Capitolo II: La formazione di EURATOM ed il piano di sviluppo dei reattori di potenza
2 Cosa integrare? I Reattori di Potenza nel I Piano quinquennale
2.1 Filiere tecnologiche: Light water o gas-‐grafite?
Alla fine degli anni ’50 due erano le filiere tecnologiche che sembravano avere maggiori prospettive di sviluppo commerciale: la filiera dei reattori light water di tipo americano e la filiera dei reattori gas-‐grafite, che veniva studiata sperimentalmente proprio in quegli anni dalle comunità scientifiche inglese e francese.
La filiera light water americana
La filiera di reattori “light water” americana era caratterizzata tecnologicamente dall’avere comunissima acqua (H2O) sia come elemento chimico di
raffreddamento utilizzato per trasferire il calore dal nocciolo del reattore, sia come moderatore utilizzato per controllare il livello energetico dei neutroni. Essa era stata la prima filiera ad essere sviluppata dalla Marina Statunitense per la propulsione sottomarina ed era quella su cui, alla fine degli anni ‘50, gli americani avevano maturato un maggiore expertise vista l’ingentissima quota di capitali pubblici utilizzata per finanziarne gli studi500. I reattori di questa filiera potevano
essere ricondotti a due tipi di design di base: il reattore ad acqua pressurizzata (Pressurized Water Reactor o PWR), caratterizzato dai più alti rendimenti energetici dovuti ad una più elevata temperatura al suo interno, ed il più comune reattore ad acqua bollente (Boiling Water Reactor o BWR), caratterizzato da una minore spesa di manutenzione e da una semplicità maggiore di gestione501. In
entrambi i design, l’uranio arricchito necessario per sostenere la fissione doveva essere racchiuso all’interno di un nocciolo metallico capace di sopportare le elevatissime temperature e l’altissimo flusso neutronico interno al reattore. Il
500 Robin Cowan, “Nuclear power reactors: a study in technological lock-‐in”, in The Journal of
Economic History Vol. 50, No. 3, (1990), pp. 541-‐567.
501 Robert F. Mozley, The politics and technology of Nuclear Proliferation, (Seattle and London:
nocciolo, generalmente costruito con acciai speciali o con una resistentissima lega di zirconio, preveniva che il moderatore ed il liquido refrigerante entrassero in contatto con gli elementi di fissione, contaminando l’acqua. Esso doveva essere forte a sufficienza da contenere la pressione interna generata sia dall’espansione del diossido di uranio, sia dai prodotti gassosi che scaturivano dalla fissione, come ad esempio il krypton502. Al posto dell’uranio metallico, allo stato naturale, era
necessario l’utilizzo di uranio arricchito U235 o diossido di uranio UO2: esso, data
l’altissima temperatura del nocciolo e le radiazioni al suo interno, si sarebbe infatti espanso ad una velocità superiore dell’uranio naturale ed avrebbe inoltre generato una reazione più forte venendo a contatto con l’acqua503. Quest’ultima era fatta
circolare intorno alle barre di combustibile per raffreddarle. La stessa acqua poteva essere utilizzata anche come moderatore per rallentare il flusso di neutroni prodotto dalla fissione: neutroni lenti avrebbero infatti avuto più chances di interagire con altri nuclei di U235 provocando un’espansione dell’intero processo di
fissione. Nei reattori ad acqua pressurizzata PWR l’acqua veniva immessa all’interno del reattore ad una pressione pari a circa 150 atmosfere: ciò le avrebbe consentito di raggiungere un punto di ebollizione considerevolmente più alto delle temperature che si sviluppavano all’interno di un reattore, mediamente stabili intorno ai 300° Celsius. Quest’acqua caldissima veniva fatta circolare intorno ad uno scambiatore, che trasferiva il calore dell’acqua ad altra acqua stoccata al suo interno ad una pressione considerevolmente inferiore (circa 60 atmosfere): il vapore ad alta pressione così prodotto era utilizzato per spingere turbine che avrebbero prodotto energia elettrica504.
502 El Wakil, “Nuclear power engineering”, (New York: Mc Graw-‐Hill Book Company, 1962).
503 Ivi.
504 Per spingere turbine in modo efficiente era necessario che il vapore raggiungesse temperature
molto elevate La temperatura del vapore era determinata dalle caratteristiche fisiche del materiale che racchiudeva l’uranio: maggiore sarebbe stata la sua capacità di resistere alle altissime temperature che si sprigionavano nel nocciolo, maggiore sarebbe stata l’efficienza del reattore. Era tuttavia necessario monitorare costantemente le temperature che si raggiungevano nel nocciolo, in quanto se l’uranio in fissione avesse superato una data temperatura si sarebbero potuti generare pericolosi guasti che avrebbero compromesso anche la capacità degli ingegneri presenti nella centrale di attivare la procedura per l’interruzione della fissione. In R. F. Mozley, The politics and
Il reattore ad acqua bollente BWR invece, pur operando in base a principi simili, non prevedeva l’inclusione nella centrale di acqua pressurizzata: l’acqua introdotta nel reattore ed utilizzata come moderatore poteva bollire dopo aver raccolto il calore del nocciolo, ed il risultante vapore sarebbe stato utilizzato per spingere le turbine. In questi reattori, più semplici sia a livello di design sia di competenze gestionali, la temperatura di superficie del diossido di uranio incapsulato nel nocciolo era considerevolmente più bassa di quella che si raggiungeva in un reattore ad acqua pressurizzata, e di conseguenza la sicurezza operativa dell’impianto poteva considerarsi relativamente maggiore505. Entrambi i design
erano caratterizzati da una peculiarità: essi erano stati progettati ed ottimizzati per lavorare con uranio arricchito come combustibile fissile: qualora essi fossero stati riforniti di uranio naturale in forma metallica, difficilmente avrebbero raggiunto la fissione e comunque, pur raggiungendola, non avrebbero avuto caratteristiche di resa tali da giustificarne gli ingenti costi di costruzione. Per avere dunque accesso a questa tecnologia, agli europei non rimaneva che dotarsi di un
proprio impianto di arricchimento sviluppando la tecnica della centrifugazione gassosa oppure acquistare il combustibile fissile già arricchito ed ottimizzato che gli statunitensi offrivano ad EURATOM tramite la sua agenzia per gli approvvigionamenti. Inoltre questi reattori avevano dalla loro parte un indubbio vantaggio in termini di controllo della proliferazione: essi producevano una quantità di plutonio sensibilmente minore di quella generata dalla filiera gas-‐ grafite.
La filiera gas-‐grafite franco britannica.
L’altra filiera tecnologica era rappresentata dai reattori sviluppati dalle comunità scientifiche francese e britannica. Essa si fondava sull’utilizzo di grafite al posto dell’acqua come moderatore dei neutroni termici presenti nel nocciolo. La grafite e le barre di combustibile potevano essere raffreddate con elio o con diossido di carbonio: entrambi i gas potevano essere utilizzati per fornire calore ai boiler presenti nella centrale i quali avrebbero avuto il compito di fornire energia alle turbine.
In una variante di questo design il combustibile, contenuto in piccoli contenitori rivestiti di ceramica, poteva essere diffuso all’interno della grafite: il tutto sarebbe stato interamente raffreddato dal gas.506 In un reattore di questa filiera era
possibile raggiungere temperature molto più alte di quelle che si raggiungevano nei reattori pressurized water (PWR). In questi ultimi, infatti, bisognava aumentare la pressione dell’acqua per prevenire che questa raggiungesse lo stato di ebollizione a contatto con le barre di combustibile: questa pressione doveva essere considerevolmente maggiore di quella necessaria a contenere un gas alla stessa temperatura. Sebbene il gas non avesse un’efficacia pari a quella dell’acqua nella conduzione del calore, le grandi dimensioni dei reattori a grafite permettevano che grandi quantità di gas fossero usate per il raffreddamento507. Questi reattori
dunque fornivano due importanti vantaggi rispetto alla filiera ad acqua leggera sostenuta dagli statunitensi: in primis, in un reattore moderato a grafite gli elementi di combustibile potevano esser rimossi singolarmente dal reattore senza provocarne lo shutdown o la perdita di criticità. Secondariamente la grafite non assorbiva neutroni come l’acqua e poteva operare senza difficoltà con uranio naturale come combustibile: ciò faceva sì che non fosse necessario sviluppare un centro d’arricchimento nazionale o che non bisognasse, di conseguenza, dipendere dagli approvvigionamenti americani di combustibile fissile508. Questa tecnologia,
tuttavia, era foriera di uno svantaggio cruciale. Alla fine degli anni ’50 la filiera gas-‐ grafite veniva testata da Gran Bretagna e Francia in due diversi design: i britannici avevano infatti in costruzione il primo Advanced Gas Cooled Reactor (AGR) presso Sellafield nella centrale di Windscale509, mentre i francesi stavano costruendo il
primo dei tre reattori EdF presso Chinon510. Non essendoci un accordo tra i due
paesi, né una condivisione delle spese, ognuno dovette accontentarsi di realizzare un prototipo industriale di medie dimensioni, non potendo disporre di budget
506 John M. Kallfelz e Robert A. Karam, Advanced Reactors: Physics, Design and Economics (London:
Pergamon Press, 1975), pag.75.
507 Ivi.
508 John M. Kallfelz, Analytic Reactor Physics and design investigations, (Atlanta: Georgia Institute of
Technology, 1984).
509 Ronald Cohn, Jesse Russell, Advanced Gas Cooled Reactor, (Berlin: VSD, 2012).
510 Gabrielle Hecht The radiance of France. Nuclear Power and National Identity after World War II,
sufficienti per procedere più speditamente alla fase commerciale. Inoltre, poichè questi reattori erano strutturati ingegneristicamente per produrre principalmente plutonio per i programmi militari ed energia elettrica solo come by-‐pass product, per chiari motivi militari entrambi i paesi furono a lungo restii a cedere la tecnologia che avevano sviluppato o a condividerne le caratteristiche tecniche con i propri vicini.
Un confronto tra filiere?
Queste due filiere, sebbene non fossero le uniche disponibili sul mercato o le uniche realizzabili tecnicamente, furono quelle che riscossero maggiore consenso da parte della comunità scientifica internazionale, diventando di fatto competitor dirette sui mercati globali a partire dalla prima metà degli anni ‘60. Tanti furono i tentativi di effettuare comparazioni tra le due filiere: nessuno tuttavia è mai stato in grado di fornire stime univoche ed incontrovertibili che giustificassero la prevalenza di una determinata filiera sull’altra. A scapito della potentissima campagna di propaganda internazionale che gli Stati Uniti avevano creato per promuovere la loro tecnologia in tutto il mondo già a partire da Atoms for Peace,511
nella comunità scientifica internazionale ci furono sempre dubbi notevoli sulla superiorità sia tecnica che economica della filiera ad acqua leggera. Come Robin Cowan ed altri scienziati fanno notare, è estremamente difficile dimostrare la prevalenza di questa filiera rispetto ai reattori gas-‐grafite: già negli anni ‘50 a seguito di un dibattito molto animato sui meriti relativi dell’uranio arricchito (light water) e dell’uranio naturale (gas grafite) la rivista Nucleonics affermava:
“to the observer of this debate it seems that enriched reactors must rely heavily upon their development potential to do much better than match the power costs of natural uranium
systems512”.
511 Per approfondire l’argomento si rimanda al testo di Joseph E. Pilat, Robert E. Pendley e Charles
K. Ebinger (Eds.), Atoms for Peace: An Analysis After Thirty Years, (Boulder: Westview Press, 1985) e a Arnold Kramish, The Peaceful Atom in Foreign Policy, (New York: Harper & Row, 1963).
512 Nucleonics, 15 giugno (1957) pag. 71 così come citato in R.Cowan, “Nuclear power reactors: a
Inoltre i costi stimati, raccolti durante gli anni ‘50 e successivamente affinati, in nessun modo permettevano di affermare che la filiera light water fosse quella più efficiente in circolazione. La filiera gas-‐grafite aveva una più bassa densità di potenza volumetrica513 di quanta non l’avesse la filiera Light Water, come i tecnici
americani sostenevano. Ma mentre questo fattore veniva presentato da questi ultimi come un aggravio dei costi ed una riduzione della flessibilità nel design del reattore, costituiva invece un punto a favore dei reattori gas-‐grafite. Nell’eventualità di una perdita del liquido di raffreddamento dovuta ad un incidente, infatti, il nocciolo avrebbe avuto una più ampia capacità di contenimento del danno, abbassando i transienti di temperatura e dando maggiori possibilità di reazione ai tecnici in loco che immediatamente sarebbero potuti intervenire. L’uso di un raffreddamento a gas, inoltre, aveva il vantaggio di essere privo dei mutamenti di stato dell’elemento refrigerante a fronte di cambiamenti di temperatura o pressione. Ciò mostra come l’intera fase di raffreddamento della filiera gas-‐grafite fosse meglio studiata e più efficiente nel caso di guasti al nocciolo del reattore, mentre la filiera ad acqua leggera non avesse simili caratteristiche di sicurezza514. Un altro elemento di preoccupazione che aveva sempre condizionato
il dibattito ed il confronto teorico tra le due filiere era proprio il nocciolo d’acciaio speciale del reattore light water pressurizzato (PWR). Il requisito di sicurezza fondamentale di un simile impianto era, ed è ancora oggi, che il nocciolo non fosse mai posto in situazioni di criticità che lo ponessero a rischio di rottura. Se infatti si fosse verificata una rottura nell’involucro d’acciaio esterno al nocciolo, la pressione al suo interno avrebbe fatto sì che lo squarcio si sarebbe propagato ad una velocità superiore a quella del suono, non lasciando ai tecnici che controllavano la fissione la possibilità di fare altro se non fuggire dalla centrale. Progettare e costruire un simile involucro con acciai speciali richiedeva tecnologie
513 Per potenza volumetrica s’intende il rapporto tra potenza produttiva e dimensioni del nocciolo.
La potenza volumetrica di un reattore è una delle misurazioni più utilizzate per confrontare
l’efficienza produttiva di reattori tecnologicamente diversi.
514 Per una discussione tecnica più dettagliata sui meriti dei reattori della filiera gas-‐grafite così
come raccolti per sommi capi in questo paragrafo si rimanda agli studi di Harold Agnew, "Gas-‐ Cooled Nuclear Power Reactors" in Scientific American, numero 244, (1981); Alvin Weinberg e Irving Spiewak, "Inherently Safe Reactors and a Second Nuclear Era" in Science del 29 giugno 1984; Eliot Marshall, "The Gas Reactor Makes a Comeback" in Science del 29 maggio 1984, così come citati in R. Cowan, Nuclear power reactors: a study in technological lock-‐in, cit., pp. 541-‐567.
industriali avanzatissime che in quel periodo solo pochissimi paesi avevano sviluppato. I reattori della filiera gas-‐grafite, invece, non avevano questo problema grazie ad una sistematica ridondanza ingegneristica del nocciolo: l’AGR britannico, infatti, utilizzava a copertura del nocciolo in acciaio un involucro di cementi speciali testati e prevedeva delle ridondanze meccaniche e delle coperture metalliche rimovibili tali da poter controllare con maggior serenità l’attività all’interno del nocciolo ed accorgersi di pericoli ed attività insolite al suo interno. In termini di esperienza operativa, i reattori light water non facevano registrare performances di gran lunga superiori a quelle di altre tecnologie, pur avendo anni ed anni di sperimentazione alle spalle, quasi il triplo di quelli della filiera gas-‐ grafite. In termini di emissione radioattiva, i reattori della filiera light water sottoponevano i tecnici che lavoravano a stretto contatto con esso ad una quantità pari a circa dieci volte quelle emesse dai reattori della filiera gas-‐grafite. Inoltre il fattore di carico annuale515 di un reattore era sostanzialmente uguale per le due
filiere e si assestava intorno al 63%. Ci sono e c’erano già allora considerevoli ragioni per ritenere che altre tecnologie avrebbero avuto importanti vantaggi di costruzione rispetto alla filiera light water e che, se dotate delle stesse possibilità economiche, avrebbero potuto portare allo sviluppo di reattori qualitativamente migliori sia in termini di rendimenti che di sicurezza516. Ma mentre non è possibile
documentare in modo definitivo la superiorità dei reattori light water è tuttavia possibile affermare a cavallo tra gli anni ’50 e gli anni ’60 la loro posizione dominante non fosse dovuta ad un‘unanime convinzione nella loro superiorità sia tecnica sia economica quanto a “fattori esogeni” quali l’assistenza americana nell’installazione e nel raggiungimento della criticità, le forniture di combustibile a costi irrisori e la maggiore conoscenza che gli europei ne avevano517.
515 Ovvero il rapporto tra il totale di energia prodotta in un anno e la quota di energia che esso
sarebbe stato in grado di produrre se fosse stato operativo per un anno a pieno carico senza
interruzioni.
516 R. Cowan, Nuclear power reactors: a study in technological lock-‐in, cit., pp. 541-‐567.