2 Perché integrare? Le ragioni dei Sei
2.3 La cautela tedesca
Le reazioni tedesche al progetti di creazione di una comunità atomica europea furono inizialmente molto tiepide127. La RFT sembrava maggiormente attratta
dalla prospettiva di un mercato comune generale, piuttosto che da quella di un’integrazione nucleare128. La Germania avrebbe preferito sviluppare una propria
industria nucleare solida all’interno di una cornice nazionale, beneficiando della collaborazione bilaterale con potenze tecnologicamente più avanzate come gli Stati Uniti e la Gran Bretagna129. Questa posizione aveva una sua ragion d’essere nella
diversità di posizioni esistenti nel paese e nell’aperta opposizione manifestata da alcuni uomini politici e da molti industriali tedeschi nei confronti delle proposte che giungevano da Monnet. All’interno del Governo Tedesco, infatti, vari erano i modelli di cooperazione ed integrazione che le tante forze politiche espresse dalla coalizione di governo esprimevano. La corrente dotata di maggior forza era senza dubbio quella riconducibile al Cancelliere Adenauer, al Ministro degli Esteri Von Brentano ed al sottosegretario Walter Hallstein: essi supportavano la visione di Jean Monnet di integrazione settoriale tra i Sei, confidando che in un futuro molto prossimo essa sarebbe divenuta una vera e propria integrazione economica.
Nel Ministero per gli Affari Economici erano situate invece le altre due correnti. La prima era ascrivibile al Ministro Ludwig Ehrard: egli era il propositore di un convinto disegno economico liberista ed era supportato dai settori industriali più
d’histoire de l’intégration européenne, Vol. 3, No 2, (1997), pp. 69–82; Bruno Riondel, ‘Maurice
Faure et les négociations des traités de Rome’, in René Girault et Gerard Bossuat (Ed.), Europe
brisée, Europe retrouvée. Nouvelles réflexions sur l’unité européenne au XXe siècle, (Paris,
Publications de la Sorbonne, 1994), pp. 347–362.
127 Klaus Schwabe, ‘West Germany and European Integration. From the Defeat of the EDC Treaty to
the Conference of Messina’, in L.V. Majocchi, Messina quarant’anni dopo, cit., pp. 143–153 ; Klaus Schwabe, ‘West Germany and the Common Market. From Adenauer to Brandt’, in Claudio Zanghi,
Messina–Europa 40 anni dopo (1–2 giugno 1955/29–31 maggio 1995), (Torino: Giappichelli Editore,
1995), pp. 101–105. Per approfondire si consiglia anche la lettura di Wilfried Loth, ‘Deutsche Europa-‐Konzeptionen in der Gründungsphase der EWG’, in E. Serra (Ed.), La relance européenne et
les traités de Rome, cit., pp. 585–602 e Wilfried Loth, ‘Deutsche und franzosische Interessen auf dem weg zur EWG und Euratom’, in Andreas Wilkens (Ed.), Die deutsch-‐französischen Wirtschaftsbeziechungen (1945–1960), (Sigmaringen: Thorbecke,1997), pp. 171–187.
128 C. Pineau e C. Rimbau, Le grand pari, l’aventure du traité de Rome, cit., pag.160.
129 Pascaline Winand, Eisenhower, Kennedy and the United States of Europe, (Londra: The MacMillan
solidi130. Questi ultimi non vedevano di buon grado l’integrazione settoriale e
progetti che fossero limitati ai Sei: preferivano infatti formule di cooperazione su base intergovernativa, pochi interventi sui meccanismi di mercato ed una graduale liberalizzazione dello stesso in seguito ai progressi che già avvenivano su base bilaterale entro il GATT e l’OECE. Da rifiutare era anche ogni forma di dirigisme: essa avrebbe aperto a piani economici pluriennali che sicuramente avrebbero precluso ogni trattativa con il Regno Unito131. La seconda faceva capo, invece, ad
Hans Von Der Groeben (Capo Dipartimento del Ministero dell’Economia di Bonn), ed era espressione della piccola e media impresa tedesca, la quale ad un’integrazione settoriale avrebbe preferito una più rapida integrazione economica generale basata su un’unione doganale forte e su solide istituzioni sovranazionali. Questa corrente era sostenuta anche dalla più vasta parte del mondo agricolo tedesco e riscuoteva simpatie anche fuori dai Sei, avendo ricevuto spesso sostegno nelle sue battaglie politiche sia dalla Gran Bretagna che dai paesi scandinavi132. A supporto del Ministro per gli Affari Economici Ehrard giunse
anche il sostegno della CSU e di Franz Josef Strauss, all’epoca Ministro per gli Affari Nucleari che minacciò di opporsi ad un’integrazione settoriale sovranazionale nel settore atomico se essa avesse implicato in modo palese la rinuncia tedesca all’acquisizione futura di armi nucleari133.
Tutte queste differenze ed acredini alla vigilia della Conferenza di Messina trovarono la giusta sintesi in una posizione negoziale tedesca molto netta, elaborata il 26 maggio 1955 all’interno di una riunione del Consiglio dei Ministri particolarmente accesa. La posizione elaborata aveva come fulcro il concetto di Mercato Comune basato su un’unione doganale forte. A questo concetto,
130 Andreas Wilkens, ”Jean Monnet et Konrad Adenauer”, in Gerard Bossuat e Andreas Wilkens, Jean
Monnet, l’Europe et les chemins de la paix, (Paris: Publications de la Sorbonne, 1999), pag.176.
131 Ehrard già al Sesto Congresso dell’Associazione degli Industriali Tedeschi tenutosi a Stoccarda,
aveva manifestato la sua opposizione alla moltiplicazione di organismi sopranazionali sul modello della CECA. Il 24 maggio 1955, invece, ad una manifestazione di industriali a Dusseldorf, invece, Ehrard si spinse più avanti, raccogliendo il favore del Comitato Direttivo della Federazione dell’Industria Tedesca e della Camera Sindacale delle miniere della Ruhr. Gli industriali tedeschi desideravano riservare il settore atomico alla libera iniziativa privata, escludendo ogni interferenza o preclusione governativa. C’era la convinzione che l’approvvigionamento di combustibili fissili sarebbe avvenuto più velocemente cooperando bilateralmente con gli USA.
132 Ivi.
133 Beatrice Heuser, “The european dream of Franz Josef Strauss” in Journal of European Integration
fortemente avocato da Van Der Groeben, nessuno era formalmente contrario: le sole reticenze provenienti dal gruppo Ehrard, che lamentava i limiti della prospettiva settoriale, vennero con poca difficoltà messe a tacere dall’ampiezza della maggioranza. Esse trovarono tuttavia menzione nel Memorandum con cui la Germania si presentò a Messina: in esso si accettava senza riserve un Mercato Comune forte ed un’integrazione nel settore atomico. Tuttavia, a livello terminologico, si poneva una dicotomia chiara tra la miopia dell’integrazione settoriale e l’importanza di un’integrazione più generale, che secondo i redattori, avrebbe avuto maggiori probabilità di successo134. Questa posizione negoziale era
un successo notevole ascrivibile al talento politico ed alla mediazione del Cancelliere Adenauer. Questi non prese mai una posizione netta a favore dell’una o dell’altra corrente del suo governo ed evitò accuratamente di far figurare, per tutto il primo semestre del 1955 la politica d’integrazione europea nell’ordine del giorno del Consiglio dei Ministri del Governo Federale. Il Cancelliere era infatti favorevole al perseguimento dell’integrazione europea e riteneva che l’obiettivo fondamentale dovesse essere l’unione politica dell’Europa. Solo così la Germania avrebbe potuto uscire dal suo isolamento internazionale e dissipare i timori che ancora suscitava negli altri stati135.