Capitolo II: La formazione di EURATOM ed il piano di sviluppo dei reattori di potenza
1 Come integrare? Definire gli obiettivi del I Piano Quinquennale
1.2 Il Rapporto dei Tre Saggi: un obiettivo per EURATOM?
Il rapporto, redatto da un nutrito gruppo di studiosi europei e tecnici statunitensi, partiva da una drammatica ricognizione delle prospettive energetiche continentali e prospettava un piano di dotazione tecnologica per il continente europeo estremamente ambizioso. Il documento prendeva le mosse dalla gravità del problema energetico dei Sei Paesi europei e sottolineava come il fabbisogno energetico della Comunità fosse notevolmente superiore alle disponibilità energetiche nazionali. Mentre nel biennio 1935-‐36 il consumo di energia dei Paesi della Comunità era stato pari a 295 milioni di tonnellate di carbone equivalente (ossia 2.1 tonnellate per abitante), nel 1955 il consumo era salito a 400 milioni di tonnellate equivalenti di carbone (ossia 2,45 tonnellate per abitante). Un particolare incremento lo si era avuto tra il 1950 ed il 1955: in questi anni il consumo energetico era aumentato di circa il 36 percento a fronte di un prodotto
433 La centrale di Chalk River era alimentata da un reattore NRX di costruzione anglo-‐canadese,
moderato ad acqua pesante e raffreddato ad acqua leggera. Esso aveva raggiunto la criticità per la prima volta nel 1947 all’interno del complesso dei Chalk River Laboratories, presso Ottawa, in Canada. All’inizio della sua attività il reattore era stato progettato per una portata di 10 MW (termici), quota che fu successivamente oggetto di scaling-‐up a partire dal 1954, quando la portata del reattore fu aumentata a 42 MW. Al momento della la sua costruzione, Chalk River fu l’impianto scientifico più costoso del Canada oltre che il reattore nucleare di ricerca più potente del mondo. Anche se i reattori nucleari non sarebbero stati in grado di generare elettricità almeno fino al 1951, NRX fu un notevole raggiungimento scientifico, sia in termini di produzione di calore, sia nel numero di neutroni generati. Alla fine del 1940 il reattore NRX era la fonte di neutroni più intensa al mondo: esso diede modo agli scienziati di scoprire nuove applicazioni come la radioterapia per il trattamento del cancro, lo scattering di neutroni per gli studi sull’acciaio e sui semiconduttori, la produzione di radioisotopi per uso medico, e fu un importante banco di prova per gli ingegneri che studiavano come produrre energia elettrica a partire da una reazione nucleare. Esso, infine, fu il progenitore più diretto del CANDU (Canada Deuterium-‐Uranium), un reattore moderato ad acqua pesante pressurizzata e alimentato ad uranio naturale, che sarebbe stato caratterizzato da ottimi rendimenti energetici ed un buon successo in termini di vendite internazionali. Per maggiori informazioni AA.VV. Atomic Energy of Canada Limited (ed.), Canada Enters the Nuclear Age: A
Technical History of Atomic Energy of Canada Limited, (Montreal: McGill-‐Queen's Press -‐ MQUP,
nazionale lordo aumentato solamente del 34%. Questi numeri, insieme ad altre statistiche, mostravano come i Sei fossero divenuti da esportatori a importatori
netti di energia434. Ciò era dovuto principalmente a due ragioni. In primo luogo si
era registrata una crisi della produzione carbonifera, in quel momento fonte principale di energia della Comunità: l’estrazione non riusciva più a tenere il passo con l’aumento della domanda. Ciò accadeva in parte perché le riserve carbonifere erano in esaurimento; in parte perché l’estrazione nei pozzi profondi dei bacini carboniferi non forniva un prodotto qualitativamente elevato e pronto al mercato ed infine perché diventava sempre più difficile e costoso reclutare la manodopera necessaria all’estrazione. La seconda ragione della crescente dipendenza dalle importazioni era dovuta ad una limitata presenza di idrocarburi e fonti energetiche diverse dal carbone: alcuni dei Sei disponevano di risorse idrauliche, ma quelle suscettibili di utilizzazione economica erano state già in gran parte utilizzate. I giacimenti di petrolio e di metano dei Sei non erano certamente trascurabili, ma comunque non bastavano a far fronte alla domanda di questi prodotti che rimaneva comunque vorticosamente crescente435. Secondo le stime
dei Tre Saggi, entro dieci anni i Paesi della Comunità avrebbero dovuto importare approssimativamente circa 200 milioni di tonnellate equivalenti di carbone, ossia circa il 40% del consumo interno previsto. La quota delle importazioni nette sul fabbisogno totale stimato variava da Paese a Paese, a seconda del livello di produzione interna. Nei successivi dieci o venti anni, la misura in cui i Sei sarebbero dipesi dalle importazioni sarebbe cambiata. Il cambiamento più profondo sarebbe intervenuto nella Repubblica Federale Tedesca, la cui bilancia commerciale energetica, al momento della redazione del Rapporto, rimaneva in sostanziale equilibrio436. I Tre Saggi stimavano che essa, nel 1965, avrebbe fatto
registrare probabilmente una importazione netta di 38 milioni di tonnellata di carbone equivalente, ossia il 15% del suo fabbisogno totale e nel 1975 l’importazione netta sarebbe potuta arrivare a 72 milioni di tonnellata di carbone
434 A. Albonetti, Euratom e sviluppo nucleare, cit., pp. 89-‐100
435 Ibidem, pp. 89-‐90.
436 CM3/NEGO-‐373, Louis Armand, Franz Etzel, Francesco Giordani, A target for EURATOM: a report
prepared at the request of the governments of Belgium, France, German Federal Republic, Italy, Luxembourg and the Netherlands, Archivi Storici delle Comunità Europee, Firenze.
equivalente ossia a quasi un quarto del suo consumo437. Queste cifre segnalavano
come le importazioni energetiche, qualora non si fosse fatto ricorso alla produzione di energia nucleare, sarebbero passate nel corso dei successivi 20 anni, da circa 2 miliardi di dollari di quel momento a oltre 4 miliardi di dollari nel 1967 ed a 6 miliardi di dollari nel 1975 qualora i prezzi fossero rimasti costanti. Considerando che nel 1955 le importazioni di olii minerali ammontavano a circa 103 milioni di tonnellate equivalenti di carbone e che l’80% di esse provenivano dal Medio Oriente, era facile comprendere come l’importanza di provvedere a un deciso cambiamento nelle fonti energetiche non fosse solamente una necessità economica, ma una vera e propria necessità strategica. Mettere in mano ai paesi arabi una quota notevole del sistema industriale europeo significava di fatto trasformare il petrolio da prodotto oggetto di scambio e soggetto a leggi di fornitura, in una vera e propria “arma politica” capace di paralizzare un continente. Era perciò necessario svincolarsi più rapidamente possibile da questa pericolosa situazione di dipendenza e l’atomo sembrava essere la fonte energetica capace di assicurare i rendimenti migliori. Negli intenti dei redattori del rapporto, infatti, a partire dal 1958 i Sei si sarebbero dovuti dotare entro i successivi 5 anni di 3 mila MW di energia proveniente dalle centrali nucleari. Dal 1963 al 1967 questa quota sarebbe cresciuta esponenzialmente, portando il continente a coprire parte notevole del suo fabbisogno energetico (15 mila MW) grazie alla sola energia nucleare438. Questo sforzo sarebbe stato reso possibile unendo le risorse
tecnologiche ed il capitale umano dei Sei e facendo leva sul know-‐how tecnico dei tecnici britannici e statunitensi, oltre che sulle risorse e sui combustibili fissili che sarebbero giunti dal Canada e dagli Stati Uniti. Se tale obiettivo fosse stato conseguito, si sarebbero potute stabilizzare le importazioni sul livello che esse avrebbero dovuto raggiungere nel 1963, e cioè su circa 165 milioni di tonnellate equivalenti di carbone l’anno. L’obiettivo di produzione delineato dai Tre Saggi rappresentava già all’epoca una quantità pari a due volte e mezzo il programma britannico: un obiettivo di molto superiore alla somma dei programmi già esistenti nei Sei Paesi separatamente, programmi che avrebbero richiesto l’installazione di
437 Ivi.
una capacità pari a circa 6 MW entro il 1967. 15 MW di capacità nucleare in cinque anni erano forse un obiettivo troppo ambizioso e di difficile attuazione per i Sei Paesi di EURATOM. Del resto i Tre Saggi lo avevano implicitamente riconosciuto affermando di non desiderare di tradurre in un vero e proprio programma il loro obiettivo439. La costruzione di 20 centrali atomiche in media ogni anno, ciascuna
con una potenza di circa 150 mila KW, anche se idealmente realizzabile, sarebbe stata tecnicamente poco indicabile considerata quanta strada c’era ancora da fare per ottimizzare la resa di reattori ancora troppo poco noti. Allo stesso tempo procedere alla costruzione di più copie di un solo tipo di reattore a forte potenza, come i Tre Saggi auspicavano, poteva essere pericoloso: sarebbe stato più opportuno intraprendere la realizzazione di due o più tipi diversi di reattore di potenza440 per poi lanciarsi in un programma più vasto non appena si fossero
conosciuti i costi e la resa energetica reale di queste centrali441. Tutte le indagini,
tuttavia, sembravano concordi nell’affermare che mentre la tendenza dei costi europei dell’energia (carbone, petrolio, energia idroelettrica) fosse al rialzo, la tendenza dei costi dell’energia nucleare fosse invece al ribasso: le due curve, negli intenti dei Tre Saggi si sarebbero presto incontrate dimostrando la convenienza economica delle centrali nucleari. Inoltre l’energia nucleare avrebbe avuto maggiori possibilità di sviluppo in Europa che in America. Sebbene gli impianti nucleari costassero da due a due volte e mezzo in più degli allora più moderni design di centrale a carbone o a petrolio, il costo medio dell’energia che esse producevano non era molto lontano da quello pagato dagli utenti europei. Negli Stati Uniti, invece, vista l’abbondanza di risorse energetiche e più in generale di idrocarburi, l’energia nucleare avrebbe potuto aver senso solamente per la ricerca scientifica e per la propulsione sottomarina.
439 A. Albonetti, Euratom e sviluppo nucleare, pag. 99. Si legga anche un’utile intervista che
Francesco Giordani rilasciò al periodico italiano “Mondo Economico” il 23 marzo 1957 raccolta del
Centre Virtual de Connaissance sur l’Europe (CVCE) del Ministero dell’Istruzione e la Ricerca del
Granducato di Lussemburgo e disponibile al link: http://bit.ly/1qJdxwf [visitato in data 13
dicembre 2014].
440 I reattori cui si fa riferimento sono il reattore a uranio naturale tipo Calder Hall, in A. Albonetti,
Euratom e sviluppo nucleare, pag. 99.