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Il saggio di Linda e Michael Hutcheon Wagner e l’Europa postmoderna: le eredità della guerra, che presentiamo in questa sezione, rappresenta un’ulteriore conferma che l’opera musicale e gli scritti di Wagner nella seconda metà del Novecento sono stati al centro del vivace dibattito sul significato dei due controversi termini di “moderno” e “postmoderno”. Fondamentali nei suoi scritti infatti appaiono le rifles- sioni sul concetto di tempo, di storia e il suo confronto con il pensiero di Nietzsche e Schopenhauer. Da più parti infatti si è parlato di Wagner come “autore post- moderno” che bene interpreta alcune categorie del pensiero proprie della nostra contemporaneità: la crisi della filosofia hegeliana, dell’umanesimo, il senso della fine della storia e al contempo la ricerca delle origini (cfr. Deathridge 1992).

Il contributo di Linda e Michael Hutcheon si inserisce in questo filone di ricer- ca, perché incentrato sulla capacità che ha avuto l’opera di Wagner nella seconda metà del Novecento di essere re-interpretata alla luce dei terribili eventi della secon- da guerra mondiale Esso è una chiara dimostrazione di come siano fruttuosi gli “studi culturali” quando vengono usati non in maniera eclettica, ma approfondita. I due studiosi infatti mettono a confronto discipline e competenze diverse: da un lato Linda, teorica della letteratura e specialista della cultura postmoderna, dall’altro Michael, medico e appassionato cultore del melodramma. Da tempo entrambi hanno intrapreso ad analizzare l’opera musicale come genere complesso Opera: desi- derio, malattia e morte (Opera: Desire, Disease, and Death, 1996) e Opera: l’arte di morire (Opera: The Art of Dying, 2004). In un articolo apparso nel 1998 sulla con- cezione della morte in L’anello dei Nibelunghi, i due studiosi affermavano che la loro lettura del ciclo wagneriano nasceva da una collaborazione e da un fecondo dialogo tra una teorica letteraria con una preparazione umanistica e uno scienziato, un medi- co interessato alla storia delle malattie. Il loro approccio interdisciplinare al melo- dramma si inserisce nella tendenza della “new musicology” che si sforza di com- prendere la musica servendosi di modelli derivati da altre discipline quali per esem- pio la teoria critica, l’antropologia la linguistica, la storia delle idee (cfr. McClatchie 1992). Indagare il tema della morte nell’opera di Wagner ha voluto dire non solo stu- diare la concezione della morte in Wagner e nel contesto storico del musicista, ma anche studiare come i registi l’hanno rappresentata e la diversa ricezione da parte del pubblico di questo tema che è difficile da rappresentare proprio perché costituisce ancora un tabù.

Anche in questo saggio vi è l’importante assunto metodologico che per com- prendere appieno l’adattamento e la ricezione di un’opera musicale, occorre inserir- la in un preciso contesto storico. Il melodramma da sempre ha instaurato un rap- za che mai. Alla luce del recente progetto dell’Unione Europea per la definizione di

“sicurezza culturale” nell’ambito della “sicurezza umana”, noi intendiamo sostenere che forme di rappresentazione drammatica – come l’opera, con il suo pubblico col- lettivo e la sua lunga storia di interventismo politico – possono ancora svolgere ruoli significativi nell’indurre e predisporre reazioni politicizzate da parte degli spettato- ri. L’atteggiamento postmoderno di Wernicke si basa – al contempo sovvertendole – sia sulla retorica che sulle rappresentazioni fasciste, allo scopo di suscitare nel pub- blico una riflessione e una reazione decisamente antifascista.

(traduzione di Simona Mambrini)

1Daniela Carpi, nella sua traduzione dei testi di White raccolti in Storia e narrazione (Ravenna, Longo, 1999)

traduce emplotment con “intramazione” (N.d.T.).

difficile distinguere le pecore dalla capre (cfr. Adorno 1952). La polemica appare connaturata all’opera di Wagner e alle sue teorie sull’opera musicale come “opera totale”, sulla sua idea che la musica per diventare opera d’arte deve essere accom- pagnata da parole. I due elementi artistici principali dell’opera d’arte totale sono la musica e la voce sui quali verte la maggior parte delle riflessioni di Wagner: l’obiet- tivo della creazione artistica deve infatti essere la comunicazione di un sentimento che per essere espresso richiede il potere evocativo della musica e la specificità della parola che lo definisce. Sebbene per Wagner la musica rimanga l’arte più indicata a rappresentare le emozioni, la percezione di queste rimane sempre troppo indefinita e indifferenziata a causa dell’astrazione del linguaggio musicale. L’elemento che secondo il compositore tedesco è in grado di dissipare questa indeterminatezza e conferire alla musica l’individualità, necessaria alla vera arte, è rappresentato dalla parola. Per descrivere la validità dell’unione tra parola e musica, Wagner utilizza la metafora che rappresenta la musica come arte prettamente femminile e quindi in grado di concepire solo se fecondata dal principio maschile. Lo strumento finale non è dunque né la musica in sé, né la parola da sola, ma una unione indissolubile delle due a cui Wagner dà il nome di discorso tonale. Questo diventa lo strumento coe- rente e unitario della nuova opera d’arte totale che deve a sua volta esprimere un contenuto unitario, poiché la frammentarietà sarebbe l’elemento che rischierebbe di mettere a repentaglio la coerenza del messaggio che la nuova opera d’arte deve esse- re in grado di esprimere in maniera intelligibile. Per favorire questa unitarietà, è necessario eliminare l’abbondanza di personaggi e la presenza del coro: il primo favorirà il processo che porta l’attenzione dello spettatore a concentrarsi sull’eroe principale della vicenda, il secondo eliminerà l’interesse per la massa, che secondo Wagner, può solo causare nello spettatore sconcerto e mancanza di compassione (cfr. Fubini 1964).

L’opera di Wagner sin dal suo apparire suscitò a livello europeo reazioni contra- stanti1: emblematico a questo proposito è l’interessante dibattito che l’opera di Wagner ha provocato nella cultura inglese nella prima metà del Novecento tra i cosiddetti “puristi” e gli impressionisti. I primi privilegiavano la musica che era capace di farsi apprezzare per la sua forma astratta e quindi disprezzavano Wagner. I secondi, gli impressionisti, lo esaltavano perché la sua musica era in grado di susci- tare un pieno coinvolgimento in colui che l’ascoltava. Impressioni ed emozioni che la musica di Wagner provocava grazie anche all’ausilio di altri mezzi artistici quali, il canto e le parole (cfr. Hutcheon 1979).

Questa polemica mette in luce quanto sia difficile scindere il libretto di Wagner dalla sua musica, perché esiste una stretta relazione tra il testo e la sua musica. Questo mi sembra essere il motivo per cui la sua opera nella seconda metà del Novecento ha fatto questione. Wagner compone la sua opera in un momento stori- co in cui le varie nazioni europee erano alla ricerca della propria identità nazionale e il compositore tedesco rinviene le radici dell’identità tedesca in un immaginario pre-cristiano dove le due parole di Blod e Volk divengono predominanti. Elizabeth Magee (1990) ha evidenziato come Wagner per la scrittura della sua monumentale opera abbia attinto da un vasto patrimonio che comprendeva non solo le opere clas- siche di studiosi famosi e stimati quali Karl Lachmann e i fratelli Grimm , ma anche da uno strano libro di von der Hagen intitolato I nibelunghi e il loro significato oggi WAGNER DOPO IL NAZISMO: LA DIFFICILE RICOSTRUZIONE DI UN MITO 

porto complesso con la storia. Essa è servita, per esempio, nell’Ottocento soprattut- to in Italia a sostenere i nazionalismi e la lotta per l’indipendenza dalle occupazioni straniere. Proprio per essere, come vedremo, un genere composito l’opera si è pre- stata a pericolose manipolazioni ideologiche, perché, come diceva Gramsci, la musi- ca ha un profondo impatto sulle emozioni dell’ascoltatore anche grazie alla “memo- rabilità” delle sue arie.

Per avvalorare la loro ipotesi Linda e Michael Hutcheon hanno studiato la rivisi- tazione di Herbert Wernicke del ciclo wagneriano L’Anello dei Nibelunghi del 1991. Essi dimostrano come l’opera sia servita al regista per operare un processo di deco- struzione della dittatura nazista e fascista e per riflettere criticamente su episodi sto- rici della seconda guerra mondiale. L’opera di Wagner diventa un modo per riflette- re criticamente sulla storia passata della Germania e soprattutto un modo per sma- scherare la retorica nazista basata sulla violenza, sul sangue e la guerra. In questa prospettiva la re-interpretazione del testo di Wernicke si può, a nostro avviso, leg- gere come una sorta di esorcismo nei confronti di un autore come Wagner che è stato per i tedeschi una presenza ingombrante sia per il suo professato anti-semiti- smo sia perché il regime nazista si è appropriato in maniera ideologica della sua musica. In particolare essi analizzano la saga dei Nibelunghi facendo vedere come il regime nazista avesse evidenziato alcuni elementi presenti nel libretto, come ad esempio l’ideologia dello spirito germanico incentrata sui concetti di Blod e di Volk. Analizzare le varie interpretazioni che durante il Novecento sono state date all’ope- ra di Wagner, significa fare i conti con il nostro passato e soprattutto con le memo- rie controverse della Germania.

La prima parte del saggio analizza da un punto di vista teorico l’opera musicale: una forma d’arte complessa, “allografica”. Essa richiede oltre che l’autore della musica, uno scrittore del libretto, un regista che la mette in scena, un direttore di orchestra e cantanti. L’opera musicale quindi si può considerare una sorta di narra- zione cantata e rappresentata sulla scena. Linda Hutcheon traspone il concetto di “historical metafiction”, categoria che la studiosa aveva elaborato per indagare le forme di riscrittura della storia nel romanzo postmoderno, all’opera musicale, per- ché in ambedue i generi la storia viene raccontata, interpretata attraverso l’“emplot- ment”. Il fatto storico diventa racconto attraverso un intreccio in cui i protagonisti vivono le loro vicende personali, i loro drammi sullo sfondo degli eventi storici. Così il musicista e l’autore del libretto dell’opera come i romanzieri postmoderni si sono serviti della storia per guardarla e interpretarla da altre prospettive: il passato diven- ta un testo che può essere letto anche da differenti punti di vista.

Si diceva all’inizio che per i due studiosi appare centrale nell’analisi della ri- appropriazione del testo wagneriano contestualizzare l’opera, perché l’interpreta- zione della Storia dipende dal regista che è interprete e allo stesso tempo creatore di una nuova versione dell’opera. Allo stesso modo un ruolo importante gioca anche il direttore dell’orchestra che interpreta la musica. Questa duplice operazione richie- de un confronto non facile perché le due interpretazioni devono andare di pari passo e armonizzarsi tra loro.

Wagner è, come si sa, un autore che da sempre ha suscitato emozioni divergenti. Adorno sintetizzò i suoi sentimenti contrastanti nei confronti di Wagner afferman- do che è impossibile separare nella sua musica l’innovazione dalla tradizione come è