Inoltre, una parziale rottura della l. n. 218/1995 con i prin- cipi considerati risulta emergere dall’accoglimento del meccanismo del rinvio in senso stretto (v. sub art. 13): l’operatività dello stesso in relazione al sistema interna- zional-privatistico di un ordinamento scissionista potrebbe, infatti, condurre alla sottoposizione delle vicende succes- sorie a differenti leggi nazionali, in base alla diversa ubi- cazione dei beni ereditari (CLERICI, sub art. 46, cit., p. 232; BALLARINO, Diritto internazionale privato, cit., p. 517; TONOLO, sub art. 46, cit., p. 198 ss.; DI FABIO, Le successioni nel diritto internazionale privato, cit., p. 732 ss.; DAMASCELLI, Diritto internazionale privato delle suc- cessioni a causa di morte: dalla L. n. 218/1995 al Reg. UE n. 650/2012, cit., p. 7 ss.). Per quanto concerne la discipli- na delle questioni preliminari al fenomeno successorio (ad es. accertamento dell’esistenza di un rapporto di paren- tela ai fini della devoluzione ereditaria) l’opinione preva- lente in dottrina è quella a favore della c.d. soluzione di- sgiunta, per cui questione preliminare e questione princi- pale dovrebbero essere risolte separatamente ed autono- mamente, in base ai diversi criteri indicati, per le rispettive materie, dal diritto internazionale privato del foro (CLERI- CI, sub art. 46, cit., p. 236 ss.; BALLARINO, Diritto inter- nazionale privato, cit., p. 528).
2. Criterio oggettivo di collegamento: la cittadinanza del de cuius. – Il primo comma della norma in esame indica come criterio di collegamento oggettivo per l’individua- zione della legge regolatrice della successione, applicabile nella generalità dei casi in assenza di una diversa volontà, quello della cittadinanza del de cuius al momento della morte. Viene in tal modo confermata la soluzione già adottata in precedenza dalle Preleggi, per cui la nazionalità viene in rilievo quale espressione del forte legame tra i soggetti e la loro comunità statale di appartenenza (DAVÌ, Le questioni generali di diritto internazionale privato nel progetto di riforma, in GAJA, La riforma del diritto inter- nazionale privato e processuale. Raccolta in ricordo di E. Vitta, Milano, 1994, p. 89; FUMAGALLI, Rinvio e unità della successione nel nuovo diritto internazionale privato italiano, in Riv. dir. int. priv. proc., 1997, p. 833). Questo meccanismo comporta diverse difficoltà pratiche per l’operatore del diritto, prime tra tutte quelle relative all’ac- certamento della cittadinanza stessa, che deve essere effettuato, con riferimento al momento della morte, non semplicemente sulla scorta della normativa italiana, ma facendo applicazione delle norme dell’ordinamento rispet- to al quale si vuole verificare la nazionalità del soggetto; a ciò si aggiungono le difficoltà derivanti da situazioni di mutamento della cittadinanza, o di perdita e riacquisto del- la stessa da parte del de cuius, non sempre agevolmente conoscibili (DI FABIO, Le successioni nel diritto interna- zionale privato, cit., p. 741 ss.). Complicazioni ulteriori possono sorgere in caso di pluricittadinanza del de cuius (v. sub art. 19): nel caso in cui questi non avesse nazionali- tà italiana, prevalente, si imporrebbe all’autorità giudizia- ria non solo di far ricorso alle normative straniere per ac- certare la cittadinanza del soggetto, ma altresì di verificare con quale tra i vari ordinamenti egli abbia il collegamento più stretto. Parimenti, un’analoga valutazione, di verifica del collegamento più stretto con la fattispecie, è richiesta in caso di plurilegislatività dell’ordinamento di apparte-
nenza del soggetto (v. sub art. 18), nell’impossibilità di individuare i criteri adottati dallo stesso per la determina- zione del sottoinsieme normativo applicabile. Occorre ag- giungere come, secondo l’opinione dottrinale prevalente, quello della cittadinanza costituisca un criterio di collega- mento ormai inattuale e, perciò, inefficiente. Debole, in- fatti, spesso appare il legame da esso rappresentato, ad es. nel caso in cui il de cuius, pur mantenendo formalmente la cittadinanza d’origine, abbia definitivamente trasferito all’estero la propria residenza ed il proprio centro principa- le d’interessi, con il rischio di dar luogo all’applicazione di una legge priva di effettivi collegamenti con la fattispecie concreta. Il criterio appare inoltre criticabile sotto un profi- lo di politica del diritto: se in passato, a fronte di fenomeni emigratori, è apparso funzionale, consentendo l’espan- sione dell’ambito di applicazione dell’ordinamento italia- no anche al di fuori dei confini territoriali, al contrario og- gi esso mostra tutta la sua inadeguatezza dinnanzi al fe- nomeno immigratorio, che caratterizza pesantemente il nostro Stato, gravando il giudice italiano del complesso compito di applicare un diritto straniero (PICONE, La ri- forma italiana del diritto internazionale privato, Padova, 1998, p. 62; TONOLO, sub art. 46, cit., p. 201; DI FABIO, Le successioni nel diritto internazionale privato, cit., p. 741 ss.), che da lui, con evidenti difficoltà, deve essere conosciuto d’ufficio (v. sub art. 14) ed, addirittura, inter- pretato conformemente agli orientamenti giurisprudenziali del relativo ordinamento di provenienza (v. sub art. 15). 3. Criterio soggettivo di collegamento: la residenza del de cuius. – Il secondo comma della norma in esame accoglie
il principio volontaristico, con significativa innovazione rispetto al sistema previgente, che, al contrario, non con- templava la possibilità per il de cuius di compiere alcuna professio iuris e, quindi, di decidere che la sua successione venisse regolata da una legge diversa da quella sua nazio- nale. La l. n. 218/1995 consente ora al de cuius di sotto- porre l’intera successione alla legge dello Stato di resi- denza, purché questa persista al momento della morte. La riforma si è così adeguata alle scelte operate nell’ambito di altre convenzioni internazionali, in considerazione del cre- scente riconoscimento dell’autonomia dei soggetti, nonché nell’intento di dare spazio ad un criterio di collegamento più forte, più vicino al soggetto rispetto a quello della cit- tadinanza (TONOLO, sub art. 46, cit., p. 201 ss.; DI FABIO, Le successioni nel diritto internazionale privato, cit., p. 733 ss.). Analizzando i requisiti con cui è ammessa la pro-
fessio iuris, è evidente come essa non possa essere fatta
con riferimento ad una qualsiasi legge, ma soltanto in fa- vore di quella dello Stato di residenza al tempo della scel- ta; residenza che deve essere intesa nel significato del di- ritto italiano, quale lex fori, ossia a norma dell’art. 43 c.c. e che, come chiarito dalla Commissione di riforma nella relazione al Guardasigilli, deve essere effettiva ed abituale (PICONE, La riforma italiana del diritto internazionale privato, cit., p. 73). Tale residenza deve inoltre persistere al momento del decesso. Si parla in tal senso di un c.d. doppio collegamento soggettivo (PICONE, La riforma italiana del diritto internazionale privato, cit., p. 73). Al- cuni autori fanno notare, tuttavia, come, in realtà, non sia richiesto che il soggetto abbia residenza, nell’ordinamento da lui indicato, nel momento in cui la scelta viene operata, ma solo al momento della morte, con la conseguenza per
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cui dovrebbe ammettersi la validità della professio iuris, anche qualora la suddetta residenza venisse acquisita a distanza di molto tempo dalla stessa, appena prima della morte e fino ad essa mantenuta (DI FABIO, Le successioni nel diritto internazionale privato, cit., p. 738). La scelta della legge deve riguardare l’intera successione, sosti- tuendosi in toto a quella nazionale e confermando così il principio di unità, mentre non è ammissibile se operata solo in parte, ossia in relazione solo a certi aspetti o a certi beni della stessa (TONOLO, sub art. 46, cit., p. 203; DI FA- BIO, Le successioni nel diritto internazionale privato, cit., p. 737; DAMASCELLI, Diritto internazionale privato delle successioni a causa di morte: dalla L. n. 218/1995 al Reg. UE n. 650/2012, cit., p. 9 ss.). L’opzione deve essere fatta con dichiarazione espressa in forma testamentaria, va- lida a norma del successivo art. 48 (v. sub art. 48). Non è dichiarazione espressa quella deducibile solo dall’inter- pretazione del testamento, né tale sarebbe il mero riferi- mento fatto dal testatore ad una legge straniera al fine di indicare, per relationem, il contenuto del testamento (TO- NOLO, sub art. 46, cit., p. 203; DI FABIO, Le successioni nel diritto internazionale privato, cit., p. 736 ss.). Per quanto non espressamente previste dalla norma, si ritengo- no possibili la modifica e la revoca della scelta, esplicite o implicite, da farsi con gli stessi requisiti formali (CLERICI, sub art. 46, cit., p. 235; TONOLO, sub art. 46, cit., p. 203; DI FABIO, Le successioni nel diritto internazionale priva- to, cit., p. 736). Si ritiene che la capacità del soggetto di effettuare la professio iuris debba essere valutata in base alla legge di disciplina della capacità testamentaria ex art. 47 (v. sub art. 47); appare invece prevalente l’opinione per cui l’esistenza e la validità sostanziale della scelta debbano essere valutate in base alla stessa legge indicata dal de cuius, in quanto lex causae (CLERICI, sub art. 46, cit., p. 235 ss.; DI FABIO, Le successioni nel diritto internazionale privato, cit., p. 737). Da sottolineare, infine, come l’esercizio della professio iuris escluda l’operatività del meccanismo del rinvio (v. sub art. 13, co. 2, lett. a). 3.1. Tutela dei legittimari residenti in Italia al tempo del- la morte. – L’art. 46, co. 2, prosegue precisando che la
scelta del de cuius, se cittadino italiano, non può comun- que pregiudicare i diritti riconosciuti dalla legge italiana ai legittimari residenti in Italia al tempo della morte. Questa previsione non ha il significato di sottoporre al diritto ita- liano la successione necessaria del defunto, che rimane soggetta alla legge da lui prescelta, ma vale piuttosto a garantire ai legittimari indicati una sorta di tutela minima, che è appunto quella prevista dall’ordinamento italiano (DI
FABIO, Le successioni nel diritto internazionale privato, cit., p. 750). La norma ha sollevato forti perplessità, non- ché dubbi di legittimità, sia sotto il profilo costituziona- le, per violazione dell’art. 3 Cost., sia sotto il profilo co- munitario, per contrarietà all’art. 18 TUE. Appare infatti irrazionale e discriminatorio il fatto che essa si ponga a vantaggio dei soli legittimari residenti in Italia, ancorché privi della cittadinanza italiana, escludendo invece i legit- timari, magari cittadini italiani, residenti all’estero, o anco- ra i legittimari dotati sia di cittadinanza che di residenza italiana, ma successori di un de cuius straniero (MIGLIAZ- ZA, Successione (diritto internazionale privato e proces- suale), in Enc. giur. it., Roma, XXX, 1993, p. 4; CLERICI, Criteri di parità e principio di eguaglianza nel disegno di legge, in GAJA, La riforma del diritto internazionale pri-
vato e processuale. Raccolta in ricordo di E. Vitta, Mila- no, 1994, p. 324; PICONE, La riforma italiana del diritto internazionale privato, cit., p. 77; TONOLO, sub art. 46, cit., p. 204 ss.). Si è inoltre fatto notare come, non essendo richiesti l’effettività e l’abitualità della residenza, né un tempo minimo di permanenza in Italia, la disposizione potrebbe incentivare fenomeni di trasferimento fittizio in Italia, da parte dei potenziali legittimari del de cuius italia- no, al solo scopo di beneficiare della tutela (PICONE, La riforma italiana del diritto internazionale privato, cit., p. 77; DI FABIO, Le successioni nel diritto internazionale privato, cit., p. 740).
4. Divisione ereditaria. – Il terzo comma della norma in commento conferma la sottoposizione della divisione ere- ditaria alla lex succesionis generale, individuata in forza dei commi precedenti. È ammessa, tuttavia, la possibilità per i coeredi di effettuare, di comune accordo, una profes-
sio iuris, prevalente, limitatamente alla materia della divi-
sione, rispetto a quella eventualmente operata dal de cuius ex art. 46, co. 2, nei confronti della legge del luogo di apertura della successione (identificato secondo la lex fori, ossia nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto ex art. 456 c.c.) (CLERICI, sub art. 46, cit., p. 240) o del luogo in cui si trovano uno o più beni ereditari. In questo se- condo caso, occorre precisarlo, la scelta non può dar luogo ad un frazionamento della legge applicabile, ma opera sempre e comunque in relazione all’intera divisione, sotto- ponendo alla legge prescelta anche la divisione relativa a beni eventualmente situati in altri Stati (CLERICI, sub art. 46, cit., p. 240; TONOLO, sub art. 46, cit., p. 207; DI FA- BIO, Le successioni nel diritto internazionale privato, cit., p. 793; DAMASCELLI, Diritto internazionale privato delle successioni a causa di morte: dalla L. n. 218/1995 al Reg. UE n. 650/2012, cit., p. 19). La capacità di compiere l’opzione deve essere valutata secondo la legge regolatrice della capacità di agire (v. sub art. 23). Nel silenzio norma- tivo, la dottrina propende a che la validità sostanziale e formale dell’accordo siano regolate dalla stessa legge pre- scelta, quale lex causae, così come accade in relazione all’ipotesi sub art. 46, co. 2 (CLERICI, sub art. 46, cit., p. 240; DI FABIO, Le successioni nel diritto internazionale privato, cit., p. 793; DAMASCELLI, Diritto internazionale privato delle successioni a causa di morte: dalla L. n. 218/1995 al Reg. UE n. 650/2012, cit., p. 21. Contra, per la sottoposizione della materia alla legge regolatrice delle obbligazioni contrattuali: DELI, sub art. 46, in Comm. Ba- riatti, Padova, 1996, p. 1296. Contra, per la sottoposizione alla lex fori: MOSCONI,CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, II, Torino, 2006, p. 153). Occorre da ultimo segnalare come nella legge regolatrice della di- visione ereditaria, individuata ai sensi dell’art. 46, ricada- no gli istituti che tendono a realizzare l’uguaglianza fra coeredi nella formazione della massa dividenda, quali: la collazione, l’imputazione dei debiti, il contratto di divisio- ne amichevole, le garanzie per l’evizione, la rescissione per lesione, il retratto successorio, la divisione. Diversa- mente, per stretta afferenza al regime della proprietà, sono disciplinati dalla lex rei sitae, (v. sub art. 51 e 55): l’azione revocatoria, la determinazione della natura dichiarativa o traslativa della divisione, la durata della comunione, la surrogazione reale, le misure di pubblicità richieste dalla legge, le modalità di trasferimento della proprietà ai coe-