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Iacopo da Trezzo, Cosimo I e alcuni vasi in pietra dura

Cap I.2 Iacopo da Trezzo

VI. Excursus sulla produzione glittica di Iacopo

1. Iacopo da Trezzo, Cosimo I e alcuni vasi in pietra dura

Se negli anni precedenti il 1552 il nostro scultore, non ancora quarantenne, era già un artista così affermato da essere ricercato fuori patria e per committenze principesche, non è improbabile che qualche opera di Iacopo possa essere ancora nascosta tra i migliori intagli anonimi attribuiti alle manifatture milanesi e conservati oggi nei musei europei originati da collezioni dinastiche. Dato poi che il catalogo di Gaspare Miseroni (attivo per Cosimo I negli stessi anni cinquanta in cui Iacopo consegna un vaso di cristallo per il medesimo Duca) è composto esclusivamente di intagli con decorazioni a fogliame e a grottesche, possiamo ritenere che il passo di Lomazzo sopra citato, ponendo Iacopo da Trezzo, Francesco Tortorino e Annibale Fontana ai vertici della glittica lombarda, intendesse indicare nei tre milanesi gli artefici in grado di realizzare quelle complesse scene mitologiche a più figure che, verso la metà secolo, costituivano il maggior titolo di eccellenza della glittica lombarda372.

369 Toderi e Vannel 2000, I, p. 164, n. 440.

370 Per la datazione cfr. Babelon 1963, pp. 37-42. Per la descrizione del tipo e la bibliografia cfr. Vannel e

Toderi 2000, I, p. 64, n. 111, cui va aggiunta la menzione della medaglia in Mariette 1750, I, p. 151.

371 Toderi e Vannel 2000, I, p. 165, n. 444.

372 Lomazzo 1973-74 (1584), p. 300. Su Gaspare Miseroni cfr. soprattutto Distelberger 1978, pp. 79-152. Il

Se tali premesse sono corrette, c’è da chiedersi se il vaso di Iacopo non abbia a che vedere con una straordinaria fiasca raffigurante su una valva Orfeo e le Muse e sull’altra il Giudizio di Paride (Firenze, Museo degli Argenti)373: i panneggi delle divinità trovano infatti riscontri nei rovesci di medaglie con Il carro di Apollo e Pace che incendia un trofeo (1555), mentre i nudi sono accostabili all’Apollo raffigurato sul verso del ritratto di Ascanio Padula374.

Per un futuro catalogo delle opere glittiche del Nizolla varrà tuttavia la pena di considerare anche una fiasca a borrache in cristallo di rocca intagliata con scene bacchiche (München, Schatzkammer)375 e rammentare che Kris la raggruppò con un vaso del Louvre, pure vicino alla maniera del Nizolla (Episodi della vita di Noé)376, e con la parte inferiore, più antica, di un vaso con Trionfo di Bacco (Wien, Kunsthistorisches Museum)377. L’autore del primo pezzo, già ritenuto un milanese attivo verso la metà del XVI secolo, mostra rispetto a Iacopo un’impressionante dipendenza, misurabile dal confronto con i rovesci di alcune medaglie autografe (Il carro di Apollo e Pace che brucia un trofeo di armi, 1555)378. La Storia di Noé è invece da accostare alla medaglia di Filippo II (1555) e ai rovesci di due medaglie firmate, Isabella Gonzaga nei panni di Vesta (anni cinquanta) e Ippolita in veste di Aurora (1551-52); una decorazione molto vicina a quella del vaso parigino è poi raffigurata nel cammeo con la Fontana della Scienza (Paris, Cabinet des Médailles)379, in cui il bacino retto dalla cariatide presenta simili baccellature, mascheroni laterali e un’analoga proporzione tra piede e collo. Il terzo cristallo trova riscontri più precisi in alcune figure dei rovesci medaglistici con Apollo e la Fontana della Scienza (datata intorno al 1568). Come il cristallo precedente, anche questo presenta rispetto al primo uno scarto stilistico variamente interpretabile, ma che senz’altro non ha a che vedere né con Annibale Fontana, né con il più modesto Giovanni Ambrogio Saracchi: le figure dei tre cristalli si adattano piuttosto ad un artista della generazione precedente380. Per la fiasca di Monaco una spiegazione possibile è che Francesco da Trezzo, fratello del nostro ed attivo per Guglielmo di Baviera, non abbia agito solo come intermediario per vendere i capolavori del fratello,

Gaspare Miseroni, sui quali si veda la documentazione raccolta da Fock 1976, pp. 119-154. In questo senso va interpretata forse anche la notizia tarda e probabilmente fittizia, secondo la quale Iacopo e Gaspare sarebbero stati maestro e allievo (cfr. Morigia e Borsieri 1619, p. 480, e Distelberger 1999, p. 311).

373

Piacenti Aschengreen 1968, p. 137, n. 149 (h: 250mm, catena e manico in oro parzialmente smaltato). La fiasca è riprodotta in Massinelli 1997, p. 64, con una datazione al 1580 assai poco condivisibile.

374 Toderi e Vannel 2000, I, p. 64, n. 110. 375

Un’attribuzione ad anonimo milanese dell’ultimo terzo del XVI secolo fu formulata da Kris 1929, pp. 97- 98, tav. 152, figg. 538-539 (h: 430mm, fiasca in cristallo di rocca a due valve, con montatura del corpo e del piede in oro incrostato di perle, rubini, smeraldi e diamanti, e due cariatidi ai lati per assicurare una catena). Cfr. anche Thoma e Brunner 1964, p. 152, n. 335 (1570-80, coll. Alberto V di Baviera).

376

Kris 1929, tavv. 155-156, figg. 548-550 (h: 420mm, vaso in cristallo di rocca con una fascia centrale seperata sopra e sotto da due ghirlande e spartita in due riquadri da viticci laterali; le fasce superiore e inferiore sono baccellate, il collo del becco (posteriore) e i bordi dell’imboccatura e del piede hanno una montatura in oro smaltato, in parte seriore; l’ansa, decorata a cartocci e termini e tempestata di rubini e diamanti, poggia su mascheroni realizzati nel XVI secolo, ma come il coperchio è di datazione più tarda). Il pezzo fu prudentemente avvicinato da Kris alla bottega dei Saracchi. Per la bibliografia cfr. Alcouffe 2001, pp. 253-255, n. 109.

377 Kris 1929, tavv. 155-156, figg. 544-545 (h: 289mm); Leithe-Jasper e Distelberger 1982, p. 94. Il vaso,

intagliato in cristallo di rocca, è montato con un collo, un coperchio e due anse seriori. La partizione del corpo è identica al vaso precedente, inclusi i mascheroni alla base delle anse; il bordo del piede è montato in oro smaltato.

378 Toderi e Vannel 2000, I, p. 62, n. 99-100. 379

Per il cammeo con la Fontana della Scienza, cfr. Babelon 1897, I, p. 291, n. 612, tav. LVI; Babelon 1922, pp. 237-241, tav. VII, 1; Kris 1929, tav. 79, fig. 326 (calcidonio a due strati, bianco e grigio, h. x l.: 52 x 56mm, montatura in oro del XVII secolo).

ma abbia addirittura realizzato, in parte o completamente, alcune opere, magari a partire da modelli di bottega che avevano visto il concorso di Iacopo.

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