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19 Apolidi, rifugiati e persone con più cittadinanze

Nel documento Commento: Articolo 57 (pagine 30-32)

Nei casi in cui le disposizioni della presente legge richiamano la legge nazionale di una persona, se questa è apo- lide o rifugiata si applica la legge dello Stato del domicilio o, in mancanza, la legge dello Stato di residenza. Se la persona ha più cittadinanze, si applica la legge di quello tra gli Stati di appartenenza con il quale essa ha il collegamento più stretto. Se tra le cittadinanze vi è quella italiana, questa prevale.

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Estremi Normativa di riferimento (codice ed extracodice)

 Statuto dei rifugiati (Convenzione di Ginevra 28.7.1951)  Statuto degli apolidi (Convenzione di New York 28.9.1954)  Divieto di discriminazione in base alla nazionalità (art. 18 TFUE)

SOMMARIO 1. Apolidi e rifugiati. – 2. Pluricittadinanza.

1. Apolidi e rifugiati. – In considerazione dell’evidente rilevanza attribuita dal sistema internazional-privatistico della l. n. 218/1995 all’elemento della cittadinanza, quale criterio di collegamento principale, il legislatore della ri- forma si è preoccupato, all’art. 19 della stessa legge, di porre soluzione ad una serie di situazioni in cui, dovendosi fare applicazione del criterio di collegamento citato, emer- gano delle criticità (CLERICI, sub art. 19, in Comm. Pocar- Treves-Carbone-Giardina-Luzzatto-Mosconi-Clerici, Pa- dova, 1996, p. 95 ss.). Il co. 1 dell’art. 19, innanzitutto, equipara la situazione propria dei rifugiati, i quali pur avendo cessato ogni rapporto con il proprio Stato di appar- tenenza potrebbero aver mantenuto formalmente la relativa cittadinanza, a quella di totale carenza della qualità di cit- tadino (apolidia); ciò trova giustificazione nell’assenza di effettività nella cittadinanza dei rifugiati, nonché nelle dif- ficoltà pratiche di avvalersi della stessa una volta interrotti i rapporti con lo Stato di origine. In entrambi i casi è pre- vista la sostituzione del criterio della cittadinanza con quello del domicilio o, in mancanza, con quello della re- sidenza. Si precisa che la norma in esame costituisce in realtà una conforme riformulazione delle norme, già pre- cedentemente operanti nell’ordinamento italiano, di cui alla Convenzione di Ginevra del 1951, sullo statuto dei rifugiati, ed alla Convenzione di New York del 1954, sullo statuto degli apolidi; se, tuttavia, tali regole pattizie operavano al solo scopo di individuare la legge applicabile allo statuto personale di rifugiati ed apolidi, l’art. 19 l. n. 218/1995, non contenendo alcun riferimento in tal senso, non si applica solo in tale materia, ma in tutti i casi in cui le norme di conflitto italiane facciano ricorso al criterio della cittadinanza (CLERICI, sub art. 19, in Comm. Pocar- Treves-Carbone-Giardina-Luzzatto-Mosconi-Clerici, cit., p. 96 ss.; CONETTI, sub art. 19, in Comm. Conetti-Tonolo- Vismara, Torino, 2009, p. 59). Si nota, inoltre, come, ai sensi dell’art. 19, la qualità di rifugiato o di apolide non debba essere valutata secondo i parametri previsti dalle Convenzioni di cui sopra, bensì sulla base della legge dello Stato di domicilio o di residenza, quale lex causae, che si intenda applicare. Ne consegue la possibilità che la norma di funzionamento italiana trovi applicazione anche nei confronti di rifugiati o apolidi esclusi dall’ambito delle suddette Convenzioni (CLERICI, sub art. 19, in Comm. Po- car-Treves-Carbone-Giardina-Luzzatto-Mosconi-Clerici, cit., p. 97; CONETTI, sub art. 19, in Comm. Conetti- Tonolo-Vismara, cit., p. 60; MOSCONI,CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, Torino, 2017, I, p. 218). Si precisa che altresì la qualificazione dei criteri di collegamento di cui all’art. 19, co. 1, deve essere condotta sulla base della lex causae, con conseguente possibilità di individuare il domicilio o la residenza sulla base della lex fori soltanto quando l’individuo risulti per tale via collega- to con lo Stato italiano (CLERICI, sub art. 19, in Comm.

Pocar-Treves-Carbone-Giardina-Luzzatto-Mosconi- Clerici, cit., p. 97).

2. Pluricittadinanza. – Il co. 2 dell’art. 19 prevede innan- zitutto che, nel caso in cui un soggetto abbia più cittadi- nanze straniere, si applichi la legge di quello tra gli Stati, di cui il soggetto abbia la nazionalità, con cui quest’ultimo abbia il collegamento più stretto. Si fa così ricorso ad un criterio strettamente analogo a quello già previsto dal pre- cedente art. 18, co. 2 (v. sub art. 18) (CLERICI, sub art. 19, in Comm. Pocar-Treves-Carbone-Giardina-Luzzatto-Mo- sconi-Clerici, cit., p. 101), rimettendo alla discrezionalità del giudice l’individuazione e la valutazione degli elemen- ti comprovanti il suddetto collegamento più stretto. In par- ticolare, ai fini della determinazione della c.d. cittadinan- za effettiva o prevalente, possono venire in rilievo il do- micilio o la residenza della persona, la durata, la continuità e l’attualità degli stessi, nonché altri elementi di fatto o di diritto significativi quali, ad es., la lingua parlata ed il comportamento complessivo del soggetto (CLERICI, sub art. 19, in Comm. Pocar-Treves-Carbone-Giardina-Luz- zatto-Mosconi-Clerici, cit., p. 101; CONETTI, sub art. 19, in Comm. Conetti-Tonolo-Vismara, cit., p. 60; MOSCONI, CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, cit., p. 220). Per il caso in cui, tra le molteplici cittadinanze possedute dal soggetto, vi sia anche quella italiana, la par- te seconda dell’art. 19, co. 2, in deroga alla soluzione ac- colta nel periodo precedente, impone sempre la prevalen- za di quest’ultima e, conseguentemente, l’applicazione della legge italiana. Se, da un lato, tale norma risponde ad un consolidato indirizzo giurisprudenziale (Cass. 25.2.1993 n. 2311) e trova giustificazione nel fatto che risulterebbe forzato sottoporre ad una legge straniera, in virtù del criterio della cittadinanza, un soggetto comunque considerato cittadino italiano dal nostro ordinamento (MO- SCONI,CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e pro- cessuale, cit., p. 219), dall’altro, profonde critiche sono state mosse dalla dottrina, risultando incoerente l’applica- zione esclusiva della legge italiana ad un pluricittadino, ancorché in assenza di collegamenti significativi con il nostro ordinamento, con esclusione, invece, della legge dello Stato di cittadinanza effettiva: ciò può accadere, ad es., per la seconda generazione di italiani all’estero, nati e residenti nello Stato straniero e privi dunque di qualsiasi connessione con lo Stato italiano al di fuori dell’elemento formale della cittadinanza (CLERICI, sub art. 19, in Comm. Pocar-Treves-Carbone-Giardina-Luzzatto-Mosconi- Clerici, cit., p. 102; BALLARINO, Diritto internazionale privato, Padova, 1999, p. 276; BARIATTI, Cittadinanza, in BARATTA, Diritto internazionale privato, Milano, 2010, p. 47). È da precisare come tale meccanismo abbia subito un ridimensionamento, non potendo trovare applicazione in caso di concorso di cittadinanze di Stati membri

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dell’Unione Europea, a fronte delle pronunce della Corte di Giustizia, con cui si è dichiarata la contrarietà delle norme nazionali, che prevedano la prevalenza della citta- dinanza del foro, con i principi comunitari di non di- scriminazione in base alla nazionalità, oggi sanciti all’art. 18 TFUE (C. giust. CE 2.10.2003, in causa C- 148/2002, Garcia Avello; conformemente, per la giuri- sprudenza italiana, v.: Cass. S.U. 9.1.2011 n. 1) (BARIAT- TI, Cittadinanza, cit., p. 49 ss.; BAREL,ARMELLINI, Diritto internazionale privato. Manuale breve, Milano, 2017, p. 95; MOSCONI,CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, cit., p. 219 ss.). Parimenti, risultando dalla giurisprudenza comunitaria che uno Stato membro non sia legittimato a limitare gli effetti dell’attribuzione della cit- tadinanza di un altro Stato membro, in particolare median- te la pretesa di un requisito ulteriore per il riconoscimento di tale cittadinanza ai fini dell’esercizio delle libertà fon- damentali previste dal Trattato (C. giust. CE 7.7.1992, in causa C-369/90, Micheletti; C. giust. CE 2.10.2003, in causa C-148/02, Garcia Avello; C. giust. CE 19.10.2004, in causa C-200/02, Zhu e Chen), anche il criterio del colle- gamento più stretto non potrebbe in questi termini trovare applicazione nei confronti del soggetto pluricittadino aven- te anche la cittadinanza di uno Stato membro dell’Unione Europea (BARIATTI, Cittadinanza, cit., p. 48 ss.). Infine,

occorre evidenziare come, se non si pongono difficoltà all’applicazione dell’art. 19 quando il criterio della cittadi- nanza è impiegato in relazione ad un singolo individuo, fatto salvo quanto fin qui esposto, maggiori perplessità sorgono quando le norme di conflitto richiamino la legge nazionale comune a più persone, come accade in materia di rapporti tra coniugi (v. sub artt. 29-30) o di adozione (v. sub artt. 38-39). In tali casi l’art. 19 non opererebbe, sic- ché, quando anche uno solo dei soggetti coinvolti fosse apolide o rifugiato, dovrebbe farsi applicazione dei criteri di collegamento successivi previsti dalla norma di conflit- to; nell’ipotesi di pluricittadinanza, potrebbe farsi applica- zione del criterio della cittadinanza comune quando tale sia una soltanto; viceversa, in mancanza di una cittadinan- za comune ovvero quando ve ne sia più di una, si dovrebbe ricorrere, come sopra, ai criteri di collegamento successivi (così, ad es., a norma dell’art. 29, co. 2, l. n. 218/1995, dovrebbe applicarsi la legge del luogo in cui la vita matri- moniale risulta prevalentemente localizzata). Certamente è esclusa in tali situazioni la prevalenza della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 19, co. 2, parte seconda (Trib. Venezia 14.11.1996, in Riv. dir. int. priv. proc., 1997, p. 158) (BAREL,ARMELLINI, Diritto internazionale privato. Manuale breve, cit., p. 96; MOSCONI,CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, cit., p. 220 ss.).

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APO

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CAPACITÀ E DIRITTI DELLE PERSONE FISICHE

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