5 Come integrare? La terza fase negoziale: da Parigi a Roma
5.2 Una formula italiana
Durante la fase di negoziazione del compromesso del Matignon, si erano registrate all’interno del parlamento francese delle fratture molto nette tra gli integrazionisti ed i gollisti. Essi rimanevano divisi principalmente sull’accettazione del principio di “minimum equality” come esso era stato enunciato da Adenauer. Le divergenze maggiori vertevano principalmente su alcune questioni: il controllo del programma militare; le eccezioni da porre al principio del monopolio di fornitura e l’obbligo di condividere informazioni militari con i tedeschi. A scapito di alcune fratture, infatti, il governo sembrava avere una maggioranza solida in parlamento che avrebbe potuto supportarne l’operato e gli accordi internazionali. Robert Marjolin, consulente tecnico del Ministro degli Esteri francese, in più occasioni confermò sia a Schaetzel che a Dillon, che la Francia non avrebbe in alcun modo ostacolato ispezioni al suo programma militare e non avrebbe avversato, come già fatto in passato, il controllo da parte di EURATOM di tutti i combustibili fissili395.
394 Telegram From the Secretary of State to the Embassy in Germany, Washington, January 4,
1957—7:02 p.m., in FRUS 1955-‐1957, Volume IV, Western Europe Security and Integration, n. 207 , pag.498-‐500.
Tuttavia la posizione del governo francese era meno granitica di quanto si potesse pensare. Gli sviluppi del compromesso del Matignon avevano in parte alienato il favore di alcuni deputati di maggioranza, i quali iniziarono a spingere sul Quai d’Orsay affinché venissero apportate modifiche sostanziali alla posizione negoziale francese. Simili pressioni vennero anche dagli ambienti militari e dal CEA, spingendo Faure a ritornare sulla trattativa. Da un colloquio riservato con i capi di stato maggiore dell’esercito e gli alti funzionari del CEA apprendiamo che il governo francese fu spinto a rivedere la sua posizione. Le parti convenute, infatti, fecero pressione sul Ministro affinché egli facesse quanto nelle sue possibilità per rimuovere ogni ostacolo che avrebbe potuto allontanare la Francia dal raggiungimento di una propria arma nucleare. Nello specifico il Governo francese avrebbe dovuto fare marcia indietro sul possesso da parte di EURATOM di tutti i combustibili fissili, richiedendo di poter disporre di un surplus di uranio e plutonio che sarebbe servito per l’impianto di separazione isotopica, nazionale o comunitario che fosse396.
Faure, dopo aver condiviso con Mollet le eccezioni che venivano dal CEA e dall’establishment militare, si recò immediatamente a Bonn per far presente ad Adenauer e Von Brentano il mutamento del quadro negoziale. I francesi di fatto stavano chiedendo in modo esplicito ai tedeschi piena libertà d’azione in campo militare: pur di ottenere ciò erano disponibili ad effettuare importanti concessioni anche in altri campi397. Alla proposta di Faure, Adenauer rispose con una lettera
pochi giorni dopo: nessuna concessione era al momento possibile. Tuttavia ciò che era fondamentale per entrambi era assicurarsi la ricezione dei combustibili fissili negli anni a venire: il Cancelliere invitava dunque Mollet ad aiutarlo nello sforzo di persuadere gli americani a superare le loro reticenze e ad accordare loro i carburanti, indipendentemente se il possesso di essi fosse stato ascrivibile all’EURATOM o ai singoli stati398. Tuttavia né Dulles, né il Dipartimento di Stato
mostrarono segnali di apertura399.
396 Note du Secrétariat Général, La negociation d’EURATOM, Paris, 21 décembre 1956, in DDF 1956,
Tomo III, no. 316, pag. 576-‐580.
397 G. Skogmar, The US and the Nuclear Dimension of European Integration, cit., pp. 233.
398 Ivi.
Nei giorni che seguirono la missiva, Adenauer fu costretto a mitigare ulteriormente le sue posizioni. Come si apprende dai documenti di una concitata riunione di gabinetto, era necessario che la Germania abbandonasse tutte le rigidità che le impedivano di accettare un controllo sovranazionale dei combustibili: prioritario era fornire alle aziende il combustibile necessario per iniziare la produzione, poiché continuare a cavillare sulla questione del possesso stava alla lunga diventando controproducente. Talmente controproducente, che se in Germania la linea dell’intransigenza avesse prevalso, il paese non avrebbe aderito al trattato e conseguentemente avrebbe subito un embargo sui materiali fissili. Una soluzione che avrebbe messo la Germania fuori dai giochi nucleari: un rischio troppo pericoloso e che non valeva la pena correre. Adenauer, dunque, decise di cedere, accettando le richieste che venivano dai francesi e dando il via ad un accordo che, informalmente, era stato raggiunto dalle delegazioni di tecnici presto la Conferenza Intergovernativa a Bruxelles già a dicembre. In quel consesso, tutte le altre limitazioni connesse al principio di “minimum equality” erano definitivamente decadute: a Bruxelles i delegati tedeschi avevano accettato una bozza in cui i controlli non erano estesi alla produzione di un “operational device” e allo stesso tempo avevano abbandonato ogni loro riserva sulla circolazione e sullo scambio di informazioni riservate con i Sei. La formula legale con cui il principio di “minimum equality” veniva di fatto superato era la seguente:
1. Il controllo doveva essere finalizzato ad assicurare che i materiali fissili forniti da
EURATOM non fossero usati per altri scopi che non fossero quelli originariamente previsti;
2. Il controllo non doveva includere materiali destinati a scopi difensivi e non doveva
esserci una discriminazione rispetto a questi scopi;
3. EURATOM doveva avere il possesso dei combustibili fissili che sarebbero stati
oggetto di controllo;
4. Uno stato membro sarebbe stato in grado di richiedere riservatezza su progetti
difensivi400.
Essa, se si accetta la descrizione che ne dà Roberto Ducci, era figlia di un’intuizione del delegato italiano Achille Albonetti, il quale durante una delle ultime riunioni della Conferenza Intergovernativa, il 13 dicembre 1956:
400 CM3/NEGO-‐170, “Conférence intergouvernementale: réunion du groupe de l'euratom,
Bruxelles” -‐ Documents from 10 December 1956 to 12 December 1956, Archivi Storici delle Comunità Europee, Firenze.
[..] sortiva dalle sue cartelle un foglietto verde (il colore della speranza, allora riservato alle proposte di lavoro) in cui in non più di cinque periodi battuti a macchina era contenuta la sintesi di un possibile sistema di compromesso, che costituisce oggi la base del sistema di
approvvigionamenti del Trattato401.
Questa formulazione dava dunque alla Francia la piena libertà d’azione a livello legale nello sviluppare un piano militare, mentre assoggettava l’intero complesso nucleare tedesco, già limitato dalla Kernwaffenverzicht, al controllo dell’EURATOM. Allo stesso tempo lasciava libertà d’accesso alle materie prime anche ai paesi che ne erano sprovvisti, come Italia e Paesi Bassi, non disturbando il Belgio. Nelle parole di Ducci:
[..] Si potevano quindi lasciar liberi i francesi di servirsi dei loro minerali, se lo desideravano, per dare impulso allo sfruttamento del proprio sottosuolo, o i tedeschi di servirsi di materiale canadese, ad esempio, se ne ritenevano il prezzo più soddisfacente: ma a qualunque altro utilizzatore della comunità sarebbe stato riconosciuto il diritto di partecipare ai contratti alle stesse condizioni [..]. Scompare grazie a questo sistema qualsiasi ineguaglianza iniziale nelle condizioni di approvvigionamento – tra chi dispone di risorse naturali e chi ne è privo, tra chi ha una grande potenza economica e chi ne ha meno – che è poi il grande e inapprezzabile vantaggio che dall’Euratom deriva a paesi come l’Italia o l’Olanda, scarsamente dotati o addirittura privi di risorse naturali proprie o che non compensano questa povertà con una dovizia di patrimonio
industriale comparabile a quello della Germania402.