3 Come integrare? La prima fase negoziale: da Messina a Bruxelles
3.6 Le reazioni dei Sei al Piano
In Europa la diffusione delle conclusioni del Piano Monnet portò a forti prese di posizione. La destra francese immediatamente insorse, accusando Monnet di scarso patriottismo, vedendo nella sua azione politica un chiaro freno alla volontà
228 Ibidem, pag. 126.
229 Ibidem, pag. 148-‐149.
di edificare quella che sarebbe stata la force de frappe231. In particolar modo l’allora
Ministro della Difesa, il Generale Pierre Billotte, scrisse a Faure e Pinay una lettera perentoria in cui espose tutti i dubbi e le incertezze suscitate dalla lettura del documento. Secondo Billotte l’accettazione delle proposte del Gruppo Monnet avrebbe significato per gli stati firmatari la rinuncia al diritto di fabbricare armi atomiche e la sottoposizione della loro produzione atomica a un’autorità sovranazionale. Questo per la Francia era inaccettabile in quanto avrebbe indebolito il paese proprio nel momento in cui le armi atomiche rappresentavano l’elemento strategico e difensivo fondamentale dei sistemi militari dei due blocchi. Una Francia priva dell’arma atomica avrebbe avuto un peso trascurabile in seno all’Alleanza Atlantica, che sarebbe stata dominata dalle potenze anglosassoni. Una comunità europea pacifica e detentrice di soli combustibili fissili avrebbe comportato una sorta di neutralizzazione atomica dell’Europa continentale a beneficio della Gran Bretagna. Inoltre l’adesione a una Comunità come quella tratteggiata dal documento avrebbe annullato quel vantaggio essenziale goduto dalla Francia nei confronti della RFT in base agli Accordi di Parigi: la Francia avrebbe rinunciato anch’essa alla fabbricazione di ordigni nucleari e, nel caso avesse voluto in un secondo tempo rivedere la sua posizione, non avrebbe potuto impedire alla Germania di fare altrettanto. Infine, l’accettazione del Piano Monnet avrebbe avuto un effetto devastante sugli studi segreti già cominciati da un anno in seno al “Bureau d’Etudes General” del CEA per realizzare armi nucleari e sottomarini atomici. Tuttavia Faure e Pinay non avrebbero avuto tempo a sufficienza per dare il giusto seguito alle indicazioni di Pierre Billotte. Con la caduta del Gabinetto Faure e l’investitura di Guy Mollet, leader socialista già membro del Comitato d’Azione e vicino alle posizioni di Monnet, a primo ministro, anche il perseguimento del programma militare sembrò a rischio. Il neo eletto Presidente del Consiglio, infatti, appena giunto in carica congelò i piani di spesa per la ricerca atomica in campo militare, destando la levata di scudi dell’esercito e della Difesa. Nel suo discorso d’investitura inoltre, il 31 gennaio 1956, quest’ultimo
231 Le Géneral Billotte, Ministre de la Défense National et des Forces Armées à MM. Edgar Faure,
Président du Conseil et al, D. n. 0146, Très secret, Paris, 24 janvier 1956, in DDF 1956, Tomo I, n.40, pag.74-‐76.
parlando di politiche atomiche, prese posizione contro la costruzione di un’industria europea per la fabbricazione di armi atomiche. Egli sosteneva che la futura organizzazione europea (EURATOM) avrebbe dovuto avere sia una vocazione esclusivamente pacifica, sia la proprietà esclusiva di tutti i combustibili nucleari232. La combinazione di queste due condizioni avrebbe significato per gli
Stati Membri ancora liberi nella materia una rinuncia unilaterale alle applicazioni militari dell’energia atomica233.
I politici tedeschi, invece, si spaccarono sul “Piano Monnet”. Adenauer e i moderati che si riconoscevano nella linea del Cancelliere, non perdonarono a Monnet l’aver posto troppa enfasi sull’EURATOM piuttosto che sul Mercato Comune. Essi credevano che quest’ultimo avrebbe avuto maggiori prospettive di successo e ribadivano la necessità dello Junktim tra le due proposte, visto in Germania come condizione necessaria al raggiungimento di un accordo. Skogmar racconta come il Ministero degli Esteri di Bonn ebbe premura di informare immediatamente l’Ambasciata statunitense che l’accelerazione di Monnet fosse una mossa rischiosa in quanto avrebbe potuto condurre alla creazione di una nuova Alta Autorità impegnata nella risoluzione di problematiche settoriali piuttosto che al raggiungimento effettivo degli Stati Uniti d’Europa 234 .
Successivamente, il delegato del Ministro degli Esteri Karl Carstens, confermò agli statunitensi la posizione ufficiale del Governo Adenauer in merito al “Piano Monnet”: Bonn accoglieva con favore l’introduzione dell’impegno a non andar oltre i “peaceful purposes” ed avrebbe accettato ogni forma di controllo sull’importazione, distribuzione e sull’uso del combustibile, a patto che la Francia avesse rinunciato al controllo sovranazionale sui materiali fissili, opzione contraria ai principi etico-‐sociali della Germania Federale235. I liberali, invece, guidati
dall’azione politica di Ehrard, non condividevano la linea del Cancelliere e non
232 Nei mesi successivi alla sua elezione Mollet dovette far fronte ad una crescente ostilità alle sue
posizioni neutraliste. A capo della fronda ostile alle scelte del primo ministro vi era l’establishment militare, rappresentato dal Gen. Billotte e dal Colonnello Buchalet, ma soprattutto il Ministro della Difesa Maurice Bourgés-‐Manoury. Sarà proprio quest’ultimo, nel corso del 1957, a succedere a Mollet. In P. Guillen, ”La France et la négociation du traité d’Euratom” cit., pag.121.
233 Bertrand Goldschmidt, Le complexe atomique. Histoire politique de l’energie nucleaire, (Parigi
Fayard, 1980), pp.149-‐150.
234 G. Skogmar, The US and the Nuclear Dimension of European Integration, cit., pag. 149.
avevano intenzione di sottacere il loro dissenso. Il Ministro per gli Affari Atomici Franz Joseph Strauss proprio in quei giorni dichiarò pubblicamente alla stampa che egli era ben disposto ad accettare una comunità nucleare europea, purché essa fosse dotata di poteri ben definiti e limitati236. Il Ministro proseguì attaccando
violentemente il piano contenuto nella risoluzione del Comitato d’Azione per gli Stati Uniti d’Europa: secondo Strauss l’interdizione a produrre armi atomiche avrebbe reso gli europei vassalli militari delle potenze anglosassoni237. Inoltre
accusò Monnet, Spaak e i socialisti europei di aver organizzato una crociata a favore di EURATOM pur di controllare lo sviluppo dell’industria nucleare tedesca, con il fine occulto di mantenerla in posizione subordinata238.
Anche in Belgio iniziavano a diffondersi malumori e critiche che avrebbero potuto mettere a rischio la tenuta della compagine di governo guidata da Van Acker. Anche in questo caso le reticenze maggiori venivano dagli ambienti industriali ed erano dirette principalmente al Ministro degli Esteri Paul Henry Spaak. Tra gennaio e febbraio 1956, infatti, la FIB (Federazione degli Industriali Belgi) fece partire una campagna stampa sulle maggiori testate giornalistiche del paese. La FIB nel dettaglio era dubbiosa su quali benefici il paese avrebbe potuto trarre dall’instaurazione di un mercato comune del nucleare. Il timore principale era quello di dover condividere con gli altri partner europei i vantaggi derivanti dalle relazioni privilegiate con gli Stati Uniti, unito a quello di dover mettere a disposizione della Francia le ingenti risorse provenienti dal Congo239. Proprio
quest’ultimo aspetto, come gli industriali facevano notare, avrebbe reso necessaria una revisione degli accordi bilaterali di fornitura conclusi nel 1944 con Regno Unito e Usa240: accordi che erano già stati rinegoziati e che avrebbero dovuto
prevedere un’ampia comunicazione di informazioni classificate, che sicuramente il Belgio non avrebbe potuto divulgare ai propri partner continentali241.
236 Telegram From the Ambassador in Germany (Conant) to the Department of State, Bonn,
November 4, 1955—6 p.m., in FRUS 1955-‐1957, Volume IV, Western Europe Security and Integration, n. 127, pp. 344-‐346.
237 R. Girault e G. Bossuat (dir) Europe brisée, cit., pag.328.
238 G. Bossuat, L’Europe des Français, cit., pag. 301.
239 J. L. Moreau, “L’industrie nucléaire en Belgique” cit., pag. 82.
240 G. Bossuat, L’Europe des Français, cit., pag. 273.
Differentemente dal Belgio, in Italia, la fiducia verso i propositi integrativi rimaneva forte: come sostiene
, la delegazione italiana si fece portavoce di una posizione “costruttiva” in seno al Comitato Spaak che rispecchiava le linee guida espresse dal governo italiano tra il mese di maggio e il mese di giugno del 1955242. Sia il Primo Ministro Antonio
Segni sia il Ministro degli Esteri Gaetano Martino, avevano dato il loro pieno sostegno al Comitato, investendo molto del capitale politico su cui il governo poteva contare, sul raggiungimento di un traguardo da loro ritenuto fondamentale per i popoli europei243. Tuttavia, consapevoli di dover superare la situazione di
stallo, Segni e Martino si recarono a Bonn dal 6 al 9 febbraio del 1956. Gran parte delle discussioni con Adenauer ed il Ministro degli Esteri Von Brentano verterono sulle conclusioni raggiunte dal Comitato Spaak e sulla risoluzione approvata dal Comitato d’Azione per gli Stati Uniti d’Europa. Con grande sollievo i rappresentanti italiani appresero da Adenauer e da Von Brentano che la RFT avrebbe confermato l’impegno preso a Messina, dichiarandosi favorevole al Mercato Comune e ad EURATOM. Durante il colloquio emerse però il timore per l’atteggiamento dei francesi, che non sembravano particolarmente entusiasti dei progressi raggiunti e che non sembravano pronti a trattare su alcune questioni spinose legate ad EURATOM, preferendo lo stallo ad un approfondimento diplomatico dei nodi critici. Il Ministro degli Esteri italiano si congedò da Adenauer confermandogli di essere pronto a proseguire sulla strada dell’integrazione con o senza i francesi244.
Delle stesse difficoltà il ministro fece menzione a Dulles, in un incontro che i due ebbero a Washington: era necessario riportare i francesi al tavolo negoziale, altrimenti la trattativa correva il serio rischio di arenarsi in modo definitivo. Martino era pienamente cosciente che solo quando tedeschi e francesi avessero superato le diffidenze reciproche si sarebbe potuti giungere ad un accordo: prima
242 A. Varsori, La Cenerentola d’Europa?, cit., pag. 136.
243 Marcello Saija e Angela Villani, Gaetano Martino 1900-‐1967”, (Soveria Mannelli: Rubbettino
Editore, 2011), pp.382-‐383.
244 Memorandum of a Conversation, Department of State, Washington, March 1, 1956, 4:15 p.m, in
FRUS 1955-‐1957, Volume IV, Western Europe Security and Integration, Memorandum C, 1 Marzo
di quel momento l’Italia avrebbe potuto avere solamente un ruolo importante nella mediazione tra i due paesi245.