I rapporti personali e patrimoniali tra l’adottato e l’adottante o gli adottanti ed i parenti di questi sono regolati dal diritto nazionale dell’adottante o degli adottanti se comune o, in mancanza, dal diritto dello Stato nel quale gli adottanti sono entrambi residenti ovvero da quello dello Stato nel quale la loro vita matrimoniale è prevalen- temente localizzata.
Estremi Normativa di riferimento (codice ed extracodice)
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tari (Reg. n. 4/2009; Convenzione dell’Aja del 23 novembre 2007) Responsabilità genitoriale (Convenzione dell’Aja del 19.10.1996) Riforma filiazione (d.lgs. 28.12.2013, n. 154)
SOMMARIO
1. Ambito di applicazione. Le tipologie di adozione – 1.1. La famiglia. I rapporti. – 2. Disciplina.
1. Ambito di applicazione. Le tipologie di adozione. – Prima dell’entrata in vigore della l. n. 218/1995 il regime riguardante i rapporti tra adottato e famiglia adottiva costi- tuiva l’unico profilo di diritto internazionale privato in materia di adozione disciplinato dal legislatore (art. 20, co. 2, Preleggi). La riforma di diritto internazionale privato del 1995 ha dedicato un intero capo all’adozione e, all’interno di questo, ha inserito la regolamentazione dei rapporti tra adottato e famiglia adottiva nell’art. 39. Tale norma ha da subito sollevato dibattiti sull’effettiva portata del suo det- tato. In particolare l’ampiezza del dato letterale faceva sì che la norma paresse potersi applicare a qualsiasi tipo di adozione: la lettera non distingueva tra soggetti maggio- renni o minorenni né tra adozione c.d. legittimante oppure adozione c.d. non legittimante. Peraltro secondo l’opinione maggioritaria l’art. 39 si sarebbe dovuto riferire esclusi- vamente all’adozione non idonea ad attribuire lo stato di figlio. Infatti, includendo l’adozione legittima, si sarebbe arrivati a un inaccettabile diverso trattamento tra figli san- guinis legittimi (i cui rapporti sono regolati dalla legge nazionale del figlio ex art. 36) e figli legittimi a seguito di adozione. Un tale risultato avrebbe contrastato con la già allora ratificata Convenzione di europea sull’adozione dei minori del 24.4.1967 (ratificata con l. 22.5.1974, n. 357) il cui art. 10 dispone l’attribuzione all’adottante degli stessi diritti e obblighi previsti in capo ai genitore legittimo. Si è quindi sostenuto che l’evoluzione giuridica e sociale dell’istituto adottivo, con particolare riguardo all’adozione legittima, non poteva che condurre a ritenere tale tipo di adozione esclusa dall’ambito di applicazione dell’art. 39 (FRANCHI, sub art. 39, in AA.VV., Commento alla riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato – L. 31 maggio 1995, n. 218, in Le nuove leggi civili commen- tate, 1996, 5/6, p. 1220 ss.). Vi è chi ha sostenuto che la norma di conflitto sui rapporti derivanti dall’adozione le- gittimante fosse ricavabile dallo stesso art. 38, seconda parte del co. 1 (BAREL,ARMELLINI, Diritto internazionale privato, Milano, 2016, p. 198). Infatti nell’ipotesi di ado- zione legittimante richiesta al giudice italiano non potreb- be non applicarsi la lex fori così come disposto dall’art. 38. Al riguardo, è stato fatto notare che l’utilizzo dei criteri previsti dall’art. 39 porterebbe invece in tal caso il rischio che la norma di conflitto, rinviando a una legge diversa da quella italiana, metta in discussione il carattere legittiman- te dell’adozione sebbene richiesta espressamente al giudi- ce nel momento dell’instaurazione del procedimento da- vanti al giudice italiano (BONOMI, La disciplina dell’adozione internazionale dopo la riforma del diritto internazionale privato, in Rivista di diritto civile, 1996, II, p. 376 ss.). Accanto a tale teoria, vi è chi ha affermato che la norma di conflitto vada individuata nell’art. 36 in mate- ria di rapporti tra genitori e figli, con conseguente applica- zione della legge nazionale del figlio. Solo così facendo infatti si avrebbe una piena equiparazione tra lo status di
figlio sanguinis legittimo e quello di figlio legittimo a se- guito di adozione, in conformità al principio di eguaglian- za sancito dall’art. 3 Cost. (CAFARI PANICO, sub art. 39, in AA.VV., Commentario del nuovo diritto internazionale privato, in Riv. dir. int. priv. proc., 1996, 50, p. 199 ss.). Ciò detto, bisognerà vedere se l’introduzione del c.d. principio dell’unicità dello stato di figlio porterà a muta- re l’interpretazione dell’art. 39. Infatti la scelta del legisla- tore di modificare – con il d.lgs. 28.12.2013, n. 154 – la normativa vigente al fine di assicurare la completa egua- glianza giuridica tra i figli nati nel e fuori dal matrimonio ha fatto sì che venissero parzialmente mutate anche alcune norme in materia di adozione (fra queste l’art. precedente, v. sub art. 38). L’interpretazione della presente norma co- me escludente i casi di adozione piena sembra quella che meglio si conforma alla finalità della riforma. D’altra parte non si può non notare che il legislatore ben avrebbe potuto intervenire rendendo esplicita tale volontà. Appare legitti- mo quindi chiedersi se ci si trovi di fronte a una semplice mancanza o a una scelta consapevole di lasciare il dettato della norma immutato. In tale ultimo caso viene da chie- dersi se si possa ancora superare l’onnicomprensivo dato letterale. Al riguardo bisogna sottolineare che laddove si ritenesse di rifarsi al dato letterale e quindi di applicare una norma di conflitto diversa in caso di acquisizione dello status di figlio legittimo a seguito di adozione rispetto all’ipotesi di figlio sanguinis legittimo, si negherebbe l’attribuzione di un comune status di figlio che conferisce uguali diritti e doveri, modificando la disciplina a seconda della fonte generativa di detto status. Non vi sarebbe quin- di una vera equiparazione. Bisogna pertanto chiedersi se detta differenziazione trovi riscontro nelle caratteristiche peculiari all’istituto adottivo o violi, invece, il principio di unicità dello stato di figlio nonché lo stesso art. 3 Cost. Al riguardo, bisogna notare che la scelta originaria del legi- slatore per una formulazione onnicomprensiva sembra es- sere stata pienamente consapevole. Infatti, la ratio appare essere la stessa che ha improntato l’art. 38 (v. sub art. 38) ossia quella di sottoporre l’adozione al diritto cui fa rife- rimento l’ambiente familiare in cui l’adottato viene inseri- to (in questo senso v. Relazione allegata allo schema di articolato, in Riv. dir. int. priv. proc., 1989, p. 966). Il prevedere quale criterio di collegamento per l’indivi- duazione della legge la nazionalità del figlio condurrebbe all’applicazione di una legge il cui unico vero legame con- siste in molti casi nella mera circostanza che l’adottato è nato in un Paese dove ha trascorso i primi anni di vita. Sa- rebbe quindi valorizzata la legge di uno Stato che non avrà ulteriori legami nella vita dell’adottato. Si potrebbe perciò anche dubitare del fatto che l’applicazione di tale normati- va rispecchi effettivamente il superiore interesse del mino- re in maniera maggiore rispetto a un criterio di collega- mento che valorizzi il suo inserimento nel nuovo nucleo familiare. Ciò detto, al momento non risultano ancora es-