3 Come integrare? La prima fase negoziale: da Messina a Bruxelles
3.8 La Conferenza di Bruxelles
La Conferenza dei Ministri degli Esteri dei Sei a Bruxelles era stata convocata tra l’11 e il 12 febbraio del 1956 per discutere dei risultati delle negoziazioni portate avanti dal Comitato Spaak: essa si annunciava importante, soprattutto perché era la prima uscita pubblica del nuovo governo francese di Guy Mollet con Christian
254 G. Skogmar, The US and the Nuclear Dimension of European Integration, cit., pag.158-‐159.
255 Ibidem, pag. 160.
256 La netta predilezione statunitense per il consesso EURATOM rispetto a quello OECE è ribadita
anche in un memorandum datato 16 febbraio 1956 e inviato da Robert D. Murphy, (Deputy Under Secretary for Political Affairs) a John B. Hollister (Director of International Cooperation Administration). In esso si affermava che EURATOM avesse il grande pregio di riconciliare gli interessi franco-‐tedeschi, rendendo più coeso il blocco occidentale. Inoltre a differenza dell’OECE, incapace di agire come un’entità omogenea, sarebbe stato possibile trattare l’EURATOM come un attore unico. In Memorandum From the Deputy Under Secretary of State (Murphy) to the Director of the International Cooperation Administration (Hollister), Washington, February 16, 1956, in
Pineau agli Esteri. Alcuni giorni prima di questo incontro il Dipartimento di Stato aveva ricevuto un lungo e preoccupato telegramma dall’ambasciatore americano a Parigi Douglas C. Dillon: in esso si faceva notare al Dipartimento di Stato come obbligare i francesi ad un’aperta rinuncia alla possibilità di dotarsi di un ordigno nucleare avrebbe comportato l’immediata chiusura della trattativa sia su EURATOM che sul Mercato Comune. Bisognava perciò agire con la massima cautela evitando di dar l’impressione che si stesse imponendo qualcosa ai francesi: c’erano ben poche chances che questi ultimi avrebbero rinunciato di loro spontanea volontà alla bomba e agire con la forza in questo momento avrebbe solo portato alla brusca chiusura delle trattative. Come Dillon faceva notare:
“ [..] I am convinced that French will not voluntarily renounce this right without extremely bitter Parliamentary battle in which, at this stage, proponents of maintenance of French right to manufacture nuclear weapons would seem to have advantage. Any such political fight would be bound to arouse the same type of ultra-nationalistic feeling that was successfully aroused against the EDC. Communists will probably, as they have already indicated, maintain their opposition to EURATOM on other grounds [..] Poujadists and Gaullists will undoubtedly oppose [..] This in itself makes total of over 225 votes against such a project and I am convinced the chances are almost zero of obtaining required 300 favorable votes out of the remaining 375 members of the Assembly. Therefore, I fear that insistence on renunciation of right to manufacture nuclear weapons may well mean the end of EURATOM as far as France is concerned257”.
I tedeschi, invece, poche ore prima dell’inizio dell’incontro, avevano appreso da fonti diplomatiche che la Presidenza Eisenhower avrebbe preferito che la gestione dei combustibili fissili fosse stata affidata ad EURATOM, soluzione che i Ministri Ehrard che Strauss non gradivano assolutamente258. Sedutisi al tavolo di trattativa,
questi ultimi, per voce di Von Brentano, ribadirono il loro supporto al Mercato Comune, affermando la necessità di agire con altrettanta immediatezza anche in campo nucleare; lo Junktim tra i due progetti integrativi non solo venne menzionato, ma caldeggiato, suscitando più di qualche malumore tra i presenti. In
257 Telegram From the Ambassador in France (Dillon) to the Department of State, Paris, February 3,
1956—2 p.m., in FRUS 1955-‐1957, Volume IV, Western Europe Security and Integration, n. 152, pp.401-‐402.
ogni caso il Ministro di Bonn, volendo mostrare apertura al dialogo, aprì a una opzione che avrebbe potuto riscuotere l’interesse francese: la possibilità di stipula asincrona dei due diversi accordi. Nei piani di Adenauer, infatti, procedere alla stipula di EURATOM ed attendere per la ratifica il completamento delle negoziazioni del Mercato Comune, sarebbe stato un esito non proprio ideale ma comunque accettabile259. La Conferenza si espresse positivamente sull’intervento
del Ministro degli Esteri di Bonn e diede il via alle negoziazioni su entrambi i progetti, negoziazioni che erano state programmate e che sarebbero proseguite anche dopo la conclusione della Conferenza. Fu poi il turno di Spaak, che in modo diretto sollevò la spinosa questione del rischio proliferazione: egli era fermamente opposto al perseguimento di opzioni militari su base nazionale. Non essendo ottenibile diplomaticamente (oltre che politicamente opportuna) una completa rinuncia dei Sei a dotarsi di un arsenale nucleare, Spaak, prendendo le distanze dal “Piano Monnet”, ripropose di vagliare una soluzione “comunitaria” al problema militare. La posizione di Spaak, appoggiata solidamente da Beyen e dai delegati lussemburghesi260, spiazzò Von Brentano e portò Pinay ad un lungo silenzio. Il
Ministro degli Esteri italiano Gaetano Martino, invece, ribadì l’intenzione del governo italiano di non voler rinunciare all’utilizzo dell’energia nucleare per scopi militari. La ragione di questa puntualizzazione era dovuta al fatto che Roma proprio in quei mesi si era attivata per ottenere la collaborazione statunitense alla creazione in un reattore nucleare in Italia: tale iniziativa, secondo Martino, non contraddiceva l’idea di istituire una comunità europea per l’utilizzo civile dell’energia nucleare; inoltre le decisioni relative all’istituzione di EURATOM potevano essere prese prima della conclusione dei lavori sul Mercato Comune, lasciando così inalterato lo spazio per l’associazione di altri paesi261.
La posizione interlocutoria emersa alla fine della Conferenza e le trattative che immediatamente fecero seguito, non soddisfacevano però gli statunitensi. Per tentare di risollevare le sorti del negoziato e per evitare che durante le negoziazioni i francesi spostassero nuovamente la loro attenzione sull’ipotesi di
259 CEAB03-‐660, “Conférence des ministres des Affaires Etrangères: Bruxelles, 11 et 12 février
1956”, Document date: 1956, Archivi Storici delle Comunità Europee, Firenze.
260 M. Saija e A. Villani, Gaetano Martino, cit., pag. 381.
costruire un impianto di arricchimento “totalmente europeo”, Dulles, il 22 febbraio 1956, rese nota agli alleati europei una decisione presa dal presidente Eisenhower la settimana precedente: erano pronte più di 20 tonnellate di uranio arricchito U-‐235 per l’esportazione. Questo combustibile sarebbe stato fornito ad un prezzo estremamente competitivo a tutti quei paesi che non avessero avuto, al momento della trattativa, le conoscenze tecnologiche e la possibilità economica per arricchire l’uranio in proprio262. Ciò era a tutti gli effetti un tentativo di
prevenire la possibilità che gli europei creassero un centro di arricchimento combustibili e divenissero indipendenti dagli approvvigionamenti americani: forniture di uranio a così basso costo rendevano economicamente svantaggioso investire anni di ricerca in un complesso industriale per l’arricchimento. Allo stesso tempo, almeno per 5 o 7 anni, si sarebbero tenuti gli europei legati all’accordo263. La mossa americana fu accolta con diversi stati d’animo dagli alleati:
per i paesi del Benelux, l’Italia e la Germania essa era senza dubbio una buona offerta; non altrettanto poteva dirsi per i Francesi, che colsero immediatamente l’intento di Eisenhower di bloccare sul nascere ogni possibilità di ottenere dagli USA trasferimenti di tecnologie d’arricchimento e che si trincerarono dietro un silenzio interlocutorio264.
Nel frattempo, alla Casa Bianca, Eisenhower riceveva da Lewis Strauss il rapporto dell’Atomic Energy Commission tanto a lungo atteso al Dipartimento di Stato. In esso erano contenute un numero considerevole di raccomandazioni e informazioni in base alle quali riformulare una nuova politica di collaborazione
262 Ivi.
263 G. Skogmar, The US and the Nuclear Dimension of European Integration, cit., pag. 161.
264 L’accettazione dell’offerta americana, avrebbe comportato la rinuncia, o quanto meno un
considerevole ritardo nella costruzione di un’industria di separazione isotopica francese, sottoponendo definitivamente le scelte strategiche del paese alla volontà dei decision-‐makers americani. Ciò sarebbe stato inaccettabile alla luce degli sforzi intrapresi già dal 1952 dai Francesi. Essi, con il lancio del primo piano quinquennale sull’energia atomica, avevano già affidato al CEA il compito di sviluppare un impianto di separazione isotopica. Tornare indietro, dunque, sarebbe stato a tutti gli effetti antieconomico e destabilizzante per l’industria nazionale. Fonte: “Note sur la décision américaine d'exporter n.20 tonnes d'U-‐235” in JG-‐85, “Correspondance et notes sur les programmes du CEA et sur le travail de la Commission des Trois Sages -‐ Transfert de Jules Guéron du CEA à l'EURATOM” -‐ Documents from 09 June 1953 to 31 December 1960, Archivi Storici delle Comunità Europee, Firenze.
nucleare con gli alleati europei265. L’atteggiamento dell’AEC verso l’EURATOM,
dopo l’offerta presidenziale di 20 tonnellate di U-‐235 precedentemente concordata con i suoi tecnici, era considerevolmente mutato rispetto all’autunno 1955. L’AEC consigliò al Presidente di aprire un canale di collaborazione diretta con EURATOM, destinando agli alleati europei un trattamento “preferenziale”: la stessa decisione europea di costruire un impianto di arricchimento in proprio non sarebbe stata completamente negativa se gli americani fossero riusciti a collaborare con gli europei nella costruzione di un simile impianto266. Ciò avrebbe dato ai tecnici
dell’AEC la possibilità di controllare e prevedere le tempistiche tecniche che gli europei avrebbero affrontato, controllandoli dall’interno.