4 Come integrare? La seconda fase negoziale: da Venezia a Parigi
4.1 La lunga strada verso la Conferenza di Venezia
Per sondare il terreno su quanto stesse accadendo in seno alla compagine governativa di Bonn, il Segretario di Stato americano John Foster Dulles invitò alla Casa Bianca il Ministro per l’energia atomica Franz Josef Strauss. Il Ministro era un
272 G. Skogmar, The US and the Nuclear Dimension of European Integration, cit., pag. 173.
noto sostenitore delle posizioni dell’industria e spesso era stato molto critico nei confronti delle misure integrative sostenute da Adenauer274.
Strauss subito colpì i suoi interlocutori americani affermando che le conclusioni contenute nel “Piano Monnet” fossero assolutamente inaccettabili sia per il governo che per i parlamentari tedeschi. Un’EURATOM senza il Regno Unito sarebbe stata, a detta di Strauss, una miopia strategica: era dunque necessario lavorare per integrare EURATOM all’interno del più ampio contesto OECE in cui sedevano anche gli inglesi. Era chiaro che la RFT avrebbe fatto di tutto per recuperare la sua influenza. La creazione di una comunità sopranazionale era ritenuta inopportuna a questo fine, mentre uno sviluppo sul terreno della libera concorrenza avrebbe permesso di raggiungere una potenza economica tale da controbilanciare quella militare francese, garantendo al paese una posizione di forza sulla scena internazionale275. Strauss dunque sottolineò come la RFT stesse
sviluppando un proprio programma atomico e come una cooperazione bilaterale con gli Stati Uniti le avrebbe permesso di colmare il ritardo di 10-‐12 anni sugli altri stati nucleari del continente nel giro di 6 o 7 anni. Nei suoi intenti, Strauss desiderava che la comunità si riducesse a una sorta di mercato comune dei combustibili fissili, completato da uno scambio di conoscenze tecniche e dalla creazione di alcune imprese comuni276. Infine ribadì una versione edulcorata dello
Junktim: parlare di EURATOM senza portare a casa risultati tangibili dalle negoziazioni sul Mercato Comune avrebbe provocato una probabile caduta del governo con un successivo ritorno alle urne, scenario che gli americani accolsero
274 Durante la seduta del Bundestag del 22 marzo, Strauss sostenne che il progetto dell’EURATOM e
quello presentato all’OECE fossero assolutamente armonizzabili, contravvenendo a quanto statuito dalla precedente direttiva Adenauer. Gli fece eco il Ministro dell’economia Ehrard, il quale non perse occasione per sottolineare di nuovo che non fosse possibile creare un’Europa dell’atomo se non nel quadro di un mercato comune, che era prioritario e che precedeva l’EURATOM stessa. Il
Junktim ovvero il principio secondo cui EURATOM e Mercato Comune avrebbero dovuto svilupparsi
contemporaneamente, divenne così la posizione ufficiale del governo di Bonn. In M. Christian de Margerie, Chargé d’Affaires de France à Bonn à M. Pineau Ministre des Affaires Étrangères, Télégramme, Bonn, 23 mars 1956, in DDF 1956, Tomo I, no. 199, pp. 478-‐480. e A. Wilkens, Jean
Monnet et Konrad Adenauer, cit., pag.192.
275 M. Christian de Margerie, Chargé d’Affaires de France à Bonn à M. Pineau Ministre des Affaires
Étrangères, Télégramme, Bonn, 23 mars 1956, in DDF 1956, Tomo I, no. 199, pp. 478-‐480.
276 G. Skogmar, The United States and the Nuclear Dimension of European Integration, cit., pp. 174-‐
come fumo negli occhi277. La risposta di Dulles a Strauss fu molto netta: procedere
sul cammino integrativo era una necessità assoluta. Lo era sia per gli Stati Uniti, che avevano già dovuto combattere due guerre mondiali sul suolo europeo, sia per l’Europa, che grazie a queste misure poteva diventare la terza forza sullo scacchiere mondiale. Considerare l’EURATOM come una chip di scambio da sacrificare alla Francia pur di ottenere garanzie sul Mercato Comune era una follia: allo stesso modo insistere pedissequamente nell’imporre lo junktim avrebbe portato a non raggiungere nessuno dei due obiettivi, frustrando gli sforzi americani di rafforzare misure di non proliferazione degli arsenali atomici che erano diventate necessarie278.
La freddezza di Dulles nei confronti di Strauss era un chiaro segnale di come la sua linea politica fosse sgradita alla Casa Bianca: il Dipartimento di Stato immediatamente informò Adenauer dei contenuti dell’incontro, ed allo stesso tempo si adoperò per rassicurare Faure, tramite Monnet, che l’incontro con Strauss non intaccava in alcun modo il sostegno americano a negoziazioni multilaterali piuttosto che bilaterali. Era infatti necessario esercitare la propria influenza su Parigi affinché partecipasse più attivamente alle negoziazioni: ciò andava fatto tuttavia in modo discreto, per evitare di urtare la nota suscettibilità dei francesi. Monnet e Armand erano dello stesso parere: in un incontro con alcuni diplomatici americani, i due chiarirono come EURATOM non dovesse sembrare un’imposizione americana sugli alleati ma una decisione genuinamente europea. Era dunque necessario, secondo i due interlocutori, attendere che fossero gli europei a pronunciarsi, rivelando solo successivamente la propria posizione279.
Dulles tuttavia, spinto da Eisenhower, decise di comunicare la posizione americana in modo diretto ed ufficiale a tutte le delegazioni diplomatiche americane con base in Europa. Ad ognuna veniva esplicitamente richiesto di apportare modifiche e correzioni, risolvendo i misunderstandings che sarebbero
277 Ivi.
278 Ivi.
279 Memorandum of a Conversation, Paris, April 28, 1956, in FRUS 1955-‐1957, Volume IV, Western
potuti sorgere confrontandosi con le posizioni europee280. Le ragioni degli USA a
supporto dell’EURATOM erano chiare: rendere la Germania elemento organico della coalizione occidentale, annientare la rivalità franco-‐tedesca, realizzare un centro di controllo dell’energia nucleare con poteri chiaramente definiti e sviluppare nel minor tempo possibile un’industria nucleare solida in Europa. Per raggiungere questi obiettivi era necessaria un’organizzazione sovranazionale. Veniva inoltre enunciato il principio di trattamento preferenziale: gli USA potevano rendere disponibili enorme risorse e garantire un trattamento privilegiato non solo ad un paese singolo grazie ad un negoziato bilaterale ma anche ad una comunità di stati che agisse multilateralmente. Due invece erano gli interrogativi principali cui le delegazioni erano chiamate a rispondere per chiarire meglio la posizione statunitense. La prima era un sistema comune di gestione dei combustibili fissili: gli USA si chiedevano se si sarebbe raggiunto un compromesso sia sul possesso dei carburanti sia sulla possibilità per gli stati membri di procurarsi risorse al di fuori di EURATOM . Nei loro intenti gli europei dovevano avere l’autorità sul combustibile (non la proprietà di esso) e obbligarsi a ricevere solamente combustibili approvati dall’EURATOM e non provenienti da fonti terze. Dulles ordinò ai suoi collaboratori che qualunque diversione da questo schema avrebbe tassativamente spento ogni margine di trattativa281. Quanto ai rischi di
diversione militare la posizione era molto complessa: gli USA volevano limitare al massimo ogni rischio di proliferazione e supportavano il compromesso Spaak. Tuttavia la posizione ufficiale, ovvero quella da assumere di fronte agli europei, doveva rimanere di sostanziale neutralità. Per quanto atteneva allo Junktim invece, anche se gli americani erano ben disposti verso il mercato comune, le sue negoziazioni non dovevano in alcun modo interferire con EURATOM ed il suo sviluppo. Infine Dulles concludeva lamentandosi dei tentativi di disturbo e dell’uso strumentale fatto dell’OECE da parte del Regno Unito al fine di sabotare EURATOM: l’OECE sarebbe stata una cornice di straordinaria importanza per la
280 Telegram From the Secretary of State to the Embassy in Belgium, Washington, May 24, 1956—
1:51 p.m., in FRUS 1955-‐1957, Volume IV, Western Europe Security and Integration, no. 173, pp.
442-‐444.
collaborazione atlantica e non doveva essere posta come opzione parallela. Non veniva in alcun modo fatta menzione dell’impianto di arricchimento282.
Spaak accolse con favore l’enunciazione della posizione americana: al politico belga, inoltre, Dulles riferì che qualora EURATOM fosse stata accettata nella formula in cui era stata definita dal suo documento anche il Belgio sarebbe stato libero di iniziare trattative per fornire il proprio uranio direttamente ad EURATOM283.
Dalla Francia l’ambasciatore Dillon, invece, mostrò invece ritrosia. Per lui difficilmente l’Assemblea Nazionale sarebbe andata al voto sulla “Risoluzione Monnet”: anche un numero considerevole di parlamentari filo-‐europei e pro-‐ integrazione difficilmente l’avrebbero votata. La Francia non avrebbe, secondo Dillon, mai rinunciato al diritto di dotarsi di un arma atomica: l’interesse per EURATOM e le politiche integrative stava inoltre progressivamente scemando viste le crescenti difficoltà che il paese aveva per mantenere la sua posizione in Nordafrica284. Dillon, su richiesta di un preoccupato Dulles, pochi giorni dopo
incontrò il sottosegretario agli esteri Faurè: durante l’incontro emerse come i Francesi fossero concordi sia sulla gestione comune dei combustibili fissili, sia sulla necessità di non perseguire lo Junktim, tenendo slegata la trattativa sul Mercato Comune da quella EURATOM. L’accondiscendenza e la buona disposizione dei francesi, pronti a far entrare anche i territori d’oltremare nell’area di scambio coperta dal Mercato Comune colpirono Dillon, il quale riportò a Dulles l’unica richiesta che i francesi gli fecero: usare tutte le misure necessarie per bloccare l’operato di Franz Josef Strauss, voce degli industriali tedeschi e unico vero ostacolo rimasto sulla strada dell’EURATOM285. A sondare gli umori di Bonn pensò
invece l’High Commissioner for Germany James B. Conant, il quale riferì a Dulles che i tedeschi avevano accettato le ipotesi di Mercato Comune ed EURATOM contenute nello Spaak Report come base di contrattazione. Tuttavia essi rimanevano fermi
282 Ivi.
283 Letter From the Secretary of State to Foreign Minister Spaak, Washington, May 24, 1956, in FRUS
1955-‐1957, Volume IV, Western Europe Security and Integration, no. 174, pag. 445.
284 G. Skogmar, The US and the Nuclear Dimension of European Integration, cit., pag. 178-‐179.
sullo Junktim, poiché temevano che la sola EURATOM avrebbe frustrato il potenziale industriale tedesco limitandone il prestigio internazionale.
Nel frattempo, dopo aver visitato insieme al Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi il Presidente della Repubblica Francese René Coty ed aver ricevuto rassicurazioni sulla buona volontà francese di non bloccare i negoziati286,
il Ministro degli Esteri Italiano Gaetano Martino era partito alla volta del Belgio e dei Paesi Bassi per concludere le consultazioni preliminari alla Conferenza di Venezia con i paesi del Benelux. Accompagnato dai diplomatici Migone, Magistrati e Giustiniani, il ministro italiano ebbe colloqui molto cordiali con Bech, Beyen e Spaak, dai quali ebbe conferma della sostanziale comunanza d’intenti delle tre nazioni, pronte a lavorare su una bozza di accordo già a Venezia, qualora le acredini franco-‐tedesche fossero sparite287.