• Non ci sono risultati.

41 ne o affidamento a scopo adottivo pronunciati in un Paese

Nel documento Commento: Articolo 57 (pagine 83-85)

non aderente alla Convenzione dell’Aja né firmatario di accordi bilaterali (v. infra § 4.1.); 3) adozione avvenuta all’estero su istanza di cittadini italiani che abbiano sog- giornato e avuto la residenza nel Paese straniero per alme- no due anni (v. infra § 4.2.). In ogni caso la competenza è attribuita al Tribunale per i minorenni e non invece la Cor- te d’Appello (in quanto disciplina speciale rispetto alle previsioni di carattere generale sul riconoscimento dei provvedimenti stranieri. Così, Cass. 12.12.2017 n. 29668. Ciò risulta vero se e in quanto si configuri un’adozione ai sensi e per gli effetti della l. n. 18/1983. In questo senso, Cass. 31.5.2018 n. 14007 in merito alla competenza sul riconoscimento di sentenza francese di adozione piena di minore, figlio biologico di una delle due partners di coppia omogenitoriale femminile coniugata all’estero, da parte dell’altra). La competenza per territorio è attribuita al Tri- bunale del distretto in cui gli adottanti hanno la residenza nel momento dell’ingresso del minore nel territorio nazio- nale (art. 35, co. 5, art. 29 bis, co. 1) o, in caso siano resi- denti all’estero, dell’ultimo luogo di residenza in Italia; in sua mancanza, la competenza è attribuita al Tribunale per i minorenni di Roma (art. 29 bis). Peraltro la giurisprudenza ha affermato che nel caso in cui uno dei coniugi richieden- ti non sia cittadino italiano e non abbia nemmeno mai avu- to la residenza in Italia, competente per territorio non sarà il Tribunale per i minorenni di Roma ma quello del luogo in cui l’altro coniuge ha avuto l’ultima residenza (App. Messina 5.7.2000). Si fa presente che il 10.3.2016 la Ca- mera dei Deputati ha approvato un disegno di legge delega per la soppressione del tribunale per i minorenni e l’istituzione di sezioni specializzate presso i tribunali ordi- nari. Il disegno di legge non ha concluso l’iter parlamenta- re in quanto era in corso di al Senato allo scadere della XVII legislature (Atto Senato n. 2284). Ciò detto, nella prima ipotesi disciplinata dall’art. 41, co. 2 – adozione minori proventi dalla c.d. “area Aja” – il riconoscimen- to avverrà di norma (ove non ricorra la predetta ipotesi di cui al numero 3) con le procedure e gli effetti di cui all’art. 35. Peraltro le procedure si distinguono ulteriormente a seconda che: l’adozione si sia perfezionata prima dell’ar- rivo del minore in Italia oppure debba perfezionarsi dopo l’ingresso del minore. Se l’adozione è stata pronunciata nello Stato estero prima dell’arrivo del minore, il Tri- bunale dei minori competente ai sensi dell’art. 35, 5° comma verifica: a) che il provvedimento straniero rispetti le condizioni previste dall’art. 4 della Convenzione dell’Aja ovverosia che le autorità competenti dello Stato d’origine abbiano stabilito: l’adottabilità del minore; la corrispondenza dell’adozione internazionale al superiore interesse del minore, avendo valutato la possibilità che lo stesso venga affidato nello Paese d’origine; che i soggetti (persone, istituzioni ed autorità) il cui consenso è necessa- rio per l’adozione, siano stati informati sugli effetti della procedura in particolare sui legami giuridici con il minore dopo l’adozione e siano stati assistiti con la necessaria consulenza nella decisione; che il consenso di tutti i sog- getti (minore compreso, se richiesto) sia stato prestato li- beramente, senza contropartita di alcun genere, nelle for- me legalmente stabilite nonché sia stato espresso o quan- tomeno attestato in forma scritta e non sia stato revocato; che l’eventuale consenso della madre sia stato espresso solo dopo la nascita del figlio; che, in considerazione

dell’età e del grado di maturità dell’adottando, egli sia sta- to assistito mediante una consulenza e informato sulle con- seguenze del suo eventuale nonché dell’adozione in sé; che siano stati presi in considerazione i desideri e le opi- nioni del minore; b) la conformità dell’adozione ai princi- pi fondamentali in materia di famiglia e minori in consi- derazione del superiore interesse dell’adottando; c) che la Commissione per le adozioni internazionali abbia certifi- cato la conformità dell’adozione alle disposizioni della Convenzione; d) che la Commissione per le adozioni in- ternazionali abbia autorizzato l’ingresso e il soggiorno permanente del minore straniero adottato o affidato a scopo di adozione. Una volta verificati positivamente tali elementi, il tribunale ordina la trascrizione del provvedi- mento d’adozione nel registro dello stato civile. In conse- guenza della trascrizione l’adottato consegue lo status il figlio degli adottanti assumendone il cognome e, per l’effetto, cessa ogni rapporto con la famiglia d’origine ai sensi dell’art. 27 nonché acquista la cittadinanza italiana ex art. 35. Al co. 6 dell’art. 35 vengono elencate una serie di circostanze che impediscono la trascrizione del prov- vedimento adottivo. Così nel caso in cui a) gli adottanti non siano in possesso dei requisiti previsti dalla legge ita- liana sull’adozione; b) non siano state rispettate le indica- zioni contenute nella dichiarazione di idoneità; c) non sia possibile la conversione in adozione produttiva degli effet- ti di cui all’art. 27; d) l’adozione o l’affidamento stranieri non si siano realizzati tramite le autorità centrali e un ente autorizzato; e) l’inserimento del minore nella famiglia adottiva si sia manifestato contrario al suo interesse. Pas- sando ora alla diversa ipotesi in cui l’adozione debba per- fezionarsi dopo l’ingresso del minore in Italia, poiché in tal caso non vi è un provvedimento adottivo efficace da riconoscere, l’art. 35, co. 4 dispone che il Tribunale per i minorenni competente, verificata la conformità dello stesso ai principi che regolano il diritto di famiglia e dei minori in relazione all’interesse superiore dell’adottando, riconosca il provvedimento non ancora perfezionato come affidamento preadottivo. Il provvedimento viene revoca- to qualora, successivamente all’inserimento, venga accer- tato che la permanenza del fanciullo nella famiglia non è più conforme al suo interesse. In caso contrario, trascorso un anno dall’inserimento, il Tribunale pronuncia l’adozione e ordina la trascrizione del provvedimento nei registri dello stato civile per gli effetti di cui all’art. 27 e 35. Per quanto attiene all’eventuale revoca dell’affi- damento, la legge stabilisce che previo consulto con il minore (il quale avverrà con modalità ed effetti differenti – stabiliti dallo stesso co. 4 – a seconda dell’età: almeno 14 anni, almeno 12 anni, di età inferiore) verranno adottati i provvedimenti di cui all’art. 21 della Convenzione dell’Aja. In particolare, l’art. 21 della convenzione richie- de che si provveda chiaramente a riprendere il minore dal- la famiglia che non è più in grado di garantire la realizza- zione del superiore interesse dello stesso per poi provvede- re, di concerto con l’Autorità Centrale del Paese di prove- nienza, a una nuova sistemazione, preferibilmente a fini adottivi. Solo in via di residuale, ove non si riuscisse a trovare una sistemazione alternativa durevole, si assicurerà il ritorno del minore nello Stato di origine (sempre ovvia- mente che ciò corrisponda al suo interesse).

3.1. L’adozione al di fuori della c.d. “area Aja”. – In as- senza di specifici accordi bilaterali, la legge n. 184 stabili-

41

sce una regolamentazione ad hoc per i provvedimenti di adozione o affidamento preadottivo emessi da Paesi che non sono membri della Convenzione dell’Aja. A tal ri- guardo l’art. 36 subordina la dichiarazione di efficacia a una serie di condizioni che rispecchiano la circostanza che, in concreto, la maggior parte di tali casi riguarda adottanti italiani che decidono di adottare un minore straniero pro- veniente da un Paese povero dove le procedure per ottene- re il provvedimento sono più agevoli che nell’area Aja. Il legislatore prevede, quindi, che venga accertata la condi- zione di abbandono del minore straniero o, in sua as- senza, il consenso dei genitori biologici. (Dal momento che la norma si riferisce al consenso “ad una adozione che determini per il minore adottato l’acquisizione dello stato di figlio nato nel matrimonio degli adottanti e la cessazio- ne dei rapporti giuridici fra il minore e la famiglia d’origine”, appare in qualche modo ricalcare parte delle garanzie della Convenzione richiedendo in sostanza l’effettiva verifica di un consenso informato e pienamente consapevole). In secondo luogo, è necessario il decreto di idoneità ad adottare pronunciato dal Tribunale dei mino- renni (il quale ha efficacia per la durata della procedura adottiva purché, però, essa sia stata promossa entro un an- no dalla comunicazione del decreto) e il rispetto delle rela- tive indicazioni. In terzo luogo, la procedura deve essersi svolta con l’intervento della Commissione per le adozioni internazionali di cui all’art. 38 e di un ente a ciò autorizza- to. Infine, la Commissione deve aver autorizzato l’in- gresso e il soggiorno permanente del minore. Se sussistono tali condizioni, il Tribunale per i minorenni che ha emesso il decreto di idoneità potrà dichiarare efficace il provvedi- mento straniero, il quale sarà comunicato alla Commissio- ne ai fini della conservazione dei relativi atti ai sensi dell’art. 39, co. 1, lett. e).

3.2. L’adozione da parte di cittadini italiani residenti all’estero. – Per concludere, come prima accennato, vi è

un’ulteriore disciplina di riconoscimento di provvedimenti di adozione ai sensi della legge n. 184: l’art. 36, co. 4. Tale norma facilita il riconoscimento dei provvedimenti di ado- zione subordinandolo alla mera verifica, ad opera del Tri- bunale, della conformità della stessa alla Convenzione dell’Aja. La disciplina si applica quando gli adottanti so- no cittadini italiani che, al momento della pronuncia, abbiano avuto la residenza e soggiornato con continui- tà per almeno due anni nel Paese straniero la cui autori- tà ha emanato il provvedimento. In realtà la lettera della norma richiede che gli stessi dimostrino “di aver soggior- nato continuativamente […] e di avervi avuto la residenza da almeno due anni”. Si è quindi ipotizzato che il riferi- mento al biennio si riferisse esclusivamente alla residenza e, quindi, che il soggiorno potesse essere anche di durata inferiore purché comunque significativo. Sulla questione, partendo dalla nozione di residenza quale dimora stabile (v. LA BATTAGLIA, sub art. 43, in Codice civile commen- tato, a cura di Franzoni, Rolli, De Marzo, Torino, 2018, p. 116 ss.) la Suprema Corte ha affermato che il soggiorno non può essere inferiore al biennio, risultando i due anni quale periodo minimo di durata dello stesso. Tale interpre- tazione risulta conforme alla ratio sottostante al co. 4 che risponde all’esigenza di un radicamento dell’adottante nel luogo di dimora del minore (Cass. 18.3.2006 n. 6078). Per- tanto la richiesta di “soggiorno continuativo” sembra voler piuttosto riconoscere espressamente la possibilità per i

soggetti di trascorrere dei periodi altrove purché non siano tali da far venire meno il radicamento con il territorio. Si pensi, per esempio, a un periodo di vacanza. Per quanto attiene il requisito della cittadinanza italiana, lo stesso deve sussistere al momento della pronuncia dell’adozione, non rilevando ai fini dell’applicazione della presente di- sciplina i casi di adottante straniero che abbia acquisito la cittadinanza italiana in un momento successivo (in questo senso, Corte cost. 7.4.2016 n. 76). Con riguardo alle circo- stanze ostative alla trascrizione previste dall’art. 35, co. 5 (v. supra § 4) esse si applicando anche nell’ipotesi in esa- me (Cass. 14.2.2011 n. 3572).

4. Ordine pubblico e principi fondamentali che regolano il diritto di famiglia e dei minori. – La violazione

dell’ordine pubblico costituisce motivo ostativo al ricono- scimento di un provvedimento straniero. Per quanto ri- guarda il riconoscimento ai sensi del co. 1, la necessaria conformità all’ordine pubblico è espressamente prevista dalle norme cui l’articolo rinvia (v. sub art. 63 ss.). Per quanto attiene invece il riconoscimento ai sensi del co. 2, l’art. 24 della Convenzione dell’Aja (ratificata dalla l. 31.12.1998, n. 476 la quale ha a sua volta introdotto il pro- cedimento sulle adozioni internazionali di cui alla l. n. 184/1983) dispone che gli Stati membri possono rifiutare di riconoscere un’adozione solo laddove essa sia manife- stamente contraria all’ordine pubblico, tenuto però conto del superiore interesse del minore. Il suddetto principio è stato trasposto nella l. n. 184/1983 con la formula del con- trasto con i principi fondamentali che regolano il diritto di famiglia e dei minori. Si è voluto in tal modo assicurarsi di evitare una appiattimento sul diritto italiano così che le soluzione legislative interne che non siano principi fonda- mentali della materia non giungano a ostacolare il ricono- scimento di provvedimenti stranieri (art. 35, co. 3). Questo è il caso, ad esempio, della differenza di età prevista tra adottanti e adottato. Sebbene costituisca un requisito es- senziale per la adozione da parte di cittadini italiani a favo- re di minore italiano, la giurisprudenza ha affermato che non corrisponde tuttavia a un principio fondamentale dell’ordinamento. Pertanto non assurge a limite di ordine pubblico ostativo all’efficacia del provvedimento straniero nell’ordinamento italiano. È stata così riconosciuta l’adozione di un minore croato in presenza di una diffe- renza di età superiore a quella massima prevista dalla leg- ge (40 anni) (Cass. 1.4.1993 n. 3907). Ciò non vuol dire che si può prescindere completamente dal divario di età ma che, ai fini di verificare la contrarietà all’ordine pub- blico, bisognerà accertare in base a criteri elastici se il di- vario contrasti o meno con il superiore interesse del mino- re (Cass. 8.2.2000 n. 1366; sul sindacato costituzionale v. Corte cost. 1.4.1992 n. 148; Corte cost. 9.7.1999 n. 283). Parimenti è stata riconosciuta un’adozione a favore di per- sona singola (ma con gli effetti di un’adozione in casi par- ticolari) avvenuta con il mero della madre biologica ma in assenza di una previa esplicita dichiarazione di adottabili- tà. Nello specifico, si è affermato che è necessario accerta- re nel concreto se vi sia stato o meno abbandono del mi- nore. Esso può desumersi, oltre che dagli atti del procedi- mento, anche dalla situazione sociale ed economica media dello Stato di origine dell’adottato (nel caso, Repubblica di Haiti) (App. Torino 27.11.1995). Il riconoscimento di un provvedimento straniero a favore di single con effetti più

41

Nel documento Commento: Articolo 57 (pagine 83-85)

Outline

Documenti correlati