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EFFICACIA DI SENTENZE ED ATTI STRANIERI 64 Riconoscimento di sentenze straniere

Nel documento Commento: Articolo 57 (pagine 136-139)

1. La sentenza straniera è riconosciuta in Italia senza che sia necessario il ricorso ad alcun procedimento quando: a) il giudice che l’ha pronunciata poteva conoscere della causa secondo i princìpi sulla competenza giurisdiziona- le propri dell’ordinamento italiano;

b) l’atto introduttivo del giudizio è stato portato a conoscenza del convenuto in conformità a quanto previsto dalla legge del luogo dove si è svolto il processo e non sono stati violati i diritti essenziali della difesa;

c) le parti si sono costituite in giudizio secondo la legge del luogo dove si è svolto il processo o la contumacia è stata dichiarata in conformità a tale legge;

d) essa è passata in giudicato secondo la legge del luogo in cui è stata pronunziata;

e) essa non è contraria ad altra sentenza pronunziata da un giudice italiano passata in giudicato;

f) non pende un processo davanti a un giudice italiano per il medesimo oggetto e fra le stesse parti, che abbia avuto inizio prima del processo straniero;

g) le sue disposizioni non producono effetti contrari all’ordine pubblico.

Estremi Normativa di riferimento (codice ed extracodice)

 Competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (Reg. UE 12.12.2012, n. 1215 (Reg. Bruxelles I-bis))  Competenza giurisdizionale, riconoscimento ed esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e genitoriale (Reg. CE 27.11.2003, n. 2201 (Reg. Bruxelles II-bis))  Riconoscimento ed esecu- zione dei lodi arbitrali straniere (artt. 839-840 c.p.c.)  Riconoscimento ed esecuzione delle decisioni arbitrali straniere (Convenzione di New York del 10.6.1958)

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SOMMARIO

1. Il riconoscimento delle sentenze straniere in generale. – 2. Le condizioni di riconoscibilità: a) La competen- za giurisdizionale del giudice straniero secondo l’ordinamento italiano. – 3. Segue: b) rispetto del principio del contraddittorio e dei diritti di difesa. – 4. Segue: c) regolare costituzione o dichiarazione di contumacia. – 5. Segue: d) passaggio in giudicato della sentenza straniera. – 6. Segue: e) assenza di contrasto con sentenza italiana passata in giudicato. – 7. Segue: f) assenza di litispendenza in Italia di processo iniziato precedente- mente. – 8. Segue: g) assenza di profili di contrarietà all’ordine pubblico.

1. Il riconoscimento delle sentenze straniere in generale. – Il titolo IV della l. n. 218/1995 contiene le disposizioni at- traverso le quali l’ordinamento nazionale italiano disciplina l’efficacia delle sentenze e degli atti stranieri nell’ordi- namento interno. Va detto subito, peraltro, che le disposi- zioni di cui alla l. n. 218/1995 vanno integrate attraverso il riferimento alla normativa in materia emanata dall’Unione europea e dunque, in primo luogo, attraverso il riferimento al Reg. UE n. 1215 del 15.12.2012 sulla competenza giuri- sdizionale, il riconoscimento e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale (c.d. Reg. Bruxelles I-bis) e al Reg. CE n. 2201 del 27.11.2003 relativo alla competenza, al riconoscimento e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale (c.d. Reg. Bruxelles II-bis). Il riconoscimento si sostanzia nell’attribuire alla decisione la stessa imperatività ed effica- cia che le è propria nello Stato in cui è stata pronunciata. In particolare, ai sensi dell’articolo 64, se la sentenza straniera riveste autorità di cosa giudicata nello Stato di origine e pre- senta gli ulteriori requisiti richiesti, ad essa va attribuita la stessa efficacia di un giudicato nazionale anche nell’ordi- namento italiano, quale Stato c.d. “richiesto”, e ciò senza bisogno di alcun riesame del merito. A differenza dei Rego- lamenti europei (art. 2, lett. a, Reg. Bruxelles I-bis e art. 2, n. 4, Reg. Bruxelles II-bis), l’art. 64 della l. n. 218/1995 non contiene una definizione di che cosa debba intendersi per “sentenza”; tale nozione, tuttavia, può essere dedotta sulla base della Relazione ministeriale, la quale fa riferimento all’atto straniero di un’autorità giudiziaria o di altra pubblica autorità conclusivo di un procedimento che, se si fosse svol- to in Italia, avrebbe condotto alla pronuncia di una sentenza ed avente ad oggetto l’accertamento, la costituzione, la mo- dificazione o l’estinzione di un diritto soggettivo, di una capacità o di una situazione e la possibile conseguente con- danna. Per il riconoscimento delle sentenze straniere, peral- tro, l’articolo in esame non richiede il ricorso ad alcun pro- cedimento (App. Milano 13.3.1998, in Riv. dir. int. priv. proc., 1999, p. 570), anche se l’atto giudiziario straniero può anche avere efficacia in Italia in virtù di una sentenza del giudice italiano, purché sussistano i requisiti stabiliti dall’ar- ticolo in questione (App. Venezia 14.11.1997, in Nuova giur. civ. comm., 1998, I, p. 414). Gli eventuali vizi e la stes- sa mancanza della motivazione della sentenza straniera non costituiscono cause ostative al riconoscimento (Cass. 25.6.2002 n. 9247), che può avere luogo a condizione che siano soddisfatti i requisiti posti dalla norma in esame. La norma interna, peraltro, fissa in positivo i requisiti necessari per il riconoscimento, a differenza dei Regolamenti del- l’Unione europea, i quali prevedono in negativo gli ostacoli che precludono il riconoscimento.

2. Le condizioni di riconoscibilità: a) la competenza giu- risdizionale del giudice straniero secondo il diritto italia- no. – La prima condizione posta dall’art. 64 della l. n.

218/1995 è quella per cui il giudice straniero (che ha pro- nunciato la sentenza da riconoscere) fosse in grado di co- noscere la causa secondo i principi italiani in ordine alla competenza giurisdizionale. La lett. a) della norma in esa- me, peraltro, riprendendo l’analogo requisito fissato dall’ormai abrogato art. 797, co. 1, c.p.c., “non intende designare altro concetto che quello secondo cui tali princi- pi non siano altro che quegli stessi in base ai quali, in casi corrispondenti, il giudice italiano esercita la sua giurisdi- zione nei confronti dello straniero” (Cass. 28.5.2004 n. 10378). In base alle regole desumibili dalla l. n. 218/1995, dunque, “la competenza giurisdizionale del giudice stra- niero, che abbia pronunciato la sentenza del cui ricono- scimento in Italia si discuta, deve ritenersi sussistente non solo quando nel Paese straniero il convenuto abbia la resi- denza o il domicilio o vi abbia un rappresentante autoriz- zato a stare in giudizio (art. 64, comma 1, lettera a, in rela- zione all’art. 3, co. 1, della l. n. 218 del 1995), ma anche quando ricorra uno dei criteri di collegamento previsto dagli artt. 3, co. 2° e 4° del titolo II della Convenzione concernente la competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commerciale e protocol- lo, firmati a Bruxelles il 27.9.1968, resi esecutivi con la l. 21.6.1971, n. 804, e succ. modif., quando si tratti di una delle materie comprese nel campo di applicazione della Convenzione (a prescindere, in quest’ultimo caso, dal fatto che la sentenza sia stata emessa dal giudice di uno Stato aderente alla Convenzione di Bruxelles)” (Cass. 22.7.2004, n. 13662). Va peraltro ricordato, a questo riguardo, che il principio non opera allorché trovi applicazione diretta il Reg. UE n. 1215/2012 (Reg. Bruxelles I-bis), in quanto, provvedendo quest’ultimo a ripartire la competenza giuri- sdizionale tra gli Stati membri sulla base di un principio di mutuo riconoscimento e fiducia reciproca, è escluso che i giudici dello Stato del riconoscimento e dell’esecuzione possano sottoporre a sindacato la competenza del giudice a quo (MOSCONI, CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale. Vol. I. Parte generale e obbligazioni, Tori- no, 2017, p. 348). Quando, invece, la fattispecie sia estra- nea all’ambito di applicazione dei regolamenti dell’Unione europea e trovi, invece, la propria fonte di disciplina nella l. n. 218/1995, il legislatore avoca all’ordinamento italiano e affida al giudice il compito di verificare che il provvedi- mento straniero venga da un giudice di un ordinamento con il quale la fattispecie presenti una connessione tale da giustificare l’affermazione della competenza giurisdiziona- le del giudice straniero sulla base del criteri accolti dal- l’ordinamento italiano. Non opera, quindi, in questo ambi- to, un rinvio ai singoli ordinamenti stranieri ed alle diverse regole sulla competenza giurisdizionale in essi presenti (MOCHI ONORY DI SALUZZO, Competenza giurisdizionale internazionale, in Enc. giur. Treccani, VI, Roma, 1988).

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In tema di riconoscimento, l’accertamento devoluto alla Corte di appello in ordine al requisito di cui all’art. 64, lett. a), può essere sindacato in sede di legittimità solo sotto il profilo dell’individuazione del criterio di collegamento stabilito dalla legge e della sua corretta applicazione, non- ché in relazione alla congruità della motivazione, mentre non sembra consentito alcun riesame dei presupposti di fatto sui quali detta competenza sia radicata (Cass. 25.6.2002, n. 9247). Quindi, un difetto di giurisdizione in capo al giudice straniero rilevato in base alla sua normati- va, non impedirà il riconoscimento della sentenza da lui pronunciata in presenza di criteri fondanti la nostra giuri- sdizione (CAMPEIS, DE PAULI, Il processo civile italiano e lo straniero, Milano, 1996, p. 308). Conseguentemente, in tema di riconoscimento di sentenze straniere, i vizi che, se tempestivamente dedotti avanti al giudice straniero avreb- bero inficiato il giudizio (quale il vizio della notifica dell’atto introduttivo e la pretesa incongruità del termine a comparire assegnato al convenuto), non possono essere fatti valere, per la prima volta, davanti al giudice italiano. 3. Segue: b) rispetto del principio del contraddittorio e dei diritti di difesa. – La seconda condizione a cui è as-

soggettata la riconoscibilità e attribuzione di esecutività della sentenza straniera riguarda la regolare instaurazione del processo (a cui concorre anche il successivo requisito di cui alla lett. c) e la garanzia dei fondamentali diritti del- la difesa e del contraddittorio. È necessario, dunque, che l’atto introduttivo del giudizio sia stato portato a cono- scenza del convenuto in conformità alla legge del luogo di svolgimento del processo e che non siano stati violati i diritti essenziali della difesa (Cass. 29.9.2011 n. 19932). A tal fine, ove sia in contestazione il riconoscimento, la corte di appello non dovrà applicare pedissequamente i principi in tema di notificazione dettati dalla legge italiana, ma do- vrà “verificare se la comunicazione o la notificazione dell’atto introduttivo del giudizio abbia rispettato le regole previste dal diritto straniero ed abbia soddisfatto i principi fondamentali dell’ordinamento, in modo tale da non ledere i diritti essenziali della difesa, primo tra tutti quello al con- traddittorio” (Cass. 25.7.2006 n. 16978) come disciplinato e garantito dalle norme generali che regolano il processo straniero (App. Roma 12.4.2000, in Riv. dir. int. priv. proc., 2001, p. 126). L’accertamento di entrambi i requisiti si estrinseca in due procedure distinte, posto che la verifica della notificazione sfocia in una valutazione (di mera legit- timità) della legge processuale straniera in materia di noti- ficazioni; mentre l’accertamento della violazione dei diritti essenziali della difesa implica una valutazione (discrezio- nale) della regolarità dell’intero processo straniero (Cass. 11.7.2006 n. 15730). Entrambi i requisiti devono concorre- re tra loro, nel senso che l’indagine relativa al primo di essi deve riguardare un controllo di legittimità in ordine al puntuale rispetto della legge straniera in materia di notifi- cazioni, mentre l’indagine relativa al secondo deve coin- volgere un controllo di regolarità dell’intero processo alla stregua dei principi di ordine pubblico sanciti dall’or- dinamento italiano a salvaguardia del contraddittorio e del diritto di difesa in ambito processuale. Ne consegue che “la verifica relativa alla sussistenza dell’uno dei due requi- siti non assorbe quella attinente alla sussistenza dell’altro” (Cass. 22.7.2004 n. 13662). Come si è osservato, l’ac- certamento relativo “a tali due sotto-requisiti presenta ca-

rattere autonomo”, sia “rispetto all’oggetto dell’ac- certamento, che coinvolge la sola notifica dell’atto intro- duttivo nel primo caso, e la disciplina dell’intero processo straniero nel secondo”, sia ancora in rapporto all’or- dinamento di riferimento “rappresentato dalla lex proces- sus per quanto attiene al puntuale rispetto delle regole formali di instaurazione del giudizio, e dall’ordinamento italiano per la verifica del rispetto delle generali garanzie del due process”, sia infine “in ordine alla natura stessa dell’accertamento, che nel primo caso attiene al puntuale rispetto della ritualità della notifica, mentre nel secondo caso coinvolge una valutazione dell’intero processo stra- niero alla luce dei principi processuali italiani, e necessa- riamente comporta un certo margine di discrezionalità” (CARLEVARIS, Violazione dei diritti essenziali della difesa nel giudizio estero e rispetto del contraddittorio nel pro- cedimento di riconoscimento delle sentenze straniere, in Riv. dir. int. priv. proc., 2005, p. 1027). Per converso, un eventuale difetto del procedimento di notifica dell’atto introduttivo potrebbe essere sanato allorché siano stati comunque rispettati i diritti essenziali della difesa. In os- sequio ai principi di apertura e cooperazione tra ordina- menti, e a quello più specifico secondo cui è la legge del luogo ove si svolge il processo a disciplinare lo stesso, la regolarità della notifica dell’atto introduttivo del giudizio (assieme alla regolarità della costituzione in giudizio delle parti e alla presa d’atto da parte del giudice che una parte sia contumace) va valutata alla luce della legge straniera (MOSCONI, CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale. Vol. I. Parte generale e obbligazioni, Torino, 2017, p. 156).

4. Segue: c) regolare costituzione o dichiarazione di con- tumacia. – Collegandosi alla condizione di cui alla prece-

dente lett. b), la previsione in esame riguarda la regolare instaurazione del processo e la garanzia dei diritti della difesa e del contraddittorio, comportando che le parti si siano costituite in giudizio secondo la legge del luogo do- ve si è svolto il processo, o la contumacia sia stata dichia- rata in conformità a tale legge. La costituzione del conve- nuto, anche se il termine per la notifica a comparire non sia stata rispettata, vale a sanare il vizio (art. 164, co. 2, c.p.c.). È contumace la parte che non legittima davanti al giudice un proprio procuratore e perciò non si costituisce. In tale ipotesi, il giudice è chiamato a verificare se la noti- fica dell’atto introduttivo richiesta dall’attore sia stata cor- rettamente eseguita secondo una delle forme previste dalla normativa posta dalle convenzioni internazionali vigenti con il paese di destinazione (quello cioè nel cui territorio l’atto va notificato per consentire al destinatario la cono- scenza del processo).

5. Segue: d) passaggio in giudicato della sentenza stra- niera. – Il requisito in esame determina la differenza pro-

babilmente più rilevante e significativa in materia di rico- noscimento ed esecuzione di decisioni straniere tra la l. n. 218/1995, da un lato, ed il sistema di cui al Regolamento UE Bruxelles I-bis in materia civile e commerciale e il Regolamento UE Bruxelles II-bis, dall’altro lato (MOSCO- NI, CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e proces- suale. Vol. I. Parte generale e obbligazioni, Torino, 2017, 352). Infatti, mentre questi ultimi non richiedono il pas- saggio in giudicato per la riconoscibilità e l’esecuzione di

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