4 Come integrare? La seconda fase negoziale: da Venezia a Parigi
4.4 I meeting franco-‐tedeschi e l’apertura della crisi di Suez
I negoziati all’interno della Conferenza Intergovernativa permanente guidata da Spaak, che si era insediata nel luglio del 1956, procedevano non senza difficoltà. Il 26 luglio 1956, infatti, il presidente egiziano Nasser nazionalizzò la compagnia internazionale che gestiva il traffico attraverso il Canale di Suez, minacciando di fatto la principale arteria di scambio che consentiva l’accesso del petrolio mediorientale in Europa315. In base alla decisione di Nasser, a partire da quel
giorno la navigazione del canale sarebbe passata in mani egiziane: i proventi delle tariffe di attraversamento del canale sarebbero stati utilizzati per la costruzione della diga di Assuan, mentre gli azionisti della Compagnia sarebbero stati indennizzati per un valore finanziario pari a quello delle azioni perdute.
La mossa del presidente egiziano diede il via ad un’intensa crisi diplomatica che vide in prima linea Francia e Gran Bretagna contrastare con forza la decisione del presidente egiziano. Come Ennio di Nolfo fa notare, Nasser era percepito dalle due potenze europee come un vero e proprio “nemico” con il quale non fosse possibile alcuna forma di appeasement316. Mentre per Londra Nasser era un nemico
strategico, poiché la sua azione minacciava direttamente gli interessi britannici in Medio Oriente, per Parigi il presidente egiziano era da considerarsi un nemico militare a tutti gli effetti visto il suo sostegno a favore del nazionalismo arabo e l’aiuto diretto che egli concedeva agli insorti in Algeria317. La crisi, che
nell’immediato si tradusse in una battaglia giuridica tra le parti volta ad accertare
314 G. Skogmar, The US and the Nuclear Dimension of European Integration, cit., pp. 196-‐197.
315 Per approfondire si rimanda a Roger Louis e Roger Owen (eds.), Suez, 1956: The Crisis and Its
Consequences (Oxford: Clarendon Publishing, 1989) e in particolare ai contributi di Maurice Vaisse
“France and the Suez Crisis”, Keith Kyle “Britain and the Crisis, 1955-‐1956”, Robert R. Bowie “Eisenhower, Dulles and the Suez Crisis”; Keith Kyle, Suez: Britain’s end of empire in the middle east, (London: Weidenfeld & Nicholson, 1991); W. Scott Lucas, Divided we stand: Britain, the US and the
Suez crisis, (London: John Curtis/Hodder and Stoughton, 1991); Simon C. Smith (ed.), Reassessing Suez 1956. New Perspectives on the crisis and its aftermath, (Aldershot: Ashgate Publishing Ltd,
2008);
316 Ennio di Nolfo, Storia delle Relazioni Internazionali 1918-‐1999, (Bari: Laterza, 2006), pag. 894.
il rispetto delle norme della Convenzione che regolamentava il passaggio nel canale, vide in agosto una pericolosa escalation dei toni tale da mobilitare anche Dulles, il quale intervenne ad “internazionalizzare” la crisi portando la questione dinanzi all’ONU, affinché tutte le parti interessate potessero trovare “adeguata misura di soddisfazione318”. La distanza tra le parti e lo stallo diplomatico della
trattativa erano per la Francia motivo di chiara insoddisfazione. Per una seconda volta la Francia, dopo la sconfitta di Dien Bien Phu, si misurava con il peso della sua debolezza internazionale: era ormai chiaro che gli stati europei avrebbero potuto giocare un ruolo importante nella politica mondiale solamente se fossero stati in gradi di unire i loro sforzi. In caso contrario essi avrebbero dovuto subire la volontà delle superpotenze adeguandosi ai loro diktat. Oltre alla debolezza francese, la crisi di Suez aveva messo in luce la dipendenza energetica europea dagli approvvigionamenti petroliferi mediorientali: solo lo sviluppo dell’energia atomica in ambito comunitario avrebbe permesso l’indipendenza energetica dei paesi del vecchio continente e messo al riparo questi ultimi dalle pericolose oscillazioni politiche mediorientali319.
Partendo da queste considerazioni strategiche, la posizione di intransigenza francese nei confronti del negoziato su EURATOM sembrò ammorbidirsi. Nel mese di settembre 1956, dopo un agosto di fervide trattative diplomatiche sull’asse atlantico affinchè la crisi di Suez rientrasse, si tennero due importanti colloqui tra i governi di Germania e Francia: il primo fu una visita preparatoria di Faure a Bonn, il secondo fu il viaggio ufficiale di Mollet per incontrare Adenauer, che si svolse alla fine del mese. Questi incontri furono fondamentali per avvicinare le parti: la comunicazione tra loro, agevolata dai buoni uffici di Monnet, sarebbe stata l’ingrediente chiave che avrebbe reso fruttuosi i successivi negoziati di Parigi320.
La visita di Faure a Bonn fu preceduta da un importante incontro tra Monnet e Adenauer: durante questa discussione, Monnet spiegò ad Adenauer che il voto del parlamento francese sull’opzione nucleare era sì un passo indietro sul cammino dell’integrazione, ma anche la prima affermazione a maggioranza della necessità di
318 E. di Nolfo, Storia delle Relazioni Internazionali, cit., pag. 894.
319 P. Guillen, La France et la négociation du traité d’Euratom, cit., pag.129.
proseguire sul cammino integrativo dopo il fallimento della CED. Era dunque necessario continuare sulla strada del dialogo e del confronto, accelerando i tempi e rimuovendo tutte le frizioni. Adenauer, persuaso dalle argomentazioni di Monnet, sembrò mitigare le sue posizioni e si disse disposto a far cadere la rigidità sullo Junktim purchè si raggiungesse un accordo 321 . Washington fu
immediatamente informata di questi sviluppi: la clamorosa notizia, invece di esser accolta positivamente, suscitò preoccupazione all’interno del Dipartimento di Stato322. Secondo il Dipartimento di Stato, infatti, la maggioranza di Adenauer non
era sufficientemente solida da giustificare una mossa tanto ardita. Così facendo il Cancelliere avrebbe messo a rischio la tenuta del suo governo. Immediato giunse il cambiamento di linea: ben consigliato dai suoi collaboratori, Adenauer comprese che era necessario agire con maggior cautela, e tornò sui suoi passi per non mettere a rischio la sua maggioranza in parlamento323.
Maurice Faure appena arrivato a Bonn incontrò immediatamente Von Brentano e Hallstein: su EURATOM Faure promise una futura uguaglianza franco-‐tedesca in merito a controlli e scambio di informazioni. Egli inoltre affermò che era impossibile pensare che i Sei potessero restare privi di armi atomiche a lungo termine: era dunque necessario pensare che, qualora il quadro internazionale fosse cambiato, anche la Germania avrebbe potuto dotarsi di armi nucleari. Faure ricordò come la dichiarazione unilaterale impegnasse la Germania a non produrre un’arma nucleare sul suolo tedesco ma non ne impedisse il possesso, riferendosi chiaramente alla possibilità che fossero i francesi stessi a dotarne i tedeschi324.
Hallstein reagì non nascondendo il proprio stupore: chiese infatti a Faure di ricevere un memorandum in cui tutte queste proposte venivano messe nero su bianco325. Il Memorandum, che fu successivamente consegnato, verteva su nuove
strategie di collaborazione militare tra i due paesi. Esso ricalcava in parte la proposta francese di “Arms Pool” ricevuta cinque mesi prima, rivista ed
321 A. Wilkens, Jean Monnet et Konrad Adenauer, cit., pag.176.
322 G. Skogmar, The US and the Nuclear Dimension of European Integration, cit., pag. 199-‐200.
323 A. Wilkens, Jean Monnet et Konrad Adenauer, cit., pag.195.
324 M. Christian de Margerie, Chargé d’Affaires de France à Bonn à M. Pineau Ministre des Affaires
Étrangères, Télégramme Réservé, Bonn, 17 septembre 1956, h. 21, in DDF 1956, Tomo II, no. 185, pag. 387-‐388.
325 Compte rendu d’entretiens franco-‐allemands, conversation entre MM Faure, Von Brentano et
aggiornata: affermava che alla luce degli ultimi sviluppi il tema della cooperazione sugli armamenti andava rivisto. Ciò andava fatto al di fuori della cornice dell’Unione Europea Occidentale (UEO), lanciando un programma d’azione bilaterale che portasse ad una collaborazione più stretta sullo sviluppo di armi. Il nucleare, almeno esplicitamente, non veniva menzionato326.
Adenauer e Mollet si incontrarono il 29 settembre insieme ai rispettivi staff. Entrambe le delegazioni concordarono subito su un punto: c’era il rischio reale che gli americani abbandonassero il tavolo della trattativa su EURATOM e ciò avrebbe prodotto pericolose conseguenze per entrambi i paesi327. Per Adenauer bisognava
dunque agire subito: ciò avrebbe permesso di scongiurare il pericolo di una nuova fase di “isolazionismo” americano. Mollet condivideva in larga misura le preoccupazioni di Adenauer: era dunque urgente scongiurare il disimpegno americano facendo passi in avanti nelle negoziazioni sull’EURATOM e sul mercato comune. Insieme ad esse e venendo incontro alle richieste di Monnet, si sarebbe anche attivato il Comitato dei Tre Saggi proposto da Monnet. Mollet prese l’iniziativa e dichiarò che la Francia aveva già fatto grandi passi mettendo al voto, in Parlamento, l’opportunità di adesione all’EURATOM, e chiarendo la sua posizione sul Mercato Comune: spettava ora alla Germania esprimere la sua posizione sulla gestione e sul monopolio dei combustibili fissili. Pineau aggiunse che le restanti obiezioni francesi all’EURATOM erano di natura tattica e che sarebbero state superate facilmente qualora si fosse potuto raggiungere un ampio accordo che soddisfacesse le parti. A Mollet rispose Strauss, il quale ebbe gioco facile nel rispondere al Primo Ministro che se la Francia avesse accettato controlli sul suo programma militare e avesse agevolato lo scambio di informazioni, il problema sarebbe stato risolto immediatamente. Seguì immediatamente un chiarimento sullo Junktim: Hallstein dichiarò che sarebbe stato impossibile ottenere l’approvazione di EURATOM presso il Parlamento Tedesco se prima non ci fosse stata la certezza della ratifica del Mercato Comune presso il Parlamento Francese. A questa obiezione Mollet rispose che non c’erano dubbi sulla volontà
326 George Henri Soutou, L’alliance incertaine: les rapports politico-‐stratégiques franco-‐allemands,
1954-‐1996, (Parigi: Fayard, 1996), pp.45-‐49.
francese di raggiungere il Mercato Comune: esso era una necessità ed era percepito come tale dalla maggioranza dei francesi. Sarebbe servito solamente del tempo, per far sì che si limassero alcune questioni spinose legate al protezionismo agricolo ed ai territori d’oltremare. Se dunque questa era l’obiezione maggiore, il Primo Ministro propose un compromesso: l’EURATOM sarebbe stata realizzata e la Francia l’avrebbe ratificata in parlamento, mentre la Germania che era dubbiosa, avrebbe potuto attendere per la ratifica328, il voto parlamentare francese sul
Mercato Comune. Hallstein, piacevolmente sorpreso si mostrò possibilista, anche se fece presente a Mollet che l’ultima parola su simili decisioni spettava al parlamento e non alla compagine di governo. Mentre queste discussioni avvenivano, Washington veniva costantemente informata degli sviluppi: proprio alla fine del tavolo di trattativa bilaterale franco-‐tedesco forti furono le pressioni interne al Dipartimento di Stato affinchè Dulles intervenisse in modo diretto su Adenauer329. La Conferenza di Parigi, che avrebbe dovuto tenersi poco tempo
dopo, sarebbe stata decisiva per le sorti dell’EURATOM: non si poteva correre il rischio di un fallimento delle trattative. Era dunque necessario che Dulles inviasse un segnale discreto ma deciso ad Adenauer, che fino a quel momento non aveva reso nota la sua posizione sulla gestione dei combustibili fissili e su un’autorità di gestione comune. Questo messaggio, paradossalmente, avrebbe reso più forte Adenauer: già convinto sostenitore della necessità di EURATOM, il Cancelliere avrebbe avuto un’arma in più per proseguire sul cammino dell’integrazione prendendo le distanze da quei ministri, interni alla sua maggioranza, che ancora nutrivano remore sulla ratifica del trattato.
Il pomeriggio del 30 settembre Dulles inviò un telegramma dai toni perentori all’ambasciata statunitense a Bonn, affinchè James Conant ne trasmettesse il contenuto direttamente ad Adenauer: se i Sei non fossero stati in grado di porre in essere una struttura solida di gestione dei combustibili fissili facente capo ad un’autorità comune unica e responsabile, gli Europei non avrebbero più ricevuto materiali fissili dagli Stati Uniti. Ciò significava che per 5-‐7 anni la Germania non avrebbe più avuto accesso ad uranio o plutonio, dovendo di fatto rinunciare alla
328 DDF 1956, Tomo II, no. 188, già citato.
sperimentazione di una tecnologia tanto importante per il futuro del paese. Nelle parole del telegramma:
“As Chancellor knows, we also have the hope that with development of treaty and establishment of strong EURATOM with effective common authority and responsibility would be possible for U.S. to cooperate very closely with atomic energy community of Six. However, in view of our own domestic U.S. legislation could not transfer fissionable material to EURATOM unless latter were in position maintain ownership of material. In light of these considerations, it is my hope that in reviewing German position on ownership and supply issue, Chancellor will modify previous German opposition to common ownership, in interests both of progress European integration and of rapid atomic energy development in six countries, including Germany330”.
Conant comunicò ad Adenauer il contenuto del telegramma in una lettera che giunse in Cancelleria il 3 ottobre 1956. Durante la seduta del Consiglio dei Ministri che Adenauer convocò immediatamente dopo aver ricevuto la missiva, bisognava decidere quale sarebbe stata la posizione negoziale tedesca per la Conferenza di Parigi. Adenauer chiarì subito ai presenti quale sarebbe stata la strategia di fondo: bisognava seguire due direttrici parallele. La prima prevedeva una collaborazione con la Gran Bretagna entro il contesto UEO, la seconda, invece, prevedeva trattative dirette per rafforzare la coesione con i Sei. L’obiettivo da raggiungere doveva essere chiaro a tutti: l’Europa sarebbe dovuta diventare quella “terza forza” in grado di ribaltare le logiche bipolari della dualità USA-‐URSS. Per raggiungere questo traguardo era necessario che i Sei abbandonassero ogni reticenza e ogni ostilità: era dunque fondamentale per il Cancelliere, che anche la Germania fosse pronta a cedere su qualche punto della trattativa purché si salvaguardasse il fine ultimo: il raggiungimento dell’integrazione331.
Opposto a questa visione era il Ministro per l’Energia Atomica: Strauss infatti sosteneva che le aperture di Mollet su EURATOM erano un rischioso tranello e che EURATOM nelle modalità in cui era stata formulata ed architettata, poneva a serio
330 Telegram From the Secretary of State to the Embassy in Germany, Washington, September 30,
1956—2:04 p.m., in FRUS) 1955-‐1957, Volume IV, Western Europe Security and Integration, no. 188, Vol.4, n.3, pag. 467-‐468.
rischio gli interessi tedeschi nel settore332. Secondo Strauss, accettare la proposta
di Mollet, che proponeva di ritardare la ratifica tedesca del trattato rimanendo in attesa di una piena accettazione francese del mercato comune, era pericoloso in quanto esponeva il governo tedesco alle soverchianti pressioni degli statunitensi e degli altri alleati tra i Sei affinchè la Germania ratificasse. Adenauer si opponeva strenuamente a questa visione: secondo il Cancelliere l’unico modo che la Germania aveva di uscire dalla Kernwaffenverzicht recuperando il gap accumulato era quello di giocare un ruolo attivo in EURATOM potendo così accedere al frutto decennale delle ricerche francesi sul campo333. Sulla questione del monopolio delle
forniture sia Strauss che Adenauer furono concordi nell’accettare che avrebbero dovuto essere previste eccezioni in caso di situazione di scarsità del combustibile o di prezzi non equi. Per quanto riguardava invece il possesso del combustibile fissile, Strauss suggerì che l’EURATOM avrebbe dovuto gestire il possesso dei combustibili da essa prodotti e di quelli forniti dagli statunitensi nel rispetto delle loro condizioni: nessun altro prodotto (combustibili prodotti internamente agli stati) sarebbe stato accettato. La riunione si concluse lasciando insoluti questi ultimi due problemi (monopolio e possesso del combustibile), in modo tale che ci fosse spazio per una mediazione di Dulles334. Tuttavia, agli statunitensi alla fine del
Gabinetto, furono inviati resoconti ottimistici che lasciavano presagire possibili soluzioni di compromesso.
Al Dipartimento di Stato le comunicazioni ricevute da Bonn furono accolte con grande circospezione. Accanto alle posizioni ufficiali del Governo, infatti, gli americani erano stati informati da Conant dell’esistenza di un rapporto redatto dal Direttore per l’Ufficio Affari Europei e integrazione politica del Ministero degli Esteri di Bonn Wilhelm Hartlieb nel quale si proponevano al Cancellierato una serie di possibili mediazioni con i Francesi, che certamente avrebbero portato i due paesi ad un accordo. Hartlieb nel rapporto indirizzato al Ministro degli Esteri e al Cancelliere proponeva alcune soluzioni che sarebbero state “pericolose” per gli
332 Ivi.
333 Ibidem, pag. 204.
interessi statunitensi335. In primo luogo sulla questione militare, Hartlieb
suggeriva ad Adenauer di ratificare due accordi: un primo che garantisse ai francesi il diritto formale a dotarsi di un’arma nucleare ricevendo in cambio rassicurazioni informali che essi non se ne sarebbero dotati nell’immediato, ed un secondo accordo (o un protocollo segreto) con cui l’EURATOM si impegnava a produrre gli ordigni necessari alla difesa della Francia e di tutti i paesi aderenti che avrebbero in futuro potuto averne bisogno. Secondariamente sulla questione del possesso dei combustibili Hartlieb si mostrava possibilista ed auspicava una revisione della legge nazionale sull’energia atomica che consentisse il possesso di combustibili fissili non solo ai privati ma anche allo Stato. Per quanto riguardava invece il monopolio dei combustibili Hartlieb concludeva auspicando che fosse EURATOM ad acquistare la stragrande maggioranza dei combustibili, mentre i singoli paesi avrebbero potuto, se necessario, acquistare piccole quantità di carburante da utilizzare nei casi di ristrettezza o comunque solo in casi di emergenza336.
Le misure proposte da Hartlieb inizialmente vennero viste da Washington come una esplicita minaccia all’iniziativa diplomatica statunitense: tuttavia, con il dibattito, emersero spaccature anche all’interno del Dipartimento di Stato su come gestire la situazione. Mentre alcuni membri credevano che EURATOM sarebbe stato utile agli interessi statunitensi anche qualora gli europei avessero raggiunto armi atomiche proprie, altri credevano che questo esito avrebbe dovuto esser quanto più possibile ritardato e allontanato. La questione tuttavia toccava il tema “centrale” del controllo sul combustibile fissile ceduto agli alleati: questo doveva essere oggetto di un controllo molto stretto e sovranazionale o erano da concedere ai singoli stati maggiori libertà di gestione del carburante? La risposta fu lasciata a Dulles, il quale fu molto chiaro nel definire la sua posizione: tutti i materiali gestiti da EURATOM, compreso il combustibile fornito dagli statunitensi, avrebbero dovuto esser oggetto di un controllo pervasivo dell’autorità sovranazionale. Avere un unico ente di gestione e controllo, oltre che di fornitura, avrebbe semplificato
335 Ibidem, pag. 205-‐206
non di poco il lavoro degli USA: per il Dipartimento di Stato non erano dunque possibili altre strade oltre quella tracciata da Dulles337.
All’indomani della nuova Conferenza dei Ministri degli Esteri della CECA a Parigi, anche il Ministro degli Esteri Martino volle far sentire la sua voce. Il 18 ottobre il Ministro degli Esteri italiano sollecitò i partner europei a procedere speditamente verso la redazione dei testi, che stavano incontrando crescenti difficoltà presso il Comitato Intergovernativo guidato da Spaak. Per riprendere un dialogo costruttivo, secondo Martino era necessario che gli interessi nazionali non pregiudicassero in alcun modo lo sviluppo politico dell’unione: la sottile reprimenda, per quanto indiretta, era chiaramente riferita a Bonn e Parigi338.