3 Come integrare? La prima fase negoziale: da Messina a Bruxelles
3.4 La posizione americana: l’opposizione dell’AEC
Lewis Strauss e l’iniziale opposizione ad EURATOM.
Nei paragrafi precedenti abbiamo visto come alll’inizio degli anni ’50 e prima dell’enunciazione di Atoms for Peace, i programmi nazionali per la sviluppo del nucleare civile sul continente europeo stessero procedendo in modo estremamente diversificato. Ogni nazione aveva provveduto a identificare le proprie necessità energetiche e in base a esse si apprestava a realizzare un piano di sviluppo. Gli statunitensi, invece, leader indiscussi nel campo, avevano difficoltà a gestire la complessa rete di contatti bilaterali con tutti gli attori del palcoscenico europeo, non riuscendo a ricondurre tutte le negoziazioni all’interno di un unico
194 P. Winand, Eisenhower, Kennedy and the United States of Europe, cit., pag. 85.
195 Ibidem, pp. 85-‐86.
Grand Design strategicamente funzionale agli interessi americani197. Nello
specifico, come fa notare Gunnar Skogmar, il problema che Eisenhower si trovò ad affrontare era legato alla difficoltà di coniugare la necessità dell’integrazione europea con la duplice dimensione (civile e militare) di una politica nucleare americana elaborata per limitare l’espansione dell’Unione Sovietica. Quattro erano gli interrogativi che il perseguimento di una simile piattaforma politica avrebbe generato198. Il primo interrogativo era legato alla questione tedesca: come sarebbe
stato possibile ottenere il riarmo della RFT senza logorare gli equilibri europei? Il secondo era connesso alla posizione francese: che posizione avrebbe dovuto avere la Casa Bianca rispetto alle ambizioni nucleari di Parigi? Il terzo era invece legato alla non-‐proliferazione: come si sarebbe potuta prevenire la proliferazione di arsenali atomici nazionali nel mondo e quale ruolo avrebbe potuto avere l’URSS nel sostenere gli USA in questa battaglia? Infine il quarto ed ultimo interrogativo: quando sarebbe stato possibile pensare ad un ritiro delle truppe americane dal continente europeo?
L’offerta di Monnet, Spaak e Beyen di integrare orizzontalmente il settore nucleare civile sul continente europeo non potè che essere accolta con grande favore da Eisenhower. Essa si innestava perfettamente nei progetti americani di integrazione sovranazionale regionale. Rispondendo alle esigenze strategiche dettate dalla teoria del double containment, EURATOM offriva una cornice ulteriore e per molti aspetti più solida dell’OECE entro cui contestualizare il problema della sovranità nazionale della Germania Federale e del suo riarmo. Allo stesso tempo, nascendo in Europa e avendo una prospettiva squisitamente settoriale, essa sarebbe stata lo strumento migliore per controllare la crescita atomica francese, problematica spinosa che aveva già visto il fallimento degli sforzi per la nascita della CED e che all’interno delle arene UEO e NATO si stava rivelando molto più complesso di quanto inizialmente stimato. La tecnologia nucleare, come fa notare John Krige, offriva infatti l’infrastruttura materiale ideale entro cui unificare gli interessi degli alleati. Far convergere tutte le risorse finanziarie, industriali e
197 Richard G. Hewlett e Jack M. Holl, Atoms for peace and war 1953-‐1961: Eisenhower and the
Atomic Energy Commission, (Berkeley and Los Angeles: University of California Press, 1989), pp.
324-‐325.
scientifiche del continente europeo entro uno sforzo integrativo pacifico avrebbe fatto si che gli obiettivi di politica estera USA fossero stati soddisfatti, consentendo agli europei il vantaggio di procedere più velocemente e con maggiori guadagni di quanto avrebbero potuto fare singolarmente199.
Tuttavia anche a Washington le ritrosie all’appoggio ad un simile disegno non mancavano. Fiero oppositore della prospettiva d’integrazione atomica perseguita dai Sei era l’Ammiraglio Lewis Strauss, esponente più in vista della corrente nazionalista del partito repubblicano al Congresso e uomo che Eisenhower aveva voluto a capo dell’Atomic Energy Commission (AEC)200. Quest’ultimo, preoccupato
dalle potenzialità militari di un’Europa nucleare201 totalmente indipendente dagli
Stati Uniti, più volte aveva già segnalato al Presidente la necessità di agire con maggior cautela in ambito nucleare. Già il 1 luglio del 1955 l’Ammiraglio aveva esposto tutti i suoi dubbi sulla legittimità di una cooperazione statunitense con un’autorità atomica europea al Dipartimento di Stato. In un memorandum scritto dall’Assistente Speciale del Segretario di Stato per le questioni Atomiche Gerard Smith a John Foster Dulles, Smith chiariva al Segretario quali fossero le ragioni per cui la Casa Bianca avrebbe dovuto riconsiderare attentamente la decisione di appoggiare pubblicamente la proposta di un’atomic pool europea:
“In a memorandum, Mr. Merchant recommends that you [Dulles] agree in principle that we would treat a European Atomic Energy Authority in the same way as we would treat a national state. The Office of the Special Assistant to the Secretary of State for Atomic Energy Affairs does not concur with this recommendation. We have checked informally with the Atomic Energy Commission and are advised that the AEC is also not prepared to agree with the proposed position at this time. [..].
Atomic power cooperation has just been initiated with the U.K., Canada and Belgium. [..] In studying possible atomic power cooperation with any other country difficult problems arise, and greater problems appear if multilateral cooperation under the Atomic Energy Act is considered. As a practical matter, it is not clear that the Act envisages any multilateral cooperation in the peaceful uses of atomic energy except with an International Atomic Energy Agency. [..] In view of these and other uncertainties, we should not at this point adopt a policy of
199 John Krige, “The peaceful atom as a political weapon: EURATOM and American Foreign Policy in
the late 1950s”, in Historical Studies in the Natural Sciences, vol.38, no. 1, (2008), pag. 8.
200 G. Mallard, Fallout. Nuclear diplomacy in an age of global fracture, cit., pag. 119.
support for a European Atomic Energy Authority even in principle, or make an announcement of such support which we may find it difficult to implement. We need first to make sure that integration is practical and is desired by the European countries, and also that the US is in a position to cooperate with such an authority202”.
Nella prospettiva di Lewis Strauss, la nascita di un’agenzia atomica europea sarebbe stata pericolosa sotto vari punti di vista. In primo luogo poiché la creazione di una simile organizzazione avrebbe richiesto una revisione dell’accordo belga-‐statunitense sull’uranio congolese da poco rinnovato: revisione considerata dell’Ammiraglio non prioritaria rispetto agli interessi immediati della Presidenza Eisenhower203. In secondo luogo poiché l’appoggio a una simile agenzia
avrebbe potuto mettere a rischio il “monopolio tecnologico” americano violando le disposizioni contenute nell’Atomic Energy Act del 1946 così come emendato nel 1954. Questa legge, pur autorizzando formalmente la vendita e l’esportazione di reattori nucleari con finalità civili, impediva la diffusione di informazioni riservate connesse a tecnologie sensibili, come quelle della centrifugazione gassosa o del riprocessamento del plutonio, tecnologie considerate classificate dal Congresso in virtù della loro pericolosità militare204. Infine poiché Lewis Strauss temeva che
questo attore potesse entrare in contrasto con i piani che l’AEC stava elaborando per la costituzione dell’International Atomic Energy Agency (IAEA) agenzia che avrebbe dovuto basarsi su un modello interstatuale classico e che facendo capo direttamente al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, sarebbe stata incaricata di stabilire gli standard di sicurezza e le procedure d’ispezione globali per tutti gli stati esportatori di tecnologie nucleari205.
Su posizioni diametralmente opposte a quelle di Lewis Strauss era invece il Segretario di Stato John Foster Dulles. Come Gregoire Mallard fa notare, quest’ultimo non fece mai mistero di preferire la soluzione EURATOM a quella IAEA proposta da Lewis Strauss, in quanto EURATOM sarebbe stata comunque un
202 Memorandum From the Special Assistant to the Secretary of State for Atomic Energy Affairs
(Smith) to the Secretary of State, Washington, July 1, 1955 in FRUS 1955-‐1957, Volume IV, Western
Europe Security and Integration, N. 106, pp. 306-‐307.
203 Ivi.
204 G. Mallard, Fallout. Nuclear diplomacy in an age of global fracture, cit., pag. 117.
organismo “atlantico” molto più gestibile di un’organizzazione globale come la IAEA in cui la presenza dei sovietici e dei loro alleati avrebbe potuto far saltare i fragili equilibri su cui si reggeva “Atoms for Peace”. Inoltre Dulles favoriva questa soluzione poiché egli prediligeva la natura “sovranazionale” dello sforzo: secondo il Segretario di Stato EURATOM sarebbe stata un’arena più efficiente di quelle già esistenti poiché in essa le questioni più spinose si sarebbero risolte facendo ricorso al voto a maggioranza qualificata206. Ciò avrebbe consentito agli statunitensi un
cospicuo risparmio di energie in lunghissime trattative bilaterali con gli stati membri: controllando la Commissione di EURATOM, secondo Dulles, gli Stati Uniti avrebbero avuto modo di controllare la crescita nucleare europea in modo più pratico ed efficiente di quanto non fosse accaduto in passato. Forte del consenso di Eisenhower, Dulles cercò dunque di mitigare l’opposizione di Lewis Strauss al progetto dei Sei e allo stesso tempo investì molto del suo capitale politico per ricucire lo strappo che si stava generando tra gli europei e i britannici.
Dulles e la diplomazia personale: l’intervento del Segretario di Stato.
Il supporto del Segretario di Stato al disegno integrativo di Monnet e Spaak, fu particolarmente visibile, secondo Gunnar Skogmar, tra la fine del 1955 e l’inizio del 1956. In questo periodo, l’uscita dell’osservatore britannico dalle trattative avviate entro il Comitato Spaak e le riserve mostrate dai tedeschi verso le proposte contenute nel Rapporto Armand, spinsero Dulles ad intervenire in prima persona per evitare che la trattativa su EURATOM naufragasse. John Foster Dulles, cogliendo l’occasione della convocazione del National Security Council il 22 novembre del 1955 espresse tutta la sua preoccupazione al Presidente, facendogli presente come un intervento deciso avrebbe potuto esser necessario per non far fallire l’iniziativa integrativa dei Sei207. Il nodo cruciale da affrontare era e
rimaneva la questione tedesca: gli USA dovevano esser pronti, con ogni mezzo e in ogni situazione, a sostenere l’integrazione, affinché la popolazione della Germania Ovest si sentisse sempre “parte” integrante del campo occidentale. La prima catena
206 Ibidem, pp. 121-‐122.
di questo legame doveva essere rappresentata dalla protezione fornita dalla NATO e dalle truppe schierate in Germania. Essa, però, non doveva essere l’unico legame con l’alleato tedesco: bisognava infatti cercare alternative alla NATO, alternative che fossero in grado di funzionare anche di fronte all’allentarsi della minaccia militare sovietica208. Visto il successo della CECA era dunque legittimo sperare che
l’EURATOM potesse sortire gli stessi effetti. Ma quale doveva essere, nello specifico, la posizione che gli USA avrebbero dovuto prendere a riguardo?
Gunnar Skogmar cita un memorandum di John Robert Schaetzel, membro dell’ufficio di Gerard Smith, all’epoca Assistente Speciale per le questioni atomiche del Segretario di Stato. In esso si ridefinivano nel dettaglio i punti precisi su cui costruire una direttrice politica da seguire, concentrandosi sulla dimensione politica e militare209. In primo luogo, Schaetzel insisteva, riprendendo Dulles, sulla
necessità di “legare” la Germania dell’Ovest all’occidente con ogni metodo possibile: l’isolamento dei ministri Ehrard e Strauss ed i loro malumori erano l’indice di un’insofferenza della grande industria tedesca. I loro attacchi ai disegni integrativi perseguiti a Bruxelles non andavano interpretati come rigurgiti nazionalisti ma come veri e propri richiami a cambiar rotta, passando da un economia di piano tipica del dirigisme francese al laissez-‐faire ed a forme liberiste più coraggiose, che valorizzassero l’iniziativa privata in luogo delle grandi corporation nazionalizzate. Schaetzel, appoggiando le istanze di Ehrard e Strauss, credeva necessario supportare quanto più possibile le posizioni tedesche in EURATOM anche al fine di rompere tutte le riluttanze francesi, obbligando questi ultimi ad un passo indietro anche su un proprio programma nucleare militare. Secondariamente il memorandum suggeriva di non porre in contrasto OECE ed
208 Per l’approfondimento della Grand Strategy di Eisenhower e delle sue implicazioni si rimanda a
Marc Trachtenberg, A constructed peace. The making of the European Settlement, 1945-‐1963, (Princeton: Princeton University Press, 1999), pp. 147-‐156; John Lewis Gaddis, Strategies of
containment: a critical appraisal of postwar American National Security Policy, (Oxford: Oxford
University Press, 1982), cap. 5; Geir Lundestad, Empire by integration: the United States and
European Integration 1945-‐1997, (Oxford: Oxford University Press, 1998), cap. 4-‐5; Steven Metz,
“Eisenhower and the planning of American Grand Strategy” in Journal of Strategic Studies, Vol. 14, issue no. 1, (1991). Per quanto riguarda invece Dulles si rimanda all’interessante contributo di Rolf Steininger “John Foster Dulles, the European Defense Community and the German Question” in Richard Immerman, John Foster Dulles and the diplomacy of the Cold War, (Princeton: Princeton University Press, 1990).
EURATOM: qualora infatti l’EURATOM non fosse nata o si fosse rivelata di scarso successo, sarebbe stato necessario avere un secondo consesso entro cui continuare a trattare simili tematiche. Infine Schaetzel concludeva il suo memorandum auspicando una rivoluzione totale della politica statunitense nei confronti del percorso integrativo europeo. Per Schaetzel, infatti, era necessario chiudere con ogni forma di bilateralismo favorendo invece un approccio multilaterale: gli alleati europei, aderendo ad EURATOM avrebbero ricevuto sia in termini di fondi che di trasferimento tecnologico, molto più di quanto non avrebbero ricevuto individualmente. Una simile prospettiva sarebbe stata molto utile soprattutto se applicata al rifornimento: piuttosto che correr rischi strategici cedendo i brevetti sulle tecnologie di arricchimento (centrifugazione gassosa) era probabilmente il caso di offrire a tutti i paesi “consorziati” in EURATOM combustibili controllati e a basso costo, unitamente ad una declassificazione dei documenti sui reattori di potenza210. Ciò avrebbe in poco tempo annientato ogni recriminazione francese,
spegnendo ogni loro richiesta di realizzare un proprio impianto di arricchimento congiuntamente agli altri alleati europei. Concludendo, EURATOM avrebbe dovuto esser titolare di un sistema di controllo sui combustibili all’altezza degli standard statunitensi, avrebbe dovuto obbligare tutti i paesi che fossero parte del trattato a una esplicita rinuncia al perseguimento di un programma militare nazionale ed avrebbe dovuto far partire un sistema di ispezioni incrociate in grado di garantire la piena fiducia tra le parti211.
Fedele a queste linee d’azione, Dulles, a partire dal Consiglio NATO di metà dicembre a Parigi, iniziò a perseguire attivamente una politica di conciliazione tra i Sei affinché essi potessero giungere a risultati concreti in tempi brevi. A Macmillan riaffermò la necessità di integrazione settoriale come azione di rinforzo del “double containment”: la Germania Ovest andava legata all’occidente con un pervasivo sistema di istituzioni. Dulles rassicurò Macmillan che questo sistema non sarebbe stato in alcun modo in conflitto con i raggiungimenti e le discussioni dell’OECE. Allo stesso tempo, Macmillan espresse le sue paure: l’integrazione europea non avrebbe dovuto dar vita ad una sorta di “zollverein” che limitasse le prospettive
210 Ivi.
commerciali britanniche con alte barriere tariffarie volte a favorire le tecnologie continentali. Dulles tranquillizzò a riguardo Macmillan, rassicurandolo sul fatto che nemmeno gli statunitensi avrebbero potuto accettare un simile bargain, poiché sarebbe stato nocivo principalmente per gli interessi americani 212. A Monnet, che
chiedeva l’abbandono delle negoziazioni bilaterali e un intervento deciso per far tacere gli inglesi scettici (e spaventati) dal mercato comune, Dulles rispose con accondiscendenza213. Simile esito ebbe l’incontro con Spaak, che lamentò oltre alle
già note reticenze britanniche, anche un pericoloso raffreddamento dei francesi rispetto alle prospettive integrative: bisognava in qualche modo che i tedeschi abbandonassero l’idea di una “riunificazione delle Germanie” e che essa fosse sostituita da elementi “creativi” introdotti dall’esterno. Il Mercato Comune e l’Euratom avrebbero potuto svolgere perfettamente questa funzione214.
Con Von Brentano il discorso fu molto più diretto: non si parlò di mercato comune ma solamente delle prospettive di EURATOM. Dulles parlò senza peli sulla lingua dell’importanza del tema non-‐proliferazione per il presidente Eisenhower, suggerendo che il cammino comunitario avrebbe risolto tanti problemi di controllo sui combustibili. Von Brentano, pur concordando, chiese a Dulles una politica più incisiva per abbattere le reticenze britanniche che mettevano a rischio il progetto integrativo e una svolta multilaterale dei negoziati: secondo il Ministro le consultazioni bilaterali andavano messe da parte, privilegiando consultazioni comuni cui partecipassero tutti gli interessati in modo diretto. Queste due linee d’azione erano fondamentali: qualora non fossero state perseguite, il progetto EURATOM si sarebbe instradato sullo stesso binario morto in cui era finita la CED215. Nell’attesa che gli USA passassero a un approccio multilaterale era
necessario però che a livello bilaterale si raggiungesse/rinnovasse un accordo con la Germania per la fornitura di combustibile fissile e la formazione di ingegneri nucleari in grado di tener vivo il programma di ricerca tedesco. La richiesta di Von
212 Telegram From the Secretary of State to the Department of State, Paris, December 17, 1955—6
p.m. in FRUS 1955-‐1957, Volume IV, Western Europe Security and Integration, n. 140, pp. 369-‐371.
213 Memorandum of a Conversation, Paris, December 17, 1955, 9:15–9:45 a.m, in FRUS 1955-‐1957,
Volume IV, Western Europe Security and Integration, n. 138, pp. 367-‐368.
214 FRUS 1955-‐1957, Volume IV, n. 140, già citato, pp. 370-‐371.
215 Telegram From the Secretary of State to the Department of State, Paris, December 17, 1955—9
Brentano pareggiava le sempre più spingenti pressioni francesi per un accordo con gli USA ma creava dissapori all’interno dell’entourage presidenziale. Mentre il Dipartimento di Stato era favorevole ad abbandonare il bilateralismo nei rapporti con gli alleati, l’AEC faceva muro raccomandando che le negoziazioni avvenissero solo su base bilaterale, altrimenti i suoi delegati le avrebbero disertate216.
Per non arrivare allo scontro con l’Atomic Energy Commission Dulles optò per lo stallo: andavano fermate tutte le negoziazioni bilaterali attive (Germania e Francia) che avrebbero potuto creare problemi all’offensiva diplomatica di Spaak pro-‐EURATOM. La tattica suggerita prevedeva che Spaak fosse informato segretamente di questa decisione ma che si impegnasse a non divulgarla con i suoi pari sul continente217. Nel frattempo il Dipartimento di Stato avrebbe avuto il
tempo di studiare in concreto il contributo che gli USA avrebbero potuto dare all’EURATOM. La decisione americana, seppur non divulgata in dettaglio, fu prevista dall’ambasciatore tedesco a Washington Heinz Krekeler, il quale sospettoso dopo un contatto diretto con Dulles, suggerì ad Adenauer di passare all’azione mettendosi alle spalle ogni ritrosia218. Nel dicembre di quell’anno il
cancelliere, avvalendosi del suo diritto costituzionale di dettare la linea politica del suo governo, tentò di chiudere i conti con l’opposizione interna. Il 9 gennaio 1956 dopo la ripresa delle discussioni di Bruxelles, in una direttiva impartita ai suoi ministri federali, Adenauer ricordò loro che l’integrazione europea e l’esecuzione fedele della risoluzione di Messina fossero obiettivi primari del governo. Il Cancelliere approfittò della comunicazione per sottolineare come la gravità del momento imponesse di agire in funzione del raggiungimento di un’integrazione sia orizzontale sia settoriale219. Era dunque necessario superare la semplice
cooperazione tecnica e perseguire l’unità d’azione politica tra gli stati europei. Quanto all’EURATOM in particolar modo, Adenauer auspicava che essa fosse dotata di poteri decisionali, di organi e mezzi finanziari comuni e che si rigettasse una volta per tutte il progetto di cooperazione nucleare nel quadro dell’OECE220.
216 G. Skogmar, The US and the Nuclear Dimension of European Integration, cit., pag. 143.
217 Ivi. 218 Ivi.
219 Gerard Bossuat, Les fondateurs de l’Europe, (Parigi: Belin Sup, 1994), pag.200.
Una simile azione non poteva essere più prorogata o posticipata: qualora ci si fosse persi in schermaglie politiche interne gli impegni presi a Messina sarebbero stati immediatamente vanificati, facendo perdere alla Germania l’opportunità di entrare da protagonista nell’era nucleare, relegando il piano di ricerca tedesco alla marginalità.