Capitolo II: La formazione di EURATOM ed il piano di sviluppo dei reattori di potenza
2 Cosa integrare? I Reattori di Potenza nel I Piano quinquennale
2.3 Il programma congiunto EURATOM-‐USA e la “scelta” della filiera light water
La prima scelta che i decision-‐maker a capo di EURATOM si trovarono ad affrontare fu una scelta che avrebbe condizionato profondamente il successo del programma: la scelta tra la filiera light water di tipo americano e la filiera gas-‐ grafite perseguita sia dalla Francia sia dalla Gran Bretagna. In merito ad essa già il Rapporto dei Tre Saggi offriva una chiave interpretativa molto netta: i redattori
mostravano una spiccata propensione per la tecnologia americana non individuando contraddizioni tra la cooperazione con gli USA ed il desiderio europeo di indipendenza nella ricerca e sviluppo del nucleare.520 La decisione dei
Saggi, tuttavia, presentava due principali profili di problematicità. Il primo era il problema dell’assistenza esterna: appoggiandosi ad una tecnologia sviluppata negli USA, la Comunità avrebbe implicitamente rinunciato a stabilire le proprie priorità di ricerca nel campo nucleare, condannandosi a seguire il cammino di sviluppo tracciato dagli americani piuttosto che a tracciarne uno proprio. Il secondo, invece, era l’effetto che questa decisione avrebbe potuto avere nelle relazioni con gli Stati Membri: l’accesso facile ad una tecnologia esterna già sviluppata, avrebbe esacerbato le differenze tra i membri della Comunità, non spingendoli a collaborare tra loro ma incentivandoli a rivolgersi per qualsiasi necessità agli USA. Fondare il programma comunitario sulla dipendenza tecnologica dagli USA avrebbe rischiato inoltre di alienare il paese membro con il programma più avanzato. Per ovviare a simili difficoltà Monnet ed i suoi collaboratori avevano elaborato il concetto di “Open community” così come fu richiamato indirettamente dall’art. 2 del Trattato.521 .. Il concetto di Open Community si basava su due
assunzioni principali. In primis affermava che l’arretratezza europea nel settore nucleare fosse provocata dall’inadeguatezza di risorse: una volta colmata questa carenza, i rapporti di forza atlantici si sarebbero riequilibrati rimettendo USA ed Europa sullo stesso piano. Negli intenti dell’Inspirateur era dunque necessario passare da una fase di dipendenza iniziale per raggiungere successivamente l’indipendenza. Secondariamente si presumeva che la dipendenza iniziale non avrebbe condizionato la futura indipendenza, rendendo i paesi europei pienamente capaci di gestire i propri programmi di crescita seguendo le proprie aspirazioni. Il rapporto dunque proseguiva incoraggiando la cooperazione con gli USA in due modi: sostenendo la filiera dei reattori light water americani rispetto a quella dei reattori gas-‐grafite e scoraggiando la creazione di un centro europeo per
520 W.B. Walsh “Science and International Public Affairs”, cit.,. 85.
521 CM3/NEGO-‐373, Louis Armand, Franz Etzel, Francesco Giordani, A target for EURATOM: a report
prepared at the request of the governments of Belgium, France, German Federal Republic, Italy, Luxembourg and the Netherlands, Archivi Storici delle Comunità Europee, Firenze.
l’arricchimento, sforzo costoso e poco utile vista la disponibilità degli statunitensi a rifornire di uranio a basso costo tutti gli alleati europei che ne facessero richiesta.522 Simili posizioni erano estremamente apprezzate da alcuni stati
europei, in particolare da Germania e BENELUX. Questi paesi, infatti, avevano già da anni siglato accordi di cooperazione con gli USA in campo atomico523 ed erano
convinti che anche qualora fosse stato realizzato un impianto di arricchimento europeo esso non sarebbe riuscito ad avere la stessa resa economica di quelli americani, perché non sarebbe risultato competitivo sul mercato524. Tuttavia
esistevano, seppur minoritarie e abbastanza isolate, voci in disaccordo con le proposte dei tre saggi. I gollisti nel parlamento francese contestavano radicalmente la visione di “Open Community”, sostenendo che l’Europa non mancasse tanto delle risorse finanziarie per raggiungere l’indipendenza in campo nucleare quanto del volere politico. Essi erano convinti assertori della necessità di investire le risorse EURATOM in modo più ampio sul design e sugli studi di ricerca di reattori europei, invece di spender denaro sulla costruzione di più avanzati reattori esteri525. La decisione di sviluppare un reattore estero piuttosto che uno
europeo fu quindi un passo fondamentale che avrebbe segnato il cammino di sviluppo dei reattori di potenza. Essa tuttavia non fu una vera e propria “scelta”, poiché almeno in questa fase alla Commissione una possibilità di scelta tra queste due filiere non fu data. La Gran Bretagna, come abbiamo visto all’inizio di questo capitolo e nel precedente, era all’epoca delle negoziazioni di EURATOM ostile all’idea di integrazione europea, oltre a non essere in condizione di poter estendere a paesi terzi i vantaggi in termini di cooperazione che riceveva dal rapporto privilegiato con gli USA526. La Francia, invece, seguendo la sua linea di
“separazione” tra programma nazionale e programma comunitario, sosteneva che
522 L. Scheinman, “Security and a transnational system: the case of nuclear energy”, cit., pag.71-‐72.
523 Vedi capitolo precedente.
524 Frans A.M. Alting Von Gesau, Beyond the European Community, (Leyden: Sijthoff, 1969), pag. 60-‐
71.
525 Dichiarazione del Ministro Michel Debrè su Agence Europe, del 20 maggio 1958.
526 Vedi articoli sul Sunday Times del 18 maggio 1958 e sul The Economist del 19 luglio 1958. La
Gran Bretagna avrebbe solo successivamente trattato con EURATOM l’importazione di reattori veloci. Ne da una dettagliatissima descrizione M. Elli in Politica estera ed ingegneria nucleare, cit., nel IV capitolo “I limiti della cooperazione tra Gran Bretagna ed Euratom” limitatamente alle pagine 53-‐69.
il progetto EURATOM dovesse essere complementare a quello nazionale, non certo un suo sostituto527. Per questa ragione il CEA non offrì mai all’EURATOM quella
tecnologia, né ricevette mai dall’EURATOM alcuna richiesta “ufficiale” in questo senso: contatti tra i dirigenti di EURATOM e i vertici del CEA ci furono, ma si scontrarono sempre con la granitica volontà francese di non condividere il frutto del suo programma nucleare civile: da un progetto di collaborazione con nazioni meno avanzate la Francia avrebbe avuto molto da perdere e poco da guadagnare528. La decisione di puntare sulla filiera ad acqua leggera fu dunque
frutto di una scelta quasi obbligata. A livello economico, la situazione sembrava di straordinaria urgenza e non c’era tempo per attendere gli sviluppi di un design europeo che, seppure più avanzato sulla carta, non forniva nella pratica garanzie sufficienti. A livello tecnico, inoltre, l’assistenza americana offriva migliori opportunità di successo di quante non ne fornissero i piani inglesi e francesi. A pochi mesi dalla creazione di EURATOM, volendo mostrare subito agli europei il suo spirito d’iniziativa, Armand nel febbraio 1958 incontrò ripetutamente l’Ambasciatore USA presso EURATOM, Walton W. Butterworth, per concordare insieme a lui le forme concrete che avrebbe dovuto avere la cooperazione euro-‐ americana. I risultati di quei colloqui vennero discussi nel corso del Consiglio Europeo del 25 febbraio 1958. Il Consiglio espresse il suo accordo sulle proposte avanzate da Armand e dalla Commissione autorizzando la creazione di un “Gruppo di Lavoro” che avrebbe dovuto preparare i negoziati con gli USA tracciando un programma comune tra la Comunità e gli Stati Uniti, una sorta di roadmap che avrebbe dovuto condurre ad un vero e proprio accordo di cooperazione nucleare. Questo gruppo produsse un rapporto che fu inviato agli statunitensi in visione come base della successiva trattativa529.. La bozza di accordo finì sulla scrivania del
527 H. R. Nau, National Politics, cit.,
528 Inoltre scopo della Francia era utilizzare l’EURATOM per raggiungere i propri obiettivi piuttosto
che lasciare che esso utilizzasse la ricerca francese per raggiungere traguardi comunitari. Un simile punto di vista sottostimava i vantaggi che sarebbero potuti giungere da una leadership francese del programma: rendere tutti i Sei dipendenti da tecnologie transalpine. Cosa che tuttavia non avvenne, con la Francia che non volle negoziare, lasciando un vantaggio non da poco agli americani. Per ulteriori approfondimenti si rimanda a Jules Guéron, The US-‐EURATOM Joint Research and
Development programme, (Munich, Karl Thiemig KG, 1966) e H.R. Nau, National Politics, cit., pag.
136.
529 JG-‐116, “Accord de coopération avec les Etats-‐Unis et le Canada” -‐ Documents from 01 April
Presidente Eisenhower il 17 giugno e fu firmata nella stessa data. Restavano da definire i dettagli tecnici, che furono oggetto di un lungo negoziato durato tutta l’estate530 e che si concluse con un incontro, il 21 settembre 1958 tra Jules Gueron,
all’epoca a capo del Dipartimento Ricerca e Sviluppo EURATOM, ed una delegazione americana.
In quell’occasione Gueròn, incontrò presso l’ambasciata statunitense a Parigi alcuni tecnici dell’USAEC e delle industrie americane per discutere i vari aspetti del programma comune EURATOM-‐USA di ricerca e sviluppo. Si stabilì che EURATOM e AEC avrebbero comunicato direttamente, scambiandosi informazioni in modo informale sui progetti portati avanti congiuntamente entro il “programma comune”. Esso sarebbe stato gestito da un “Joint Group” per il quale gli americani avevano già prospettato la costituzione di un organo permanente di stanza in Europa531. L’accordo definitivo fu chiuso a Bruxelles l’otto novembre 1958 ed
entrò in vigore nel febbraio 1959. Esso era la prova tangibile del peso dell’influenza americana sugli alleati europei.
L’accordo poteva essere diviso in due parti principali: il programma di fornitura dei reattori ed un programma di ricerca congiunto. Il programma di fornitura di reattori prevedeva l’installazione sul suolo europeo di circa 1000 MWe entro il 1965 (6 reattori da 150MWe all’incirca già sperimentati negli USA), una stima molto più realistica di quanto non fossero quelle contenute nel Rapporto dei Tre Saggi. Il programma di ricerca, invece, era costituito da un piano di investimenti congiunti per oltre 200 milioni di dollari, la metà dei quali sarebbero stati investiti entro il primo quinquennio. L’accordo stabiliva inoltre la costituzione di un board congiunto con eguali diritti di voto per USA ed EURATOM che avrebbe dovuto supervisionare l’efficacia della ricerca e presiedere alla costruzione dei reattori. Gli Stati Uniti s’impegnavano inoltre a garantire per vent’anni l’approvvigionamento di U235 a un prezzo favorevole per tutte le centrali realizzate in seguito all’accordo:
530 JG-‐86, “Le problème d'EURATOM” -‐ Documents from 25 December 1954 to 09 January 1971,
Archivi Storici delle Comunità Europee, Firenze.
531 JG-‐224, “Premiers chapitres d'une Histoire d'EURATOM (jamais publiée) rédigés par Jules Guéron”,
essi si sarebbero impegnati a ritrattare il combustibile usato e a riacquistare per dieci anni il plutonio eccedente i bisogni della Comunità.532
L’accordo aveva visto in fase di negoziazione alcune importanti concessioni statunitensi agli alleati europei. Innanzitutto, gli USA avevano rinunciato alla possibilità di effettuare ispezioni sui materiali fissili forniti: possibilità che in tutti i precedenti trattati bilaterali da loro conclusi non era mai stata riconosciuta a nessun interlocutore. Esse sarebbero state affidate all’EURATOM, che avrebbe dovuto fornire relazioni periodiche sui materiali ricevuti533. Secondariamente gli
USA avrebbero partecipato ad un programma di ricerca congiunto, attività che non era inclusa nelle raccomandazioni dei Tre Saggi ma che si rendeva necessaria per evitare che l’accordo non sembrasse solo la cornice entro cui includere l’esportazione di reattori americani in Europa.
La decisione dell’EURATOM di sviluppare la filiera light water rischiava di porre l’Europa in una condizione di dipendenza dagli Stati Uniti: l’accordo garantiva a questi ultimi, nei fatti, di mantenere il monopolio dell’arricchimento dell’uranio fornito ai Sei fino a quando essi non si fossero dotati di una propria industria di separazione isotopica. Esso inoltre, garantendo generosi prestiti e combustibile a basso costo534 a chi avesse accettato tecnologie americane, faceva sì che gli europei
si impegnassero nell’ottimizzazione dei reattori commerciali statunitensi, dimezzando sia le spese sia i tempi per la loro commercializzazione. Infine esso era foriero per gli USA di un altro innegabile vantaggio industriale: poter allocare sul mercato europeo il surplus di uranio prodotto dall’industria nazionale e non utilizzato per produrre energia internamente. Gli Stati Uniti, infatti, vista la
532 JG-‐117, “Accord entre EURATOM et les Etats-‐Unis, Documents du Groupe de Travail Joint
EURATOM/Etats-‐Unis” -‐ Documents from 11 April 1958 to 27 April 1960, Archivi Storici delle Comunità Europee, Firenze.
533 H. L. Nieburg, Nuclear Secrecy and Foreign Policy, cit., pag.143.
534 Gli USA s’impegnarono a fornire oltre 135 milioni di dollari in prestiti della Export-‐Import Bank
(con un tasso di interesse del 4,5% su un periodo di 15 anni, ripagabili a partire dalla data di inizio dei lavori di costruzione). I governi europei offrirono ulteriori fondi per circa 65 milioni, mentre le imprese private avrebbero dovuto investire nel programma con circa 150 milioni su un totale di 350 milioni. Il più importante incentivo al perseguimento del programma rimaneva tuttavia l’accordo di fornitura del combustibile fissile. L’USAEC aveva accordato agli europei una fornitura iniziale di circa 30.000kg di uranio arricchito, con la garanzia di approvvigionare ulteriori richieste nel corso dei successivi 20 anni. In aggiunta l’USAEC avrebbe garantito la qualità degli elementi fissili e accettato il recupero del plutonio prodotto dai reattori installati in JG 117, “Accord entre
EURATOM et les Etats-‐Unis, Documents du Groupe de Travail Joint EURATOM/Etats-‐Unis” Archivi
ricchezza di idrocarburi e fonti convenzionali, non avevano mai dato il via ad un vero e proprio piano nazionale di produzione di energia elettrica per scopi commerciali: l’Europa rappresentava dunque un campo di sperimentazione ideale535 . I vantaggi per la Comunità, invece, erano vari. L’accordo consentiva una
rapida realizzazione in Europa di centrali nucleari funzionanti con reattori ad uranio arricchito. Questo dato era fondamentale in quanto i paesi europei fino a quel momento si erano dedicati ad edificare solamente centrali nucleari che ospitavano reattori ad uranio naturale. Di conseguenza l’utilizzo simultaneo delle due tecniche avrebbe apportato benefici ad entrambe. Da un punto di vista economico, invece, l’aiuto americano avrebbe consentito una crescita più rapida nelle competenze e nelle conoscenze tecnologiche dei reattori e dei cicli del combustibile; inoltre i costi da sostenere per acquisire U235 sarebbero stati
sensibilmente inferiori a quelli necessari per la costruzione di un’industria europea di separazione isotopica536. Politicamente, Armand riteneva invece che
l’accordo, oltre a rinsaldare i legami europei, avesse il merito di rafforzare la solidarietà atlantica ponendo le basi per una più stretta cooperazione industriale e scientifica tra l’Europa e gli USA. Inoltre il fatto che all’EURATOM fosse riservato il diritto di possedere e controllare in modo unilaterale i materiali fissili era un riconoscimento politico dell’uguaglianza entro la cornice di cooperazione atlantica537.