3 Come integrare? La prima fase negoziale: da Messina a Bruxelles
3.9 Il Rapporto e il Compromesso Spaak
Il Rapporto Spaak.
Le conclusioni della conferenza di Bruxelles e le negoziazioni che seguirono furono raccolte in un documento unitario che prese il nome di “Rapporto Spaak”. La natura altamente tecnica delle informazioni in esso contenute e la delicatezza del tema trattato fecero sì che esso venisse diramato solo il 21 aprile. dai collaboratori del Ministro Spaak che avevano provveduto alla redazione. Al suo interno c’erano pochissimi richiami al Mercato Comune, che veniva definito solo in termini di principio: ciò che stava a cuore alle delegazioni era la liberalizzazione dell’agricoltura e degli scambi di beni industriali. Nasceva dunque una politica agricola comune, senza barriere interne e con barriere esterne comuni. Lo stesso avveniva per i prodotti industriali: ci sarebbe stata una fase di transizione alla fine della quale il processo sarebbe diventato irreversibile267.
265 Letter From the Chairman of the Atomic Energy Commission (Strauss) to the Secretary of State
and Annex by Lewis Strauss “Action in the field of atomic energy to encourage integration of the Community of the Six”, Washington, April 13, 1956, in FRUS 1955-‐1957, Volume IV, Western Europe Security and Integration, no. 166 pp. 423-‐429.
266 Ivi.
267 Paul-‐Henri Spaak, Intergovernmental Committee on European Integration. The Brussels Report on
the General Common Market and EURATOM (abridged, English translation of document commonly called the Spaak Report), April 1956. Disponibile per la consultazione online al link:
Tutto il resto del documento era invece dedicato ad EURATOM.
La prima questione affrontata era quella più spinosa: prevenire i rischi di diversione militare dei combustibili fissili distribuiti a scopi civili. La proposta di una moratoria di cinque anni sulla costruzione di armi tattiche e strategiche aveva suscitato forti malumori nelle delegazioni, le quali, vista la grande complessità sia tecnica che politica del tema, decisero di non includere nulla nel testo finale, rimandando la discussione ad accordi politici da prendere successivamente268. La
seconda questione era legata alle modalità da preferire nella costruzione di un sistema comune di approvvigionamento del combustibile fissile, richiesta che era stata a lungo caldeggiata e sostenuta dalla delegazione francese. I Francesi, infatti, oltre a voler controllare i progressi che la Germania faceva dal lato “militare”, volevano monitorare anche i flussi di combustibile a “scopi civili” per prevenire la possibilità che i tedeschi potessero, grazie alle buone relazioni che avevano con gli Stati Uniti, potenziare un proprio programma nucleare nazionale più rapidamente di loro. Un simile sistema doveva essere basato su un controllo pervasivo dei flussi di materiale fissile, in modo tale da poter interpretare le volontà anglo-‐americane attraverso i combustibili che immettevano nel circuito, preparandosi, qualora essi avessero voluto bloccarlo, a reperire in proprio carburanti per continuare il loro progetto di sviluppo militare269. Ci sarebbe dunque stato un monopolio dei
carburanti in capo ad EURATOM: esso sarebbe stato granitico e non discutibile, eccezion fatta per i cosiddetti “tied programs” ovvero quei progetti di collaborazione aperti da Belgio e Francia precedentemente alle negoziazioni EURATOM, che sarebbero rimasti attivi senza subire limitazioni. Il monopolio prevedeva che tutti i contraenti avrebbero avuto eguale accesso alle risorse, che sarebbero state gestite e stoccate fisicamente dall’organo sovranazionale270. Per
venire incontro a paesi come la Germania, che non aveva accesso a risorse proprie, veniva introdotta una clausola di salvaguardia che le consentiva l’approvvigionamento esterno a minor prezzo, qualora i combustibili comuni si fossero trovati in una situazione di momentanea scarsità. Va fatto notare, tuttavia,
268 Ibidem, parte 2, cap. 6.
269 Ivi.
che nel compromesso non compare mai il termine “possesso” associato alle forniture: anche in questo caso si trovò una complessa definizione per classificare coloro che usassero questi materiali come “utilizzatori” e non “proprietari”. Infine si volle includere una postilla sulla sicurezza: le parti si impegnavano a non utilizzare i materiali fissili per altri scopi, se non quelli per i quali essi erano stati originariamente forniti. Una dicitura, che così formulata, non rappresentava un limite per la Francia (che poteva lavorare con combustibili propri al progetto militare), mentre ribadiva l’impegno tedesco a non sviluppare un progetto militare nazionale per la realizzazione di una bomba atomica271. Per quanto riguarda
invece la cooperazione e collaborazione tra i paesi EURATOM, ogni forma di partenariato era lasciata ai contraenti ed alle loro necessità: si ribadiva il principio di volontarietà di simili accordi e la necessità di onorare quelli precedentemente sottoscritti anche con paesi terzi, come USA e UK.
Infine, per quanto attiene all’impegno a dotarsi di un proprio impianto di arricchimento comune controllato da EURATOM, il rapporto si limitava ad una formula conciliatoria sebbene non vincolante, che esprimeva la necessità di studiare con attenzione l’argomento partendo dai lavori di un Gruppo di Studio che ne avrebbe valutato la necessità ed i costi. L’insistenza della Francia nel giungere ad una timeline definita che portasse all’inizio dei lavori non fu accettata dalle altre delegazioni, le quali avevano tutto l’interesse a posticipare una decisione senza dubbio scomoda che avrebbe potuto provocare ulteriori tensioni con l’alleato americano. Proprio l’accesa discussione ed il successivo dibattito sui rischi e sulle opportunità di una simile dotazione infrastrutturale, fecero sì che Spaak riaprisse la questione del pericolo di diversione del combustibile e del suo utilizzo “militare”.
Il compromesso Spaak
Poiché i Sei avevano deciso di tenere la questione “militare” fuori dal testo dal Rapporto, Spaak, in virtù di un’iniziativa totalmente personale, riuscì prima della
chiusura dei lavori, a far accettare ai suoi colleghi un compromesso: tutte le nazioni partecipanti alla conferenza avrebbero rinunciato a dotarsi di “propri” ordigni nucleari, fossero essi tattici o strategici.
“With the prospect of efforts to achieve world disarmament, the member states would agree for a fixed period to renounce production of strategic nuclear weapons (for mass destruction) and tactival nuclear weapons (shell) 272”.
La rinuncia, chiaramente, era da intendersi come “temporanea” e non si sarebbe estesa all’ipotesi di trasferimento di testate da parte di paesi terzi; era inoltre prevista una clausola di “opting-‐out” dal compromesso, qualora almeno altri due membri dei Sei avessero dato il proprio nulla osta. Verso la proposta, sia francesi che tedeschi si mostrarono possibilisti: essa pur non essendo “risolutiva” poteva rappresentare una buona base di trattativa. Concludendo, anche dopo la Conferenza di Bruxelles, molte delle questioni maggiormente spinose legate alla nascita della Comunità erano rimaste insolute. L’esame plenario del lavoro prodotto dal gruppo Spaak, tuttavia, era stato utile poiché aveva enucleato i punti più controversi, sottolineando le tematiche che facevano registrare maggiori attriti. Proprio per avvicinare le posizioni delle parti, il Ministro Martino si attivò ed ottenne che i Sei programmassero un nuovo incontro sul territorio italiano a fine maggio. I Sei sarebbero tornati a trattare a Venezia, sull’isola di San Giorgio Maggiore, presso la Fondazione Cini273.