Aspetti politici e organizzativi.
Se l’Italia pur avendo le risorse scientifiche mancava della forza istituzionale e del consenso politico necessario a dar vita ad un programma nucleare efficace e coerente, il Belgio aveva una situazione esattamente opposta, possedendo un governo solido e ben intenzionato a sviluppare la tecnologia ma completamente privo di risorse finanziarie. Il paese, generalmente dipendente dallo scambio con l’estero per l’acquisizione delle risorse energetiche, aveva sviluppato alcuni studi sullo sfruttamento della fissione molto limitati e circoscritti, che avrebbero potuto avere un senso solamente se integrati all’interno di un più ampio progetto di ricerca atomica. Il Belgio, infatti, aveva mostrato interesse allo sviluppo atomico molto prima di altri paesi, soprattutto in funzione della scoperta di giacimenti uraniferi nella colonie congolesi già prima dello scoppio della II guerra mondiale. La prima vena uranifera fu scoperta nel 1913 in Katanga, nel Congo Belga, da alcuni funzionari dell’UMHK (Union Miniere du Haut Katanga): il giacimento di Shinkolobwe era straordinariamente ricco e si prestava benissimo all’estrazione del prezioso materiale. Già alla fine degli anni ‘30 gli statunitensi avevano espresso l’interesse ad uno sfruttamento congiunto delle risorse congolesi ma non si era trovato alcun accordo. L’accordo giunse nel 1942 in seguito all’accelerazione impressa dagli USA delle ricerche nucleari che sarebbero confluite, a partire dal 1943, all’interno del Manhattan Project: il Belgio era uno dei paesi al mondo più ricchi di uranio e Edgar Sengier, Direttore dell’UMHK, sostenuto dal governo e dalla corona, chiuse l’accordo di fornitura. In virtù di esso, anche durante la guerra, il governo belga in esilio si era impegnato a garantire a USA e UK i diritti per lo
sfruttamento dell’uranio congolese, ricevendo in cambio notizie e accesso alle informazioni classificate degli alleati sullo sviluppo delle tecnologie atomiche82.
Nel 1945 su impulso delle autorità governative veniva creata un Commissione per gli Studi Scientifici sul nucleare, un organo composto da una commissione di scienziati con il compito di esaminare e valutare la possibilità di applicazioni civili dell’energia nucleare. L’ente raccoglieva tutti gli scienziati che si erano distinti nei decenni precedenti con le loro ricerche sulla fisica delle particelle e che, durante lo sforzo bellico, avevano collaborato con i tecnici e gli scienziati statunitensi83. Con la
promulgazione del MacMahon Act nel 1946, l’intesa tra il Belgio e gli Stati Uniti venne di fatto sciolta, annullando ogni effetto dell’accordo di fornitura firmato da Sengier. Tuttavia gli statunitensi decisero di continuare a ricompensare il Belgio per i rifornimenti di uranio attraverso fondi per la costruzione di centri di ricerca nucleare almeno fino a quando non si sarebbero concluse le trattative per un rinnovo del contratto di fornitura. Proprio grazie a questi flussi finanziari il Belgio potè far partire il suo piano di crescita nucleare civile. L’IIPN (Institut Interuniversitaire de Physique Nucléaire) nasceva per supportare e coordinare la ricerca di tutti i laboratori universitari sparsi sul territorio nazionale. In parallelo con la ricerca nucleare, l’istituto sosteneva inoltre alcune attività ad essa connesse quali la produzione di grafite per scopi industriali e quella di metalli ad altissima purezza84. Ma al di là di Commissioni e Istituti accademici, mancava un organo
centrale di pianificazione tecnico-‐politica. Esso fu creato nel 1950 dal governo belga che, sulla falsa riga dell’omologo francese, creò il CEA belga per incoraggiare e coordinare tutte le attività di ricerca nucleare che si svolgevano sul suolo nazionale, sia a livello universitario, sia seppur in misura minore, a livello industriale. Alla sua guida venne posto l’Alto Commissario, Pierre Rijkmans, già rappresentante permanente del Belgio presso le Nazioni Unite e con una buona conoscenza del settore nucleare, avendo già servito come Governatore del Congo e
82 Per ulteriori approfondimenti si rimanda a Leslie R. Groves, Now it can be told: the story of the
Manhattan Project , (New York : Da Capo Press, 1983) e Robert Kovar, "La congolisation de l'Union
minière du Haut-‐Katanga" in Annuaire français de droit international, , No. 13, (1967), pp. 747-‐748.
83 Reginald Lamarch e Aime Vaes, “Nuclear Energy in Belgium” in Euratom Bulletin V, giugno 1966,
pp. 36-‐43.
del Ruanda85. Grazie all’accelerazione imposta da Rickmans, nel 1952 il Belgio
strutturò il primo programma di ricerca nucleare applicata in collaborazione diretta con gli USA. La guida di questo programma di ricerca venne affidata ad un nuovo organo: il Centre d’Etude pour les Applications de la Energie Nucleaire, centro meglio noto da qui in futuro con il nome di CEN e nasceva in sostituzione del precedente CEA. Il centro, che sarebbe stato riformato successivamente anche nel 1957 era responsabile delle attività di ricerca che si svolgevano a Mol, nel nord del Belgio. Esso aveva la responsabilità su tutta la ricerca tecnologica associata all’uso dell’energia nucleare e come il CEA, faceva capo al Ministero per gli Affari Economici e l’Energia della Corona. Nel 1956, grazie all’aiuto statunitense, il primo reattore belga BR-‐1 (Belgium Reactor-‐1) ad uranio naturale, moderato con grafite e raffreddato ad aria da 1000 Kw raggiunse la criticità ed iniziò la fase operativa. La conclusione positiva del processo di costruzione e messa in funzione fece sì che lo stesso anno il Belgio stanziasse altri fondi per la costruzione del BR-‐2, da realizzare nelle immediate vicinanze del primo reattore86. Il programma nucleare belga,
seppur ridotto nelle dimensioni rispetto a quelli di Francia e Italia, partiva con il piede giusto caratterizzato dalla volontà di raggiungere pochi obiettivi ma estremamente concreti. Sfruttando tecnologie prevalentemente importate dagli Stati Uniti il CEN avrebbe lanciato nel 1959 il primo piano di crescita triennale: esso avrebbe avuto come obiettivo ultimo la specializzazione della comunità scientifica e tecnica nel settore dei combustibili fissili, in particolar modo del riutilizzo del plutonio e nella ricerca e sviluppo di alcune tecnologie e materiali per ottimizzare la resa dei reattori87.
85 Jacques Vanderlinden, Pierre Ryckmans, 1891-‐1959: coloniser dans l'honneur, (Bruxelles: De
Boeck Université, 1994), pp. 609-‐758.
86 Jean Louis Moreau, “L’industrie nucléaire en Belgique” in Michel Dumoulin, Pierre Guillen e
Maurice Vaisse (eds.), L’Energie Nucleaire en Europe: des origines a EURATOM, (Bruxelles: Peter
Lang 1994), pp.72-‐73.
87 Belgium, Ministère des Affaires économiques et de l'énergie, Commission pour l'énergie
atomique, L’Energie nucléaire en Belgique, Bilan des Activités au cours de la Periode 1960-‐1963, (Bruxelles: Imprimerie et Publicité du Marais, 1963).
Aspetti economici e industriali.
Diversamente dalla Francia, l’influenza dell’industria privata sugli sviluppi del programma nucleare civile belga fu molto forte, in alcuni casi anche più forte di quella tedesca. In modo piuttosto paradossale la situazione che venne a crearsi in Belgio facilitava la cooperazione tra settore pubblico ed imprese private, poiché non sorse alcuno scontro né sulle competenze né sulle priorità: il governo belga infatti non doveva soddisfare aspettative molto elevate né doveva per forza promuovere lo sviluppo del nucleare per ragioni di prestigio88. La guida del
programma nucleare belga fu dunque largamente lasciata nelle mani dell’industria: il CEN ovvero il centro di ricerca sostenuto dal governo non ebbe alcuna difficoltà nell’individuare e gestire i rapporti con i propri interlocutori perché pochi erano gli attori di rilievo in questo contesto89.
Il primo e sicuramente uno dei più importanti era SYNATOM, un gruppo di private utilities che da solo produceva più del 94% dell’energia belga, avendo in carico oltre alla produzione anche la fase di distribuzione sul territorio nazionale. Esso sarebbe stato titolare degli accordi per la costruzione delle centrali a gas-‐ grafite della filiera francese: non a caso aveva strutturato una solida collaborazione sia con il CEA di Parigi, sia con l’EDF. Altro attore di un certo rilievo era BELGONUCLEAIRE, un consorzio di industrie private incaricato di fornire il design dei reattori di Mol e, attraverso la sua controllata MMN, anche la preparazione del combustibile fissile sia per i reattori di tipo light water. Tutte queste aziende sedevano con propri rappresentanti all’interno del CCN (Comitato di Studi sulle Centrali Nucleari) che sarebbe diventato successivamente SYCA (Sindacato di Studi Centrali Atomiche) ovvero un forum di concertazione permanente delle politiche nucleari tra i governi e gli industriali di settore90.
88 Kingdom of Belgium, “National report on Nuclear Energy”, Established for the second meeting of
the Contracting Parties in the framework of the Nuclear Safety Convention, Pamphlet, Bruxelles, 2001.
89 J. L. Moreau, “L’industrie nucléaire en Belgique” , cit., pp.74-‐75.
Aspetti scientifici e tecnologici.
Già alla fine degli anni ’30 il Belgio era il più grande produttore e importatore mondiale di radio, con un settore metallurgico all’avanguardia ed una grande collaborazione tra centri accademici che aveva portato al più avanzato laboratorio di misurazione della radioattività al mondo, quello del già menzionato IIPN (Institut Interuniversitaire de Physique Nucléaire). Questa cooperazione aveva portato anche a scoperte di rilievo nel settore della fisica delle particelle, riconosciuta anche da altre università internazionali che seguivano con grande interesse gli sviluppi della ricerca belga. La coordinazione tra il governo e gli scienziati che lavoravano nei dipartimenti di ricerca e sviluppo delle aziende era forte. In Belgio questa coordinazione portò risultati notevoli soprattutto in campo ingegneristico: la centralità dell’applicazione delle tecnologie ad un interesse comune di stato e industria, entità che perseguivano gli stessi obiettivi di lungo periodo fu dunque foriera di indubbi benefici. Minori furono invece i progressi dal punto di vista della fisica teorica visti gli scarsi fondi governativi con cui i fisici si trovavano a lavorare91. La tendenza all’isolamento della comunità scientifica ed
alla sua scarsa integrazione con l’università e l’industria (tipica della Francia) era sia in Belgio che in Olanda, completamente sconosciuta.