1. Le condizioni per il riconoscimento del figlio sono regolate dalla legge nazionale del figlio al momento della nascita, o se più favorevole, dalla legge nazionale del soggetto che fa il riconoscimento, nel momento in cui que- sto avviene; se tali leggi non prevedono il riconoscimento si applica la legge italiana (1).
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2. La capacità del genitore di fare il riconoscimento è regolata dalla sua legge nazionale.
3. La forma del riconoscimento è regolata dalla legge dello Stato in cui esso è fatto o da quella che ne disciplina la sostanza.
(1) Co. 1 e rubrica modificati dall’art. 101, co. 1, lett. b), d.lgs. 28.12.2013, n. 154, Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione.
Estremi Normativa di riferimento
Filiazione (art. 291 ss. c.c.) Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione (d.lgs. 28.12.2013, n. 154)
SOMMARIO
1. Osservazioni generali e le condizioni per il riconoscimento. – 2. La capacità di effettuare il riconoscimento e la forma dello stesso.
1. Osservazioni generali e le condizioni per il riconosci- mento. – L’art. 35 fornisce una disciplina per il ricono- scimento della filiazione, istituto noto in molti ordina- menti giuridici ma non in tutti, consistente in quel negozio giuridico idoneo ad attribuire lo status di figlio mediante la manifestazione unilaterale di volontà del genitore (MO- SCONI,CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e pro- cessuale, II, Torino, 2016, quarta ed., p. 193). L’attuale formulazione della norma si deve all’art. 101, co. 1, lett. b), d.lgs. 28.12.2013, n. 154, Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione, che allinea la disposizione in commento al principio dell’unicità dello stato di figlio sancito dalla l. 10.12.2012, n. 219. La tecnica legislativa adottata è quella del frazionamento della fattispecie, rego- lando diversi aspetti della medesima per mezzo di apposite norme di collegamento: il co. 1 disciplina le condizioni per il riconoscimento, il 2° i requisiti di capacità in capo al genitore che lo esegue, il 3° le questioni di carattere formale. Le condizioni per il riconoscimento sono regola- te, in concorso sussidiario, dalla legge dello Stato del figlio al momento della nascita oppure, se più favorevole, da quella nazionale del genitore che effettua il ricono- scimento nel momento in cui questo ha luogo (CAREL- LA, Art. 35, in BARIATTI (a cura di), Legge 31 maggio 1995 n. 218, Riforma del sistema italiano di diritto inter- nazionale privato. Commentario, in Nuove leggi civ. comm., 1996, p. 1195; contra, MOSCONI,CAMPIGLIO, op. loc. cit., che ravvisano un concorso alternativo). Anche in questo caso, come già in riferimento all’analoga espressio- ne utilizzata nell’art. 33 in materia di accertamento della filiazione, deve ritenersi più favorevole la legge che con- sente lo stabilimento della filiazione rispetto a quella che non lo consente. Mentre il criterio della cittadinanza del figlio è cristallizzato al momento della nascita, quello del- la nazionalità del genitore è fissato nel momento in cui avviene il riconoscimento, con la conseguenza che non è chiaro stabilire se il legislatore abbia voluto intendere il riconoscimento come retroattivo o come produttivo di ef- fetti ex nunc. La soluzione dipenderà di volta in volta da ciò che stabilisce la legge applicabile al caso concreto (CAMPIGLIO, Art. 35, in POCAR e al. (a cura di), Commen- to alla riforma del diritto internazionale privato italiano. Legge 31 maggio 1995, n. 218, Torino, 1996, p. 189). Nel caso in cui entrambe le leggi permettano il riconoscimen- to, deve applicarsi quella che lo ammette a condizioni me- no gravose. Qualora il riconoscimento non sia possibile
secondo nessuna delle leggi richiamate, si applica la legge italiana. Viene pertanto utilizzata, come nell’art. 33, al quale si rinvia, la tecnica delle considerazioni materiali, prevedendo cioè il rinvio alle disposizioni materiali dell’ordinamento per i casi in cui le leggi richiamate non conoscano l’istituto disciplinato nella norma. Anche con riguardo al riconoscimento, l’applicazione della legge ita- liana può comportare il rischio che lo Stato di cui il figlio o il genitore che esegue il riconoscimento sono cittadini non riconosca la filiazione così stabilita, ma il legislatore ha evidentemente valutato come preminente l’interesse del minore a qualunque altra considerazione, anche a costo di costituire un rapporto claudicante, riconosciuto in Italia ma non nel paese di origine delle persone interessate. In ogni caso il richiamo alla legge italiana consente di superare quei casi in cui, prima della novella del 2013, veniva invo- cato l’ordine pubblico qualora il diritto straniero applica- bile escludesse la possibilità di riconoscimento (o la sotto- ponesse a limiti eccessivi). È quanto avviene negli ordi- namenti islamici che ammettono solo la filiazione legitti- ma e non quella naturale nei confronti del padre, impeden- do così il volontario riconoscimento in base alla legge di quest’ultimo (Cass. 28.12.2006, 27592, su cui CORBETTA, in Fam. pers. e succ., 2007, p. 597; Cass. 27.10.1999 n. 12077, per un caso nel quale la Corte, opponendosi la ma- dre al riconoscimento di paternità sulla base del rischio di assoggettare la figlia a norme discriminatorie, ha ritenuto che la mera diversità culturale non può di per sé costituire elemento significativo ai fini dell’esclusione dell’interesse della minore alla bigenitorialità, soprattutto in un caso in cui la minore avrebbe comunque mantenuto la cittadinanza italiana). In dottrina è stato sostenuto che la legge richia- mata dal co. 1 della norma de qua regoli anche gli effetti del riconoscimento (CARELLA, op. loc. cit.). Tuttavia, oc- corre altresì rilevare che gli effetti della filiazione coinci- denti con rapporti con i genitori ricadono nell’ambito di applicazione dell’art. 36. La contestazione della filiazione ovvero l’impugnazione del riconoscimento sono invece sussunti nell’art. 33 della legge di riforma. Parte della dot- trina ritiene inoltre che la norma in esame, e non l’art. 33, si applichi altresì ai procedimenti giudiziali di accerta- mento mettendo in luce la disparità di trattamento che conseguirebbe applicando due norme differenti al ricono- scimento per atto volontario del genitore e all’accer- tamento in via giudiziale (CARELLA, op. loc. cit.). Tale disparità di trattamento, tuttavia, poteva emergere nella