vivenza, unico istituto al quale nel nostro ordinamento possono accedere le coppie di sesso diverso, all’art. 1, co. 28, lett. b), ha delegato il Governo ad adottare uno o più decreti legislativi in materia di unioni civili tra persone dello stesso sesso, dettando quale principio generale l’applicazione della disciplina dell’unione civile tra perso- ne dello stesso sesso regolata dalle leggi italiane alle cop- pie formate da persone dello stesso sesso che abbiano con- tratto all’estero matrimonio, unione civile o altro istituto analogo. Infatti, da un’analisi letterale degli artt. introdotti per effetto del d.lgs. n. 7/2017, e in particolare dal combi- nato disposto degli artt. 32 bis e 32 quinquies, in relazione al riconoscimento degli status acquisiti all’estero da coppie formate da cittadini italiani dello stesso sesso, sposate o unite in altra forma, emerge la loro equipara- zione, quanto agli effetti, all’istituto italiano delle unio- ni civili. Da una mera lettura delle norme sembra che l’unico problema internazionalprivatistico sia quello del riconoscimento per analogia degli status acquisiti all’estero da coppie dello stesso sesso, risolto assimilando- li alle unioni civili italiane (e ciò sia nel caso di matrimo- nio che di altre forme di partnership). Sembrerebbe per- tanto che alle norme italiane in materia sia attribuito il rango di norme di applicazione necessaria, cosicché qua- lunque unione same-sex formata all’estero (da cittadini italiani o stranieri) dovrebbe essere, per il nostro ordina- mento, interamente regolata dalla legge italiana. Ne con- segue l’attribuzione al matrimonio e alle unioni civili dei soli effetti stabiliti dalla l. n. 76/2016, che potrebbero esse- re diversi da quelli previsti nell’ordinamento di origine. Ciò anche qualora questi ultimi non siano in contrasto con il nostro ordine pubblico o altre norme fondamentali. La soluzione di procedere al riconoscimento del matrimonio, unione civile o altro istituto analogo contratto all’estero tra persone dello stesso sesso attraverso l’adattamento al mo- dello interno rischia di generare situazioni giuridiche clau- dicanti con effetti diversi nell’ordinamento in cui sono state create e in quello in cui la vita della coppia è destina- ta a svolgersi. La scelta del legislatore in sede di delega è stata criticata in dottrina (SCAFFIDI RUNCHELLA, Osserva- zioni a prima lettura sulla legge sulle unioni civili tra per- sone dello stesso sesso, nella prospettiva internazionalpri- vatistica, SidiBlog, 16.5.2016) e porterà certamente a si- tuazioni problematiche, anche perché sembra irragionevole non consentire – ferma la trascrizione nei registri di stato civile, ove richiesta, come unione civile – il riconoscimen- to nel nostro ordinamento di eventuali diritti o doveri pre- visti dalla legge straniera se non in contrasto con principi da noi ritenuti fondamentali. D’altronde anche il matrimo- nio tradizionale concluso all’estero viene trascritto nel no- stro ordinamento quale matrimonio senza ulteriori specifi- cazioni, senza che ciò impedisca l’applicazione delle ordi- narie regole di conflitto finalizzate a determinare quale sia la legge applicabile (anche straniera) ai rapporti personali o patrimoniali fra i coniugi. L’applicazione della “versione italiana” di unione civile a tutti i soggetti che ne richiedo- no il riconoscimento in Italia potrebbe inoltre sollevare in futuro problemi di compatibilità con il diritto dell’Unione europea nel momento in cui potesse essere definita – in analogia a quanto accaduto nella causa Garcia Avello (C. giust. 2.10.2003, causa C-148/02) in tema di attribuzione del cognome – quale ostacolo alla libera circolazione delle
persone, che si vedrebbero attribuiti diritti diversi nei di- versi Stati dell’Unione europea. La certezza del proprio status e dei diritti che ne derivano verrebbe quindi posta a rischio al momento del trasferimento della propria resi- denza in uno Stato membro diverso, e precisamente in Ita- lia. Se questo sinora non è stato determinante per ritenere in contrasto col diritto dell’Unione europea il divieto di riconoscimento di un matrimonio fra persone dello stesso sesso (che pur rappresentava un ostacolo alla libera circo- lazione e che d’altronde non è stato ritenuto in contrasto neanche coi diritti previsti dalla CEDU), sembra però più facile che possa portare a problemi nel momento in cui lo Stato apre a forme alternative di famiglia quali le unioni civili. Si pensi anche alle problematiche in tema di succes- sione che ne potrebbero derivare in relazione al Reg. n. 650/2012. Se è vero che tale regolamento non si applica allo status delle persone, è vero altresì che indirettamente lo stesso finirà per incidere anche su questi aspetti: si pensi all’ipotesi di un soggetto, da ultimo residente in Italia ma che abbia concluso un PACS in Francia. La sua successio- ne, in assenza di scelta circa la legge applicabile, sarebbe regolata dalla legge italiana che attribuisce diritti successo- ri al partner, contrariamente a quanto prevede la legge francese per la quale il partner non ha diritti successori se non su base testamentaria, giungendo così ad un risultato che potrebbe essere in contrasto con la volontà del de cuius che, per ipotesi, aveva volontariamente escluso il partner dal proprio testamento. D’altronde questa è la so- luzione alla quale sembra portare anche l’applicazione dell’art. 23 del regolamento stesso, nel punto in cui preve- de che sia la legge applicabile alla successione a determi- nare i diritti successori del partner (senza in ciò distinguere fra partner di fatto o nell’ambito di una unione registrata). E ciò nonostante l’art. 2 del regolamento stesso escluda dall’ambito di applicazione i rapporti di famiglia e i rap- porti che secondo la legge applicabile a questi ultimi han- no effetti comparabili. La conseguenza appare quindi la legittimazione di una riqualificazione dell’unione civile straniera in una di diritto interno tutte le volte in cui il partner della cui successione si tratta fosse residente in Italia al momento della morte. Quanto ai rapporti con il diritto dell’Unione europea si deve tenere presente anche il Reg. n. 2016/1104 sugli effetti patrimoniali delle unioni registrate applicabile dal 29.1.2019 (v. supra, sub art. 30, par. 4). Tale regolamento non tratta del riconoscimento delle unioni registrate nei diversi Stati membri, né della validità delle stesse, ma prevede regole circa la gestione quotidiana dei beni dei partner e la liquidazione dei loro beni in seguito a separazione personale o morte di un part- ner (considerando 18), in parallelo con quanto si prevede per le coppie coniugate (Reg. 2016/1103). Alla luce di questo, la legge applicabile potrà essere scelta dai partner stessi, seppure con limiti ben precisi (potendosi scegliere la legge della residenza abituale o della cittadinanza dei partner o futuri tali, o anche di uno solo di essi, o la legge dello Stato in cui l’unione registrata è stata costituita) o, in assenza di scelta, sarà quella dello Stato in cui l’unione registrata è stata costituita (salvo, ipotesi eccezionale, il caso in cui uno dei partner chieda al giudice che la legge applicabile sia la legge dello Stato in cui i partner hanno avuto l’ultima residenza abituale comune). Alla luce di ciò, la scelta del nostro legislatore dovrà essere interpretata (se non addirittura corretta), al fine di renderla compatibile
32 quinquies
con il diritto dell’Unione europea, nel senso di non ritenere possibile l’assimilazione delle unioni straniere a quelle di diritto interno almeno sotto i profili che saranno coperti dal regolamenti in esame (che però non si applicherà alla successione a causa di morte del partner). Non sorgono dubbi di compatibilità con il diritto dell’Unione europea in relazione al divieto di accesso diretto, da parte di soggetti presenti nel nostro ordinamento, ad una tipologia di unione civile regolata da una legge straniera: pertanto la legge applicabile a chiunque voglia concludere tale unione sul territorio italiano non potrà essere che quella determinata con la l. n. 76/2016 quale norma di applicazione necessaria a prescindere dalla cittadinanza o da altri elementi di estraneità dei soggetti coinvolti.
2. Le disposizioni introdotte dal d.lgs. n. 7/2017. – In base alla delega ricevuta, l’art. 1, co. 1. lett. a), d.lgs. 19.1.2017, n. 7 prevede l’introduzione di quattro nuovi articoli nella l. n. 218/1995 dopo l’art. 32. L’art. 32 bis statuisce che il matrimonio tra persone dello stesso sesso contratto all’estero produca nel nostro ordinamento gli stessi effetti dell’unione civile regolata dalla l. n. 76/2016, qualunque sia la loro cittadinanza (v. supra, par. 1). L’art. 32 ter di- sciplina la costituzione di unioni civili tra persone mag- giorenni dello stesso sesso. La disposizione detta in primo luogo le condizioni per costituire un’unione civile. In base al co. 1, la capacità e le condizioni per costituire un’unione civile sono regolate dalla legge nazionale di ciascuna parte al momento della costituzione e, qualora la legge nazionale straniera così richiamata non contempli l’isti- tuto, è prevista l’applicazione della legge italiana. In ogni caso, le cause impeditive della costituzione di un’unione civile, di cui all’art. 1, co. 4, l. n. 76/2016, sono soggette in via esclusiva dalle pertinenti disposizioni della legge ita- liana, espressamente qualificate come norme di applica- zione necessaria. Sono cause impeditive per la costituzio- ne dell’unione civile tra persone dello stesso sesso: la sus- sistenza di un vincolo matrimoniale o di un’unione civile tra persone dello stesso sesso; l’interdizione di una delle parti per infermità mentale (nel caso sia soltanto promossa la causa di interdizione, il PM può chiedere che si sospen- da il procedimento per l’unione civile, che riprenderà solo dopo la formazione del giudicato sulla causa per l’in- terdizione); la sussistenza di rapporti di affinità o parentela tra le parti; la condanna definitiva di un contraente per omicidio consumato o tentato nei confronti di chi sia co- niugato o unito civilmente con l’altra parte (se è stato di- sposto soltanto rinvio a giudizio ovvero sentenza di con- danna di primo o secondo grado ovvero una misura caute- lare la procedura per la costituzione dell’unione civile tra persone dello stesso sesso è sospesa sino a quando non è pronunziata sentenza di proscioglimento). Tra gli impedi- menti non è prevista la mancanza della maggiore età, con la conseguenza che questo profilo sarà regolato dall’ec- cezione di ordine pubblico, stabilita dall’art. 16 della l. n. 218/1995, e già applicata al matrimonio dello straniero in Italia, regolato dall’art. 116 c.c., la cui applicabilità alle unioni civili è peraltro prevista dall’art. 1, co. 19, l. n. 76/2016. Il co. 2 prescrive che ai fini del nulla osta che lo straniero deve produrre ai sensi dell’art. 116, co. 1 c.c. non rilevano gli impedimenti relativi al sesso delle parti. L’art. 116 c.c. prevede che il nubendo straniero debba presentare all’ufficiale dello stato civile una dichiarazione dell’au-
torità competente del proprio paese, dalla quale risulti che giusta le leggi a cui è sottoposto nulla osta al matrimonio, nonché un documento attestante la regolarità del soggiorno nel territorio italiano. L’art. 32 ter, co. 2 prevede che in ogni caso si acquisisce lo stato libero per effetto di un giudicato italiano o riconosciuto in Italia. In generale, al fine di tutelare i diritti fondamentali dei soggetti interessa- ti, la norma non esclude che gli stranieri possano costituire un’unione civile in Italia, anche quando lo Stato di origine non rilasci il nulla osta poiché tale istituto non è ivi con- templato. Infatti, se la legge dello Stato di cui lo straniero è cittadino non ammette l’unione civile tra persone dello stesso sesso, lo straniero può comunque contrarre unione civile in Italia e il nulla osta del paese di origine è sostitui- to da un’attestazione della libertà di stato, risultante da un certificato o altro atto comunque idoneo ad attestare la libertà di stato, ovvero da dichiarazione sostitutiva ai sensi del d.P.R. 28.12.2000, n. 445, t.u. sulla documentazione amministrativa. Il nostro ordinamento già conosce tale possibilità in caso di matrimonio, in quanto l’ufficiale di stato civile, al quale sia stato richiesto di procedere alle pubblicazioni, non può rifiutarsi nei casi in cui il mancato rilascio del nulla osta nel paese di origine dipenda da con- dizioni di accesso all’istituto del matrimonio discriminato- rie per uno dei due soggetti (v. supra, sub art. 27, par. 2). Una scelta di questo genere può lasciare spazio alla crea- zione di unioni civili claudicanti, valide nell’ordinamento italiano, ma potenzialmente invalide o inesistenti negli ordinamenti di appartenenza dei soggetti coinvolti. Per quanto riguarda le formalità necessarie per la costituzione di un’unione, alla luce del principio del favor validitatis, il co. 3, analogamente a quanto stabilito dall’art. 28 in tema di forma del matrimonio, stabilisce un concorso alterna- tivo di criteri di collegamento, prevedendo l’applicazione della legge del luogo di costituzione dell’unione o della legge nazionale di una delle parti al momento della costi- tuzione o della legge dello Stato di comune residenza. Il co. 4 disciplina i rapporti personali e patrimoniali che derivano dall’unione, ritenendo applicabile in via generale la legge dello Stato dove l’unione è stata costituita o, su richiesta di una parte, quella del paese nel quale la vita comune è prevalentemente localizzata, peraltro non sem- pre di agevole determinazione. Il criterio della prevalente localizzazione della vita comune dovrebbe coincidere con quello della residenza o del domicilio comune dei partner. Tuttavia, problemi potrebbero porsi nell’ipotesi in cui le parti abbiano più residenze comuni oppure quando risie- dano separatamente in Stati diversi. Inoltre, con riferimen- to ai rapporti patrimoniali, in linea con il Reg. UE 2016/1104 del 24.6.2016 sugli effetti patrimoniali delle unioni registrate (applicabile dal 29.1.2019), le parti pos- sono, con accordo scritto, individuare come applicabile la legge dello Stato di cui almeno una di esse è cittadina o nel quale almeno una risiede. Il co. 5, infine, rinvia per la ma- teria delle obbligazioni alimentari al successivo art. 45 della l. n. 218/1995, così come modificato dall’art. 1, co. 1, lett. b), d.lgs. n. 7/2017. L’art. 32 quater introduce la disciplina relativa allo scioglimento dell’unione civile. Per quanto riguarda la giurisdizione, estesa anche ai casi di nullità e annullamento, il giudice italiano è competente, oltre che nei casi di cui agli artt. 3 e 9 della l. n. 218/1995, anche quando una delle parti ha la cittadinanza italiana o l’unione civile è stata costituita in Italia. Con riferimento