3 Come integrare? La prima fase negoziale: da Messina a Bruxelles
3.5 Monnet e il doppio binario
A sostegno dell’attivismo europeista delle missioni diplomatiche di Spaak si accompagnavano le attività di Jean Monnet, il quale, conscio degli errori commessi in passato (vedasi mancata approvazione CED) era attivo nella creazione di un gruppo di pressione parlamentare trasversale ai Sei che agevolasse i progetti integrativi. Questo gruppo era conosciuto come “Comitato d’Azione per gli Stati
Uniti d’Europa221”. In esso si raccoglievano figure di spicco della socialdemocrazia
europea: da Guy Mollet a Erich Ollenhauer, il comitato rappresentava un’arena di discussione e dibattito molto acceso che lavorava in parallelo ai lavori di Bruxelles. Questo comitato tenne la prima sessione di lavori a metà gennaio 1956 a Parigi: essa si concluse con la stesura del cosiddetto “Piano Monnet”, una dichiarazione di intenti che avrebbe a lungo fatto discutere222. Il documento toccava solamente il
tema dell’energia atomica: in esso tutti i parlamentari si impegnavano a sollevare il tema nelle rispettive aule entro la primavera, avendo raggiunto un consenso di massima su quattro tematiche: il sovranazionalismo dell’organo, il perseguimento di fini esclusivamente pacifici per lo sviluppo nucleare, un sistema comune di rifornimento di combustibili fissili e l’accettazione dello Junktim223 con il Mercato
221 Jean Monnet, Memoirs, Translated by Richard Mayne, First Edition (New York: Doubleday and
Company, 1978); François Duchene Jean Monnet: the first stateman of interdependence, (New York: Norton, 1994); P. Melandri, Les Etats Unis et le defi européen, cit., pp. 76-‐84 ; Douglas Brinkley e Clifford Hackett Jean Monnet: the path to european unity, (New York and London: Palgrave Macmillan, 1992).
222 PU-‐79, “Activités au sein du Comité d'action pour les Etats-‐Unis d'Europe” -‐ Documents from
1955 to 1956, Archivi Storici delle Comunità Europee, Firenze.
223 Lo Junktim (dal tedesco “legare”) era un termine che identificava una posizione negoziale molto
netta. Sostenitori dello Junktim tra Mercato Comune ed EURATOM erano tutti quei deputati o senatori convinti che il perseguimento di questi due obiettivi dovesse proseguire parallelamente, evitando scissioni o negoziazioni che avrebbero potuto dar vita ad uno solo dei due organi. Nella prospettiva dei teorici funzionalisti, infatti, raggiungere l’integrazione sarebbe stato possibile solo coniugando politiche orizzontali a politiche verticali. Il raggiungimento di uno solo dei due obiettivi,
Comune. Tutti i temi in oggetto furono preceduti da accese discussioni. Il tema dell’autorità sovranazionale fu quello meno discusso: tutti i partecipanti concordarono con Monnet sulla necessità di abbandonare il bilateralismo giungendo ad un organo unico che facesse parlare con egual voce, tutti gli attori europei224. Diverso esito ebbe invece la discussione sugli scopi esclusivamente
pacifici dello sviluppo nucleare: la questione toccava nel vivo le politiche difensive dei Sei e i pareri delle delegazioni erano in forte contrasto. Non si capiva quali fossero i limiti e le implicazioni esatte della definizione “peaceful purpose”: erano gli stati a dover rinunciare a dotarsi di armi nucleari o anche una futura forza comune non avrebbe potuto utilizzarle? Guy Mollet, leader indiscusso dei socialisti francesi, aprì le ostilità dichiarando che la rinuncia totale alla produzione di armi atomiche da parte della Germania era condizione essenziale affinchè EURATOM potesse essere accettata dai francesi. Senza una simile restrizione, infatti, Bonn avrebbe potuto realizzare il suo arsenale avvalendosi del supporto e della logistica comunitaria. Un simile esito era temuto anche dai delegati socialisti dei paesi del Benelux, i quali non ebbero difficoltà ad appoggiare la mozione di Mollet. Di diverso avviso fu invece il liberale italiano Giovanni Malagodi, il quale sostenne che una rinuncia totale alla possibilità di dotarsi di armi atomiche sarebbe sfociata, di fatto in una pericolosa “neutralizzazione” del continente europeo. All’intervento di Malagodi fece eco il cristiano democratico tedesco Furler, il quale piuttosto seccato dalle continue punzecchiature francesi, ribadì alla platea che Bonn non aveva alcuna intenzione di violare la rinuncia alla proliferazione in campo atomico e di certo non lo avrebbe fatto attraverso l’EURATOM. Da politico navigato quale era, per sciogliere le tensioni che si erano create, Monnet optò per una formulazione volutamente opaca:
avrebbe limitato la capacità d’azione del nascente organo, inficiandone di conseguenza l’efficacia operativa.
224 “Exposè de M. Jean Monnet à la première réunion du Comité d’action pour les Etats Unis
“The European Community must develop nuclear energy for exclusively peaceful purposes. This option demands a control without cracks. It opens the way to a general control on a world scale. It in no way affects the fulfillment of all international engagements currently in force225”.
Essa, pur essendo in linea di principio un’affermazione di chiara volontà pacifista, non spostava l’asse dell’EURATOM su posizioni neutrali, né poteva considerarsi limitativa dell’azione NATO in quanto non avrebbe ostacolato il trasferimento di tecnologie nucleari americane ad un paese o ad un gruppo di paesi. Quanto al sistema comune per la gestione dei combustibili fissili l’Assemblea, dopo un lungo dibattito, decise di raccomandare che il pieno controllo fosse affidato alla Commissione: essa sarebbe stata incaricata di gestire e controllare lo stoccaggio, gestendo anche le relazioni con i paesi terzi che avrebbero dovuto in un secondo tempo collaborare con essa. Infine, in chiusura del documento, compariva anche un richiamo molto velato allo Junktim tra EURATOM e Mercato Comune: Monnet aveva lottato a lungo affinché esso fosse cancellato, ma la sua posizione si rivelò minoritaria e dovette quindi sottostare al volere della maggioranza. In sostanza il “Piano Monnet” preconizzava una sorta di eguaglianza tra Francia e Germania, combinando competenze sovranazionali nel settore nucleare e spinte all’utilizzo pacifico dell’atomo. Ciò sembrava escludere sia la possibilità di percorsi di sviluppo nucleare nazionale, sia lo sviluppo di una forza europea: agli occhi di Monnet, infatti, l’ombrello nucleare offerto dagli Stati Uniti e dalla NATO era sufficiente a garantire la sicurezza del continente europeo.
Mallard: l’opacità come arma vincente di Monnet e Spaak.
Secondo Gregoire Mallard, la creazione del Comitato d’Azione per gli Stati Uniti d’Europa fu un elemento chiave nella strategia di Monnet: esso, infatti, consentì all’Inspirateur di giocare la partita EURATOM su un doppio binario negoziale, aumentandone le probabilità di successo226 . Il doppio binario, come riporta il
sociologo del Graduate Institute di Ginevra, consentì ai federalisti europei di
225 PU-‐79, “Activités au sein du Comité d'action pour les Etats-‐Unis d'Europe” -‐ Documents from
1955 to 1956, Archivi Storici delle Comunità Europee, Firenze.
gestire la complessità della tematica nucleare scindendo la scivolosa dimensione strategica (che veniva trattata nel più assoluto riserbo garantito dal Comitato Spaak), dalla dimensione pubblico-‐propagandistica (che veniva perseguita alla luce del sole grazie al lavoro del Comitato d’Azione di Monnet). Ciò fornì due tipi di vantaggi immediati: in primo luogo, rese più solida e meno attaccabile politicamente la campagna stampa che Jean Monnet e Spaak condussero per pubblicizzare la causa di EURATOM, facendo credere che il loro sforzo avesse possibilità di successo maggiori di quante non ne avesse realmente; in secondo luogo rese più fluida la loro piattaforma politica, consentendogli di cambiare costantemente la percezione che i politici europei e americani avevano di EURATOM227. Valore aggiunto di questo doppio binario negoziale era secondo
Mallard la creazione di opacità: essa fu prodotta mantenendo il controllo sulla circolazione delle interpretazioni su quale fosse il vero significato degli accordi e dei trattati favoriti da Monnet e Spaak. Spettava infatti a questi ultimi e al loro entourage definire il posizionamento dell’assicella che dividesse cosa fosse oggetto di confronto politico pubblico (e come tale potesse esser trattato dal Comitato d’Azione) da cosa fosse oggetto di confronto strategico (e come tale dovesse esser trattato nelle segrete stanze del Comitato Spaak).
Nel Comitato d’Azione, Monnet investì tutto il suo capitale politico: questo organismo era stato creato da proprio per condizionare i parlamentari europei, dapprima sensibilizzandoli sul tema dell’unione delle politiche nucleari europee, poi tentando di controllarli nel loro voto per evitare che il fallimento della CED si ripetesse. Per fare ciò Monnet insistette che tutte le risoluzioni accettate dal Comitato d’Azione vincolassero anche le posizioni dei partiti aderenti nel caso di una simile votazione a livello nazionale. Grazie a questa strategia, secondo Mallard, Monnet ebbe gioco facile nel “condizionare” in modo collaterale anche i leader del Congresso americano, convincendoli del fatto che in Europa fosse partito uno sforzo integrativo credibile. Nel Comitato Spaak, invece, le negoziazioni avevano tutt’altro tenore: tutte le parti avevano accettato che ogni nazione europea integrasse la propria industria nucleare con quella dei Sei, lasciando tuttavia gli
stati liberi e sovrani nella più ampia gestione degli altri aspetti dello sviluppo del proprio programma “atomico”. Questa posizione era stata favorita dal condizionamento degli scienziati francesi, i quali parteciparono attivamente alle discussioni, manifestando aperta contrarietà ad ogni proposta di “nuclear pool” che impedisse alla Francia di perseguire autonomamente il proprio piano di sviluppo militare. Dal Comitato Spaak, infatti, emerse come la Commissione potesse fornire solo “obiettivi indicativi” agli Stati: EURATOM sarebbe dovuta divenire per i membri del Comitato Spaak un utile strumento di regolazione del flusso di materiali nucleari tra le due sponde dell’Atlantico. Tre sarebbero stati i suoi scopi immediati. In primo luogo, promuovere il commercio nucleare tra le due sponde dell’Atlantico; in secondo luogo, facilitare l’acquisizione di materiali fissili ed infine scambiare conoscenze ingegneristiche228. Come Mallard fa notare,
questa visione “ridotta” e più concreta di EURATOM cozzava per molti aspetti con l’afflato propagandistico e la retorica con cui Monnet presentava l’organizzazione nel suo Comitato d’Azione. Tuttavia entrambe le definizioni rimasero sempre sufficientemente opache da poter esser veritiere. Per la prima volta venivano applicati precetti del federalismo atomico teorizzati da John McCloy nel 1945, utilizzando gli strumenti legali che proprio McCloy e la sua corrente avevano sviluppato229. Pur di fare ciò Monnet e Spaak si fecero propositori di un cambio di
approccio strategico: abbandonando sia la tattica di ambiguità che quella di trasparenza essi aderirono al principio dell’opacità. Proprio questo cambiamento fece si che potessero imporre le loro idee ed i loro piani di riforma nucleare su quelli altrettanto validi presentati dai britannici e dall’AEC di Lewis Strauss230.