late dalla legge del luogo in cui le cose stesse si trovano”. La predetta norma era stata oggetto di numerose critiche incentrate in particolare sulla collocazione sistematica pre- scelta (: all’interno di un articolo che regolava la forma degli atti, mentre la sua sede naturale sarebbe stata l’art. 22 in materia di “possesso, proprietà e altri diritti su cose”) e la scelta terminologica di utilizzare la locuzione “forme di pubblicità” (: con conseguente confusione fra la forma degli atti in senso proprio e la pubblicità degli stessi). Pro- prio da tali critiche si è mosso il legislatore della riforma per stabilire contenuto e collocazione dell’attuale norma. Pertanto per una migliore comprensione dell’art. 55 è par- sa opportuna questa breve premessa.
2. Ambito di applicazione. – In considerazione di quanto detto in premessa sul ruolo delle critiche mosse al previ- gente art. 26 delle Preleggi rispetto alla stesura dell’art. 55, appare opportuno innanzitutto notare che la norma in esa- me fa riferimento in via generale alla “pubblicità”. Il legi- slatore ha quindi abbandonato l’espressione “forme di pubblicità”. Tale scelta ha appunto reso chiara la circo- stanza che la legge applicabile alla forma dell’atto in sé esula dalla portata della norma. Pertanto l’art. 55 attiene esclusivamente alle misure pubblicitarie degli atti e quindi, in particolare, ai presupposti, agli effetti nonché alle forme della pubblicità (intese come modalità, tipolo- gie. Si pensi, per esempio, a trascrizione o registrazione) (v. Relazione allegata allo schema di articolato, in Riv. dir. int. priv. proc., 1989, p. 974). Laddove ai fini della pubblicità, la legge concretamente applicata richieda che l’atto rivesta una specifica forma, bisognerà riferirsi alle disposizioni relative ai singoli negozi (MOSCONI,CAMPI- GLIO, Diritto internazionale privato e processuale, Torino, 2016, II, p. 306). Per quanto concerne gli atti oggetto della pubblicità, lo stesso art. 55 delimita espressamente il pro- prio ambito di applicazione agli atti di costituzione, tra- sferimento e estinzione dei diritti reali (sulla qualifica- zione di un diritto quale reale v. sub art. 51) in quanto non si è ritenuto necessario disciplinare ogni tipo di pubblicità (v. Relazione allegata allo schema di articolato, in Riv. dir. int. priv. proc., 1989, p. 974). Sulla natura della pub- blicità si segnala che parte della dottrina ha affermato che l’articolo sarebbe limitato esclusivamente alle ipotesi di pubblicità costitutiva, mentre resterebbero esclusi i casi di pubblicità dichiarativa o notizia. In questo modo – in caso di spostamento di un bene – si garantirebbe, da un lato, che l’effetto costitutivo rimanga vincolato a un solo ordi- namento (quello in cui il bene si trovava al momento dell’atto) e, dall’altro, si riuscirebbe a ottenere la necessa- ria flessibilità ai fini della tutela dei terzi (FRIGO, voce Diritti reali (dir. intern. priv.), in Enc. dir., III aggiorna- mento, Milano, p. 529). Un profilo che ha suscitato ampio dibattito in dottrina è quello dell’applicabilità della norma alla pubblicità di beni immateriali. A favore dell’inclusione, si valorizza la scelta di utilizzare il termine “bene”, al posto di “cose” adoperato invece nelle Preleggi. Il sostantivo “cose”, infatti, mal si conciliava con beni non dotati di corporalità. Di qui si è affermato che la ragione sottostante al cambiamento lessicale risiederebbe proprio nella volontà del legislatore di assicurarsi che l’art. 55 si applichi anche ai beni immateriali. Tale intenzione peraltro si ricava dalla stessa Relazione della Commissione (v. Re-
lazione della Commissione per la riforma del sistema ita- liano di diritto internazionale privato, in Riv. dir. int. priv. proc., 1989, 973). In ogni caso, la dottrina maggioritaria afferma che in base al principio di specialità la norma di conflitto in materia di beni immateriali non può che essere l’art. 54 (BENVENUTI, sub art. 51, in AA.VV., Commento alla riforma del sistema italiano di diritto internazionale privato – L. 31 maggio 1995, n. 218, in Le nuove leggi civili commentate, 1996, 5/6, p. 1341; MOSCONI,CAMPI- GLIO, Diritto internazionale privato e processuale, Torino, 2016, II, p. 306). Ciò detto, esula pacificamente dal campo di applicazione dell’art. 55 la pubblicità riguardante navi e aeromobili. Ai sensi dell’art. 6 c. nav. infatti le forme di pubblicità degli atti di costituzione, trasmissione ed estin- zione dei relativi diritti reali e di garanzia sono sottoposte alla legge nazionale della nave o dell’aeromobile (c.d. leg- ge di bandiera). Si ritiene, inoltre, che anche gli autoveico- li non siano sottoposti all’art. 55 in quanto soggetti al r.d.l. 15.3.1927 n. 436 (convertito dalla l. 19.2.1928 n. 510). Ai sensi dell’art. 6 di tale norma i trasferimenti di proprietà e i vincoli di privilegio costituiti sull’autoveicolo debbono essere iscritti nell’apposito registro pena l’inefficacia nei confronti dei terzi che abbiano proceduto all’apposita iscrizione. Sul punto, è stato evidenziato che la predetta disposizione si applica solo agli autoveicoli immatricolati in Italia con conseguente soggezione all’art. 55 dei casi di pubblicità riguardanti autoveicoli immatricolati all’estero (VITTA, Diritto internazionale privato, Unione-Tipo- grafico Editore Torinese, II, 1973, p. 163). Contro tale af- fermazione, parte della dottrina non ha mancato di soste- nere che l’esclusione degli autoveicoli deve considerarsi assoluta. Nello specifico, partendo dalla considerazione del duplice carattere territoriale dei pubblici registri (de- terminato, da un lato, dalla circostanza che operano uni- camente nel territorio del relativo Stato e, dall’altro, dal fatto che il loro funzionamento è stabilito dalle norme dell’ordinamento cui appartengono) si è dedotto che solo la legge dell’ordinamento in cui il singolo registro si trova (c.d. lex auctoris) può regolare la pubblicità sullo stesso (c.d. lex publicitatis). Infatti non sarebbe possibile separare un sistema di pubblicità dalla relativa normativa, per cui bisognerebbe intendere che la norma in questione si appli- chi solo se e in quanto i registri siano organizzati sul crite- rio territoriale del locus rei sitae; in caso contrario dovreb- be invece farsi riferimento alla legge dello Stato del regi- stro. In via generale quindi, secondo tale opinione, nell’ipotesi di beni mobili registrati i cui registri rispon- dano a criteri differenti dalla presenza del bene sul territo- rio, la legge applicabile risulta essere quella dello Stato di registrazione (v. BAREL,ARMELLINI, Diritto internaziona- le privato, Milano, 2016, p. 240). Per concludere, la porta- ta dell’art. 55 viene chiaramente influenzata da quelle di- sposizioni comunitarie che stabiliscono norme ad hoc in determinati settori. Al riguardo, si ricorda che in materia di insolvenza sono state previste apposite norme ad opera del Reg. n. 1346/2000 relativo alle procedure di insolvenza. 3.Disciplina. – Il legislatore ha conservato il criterio di
collegamento previsto nelle Preleggi, ovverosia il luogo di ubicazione del bene al momento dell’atto. Per quanto riguarda la scelta di riferirsi alla ubicazione del bene si è evidenziato come l’ubicazione costituisca il c.d. “centro di gravità” del rapporto in considerazione dell’incidenza sulla
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certezza delle transazioni e quindi, in via generale, sulla sicurezza dei traffici (LUZZATTO, sub art. 55, in AA.VV., Commentario del nuovo diritto internazionale privato, in Riv. dir. int. priv. proc., 1996, 50, p. 263). Tale criterio è stato meglio precisato con l’aggiunta di una connotazione di carattere temporale in grado di definire il momento de- terminante la legge applicabile ex art. 55 rendendola pre- vedibile: il “momento dell’atto”. Questa scelta risponde alle esigenze di certezza e prevedibilità che favoriscono i commerci. Per concludere si ricorda che la norma in esame dovrà essere coordinata con l’art. 13 (v. sub art. 13) qua- lora risultasse applicabile una legge straniera.
3.1.La vendita con riserva di proprietà. – Particolarmente
spinosa risulta la questione della validità del contratto di compravendita con patto di riservato dominio in assenza delle formalità prescritte dalla legge di ubicazione del be- ne. Grazie alla sua struttura che lo rende in grado di garan- tire il venditore contro l’eventuale inadempimento dell’acquirente, il patto di riservato dominio è utilizzato di frequente nella prassi commerciale. Ciò vale in special modo per nazioni come la Germania e l’Austria i cui ordi- namenti non richiedono formalità particolari per la costitu- zione della riserva, pur assicurando l’opponibilità della stessa a terzi. La mancanza di formalità contrasta però con la tutela dei terzi e, quindi, la sicurezza dei commerci. Per questo motivo altri ordinamenti hanno preferito prevedere limitazioni e sottoporre il patto a regimi di pubblicità. In questo senso il legislatore italiano ha subordinato l’opponibilità dello stesso, da un lato, alla circostanza che la riserva risulti da atto scritto avente data certa anteriore al pignoramento dei creditori (art. 1524, co. 1) e, dall’altro, all’onere di registrazione nel caso di compravendita di macchine (art. 1524, co. 2). Vengono inoltra fatte salve le disposizioni relative a beni mobili iscritti in pubblici regi- stri. (Per un’analisi delle norme codicistiche in materia v. GULMANELLI, sub artt. 1523 ss., in Codice civile commen- tato, a cura di Franzoni, Rolli, De Marzo, Torino, 2018, p. 2128 ss.). Ora, sebbene in vigenza del patto non vi sia la costituzione di un diritto reale (in quanto la proprietà ri- mane in capo al venditore), si è affermato che l’esigenza di proteggere i terzi imporrebbe di sottrarre tale profilo dalla legge regolatrice del contratto (c.d. lex contractus) e di sottoporlo alla lex rei sitae più facilmente conoscibile da parte loro. Di conseguenza nel caso di contratto di com- pravendita avente a oggetto un bene che si trova in Italia – a prescindere dalla lex contractus – il patto per essere op- ponibile dovrà rispettare le prescrizioni dell’art. 1524 c.c. (MOSCONI, CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, Torino, 2016, II, p. 295). In realtà il problema maggiore si pone in caso di trasferimento del bene da uno Stato a un altro. Sarà sufficiente che il patto rispetti quanto statuito dall’ordinamento di partenza o dovrà ri-
spettare anche le statuizioni dello Stato di attuale ubica- zione? Nel vigore delle Preleggi, la Suprema Corte si era espressa nel senso della inopponibilità del patto di riserva- to dominio non registrato ex art. 1524 c.c. affermando che il contenuto, le modalità per rendere opponibile il diritto ai terzi e gli effetti rientrano nella sfera di competenza della lex rei sitae (Cass. 21.6.1974 n. 1860, in Riv. dir. int. priv. proc., 1975, p. 335). Successivamente alla riforma di dirit- to internazionale privato, la soluzione è stata considerata rinvenibile proprio nell’art. 55. Infatti, il riferimento al “momento dell’atto” come elemento di carattere temporale individuante la legge applicabile, farebbe sì che il patto validamente costituito all’estero risulti efficace in Italia anche se non conforme al dettato dell’art. 1524 c.c. Peral- tro ciò risulta vero solo laddove non si qualifichi la dispo- sizione di cui all’art. 1524 c.c. come norma di applicazione necessaria (v. sub art. 17) (MOSCONI,CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, Torino, 2016, II, p. 295; BALLARINO,MILAN, Diritto internazionale privato, Padova, 2008, p. 215). Per concludere, si segnala che l’importanza della questione nell’ambito dei traffici giuri- dici internazionali ha fatto sì che il legislatore europeo nell’ambito della Direttiva 2011/7 relativa alla lotta con- tro i ritardi di pagamento nelle transazioni commercia- li (conformemente a quanto già stabilito nella Direttiva 2000/35 che ha sostituito) dedicasse al patto con riserva di proprietà l’art. 9 ai sensi del quale “1. Gli Stati membri dispongono, in conformità delle disposizioni nazionali applicabili secondo il diritto internazionale privato, che il venditore conservi il diritto di proprietà sulle merci fintan- to che non siano state pagate totalmente, qualora sia stata esplicitamente concordata una clausola di riserva di pro- prietà tra l’acquirente e il venditore prima della consegna delle merci. 2. Gli Stati membri possono adottare o mante- nere disposizioni relative ad anticipi già versati dal debito- re”. L’auspicio è quello di garantire che i creditori siano in posizione tale da poter avvalersi di una clausola di riserva di proprietà su base non discriminatoria in tutta l’Unione, se la clausola di riserva di proprietà è valida ai sensi delle disposizioni nazionali applicabili secondo il diritto inter- nazionale privato (in questo senso cfr. il Considerando n. 31). Nella direzione di facilitare il ricorso al patto di riser- vato dominio si è mosso il legislatore nazionale con il d.lgs. 9.10.2002, n. 231 di attuazione della Direttiva 2000/35, prevedendo all’art. 11, co. 3 che la “riserva della proprietà di cui all’articolo 1523 del codice civile, preven- tivamente concordata per iscritto tra l’acquirente ed il ven- ditore, è opponibile ai creditori del compratore se è con- fermata nelle singole fatture delle successive forniture aventi data certa anteriore al pignoramento e regolarmente registrate nelle scritture contabili” (v. Cass. 19.2.2010, n. 3990).
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