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38 to il profilo oggettivo, la presente norma individua innan-

Nel documento Commento: Articolo 57 (pagine 75-77)

zitutto la legge applicabile a presupposti e costituzione dell’adozione. Rientrano quindi nell’alveo dell’art. 38 i requisiti alla base dell’adozione quali le autorizzazioni, i consensi, l’età, la capacità, lo stato civile dell’adottante o degli adottanti, l’assenza di impedimenti. In considerazio- ne del loro carattere solo preliminare rispetto alla procedu- ra di adozione, ne sono invece esclusi la disciplina della situazione di abbandono e quella della dichiarazione dello stato di adottabilità. Con riferimento a esse risulta- no del tutto inutilizzabili i criteri di collegamento soggetti- vi stabiliti dalla norma in esame: i previsti criteri (v. infra § 3) sono, infatti, connessi alle persone degli adottanti ma – nella fase nella quale si collocano la situazione di abban- dono e la dichiarazione dello stato di adottabilità – tali soggetti non sono ancora identificati. Per ovviare a tale ostacolo e individuare la legge loro applicabile, la dottrina ha prospettato due diverse teorie. Un primo indirizzo qua- lifica la dichiarazione dello stato di adottabilità quale mi- sura di protezione e, come tale, la ritiene sottoposta all’art. 42 (v. sub art. 42) (BONOMI, La disciplina dell’adozione internazionale dopo la riforma del diritto internazionale privato, in Rivista di diritto civile, 1996, II, p. 372 ss.). Un secondo orientamento sostiene invece che si debba fare riferimento all’attuale art. 37 bis della l. 4.5.1983 n. 184 sul diritto del minore ad una famiglia (c.d. legge sull’adozione) ai sensi del quale si applica la legge italiana (in materia di adozione, affidamento e provvedimenti ne- cessari in caso di urgenza) in presenza di minore straniero che si trovi in stato di abbandono nel territorio italiano (BALLARINO,MILAN, Diritto internazionale privato, Pa- dova, 2008, p. 178; PIETRANGELI, Richiamo internazio- nalprivatistico e applicazione del diritto del foro nella co- stituzione delle adozioni di minori secondo la legge di ri- forma, in Riv. dir. int. priv. proc., 1997, p. 579 ss.). Oltre a presupposti e costituzione, l’art. 38 si occupa anche della legge applicabile alla revoca dell’adozione. Fra i profili rilevanti che possono emergere a tal proposito, si pensi ad esempio alla possibilità che la revoca operi in maniera au- tomatica o che invece necessiti di un provvedimento giu- diziario, nonché alle circostanze che determinano la cessa- zione degli effetti dell’adozione quali le ipotesi di indegni- tà dell’adottato. Con riferimento a queste ultime, si segnala che la Suprema Corte ha escluso che fra le cause di inde- gnità idonee a revocare l’adozione rientri anche la falsifi- cazione del testamento olografo da parte dell’adottata (v. Cass. 22.6.1964, n. 1622).

3. Disciplina. – La disposizione in esame contiene tre di- verse norme di conflitto: la prima – formulata nella prima parte del co. 1 – attiene alla regolamentazione dei presup- posti, della costituzione nonché della revoca dell’ado- zione; la seconda – prevista dal co. 2 – regola la legge ap- plicabile ai consensi in caso di adozione di persona mag- giorenne; la terza – espressa nella seconda parte del co. 1 – disciplinava storicamente l’ipotesi di adozione legittimante di un minore richiesta a un giudice italiano. 1) Per quanto riguarda la prima norma di conflitto (regolamentazione dei presupposti, della costituzione nonché della revoca dell’adozione), l’individuazione della legge applicabile è direttamente collegata agli adottanti. Nello specifico, sono elencati tre diversi criteri di riferimento sussidiari: cittadi- nanza comune, Stato di residenza comune, localizzazione

prevalente della vita matrimoniale. La scelta di associare la norma di conflitto agli adottanti piuttosto che all’adot- tato trova la sua ratio in una valutazione di maggiore ido- neità del diritto collegato all’ambiente familiare in cui il minore viene inserito a regolare costituzione ed effetti del rapporto (v. Relazione allegata allo schema di articolato, in Riv. dir. int. priv. proc., 1989, p. 966). 2) La seconda norma di conflitto individua la legge applicabile ai con- sensi ove ricorra l’adozione di un maggiorenne. In tal caso il legislatore ha preferito ancorare la scelta del diritto all’adottando. Nello specifico, la disciplina dei consensi sarà governata dalla legge nazionale dell’adottando a pre- scindere dalla legge applicabile agli altri profili dell’ado- zione, per i quali continuerà a valere il disposto della pri- ma parte del co. 1. 3) Infine, ai sensi della seconda parte del co. 1, nella sua formulazione originaria, l’adozione legittimante di un minorenne richiesta davanti a un giudice italiano è sempre regolata dalla legge italiana. Tale scelta è volta ad assicurare identità tra diritto applica- to e lex fori (v. Relazione allegata allo schema di articola- to, in Riv. dir. int. priv. proc., 1989, p. 966). Tutto ciò det- to, bisogna però tener presente l’intervento del legislatore italiano e la conseguente introduzione del c.d. principio dell’unicità dello stato di figlio a opera del d.lgs. 28.12.2013, n. 154 volto a modificare la normativa vigente al fine di eliminare ogni residua discriminazione rimasta nel nostro ordinamento fra i figli nati nel e fuori dal ma- trimonio, allo scopo ultimo di garantirne la completa egua- glianza giuridica. Ai fini che qui rilevano, in particolare, l’art. 101, co. 1, lett. e) del citato d.lgs. n. 154/2013 ha modificato il co. 1 che prima recitava: “[…]. Tuttavia si applica il diritto italiano quando è richiesta al giudice ita- liano l’adozione di un minore, idonea ad attribuirgli lo sta- to di figlio legittimo”. È stato quindi espunto l’aggettivo “legittimo”. Autorevole dottrina afferma che il richiamo alla legge italiana vada oggi riferito alla c.d. adozione pie- na rimanendo invece esclusa, come lo era in precedenza, la c.d. adozione in casi particolari (BAREL,ARMELLINI, Di- ritto internazionale privato, Milano, 2016, pp. 195, 403; MOSCONI, CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, Torino, 2016, II, p. 229). In ogni caso se la vera intenzione del legislatore era effettivamente quella di traslare la limitazione dell’applicabilità del diritto italiano dalle adozioni legittimanti (del testo originario) ai casi di adozione piena, ha chiaramente peccato nel non inserire esplicitamente tale profilo nella lettera della norma. Infatti, sebbene permangano innegabili distinzioni fra adozione piena e adozione in casi particolari (v. art. 55, l. 4.5.1983, n. 184), l’attuale formulazione parrebbe poter lasciare ipo- tizzare che il legislatore abbia voluto affermare che il dirit- to italiano si applichi sempre e comunque in caso di ado- zione di minorenne (art. 38, co. 1, seconda parte). Così interpretando la norma, diminuirebbe specularmente l’am- bito di applicazione della prima parte del co. 1 il quale si verrebbe ad applicare esclusivamente all’adozione di mag- giorenni. Rimarrebbe ovviamente sempre salva la diversa norma di conflitto in merito alla legge applicabile ai con- sensi in caso di adozione di maggiorenni di cui al co. 2. Peraltro la volontà di accumunare il vincolo di parentela nato a seguito dei due diversi tipi di adozioni di minorenni sembra emergere anche dalla modifica apportata dal pre- detto decreto legislativo all’art. 74 c.c. Infatti la versione attuale dell’art. 74 c.c. attribuisce lo stato di figlio

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all’adottato tout court escludendolo nelle sole ipotesi di adozione di maggiorenni (v. GIUNCHEDI, sub art. 74, in Codice civile commentato, a cura di Franzoni, Rolli, De Marzo, Torino, 2018, p. 141 ss.).

3.1. Adozione da parte di coppie non tradizionali. – Come noto, l’ordinamento italiano non prevede la possibilità per le coppie non sposate di accedere all’istituto dell’ado- zione. Peraltro tale circostanza non esclude che ciò possa avvenire ove ammesso dalla legge straniera richiamata dalla norma di conflitto. Per giungere a una conclusione contraria, bisognerebbe sostenere che le disposizioni di diritto italiano che prescrivono che la coppia di adottanti debba obbligatoriamente essere unita in matrimonio ab- biano natura di norme di applicazione necessaria (v. sub art. 17) (MOSCONI, CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, Torino, 2016, II, p. 226). Per quanto riguarda il profilo della convivenza, è interessante notare che non è stata riconosciuta la fungibilità dei richiesti tre anni di matrimonio al fine di poter diventare genitori adot- tivi (art. 6 della l. n. 184/1983) con una pari o più lunga durata della convivenza more uxorio, sebbene nel frattem- po la coppia si sia sposata. Su tale profilo era stato solleva- ta questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 Cost. in quanto “irragionevolmente discriminan- te nei confronti degli aspiranti adottanti sposati da meno di tre anni ma precedentemente conviventi”. La Corte, evi- denziando il fatto che l’aspirazione dei singoli ad adottare non può essere ricompresa fra i diritti inviolabili dell’uo- mo, ha dichiarato inammissibile la questione in quanto rientra nella discrezionalità del legislatore decidere quali conseguenze giuridiche riconoscere alla convivenza “more uxorio” (Corte cost. 6.7.1994, n. 281). Anche l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso non è prevista dal nostro ordinamento. Si discute tuttavia sulle conseguenze prospettabili nel caso in cui la norma di conflitto porti all’applicazione di una legge straniera che invece la con- sente espressamente. La tesi contraria all’ammissibilità, anche in tal caso, vede nell’applicazione di una siffatta legge straniera una violazione dei principi fondamentali dell’ordinamento italiano. In particolare si sostiene che il principio fondante l’intera materia sarebbe quello di garan- tire al minore il diritto a una famiglia simile a quella natu- rale (c.d. imitatio naturae), basata quindi sulla differenza di sesso fra i genitori. Ciò risulterebbe confermato dalla scelta del legislatore italiano di non introdurre con la legge c.d. Cirinnà sulle unioni civili (l. 20.5.2016, n. 76) la pos- sibilità di adozione del figlio del partner (c.d. stepchild adoption). Peraltro si segnala che, prima di tale legge, la giurisprudenza italiana era arrivata ad ammettere tale pos- sibilità sotto forma di adozione in casi particolari. Nello specifico, era stata esclusa la possibilità di raggiungere tale risultato attraverso il ricorso all’art. 44, lett. b) della l. 4.5.1983, n. 184 (il quale ammette la possibilità per un soggetto di adottare il figlio, anche adottivo, del coniuge) ritenendosi mancante il presupposto dell’esistenza del ma- trimonio, dal momento che il rapporto di coniugio fra per- sone dello stesso sesso instauratosi in base a una legge straniera non è stato riconosciuto come producente effetti nel nostro ordinamento (v. però App. Napoli 13.3.2015 n. 8907 con cui è stata ordinata la trascrizione negli atti dello stato civile del matrimonio contratto in Francia da due cit- tadine l’una francese e l’altra italo-francese. La decisione è passata in giudicato a seguito della dichiarazione di impro-

cedibilità del ricorso principale e di inefficacia di quello incidentale da parte di Cass. 31.1.2017 n. 2487). Si era tuttavia fatto ricorso alla diversa ipotesi di cui all’art. 44, lett. d) della legge sull’adozione (che permette l’adozione in casi particolari “quando vi sia la constatata impossibilità di affidamento preadottivo”), riconoscendo a tale disposi- zione il carattere di clausola di chiusura del sistema, volta ad assicurare l’accesso all’istituto adottivo ogni qual volta l’interesse del minore a vedere riconosciuti i legami affet- tivi con soggetti concretamente presenti nella vita del fan- ciullo fa sì che risulti necessario garantire la continuità affettiva ed educativa della relazione tra minore e soggetto adottante. Il superiore interesse del minore nel caso con- creto a che venga riconosciuto un legame affettivo stabile e concretamente esistente va valorizzato anche alla luce dell’art. 8 Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo e dell’art. 2 Cost. (App. Torino Sez. minori 27.5.2016, in Foro it., 2016, 6, 1, c. 1910). Per quanto attiene ai presup- posti dell’art. 44, lett. d), si è sostenuto che la condizione di abbandono del minore non debba considerarsi un pre- supposto di tale forma di adozione la quale richiederebbe, invece, esclusivamente la constatazione dell’impossibilità di affidamento preadottivo. In conformità all’evoluzione del sistema di tutela dei minori, tale condicio legis va inte- sa come “impossibilità ‘di diritto’ di procedere all’affida- mento preadottivo e non di impossibilità ‘di fatto’, deri- vante da una situazione di abbandono (o di semi abbando- no) del minore in senso tecnico-giuridico” (Cass. 22.6.2016 n. 12962). Inoltre, non sarebbe possibile limita- re l’applicazione della disposizione in presenza di coppie di fatto o persone singole di un determinato orientamento sessuale in quanto la norma ha una formulazione ampia, priva di qualsiasi riferimento a requisiti soggettivi. Di qui la scelta di ricorrere all’art. 44, lett. d). In ogni caso biso- gna evidenziare che la soluzione italiana in merito all’esclusione delle coppie non tradizionali è conforme alla Convenzione europea sull’adozione dei minori del 1967 (c.d. Convenzione di Strasburgo) la quale dispone specifi- catamente che il legislatore nazionale può ammettere l’adozione solo nel caso di coppie sposate o da parte di un unico adottante (art. 6). Col tempo, le parzialmente mutate istanze sociali hanno fatto nascere l’esigenza di una revi- sione dello strumento pattizio che ha condotto alla stesura di una nuova convenzione: la Convenzione europea sull’adozione dei minori del 2008. All’art. 7 essa prevede espressamente l’adozione da parte di coppie dello stesso sesso e da parte di single. La Convenzione del 2008 al momento è entrata in vigore in 10 Stati (Belgio, Danimar- ca, Finlandia, Germania, Malta, Norvegia, Paesi Bassi, Romania, Spagna, Ucraina) fra cui, però, non vi è l’Italia. Si segnala che è stata firmata, ma non è ancora entrata in vigore, da Armenia, Ex-Repubblica Jugoslava di Macedo- nia, Gran Bretagna, Islanda, Montenegro, Portogallo, Ser- bia, Ungheria. Per quanto riguarda il diverso profilo del riconoscimento di un’adozione effettuata all’estero da per- sone dello stesso sesso, v. sub art. 41.

3.2. Adozione da parte di single. – Con riferimento all’adozione da parte di single, un primo profilo da segna- lare è che, in caso di applicazione della parte prima del co. 1, non sarà necessario fare ricorso ai vari criteri sussidiari ma basterà fermarsi al primo (nazionalità dell’adottante). Infatti, essendoci un unico soggetto adottante, non sorge- ranno conflitti circa una nazionalità “comune”. Risulterà

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