema stesso per fornire una completa tassonomiz- zazione del fenomeno dell’evaluation e stance nella lingua inglese. Tale dimostrazio-
scelta. Di contro, l’associazione di “military responsibility for casualties” è evitata con molta attenzione, come indica lo Z-score molto basso e negativo per la colloca- zione specifica. In questo caso possiamo osservare possibili associazioni che potreb- bero passare inosservate se ci fosse richiesto a) d’identificare una node word e un possibile collocate (Xaira); b) fornire un corpus di riferimento per permettere l’ana- lisi stessa (WST).
La scelta dei software lascia aperto ancora un problema che per problemi di spa- zio accenno brevemente: il tagging e i relativi mark-up language. Il dibattito sull’ar- gomento è molto vivace e le posizioni contrapposte. Riconosco l’utilità di questo tipo di attività, ma mi chiedo quanto sia riutilizzabile in modo estremamente flessi- bile e aperto da chi il tagging non l’ha eseguito. Questo perché, per certi versi, un corpus indicizzato mi sembra assomigliare a un libro preso in prestito in biblioteca e sottolineato da un altro lettore. Inevitabilmente le sottolineature suggeriscono pos- sibili percorsi di lettura e interferiscono nella realizzazione della mia personale deri- va isotopica (cfr. Eco 1979). Considerati i limiti di tempo e finanziari che tutti noi abbiamo nel corso delle nostre ricerche penso che sarebbe interessante sviluppare un modo per valutare efficacemente il rapporto costi/benefici di questo genere di indicizzazioni.
Conclusione
A prescindere dai dettagli tecnici appena discussi, che non hanno alcun effetto sulla qualità delle ipotesi e dei risultati raggiunti, gli studi presentati al seminario contribuiscono, in modo significativo, a farci meglio comprendere i complessi mec- canismi della narrazione e delle strategie comunicative legate alla presentazione delle situazioni di conflitto. Le trasmissioni in diretta via satellite, associate a quelle tran- sfrontaliere e all’uso di internet, hanno modificato e stanno modificando le relazio- ni internazionali in un modo che si fatica ancora a valutare concretamente, sebbene se ne percepiscano già gli effetti in termini di diplomazia pubblica e virtuale (cfr. Conoscenti 2004b). I colleghi restituiscono con le loro analisi una complessità degli eventi che i media tendono, per ragioni commerciali e ideologiche, a presentare come facilmente comprensibili e decodificabili, facendo leva sui principi di un lin- guaggio emotivo ben consolidato e documentato. A questa tendenza si affianca un declino degli specialisti nel mondo dell’informazione per quanto riguarda gli affari esteri, la diplomazia e la difesa in favore di più generici professionisti dell’infotain- ment. Di contro, si riscontra un aumento del numero di media officer il cui scopo è quello di assicurare una precisa coincidenza fra l’agenda ufficiale delle loro organiz- zazioni di appartenenza e quella dei media. In questo contesto i media stessi sono sottoposti a un facile processo di manipolazione. Gli studi presentati contribuisco- no a determinare quella linea di confine oltre la quale, per molte persone, le infor- mazioni radio-televisive sono considerate come la più affidabile fonte d’informazio- ne per ciò che sta accadendo (vedere è credere). Queste stesse persone sono però molto meno consapevoli circa la natura dei processi di selezione e produzione di queste notizie. Si tratta di un processo creativo che ha radici nella quotidianità, ma che non necessariamente riflette appieno e coerentemente la realtà cui fa riferimen-
LE TECNICHE PER COMUNICARE LA GUERRA
Sia TACT, sia Xaira sono dotati di algoritmi per calcolare lo Z-score, sebbene con
alcune differenze. Lo Z-score è una misura standard della probabilità (o improbabi- lità) che ogni parola occorra vicino a un termine nodo selezionato per puro caso. Più grande lo Z-score (sia positivo, sia negativo), più statisticamente significativa sarà la co-occorrenza10. Al momento, lo Z-score generato da TACTsembra essere più adatto per le ricerche preliminari di un corpus poiché: a) non è necessario un corpus di rife- rimento, b) può offrire elementi indipendenti di schemi memetici o ideologici per- cepiti dal lettore come realizzati dall’autore in termini di ridondanza, ma non neces- sariamente individuabili in immediate associazioni con parole chiave prestabilite. In altre parole, siamo liberi di scegliere un termine, una frase, un enunciato che ci sem- brano rilevanti nell’economia del testo analizzato e per mezzo dello Z-score verifi- care se questi hanno dei legami con particolari correlazioni attese. Ad esempio, que- sto è il caso per il nodo “casualties” durante la seconda guerra del Golfo (cfr. Conoscenti 2004a, pp. 182-183):
Tab. 1. Collocate per casualties ordinati secondo lo Z-score (editata)
Collocates Collocate Type Z-score
Freq Freq civilian 42 124 71.199 unintended 5 18 22.203 unacceptable 2 3 21.881 potential 8 51 20.943 fewest 1 1 18.976 heavier 1 1 18.976 horrific 1 1 18.976 limiting 1 1 18.976 collateral 8 64 18.610 damage 11 128 17.910 deaths 4 19 17.233 casualties 8 94 15.194 minimize 2 10 11.869 avoid 5 63 11.571 heavy 2 17 9.014 civilians 5 102 8.891 significant 4 72 8.525 regrettable 1 5 8.392 military 1 685 -0.649
Mini-text: 900. Total Text: 325ß878.
La tabella dello Z-score permette una completa osservazione delle possibili cor- relazioni fra la parola nodo e le sue collocazioni suggerendo al lettore/analista asso- ciazioni rilevanti e significative. Allo stesso tempo permette l’osservazione di strate- gie emergenti nella narrazione degli eventi. Com’è possibile notare le “civilian casual- ties” sono “unintended” e “unacceptable”. È stato fatto tutto il possibile per “mini- mize and avoid potential, heavy, regrettable civilian casualties”. Si può anche osser- vare che collateral damage è presente, in stretta correlazione con la parola chiave pre-