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33 alla legge applicabile allo scioglimento, si rinvia al Reg.

Nel documento Commento: Articolo 57 (pagine 67-69)

UE n. 1259/2010 (v. supra, sub art. 31, par. 3). Per ciò che attiene alla nullità, materia esclusa dal regolamento, si applica necessariamente la disciplina di cui all’art. 1, co. 5, l. n. 76/2016. Ai sensi dell’art. 32 quinquies, gli effetti di un’unione civile o istituto analogo costituito all’estero tra cittadini italiani dello stesso sesso, abitualmente residenti in Italia, sono quelli previsti per le unioni civili di diritto italiano (v. supra, par. 1). La norma persegue la finalità di evitare elusioni alla disciplina italiana quando l’unico ele- mento di estraneità è dato dalla costituzione all’estero dell’unione civile. Manca nella normativa introdotta la disciplina del riconoscimento delle unioni civili, in qua- lunque modo denominate nel rispettivo ordinamento, con- tratte all’estero tra persone di sesso diverso, non rien- trando tale questione nella delega legislativa. La l. n. 76/2016 non consente infatti a soggetti di sesso diverso di accedere alle unioni registrate da essa disciplinate riservate alle coppie dello stesso sesso e non prende posizione in merito al riconoscimento del legame così instaurato

all’estero, lasciando persistere nel nostro ordinamento una lacuna, con possibile significativa lesione dei diritti dei sog- getti coinvolti qualora tali unioni venissero assimilate alle convivenze di fatto, le sole alle quali possono accedere nel nostro ordinamento le coppie eterosessuali (art. 1, co. 50 ss., l. n. 76/2016). Non soccorre al riguardo l’art. 30 bis, che si riferisce ai soli contratti di convivenza. Come segnalato su- pra, sub art. 27, par. 2 in relazione alle condizioni per con- trarre matrimonio, a cui si rinvia, a seguito dell’adozione del regolamento 2016/1191, grazie ad un sistema di esenzione dalla legalizzazione o formalità analoghe e di semplificazio- ne di altre formalità, circoleranno più facilmente i docu- menti pubblici rilasciati dalle autorità di uno Stato membro in base alla propria legislazione nazionale, che devono esse- re presentati alle autorità di un altro Stato membro al fine di accertare, tra gli altri fatti, un’unione registrata, compresa la capacità di sottoscrivere un’unione registrata e lo stato di unione registrata, nonché lo scioglimento di un’unione regi- strata, separazione personale o annullamento di un’unione registrata; (art. 2, lett. g ed h).

33 Filiazione (1)

1. Lo stato di figlio è determinato dalla legge nazionale del figlio o, se più favorevole, dalla legge dello Stato di cui uno dei genitori è cittadino, al momento della nascita.

2. La legge individuata ai sensi del comma 1 regola i presupposti e gli effetti dell’accertamento e della contesta- zione dello stato di figlio; qualora la legge così individuata non permetta l’accertamento o la contestazione dello stato di figlio si applica la legge italiana.

3. Lo stato di figlio, acquisito in base alla legge nazionale di uno dei genitori, non può essere contestato che alla stregua di tale legge; se tale legge non consente la contestazione si applica la legge italiana.

4. Sono di applicazione necessaria le norme del diritto italiano che sanciscono l’unicità dello stato di figlio. (1) Articolo modificato dall’art. 101, co. 1, lett. a), d.lgs. 28.12.2013, n. 154, Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione

Estremi Normativa di riferimento

 Filiazione (art. 291 ss. c.c.)  Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazione (d.lgs. 28.12.2013, n. 154)

SOMMARIO

1. Osservazioni generali e criteri di collegamento. – 2. Il collegamento alla legge italiana e le norme di appli- cazione necessaria. – 3. Ambito di applicazione della disposizione e contestazione dello stato di figlio.

1. Osservazioni generali e criteri di collegamento. –

L’equiparazione tra i figli nati in costanza di matrimonio e fuori dal matrimonio e l’introduzione del principio del- l’unicità dello stato di figlio, ad opera della l. 10.12.2012, n. 219, hanno condotto il legislatore ad apportare modifi- che anche alla disciplina internazionalprivatistica della filiazione, che prima prevedeva per le due categorie di soggetti norme differenti (MOSCONI,CAMPIGLIO, Diritto internazionale privato e processuale, II, Torino, 2016, quarta ed., p. 187; amplius LOPES PEGNA, Riforma della filiazione e diritto internazionale privato, in Riv. dir. int., 2014, p. 394 ss.). L’art. 101 del d. lgs. 28.12.2013, n. 154, Revisione delle disposizioni vigenti in materia di filiazio- ne, abrogando l’art. 34 e modificando gli artt. 33, 35 e 36 (nonché introducendo l’art. 36 bis) della l. n. 218/1995, ha così innanzitutto abolito ogni riferimento alla distinzione tra filiazione legittima e naturale e introdotto norme di conflitto finalizzate al raggiungimento, in maniera ancora

più efficace di quanto previsto in precedenza, degli inte- ressi propri del nostro ordinamento. Il materia di filiazione l’art. 33 mantiene anche nella nuova formulazione la scelta di fondo del ricorso a norme di conflitto ispirate al rag- giungimento di determinato risultato materiale. L’utilizzo esclusivo del criterio della cittadinanza rappresenta un elemento di continuità rispetto alla precedente impostazio- ne, secondo cui la miglior localizzazione dei rapporti di famiglia segue lo status civitatis degli interessati. Nessuna norma sulla filiazione, in effetti, utilizza indici di connes- sione diversi. Tuttavia, alla perdurante preferenza del cri- terio della legge nazionale degli interessati si contrappone oggi il più ampio utilizzo delle norme materiali interne dichiarate dallo stesso legislatore di applicazione necessa- ria, così come il ricorso, come extrema ratio, alla lex fori per garantire il conseguimento di un determinato risultato, ove esso non sia raggiungibile attraverso la lex causae. Al metodo delle considerazioni materiali poteva ascriversi la

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rilevanza centrale alla figura del figlio rispetto ai genitori, già attribuita dalle norme previgenti (MOSCONI, CAMPI- GLIO, op. loc. cit.). Come in altre legislazioni internazio- nalprivatistiche, anche le norme italiane in materia di filia- zione sono ispirate al superiore interesse del minore e al favor filiationis, che implica innanzitutto il suo diritto ad avere dei genitori e ad essere da essi allevato. Parimenti orientata al favor filiationis è la norma che vincola la pos- sibilità di contestazione dello status all’applicazione della stessa legge che ne ha consentito l’attribuzione, non am- mettendo contestazioni sulla base di una legge concorren- te. Ulteriore riscontro dell’atteggiamento di favore verso lo stabilimento del rapporto emerge dall’art. 13, co. 3 della legge di riforma in materia di rinvio: in tutte le ipotesi in esame, infatti, si tiene conto di eventuali rinvii indietro o accettati solo allorché conducano a stabilire il rapporto di filiazione (rinvio in favorem). Il criterio di collegamento indicato prioritariamente è la cittadinanza del figlio al momento della nascita. L’espresso riferimento temporale consente di cristallizzare nel tempo l’esito dell’accerta- mento, impedendo che eventuali futuri mutamenti di citta- dinanza in capo all’interessato possano pregiudicare l’accertamento del rapporto operato in base alla prima lex civitatis. Nel caso in cui al momento della nascita il figlio possieda più cittadinanze, troverà applicazione l’art. 19, co. 2 che dispone la prevalenza della legge con cui il sog- getto presenza il collegamento più stretto, ma in ogni caso la prevalenza di quella italiana. Si deve peraltro notare che la automatica prevalenza della cittadinanza italiana rispetto ad un’altra cittadinanza appare ridimensionata nel caso in cui la seconda cittadinanza si quella di uno Stato membro dell’Unione europea, perché ciò integrerebbe una viola- zione del principio di non discriminazione (C. giust. 2.10.2003, C-148/02, Garcia Avello). Per rendere possibile l’accertamento del rapporto di filiazione anche quando non è ammissibile in base alla legge di cui il figlio è cittadino, la norma, superando il precedente empasse, prescrive il ricorso ai criteri di collegamento sussidiari, fra loro alter- nativi, delle leggi dei paesi di cui i genitori sono cittadi- ni al momento della nascita, se più favorevoli. Benché non via sia nessuna esplicita precisazione in tal senso, il maggior favore può consistere nella possibilità di stabilire la filiazione qualora la legge nazionale del figlio non con- senta di raggiungere tale risultato, oppure nella minor one- rosità della legge di uno dei genitori qualora questa non richieda consensi o autorizzazioni, oppure non imponga lo svolgimento di indagini che sottopongono l’acquisto dello stato di figlio a procedure particolarmente complesse. Al- trettanto superato risulta ormai, a proposito del richiamo alla legge nazionale del figlio al momento della nascita, quel circolo vizioso tra due questioni, costituenti l’uno il presupposto dell’altra, relative al caso in cui si voglia ac- certare la sussistenza di un legame di discendenza tra un minore e un cittadino di uno Stato che attribuisca la pro- pria cittadinanza iure sanguinis, come l’Italia. La legge nazionale del figlio al momento della nascita andrebbe determinata proprio alla luce di quel rapporto di filiazione oggetto dell’accertamento principale. Fermo restando che non è possibile configurare le due questioni come recipro- camente preliminari, poiché l’accertamento della filiazione è fattispecie di natura privatistica, mentre l’attribuzione della cittadinanza è un procedimento di natura pubblicisti- ca (CLERICI, La cittadinanza nell’ordinamento giuridico

italiano, Padova, 1993, p. 219 ss.), il problema va risolto alla luce delle norme materiali dell’ordinamento compe- tente. Ad ogni modo, nella generalità dei casi, sia l’attribuzione della cittadinanza sia lo status di figlio risul- tano da atti anagrafici stranieri, la cui attendibilità non può essere sindacata dai giudici italiani se non sulla base di elementi provenienti dall’ordinamento di origine (MO- SCONI, CAMPIGLIO, op. cit., p. 190; Cass. 5.8.2013 n. 18599; 18.6.2013 n. 15234). Del resto, il riferimento alle risultanze di atti e documenti anagrafici stranieri ha con- sentito la trascrizione nei registri dello stato civile italiano di atti di nascita formati all’estero riguardanti figli nati attraverso tecniche di fecondazione assistita eterologa (App. Torino 4.12.2014, in Foro it., 2015, I, c. 1078; Trib. Napoli 1.7.2011, in Giur. merito, 2011, p. 2695) e di ma- ternità surrogata (Trib. Pisa 19.6.2015 n. 687; Trib. Va- rese 7.11.2014, in Foro it., 2015, II, c. 54; in dottrina, BERGAMINI, Problemi di diritto internazionale privato collegati alla riforma dello status di figlio e questioni aperte, in Riv. dir. int. priv. proc., 2015, p. 315 ss.; BA- REL,ARMELLINI, Manuale breve di diritto internazionale privato, Milano, 2016, p. 170; BARUFFI, Capitolo 9. Ma- ternità surrogata ed interessi del minore, in CAGNAZZO, PREITE (a cura di), Il riconoscimento degli status familiari acquisiti all’estero, Milano, 2017, p. 239 ss.). Per quanto concerne il matrimonio putativo, invalido ma produttivo di effetti nei confronti dei figli, pare condivisibile la teoria che prevede l’applicazione della legge regolatrice degli effetti di cui si tratta (CARELLA, Art. 33, in BARIATTI (a cura di), Legge 31 maggio 1995 n. 218, Riforma del siste- ma italiano di diritto internazionale privato. Commenta- rio, in Nuove leggi civ. comm., 1996, p. 1189).

2. Il collegamento alla legge italiana e le norme di appli- cazione necessaria. – Il co. 2 della norma de qua stabilisce

che, qualora la filiazione non possa essere accertata o contestata sulla base di criteri di cui al co. 1, deve appli- carsi la legge italiana. In questo modo il legislatore del 2013 ha ampliato la possibilità di accertamento della filia- zione che prima delle modifiche limitava il richiamo alle leggi del figlio e dei genitori. Il legislatore ha evidente- mente valutato che, sul rischio che gli Stati di cittadinanza del figlio e dei genitori non riconoscessero la filiazione stabilita in base alla legge italiana, prevalesse l’interesse del minore, anche a costo di creare un rapporto claudican- te. Il caso più frequente in tal senso è quello di un minore nato fuori dal matrimonio da padre di religione islamica, la cui legge non ammette in questi casi l’accertamento della filiazione, che può invece essere stabilita in base alla legge del figlio o della madre oppure alla legge italiana (CAMPI- GLIO, Il diritto di famiglia islamico nella prassi italiana, in Riv. dir. int. priv. proc., 2015, p. 43 ss.). La giurisprudenza precedente alla riforma del 2013 considerava contrarie all’ordine pubblico le legislazioni che non consentono lo stabilimento della filiazione, in particolare per i figli nati fuori dal matrimonio, per contrasto con i principi fonda- mentali che nel nostro ordinamento riguardano la persona (Cass. 8.3.1999, n. 1951 in riferimento alla legge del Ma- rocco, su cui CLERICI, in Fam. e dir., 1999, p. 449 ss.), con la conseguenza doveva riconoscersi l’esistenza di un principio di ordine pubblico internazionale che riconosce il diritto all’acquisizione dello status di figlio naturale a chiunque sia stato concepito, indipendentemente dalla na-

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