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Cap I.5 Milanesi fuori Milano

III. Alessandro Cesati e dintorn

Accanto al comasco Guglielmo della Porta (Porlezza, 1515ca. - Roma, 1577) − col quale si è voluto identificare l’autore di una medaglia che ritrae Pio IV (1564 circa), oggi avvicinata piuttosto alla maniera del bolognese Girolamo Faccioli634 −, merita di essere menzionata la

1950, p. 96, n. 327. La medaglia deriva probabilmente da un ritratto di Antonio Moro (Prado 1990-96, I, p. 478, n. 1792) e, come spesso succede nel catalogo del nostro scultore, è unilaterale: entrambe le circostanze riducono consistentemente le possibilità di confronto, e l’ipotesi avanzata dallo studioso austriaco rimane l’unica sostenibile a partire da argomenti formali, come l’impaginazione e la distribuzione del rilievo. Un terzo ritratto della Principessa, pure risalente alla vedovanza, è stata illustrato da Franz van Mieris in una stampa cui non pare corrispondere nessun esemplare sopravvissuto (Van Mieris, 1732-35, III, p. 346, s.n., ad annum 1554; Armand 1883-87, II, p. 16, si riferisce all’incisione dello studioso settecentesco). Il taglio molto basso della figura, la sua impostazione piramidale e la spalla destra che aggetta a ridosso del margine del tondello riconducono a Pompeo Leoni, e più precisamente alle medaglie di Juan Honorato e del Lerma. Per il precedente trezziano cfr. supra il cap. I.2. Toderi e Vannel 2003, I, p. 56, n. 492, attribuiscono a Pompeo anche il rovescio (v/: MAIORA · A · · CONCORDIBVS”) di un ibrido che reca i riratti iugati di Massimiliano e Maria d’Asburgo, ma le condizioni dell’esemplare non solo tali da consentire giudizi risolutivi.

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Armand 1883-87, III, p. 282, n. J; Forrer 1902-30, III, p. 414 (attribuisce a Pompeo Leoni). Esemplari principali: Attwood 2003, I, p. 153, n. 167 (anonimo, ma “the obverse is redolent of Galeotti”, and the portrait also comes close to that artist’s work”).

633 Bibliografia: Armand 1883-87, II, p. 277, n. 2 (anonimo); Toderi e Vannel 2000, I, pp. 64-65, n. 112 (attr.

a Iacopo da Trezzo). Esemplari principali: Rizzini 1892, p. 107, n. 759 (anonimo, variante senza data del tipo schedato in Armand); Álvarez-Ossorio 1950, p. 109, n. 403 (anonimo); Pollard 1984-85, III, p. 1452, n. 854 (anonimo); Attwood 2003, I, p. 161, n. 201 (anonimo, “Milanese in style”); Toderi e Vannel 2003, I, p. 54, n. 474 (Iacopo da Trezzo). Per l’attribuzione dovrebbero essere eloquenti il confronto del volto con l’effigie firmata dell’infante Carlos e l’accostamento tra la figura del rovescio con la Giustizia rappresentata sul rovescio del ritratto di Francisco Hernández de Lievana, pure autografo (sul quale cfr. Armand 1883-87, I, p. 250, n. 8; Plon 1887, p. 324; Toderi e Vannel 2000, I, p. 72, n. 134; per gli esemplari principali: Cano Cuesta 1994, p. 201, n. 53; Johnson e Martini 1995, p. 133, n. 2295; CMP, AV n. 968, ae, es. seriore da es. forato, patina marrone, mediocre, d. 57,4mm, sp. 3,3-5,5mm, 5°). Si notino però anche le somiglianze epigrafiche e l’impaginazione della figura nel rovescio, disposta lungo l’intero diametro del tondello e posata su un piano prospettico che crea un sensibile aggetto proprio lungo il bordo.

634 La medaglia è stata attribuita a Gugliemo della Porta sulla base di confronti con alcuni rilievi da Leithe-

Jasper 1972, pp. 329-335, ma la proposta non ha trovato seguito: Tuttle 1987, p. 330, e Toderi e Vannel 2000, I, p. 436, n. 1302, la ascrivono dubitativamente a Girolamo Faccioli, che in quegli anni era attivo alla Zecca bolognese; sull’attività di Faccioli presso la Zecca bolognese cfr. anche Tumidei 2002, pp. 64-67 e le schede alle pp. 123-142 (per la medaglia in questione, ascritta dubitativamente al Faccioli, p. 141, n. 9). Sull’opera di

figura di Alessandro Cesati, detto il Grechetto per la nazionalità cipriota della madre635. L’influenza esercitata sull’iconografia pontificia da questo lombardo emigrato (il cui nome fu però dimenticato dall’erudizione milanese sino alle ricerche parmensi e romane di Amadio Ronchini e Antonino Bertolotti) corrisponde alla centralità di cui godette, in quanto medaglista, nelle Vite vasariane del 1550 e del 1568636.

Senz’altro però i natali ambrosiani di Cesati, complice il suo precoce trasferimento alla corte romana (1532) e poi a quella parmense (1546), non corrispondono ad un bagaglio figurativo nettamente norditaliano: piuttosto, essi documentano la predominanza degli incisori subalpini all’interno delle principale zecche della Penisola. È un fatto però che, esclusi alcuni intagli firmati637, la celebrata opera glittica di Alessandro sia rimasta nascosta tra le opere lombarde della metà del secolo, con le quali si apparenta in effetti sia per i procedimenti tecnici, sia per la rigorosa ispirazione antiquaria. È questo il caso di uno straordinario cammeo raffigurante una testa di Giove e rimasto sinora anonimo (Milano, coll. privata), ma classificato come opera ‘milanese’ sulla base della sua montatura smaltata638: in quest’opera la virtuosistica resa della peluria rinvia alla corniola con Enrico II dell’Hermitage (che Cesati firmò)639, mentre le fattezze del volto trovano riscontri palmari nella famosa medaglia di Paolo III (ascritta al Grechetto da Vasari, che la sentì elogiare da Michelangelo)640 e nelle medaglie con effigi antiche attribuite all’intagliatore farnesiano (si vedano in particolare quella di Priamo e Alessandro Magno)641.

Ma evocare i fasti del Cesati in questo capitolo non serve solo a sottrarre alla produzione milanese alcune gemme il cui filologismo antiquario mal si concilia con lo spirito che Leoni infuse nella plastica del ducato asburgico dopo il 1542: bisogna infatti sottolineare che, lasciando precocemente la Lombardia, nelle sue prime opere lo scultore mantenne vivo un linguaggio che in patria sarebbe sopravvissuto quasi fino all’arrivo di Leoni. Ne è un esempio una medaglia di Alessandro Farnese databile tra il 1535 ed il 1550 e contesa in passato tra Alessandro Cesati e Guglielmo della Porta642: alcuni isolati stilemi del rovescio hanno indotto Werner Gramberg a ipotizzare l’intervento del secondo643, ma l’iscrizione “A(ΛΕΞΑΝ∆ΡΟΣ) E(ΠΟΙΕΣΕ)” incisa sotto la spalla trova riscontro in altre medaglie del Grechetto e in alcune sue gemme644, e pare derivare dal conio originale: la difformità dell’effigie rispetto alla produzione successiva del Grechetto deve essere interpretata come un indizio di precocità, giacché, oltre che a fra Guglielmo, essa può essere accostata alla maniera di Giovannantonio de’ Rossi e ad alcune medaglie lombarde di livello qualitativo inferiore, come quella della duchessa Cristina (1533?)645.

Guglielmo della Porta, e in particolare sulla tomba di papa Pio IV, si vedano almeno Gramberg 1984, pp. 253- 364, e Thoenes 1990, pp. 130-141 (con bibliografia precedente).

635 Ronchini 1864, p. 251-261 (con bibliografia precedente); Bertolotti 1881, pp. 316-318; Supino 1906, pp.

155-156; Martinori 1917-30, X, pp. 67-83; Habich 1924, pp. 116-117; Kris 1929, pp. 74-75; George F. Hill, Cesati, Alessandro, in Thieme e Becker 1907-50, V-VI, pp. 313-314 (con bibliografia); Silvana Balbi de Caro, Cesati, Alessandro, in DBI, XXIV, pp. 229-230.

636 Toderi e Vannel 2000, II, p. 659, n. 2052. Il passo di Vasari su Alessandro (1966-87, IV, pp. 628-629) è

stato già analizzato nell’Introduzione.

637

Kris 1929, p. 170, nn. 299-301.

638 Hackenbroch 1979, pp. 40-41, tav. IV, fig. 78 (con bibliografia). 639 Kris 1929, p. 170, n. 299.

640

Toderi e Vannel 2000, II, p. 659, n. 2052. Il passo di Vasari su Alessandro (1966-87, IV, pp. 628-629) è stato già analizzato nell’Introduzione.

641 Toderi e Vannel 2000, II, risp. p. 672, n. 2103, e p. 673, n. 2105; sulle medaglie con ritratti antichi

attribuite al Grechetto cfr. soprattutto Hill 1910-11 (2), pp. 267-268.

642

Toderi e Vannel 2000, II, p. 659, n. 2053.

643 Gramberg 1960, p. 42, nota 27; l’attribuzione è raccolta anche da Leithe-Jasper 1972, p. 332. 644 Toderi e Vannel 2000, II, p. 667, n. 2082, e le gemme citate supra.

Poi, verso la fine del papato farnesiano (1534-1549), i crescenti contatti con Roma ampliarono i riferimenti culturali di Alessandro senza mai avvicinarlo per questo né al Leone Leoni romano, né ai nuovi sviluppi della medaglistica lombarda: i nudi affusolati e tenui dei coni del Grechetto, memori delle più complesse invenzioni parmigianinesche, vengono affiancati piuttosto da nuove soluzioni, salviatesche, che trovano spazio soprattutto nelle medaglie fuse646.

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Il rovescio con Alessandro Magno per la medaglia di Paolo III, più volte citata, si basa per esempio su di una sanguigna del Salviati che raffigura il sommo sacerdote (Houston, collezione privata) ; una stampa del monogrammista “I. R. S.” riproduce inoltre l’intera invenzione, come segnala Alessandro Nova, in Monbeig- Goguel 1998, pp. 60-69 e nn. 111-112.

Cap. I.6. Presunti lombardi: la questione della ‘scuola milanese’ in

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