sul territorio dello Stato, Cass. S.U. 3.2.2004 n. 1994). Tra i fori generali contenuti all’art. 3 non si ritiene applicabile in materia matrimoniale quello della presenza sul territorio italiano di un rappresentante autorizzato a stare in giudizio secondo l’art. 77 c.p.c., attenendo alla sfera patrimoniale (BARATTA, op. cit., p. 72; Trib. Tivoli 14.11.2002, in Riv. dir. int. priv. proc., 2003, p. 534). Malgrado l’art. 3 non richieda espressamente l’estraneità del convenuto, si deve giungere a tale conclusione, poiché la cittadinanza italiana del convenuto integra un’ipotesi già ricompresa nell’art. 32 (CLERICI, Art. 32, in POCAR E AL. (a cura di), Commen- to alla riforma del diritto internazionale privato italiano. Legge 31 maggio 1995, n. 218, Torino, 1996, p. 175). L’art. 3 consente l’applicabilità allo straniero di tutte le norme sulla competenza interna, parificandolo così al cit- tadino (Cass. S.U. 11.2.2003 n. 2060; S.U. 3.2.2004 n. 1994; S.U. 27.11.1998 n. 12056; S.U. 9.12.1996 n. 10954). Il co. 2 dell’art. 3 prevede il ricorso a criteri di competenza territoriale interna per le materie non com- prese nell’ambito di applicazione della Convenzione di Bruxelles del 1968 sulla competenza giurisdizionale e l’esecuzione delle decisioni in materia civile e commercia- le (sostituita per gli Stati UE prima dal regolamento 44/2001, poi dal Reg. n. 1215/2012), tra le quali rientra il diritto di famiglia. Il c.p.c. non prevede alcun foro speciale per l’invalidità del matrimonio; pertanto, tale rinvio opere- rà per la legge sul divorzio, che all’art. 4 contiene i criteri di competenza territoriale (amplius, RICCI, Art. 32, in ZACCARIA E AL. (a cura di), Commentario breve al diritto della famiglia, Padova, 2016, p. 2478 ss.). Tra i titoli di giurisdizione espressamente menzionati dalla norma vi sono quello della cittadinanza italiana di uno dei coniugi e la celebrazione del matrimonio in Italia. Il primo tito- lo non opera distinzione tra attore e convenuto, conside- rando che nei procedimenti che affievoliscono o estinguo- no il vincolo matrimoniale l’interesse delle due parti è po- sto sul medesimo piano (BOSCHIERO, Appunti sulla rifor- ma del sistema italiano di diritto internazionale privato, Torino, 1996, p. 104). È sufficiente che uno solo dei co- niugi sia cittadino italiano (Cass. S.U. 8.2.2001 n. 47; S.U. 17.3.2000 n. 61). Per quanto di portata residuale a seguito dell’adozione della legge di riforma e del Reg. n. 2201/2003, il cittadino italiano potrà pertanto agire anche in base all’art. 3, n. 2, lett. e della l. n. 878/1970 per chie- dere lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio nel caso in cui l’altro coniuge straniero abbia ottenuto all’estero provvedimento analogo o contratto nuove nozze (v. sub art. 31; RICCI, Art. 32, in Codice dei minori, cit., p. 2385). Tale titolo di giurisdizione consente di rivolgersi ai giudici italiani, da un lato, ai cittadini ita- liani residenti all’estero; dall’altro, ai cittadini italiani ri- masti in patria e il coniuge straniero si sia spostato in un altro paese. Il secondo titolo di giurisdizione, ritenuto or- mai anacronistico perché amplia moltissimo la giurisdizio- ne italiana anche nei casi in cui il collegamento con il no- stro ordinamento è molto tenue o episodico (ad es. due cittadini stranieri che abbiano scelto l’Italia solo come luogo di celebrazione del matrimonio; per un’applicazione Trib. Firenze 15.4.2009, in Riv. dir. int. priv. proc., 2010, p. 749). Esso trova maggiore giustificazione per i casi di nullità e annullamento, che riguardano il momento costitu- tivo del matrimonio (CLERICI, Separazione personale dei
coniugi, IV) Diritto internazionale privato e processuale, in Enc. giur., p. 10). Tale titolo di giurisdizione ha delle ripercussioni anche in tema di riconoscimento delle sen- tenze straniere in materia matrimoniale. Considerato che l’art. 64 della legge richiede tra i requisiti per il ricono- scimento che il giudice d’origine abbia fondato la propria giurisdizione su criteri analoghi a quelli previsti dalla leg- ge italiana, la disposizione consente a coppie facoltose di sposarsi in paesi in cui sono possibili ricorsi facili, otte- nendone agevolmente il riconoscimento in Italia. Tuttavia, occorre in tali casi valutare la trascrivibilità di tali divorzi. In relazione ai c.d. divorzi lampo ottenuti in Olanda da coppie coniugate le quali, avvalendosi della disciplina ivi prevista, trasformano mediante semplice comunicazione all’ufficiale dello stato civile il matrimonio in convivenza registrata, al fine di evitare ogni controllo giudiziale in merito allo scioglimento, la circolare del Ministero dell’Interno del 18.7.2007 ne ha vietato agli ufficiali di Stato civile la trascrizione, sulla base che, essendo il con- trollo da parte del giudice uno dei requisiti indefettibili del nostro ordinamento, esso assurge a principio fondamentale (analogamente per i divorzi ottenuti davanti a notaio o al- tro pubblico ufficiale). L’art. 32 sulla giurisdizione va coordinato con l’art. 31 in materia di legge applicabile. Una volta verificata la propria competenza ai sensi dell’art. 32, il giudice dovrà determinare la legge applica- bile in base ai criteri di collegamento dell’art. 31 (o del Reg. n. 1259/2010: v. sub art. 31, par. 3). Pertanto, qualora un coniuge sia cittadino italiano o il matrimonio sia stato celebrato in Italia, la giurisdizione italiana si radica anche se la vita matrimoniale si è prevalentemente svolta in un altro Stato (Cass. S.U. 20.7.2001 n. 9884; S.U. 8.2.2001, n. 47; S.U. 17.3.2000, n. 61; Trib. Varese 13.11.2012, in Riv. dir. int. priv. proc., 2014, p. 105; Trib. Tivoli 4.8.2009, ivi, 2011, p. 160; per un errore del giudice che, per radicare la giurisdizione, si riferisce alla prevalente localizzazione della vita matrimoniale, Trib. Reggio Emi- lia 3.4.2008, ivi, 2009, p. 737).
3. Il Reg. n. 2201/2003 – L’entrata in applicazione, il 1.3.2005, del Reg. n. 2201/2003 (amplius, in dottrina, BIAGIONI, Il nuovo regolamento comunitario sulla giuri- sdizione e sull’efficacia delle decisioni in materia matri- moniale e di responsabilità dei genitori, in Riv. dir. int., 2004, p. 991 ss.; BARUFFI, Osservazioni sul regolamento Bruxelles II-bis, in BARIATTI (a cura di), La famiglia nel diritto internazionale privato comunitario, Milano, 2007, p. 175 ss.; MAGNUS,MANKOWSKI, Brussels IIbis Regula- tion, Sellier, 2012; BAREL,ARMELLINI, Manuale breve di diritto internazionale privato, Milano, 2016, p. 140 ss.; MOSCONI, CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, II, Torino, 2016, quarta ed., p. 123 ss.), c.d. Bruxelles II bis, relativo alla competenza, al riconoscimen- to e all’esecuzione delle decisioni in materia matrimoniale e in materia di responsabilità genitoriale (v. sub art. 42, par. 4), ha limitato fortemente l’applicazione della norma in commento (per alcuni casi si è radicata erroneamente la competenza in base all’art. 32, quando si sarebbe dovuto applicare il regolamento: Trib. Modena 31.7.2008, in Riv. dir. int. priv. proc., in Riv. dir. int. priv. proc., 2009, p. 739; Trib. Reggio Emilia 3.4.2008, ivi, p. 737; Trib. Reg- gio Emilia 3.9.2007, ibidem, p. 638; per un caso in cui i giudici hanno dichiarato la giurisdizione italiana in baso al
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combinato disposto dell’art. 32 della l. n. 218/1995 e dell’art. 3 del regolamento, senza considerare che quest’ul- tima norma sostituisce la prima, Trib. Milano 11.12.2012, in Riv. dir. int. priv. proc., 2013, p. 768). Ai sensi dell’art. 1, par. 1, lett. a, il regolamento si applica, indipendente- mente dal tipo di autorità giurisdizionale, alle materie civi- li relative al divorzio, alla separazione personale e all’an- nullamento del matrimonio. Non rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento i procedimenti relativi alla cessazione delle unioni di fatto o alla dissoluzione delle unioni registrate. Sono altresì escluse le questioni relative al mantenimento o agli alimenti, disciplinate dal Reg. n. 4/2009, ai regimi patrimoniali tra coniugi (regolamento 2016/1103), ovvero alla colpa dei coniugi, come l’ad- debito della separazione ai sensi dell’art. 151 c.c. (conside- rando 8; v. Trib. Tivoli 6.4.2011, in Riv. dir. int. priv. proc., 2011, p. 1097, che, considerando l’addebito un ille- cito civile doloso non applica il regolamento in esame, ma il Reg. n. 44/2001, oggi 1215/2012; contra, Trib. Belluno 30.12.2011, ivi, 2012, p. 452, che applica il regolamento anche alla richiesta di addebito in virtù dell’inscindibile connessione alla domanda di separazione). La nozione di materia civile deve essere interpretata in maniera autono- ma per consentire l’uniforme applicazione del regolamen- to. Si considerano autorità giurisdizionali tutte le autorità degli Stati membri competenti per le materie rientranti nel campo di applicazione del regolamento. Vi rientrano i pro- cedimenti che si svolgano davanti ad autorità amministra- tive (come nei paesi scandinavi), mentre sono esclusi quel- li dinanzi ad autorità religiose che non ricevano un avallo dallo Stato (analogicamente, C. giust. 20.12.2017, C- 372/16, Sahyouni, ha stabilito che il divorzio risultante da una dichiarazione unilaterale di uno dei coniugi dinanzi a un tribunale religioso non ricade nella sfera di applicazio- ne del Reg. n. 1259/2010). Il regolamento utilizza il termi- ne decisione, riferendosi al provvedimento emesso in uno Stato membro nelle materie che rientrano nel campo di applicazione oggettivo del regolamento, indipendentemen- te dalla natura del provvedimento e dalla sua denomina- zione (decreti, sentenze, ordinanze), nonché dal carattere definitivo, richiedendosi il passaggio in giudicato solo ai fini dell’aggiornamento dei registri dello stato civile. Alle decisioni sono equiparati gli atti pubblici esecutivi nello Stato in cui sono redatti o registrati e gli accordi tra le par- ti, se esecutivi nello Stato in cui sono conclusi. In relazio- ne ai titoli di giurisdizione in materia matrimoniale, l’art. 3 prevede una serie di titoli alternativi, a scelta dell’attore che è libero di individuare il foro più favorevole, salvo il caso di domanda congiunta. I titoli e la numerosità degli stessi sono ispirati al favor divortii e sono fondati sulle diverse combinazioni dei criteri della residenza abituale (lett. a) e della cittadinanza comune dei coniugi (lett. b). La residenza abituale assicura un collegamento sostanziale tra lo Stato del foro e la controversia; essa non è definita dal regolamento, ma valutata dal giudice in relazione ad ogni singolo caso concreto, tenendo conto gli elementi di fatto e solo in parte quello soggettivo, ossia l’intenzione di un soggetto a permanere in un certo Stato con stabilità (Trib. Milano, ord., 16.4.2014, in Riv. dir. int. priv. proc., 2015, p. 162; Trib. Milano 5.2.2010, ivi, 2012, p. 140). La residenza abituale di uno dei coniugi è il luogo in cui l’interessato ha fissato con carattere di stabilità il centro dei suoi interessi e in cui svolge prevalentemente la sua
vita personale ed eventualmente lavorativa (Cass. S.U. 17.2.2010 n. 3680) e non è esclusa dal fatto che l’inte- ressato abbia trascorso un soggiorno, anche continuativo, in un altro Stato membro (Cass. S.U. 2010, n. 15328). Se riferita alla residenza comune dei coniugi, tali indici devo essere riferiti alla coppia e non al singolo coniuge. L’art. 3, lett. a pone sei titoli di giurisdizione basati sulla residenza abituale, a dimostrazione della facilità di trovare un foro ai sensi del regolamento. È pertanto competente lo Stato membro 1) della residenza abituale dei coniugi, 2) dell’ul- tima residenza abituale dei coniugi se uno di essi vi risiede ancora, 3) della residenza abituale del convenuto, 4) in caso di domanda congiunta, della residenza abituale di uno dei coniugi, 5) della residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per un anno immediatamente prima della domanda, 6) della residenza abituale dell’attore se questi vi ha risieduto almeno per sei mesi immediatamente prima della domanda ed è cittadino dello Stato membro stesso (o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, ha ivi il proprio domicile). La residenza del convenuto o dei coniu- gi, per essere definita abituale, deve avere una certa durata, ma, a differenza di quella dell’attore, può anche essere inferiore a sei mesi per essere rilevante ai sensi dell’art. 3. In ogni caso sono previste ben tre ipotesi di forum actoris: la prima, la quinta e la sesta, queste ultime due integrando due e vere e proprie presunzioni assolute di aver maturato nello Stato del foro un’effettiva residenza abituale. Si se- gnala che non è possibile avvalersi del quinto e del sesto trattino dell’art. 3, lett. a per fondare la giurisdizione se l’azione per l’annullamento del matrimonio è proposta da una persona diversa da uno dei coniugi, ad es. un terzo a seguito del decesso degli stessi, pur rientrando tale azione nell’ambito di applicazione del regolamento (C. giust. 13.10.2016, C-294/15, Mikolajczyk). Per un’applicazione del primo trattino, Trib. Roma 9.8.2016; Trib. Padova 4.8.2015; Trib. Treviso 5.6.2015; Trib. Trento 28.4.2011; del secondo trattino, Trib. Palmi 28.1.2013, in Riv. dir. int. priv. proc., 2014, p. 317; Trib. Milano 1.6.2012, ivi, 2013, p. 753; Trib. Arezzo 15.3.2011, ivi, 2012, p. 161; App. Perugia 10.3.2011, ibidem, p. 153; Trib. Belluno 5.11.2010, ivi, 2011, p. 756; del quarto trattino, Trib. Bel- luno 27.10.2016; Trib. Belluno 6.3.2009, ivi, 2011, p. 140; del quinto trattino, Trib. Mantova 19.1.2016; Trib. Roma 27.1.2015; Trib. Belluno 30.12.2011, cit.; Trib. Tivoli 6.4.2011, cit.; del sesto trattino, Trib. Pordenone 14.10.2014, ivi, 2014, p. 1011; Trib. Milano 21.11.2013, ivi, 2015, p. 367. Il titolo fondato sulla cittadinanza ex art. 3, lett. b richiede la cittadinanza comune di uno Stato membro (o, nel caso del Regno Unito e dell’Irlanda, il domicile). La cittadinanza deve essere determinata sulla base della legge nazionale dello Stato membro di cui l’interessato si afferma cittadino. In presenza di doppia cittadinanza, il giudice deve prendere in considerazione entrambe, senza esaminare se una di esse abbia carattere prevalente in ragione di particolari legami di fatto con uno degli Stati coinvolti (C. giust. 16.7.2009, C-168/08, Hada- di), ad differenza di quanto contenuto dell’art. 19 della legge di riforma che invece dà prevalenza alla cittadinanza del foro. Il contrario sarebbe infatti contrario al divieto di discriminazione (C. giust. 2.10.2003, C-148/02, Garcia Avello). Il giudice competente per la domanda principale è competente anche per la domanda riconvenzionale che rientri nel campo di applicazione del regolamento (art. 4),