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La formalizzazione dello spazio politico urbano: i capitanei e le istituzioni milanes

2.1 Un “laboratorio consapevole” Verso l’affermazione della cittadinanza nella politica urbana (1111-1135)

2.1.5 Assemblea o assemblee: una pluralità terminologica o reale?

Gli studi hanno evidenziato come l’assemblea civica sia stata il primo tentativo da parte della cittadinanza di superare la delegittimazione delle autorità del Regnum; la forza di questo organo deriverebbe dal giuramento comune professato dai suoi partecipanti, quindi, dal vincolo che tale promessa avrebbe creato tra i coniurati. Un altro filone di studi ha, invece, sottolineato come la riunione in consiglio fosse la consueta metodologia politica di tutti i soggetti di quest’epoca e, perciò, sia difficile distinguere un’entità assestante da una pratica comune di dialettica politica; la difficoltà di conoscere se il termine communi consilio faccia riferimento a un preciso soggetto o a una pratica politica è un ottimo esempio di questa dicotomia81.

Pur in questi ostacoli terminologici, la documentazione milanese testimonia come fosse avvenuta una formalizzazione dell’organo assembleare, divenuto un’istituzione del sistema politico: nei primi anni del XII secolo la concio si era ormai distinta dal resto delle riunioni cittadine, e aveva acquisito un preciso ruolo nel regime. La contio era divenuta, così, un’assemblea indipendente dal potere arcivescovile, con riunioni regolari e capace di rappresentare la volontà della cittadinanza, come è ben mostrato dalla delibera relativa alla guerra contro Como nel 111882. Le informazioni sui mutamenti della concio non sono

rintracciabili nella documentazione archivistica poiché nessun documento di questo ente si è conservato83. La cronaca di Landolfo Iuniore è la nostra unica fonte per seguire questi

mutamenti; infatti si ritiene che lo scetticismo riguardo le ricostruzioni effettuate a partire dalle informazioni contenute nell’opera dello Iuniore sia infondato, soprattutto per quanto riguarda vicende legate alla restituzione della propria chiesa familiare84. La narrazione,

soprattutto nella seconda parte, si presenta come un lungo memoriale nel quale vennero elencati i vari tentativi di Landolfo di portare avanti la propria causa. Le motivazioni dietro la scrittura del testo possono quindi inficiare la ricostruzione generale, che non è l’obiettivo

81 Su queste tematiche vedi W. GOETZ, Le origini dei comuni italiani, Milano 1965; J.P. DELUMEAU,

De l’assemblée précommunale au temps de conseils. En Italie centrale in Qui vent prendre la parole?, Paris

2003, pp. 213-238; E. COLEMAN, Rappresentative assemblies in communal Italy in Political assemblies in

the Earlier Middle Ages, Turnhout 2003, pp. 193-210; L. TANZINI, A consiglio. La vita politica nell’Italia dei comuni, Roma-Bari 2014.

82 LANDOLFO IUNIORE, cap. 47, p. 41: «Hinc Yordanus pontifex Mediolanensium contionem

militum et civium, clamantium in Cumanos, intravit; ibique conumerando et lamentando quam plura malla, que Cumani fecerant in rebus et hominibus archiepiscopatus Mediolani, ipsam turbam contionis ad faciendam vindictam inflamavit»

83 Non si ha la sicurezza che l’assemblea avesse una propria produzione documentaria. Gli unici

riferimenti a un soggetto che fosse capace di costituire una propria cancelleria in grado di creare atti ufficiali fanno riferimento all’apparato arcivescovile e successivamente al consolato come ci testimonia lo stesso Landolfo Iuniore in quanto egli stesso scrisse questi documenti per i consoli.

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dell’autore, ma sono fondamentali per conoscere le modalità con le quali si sarebbe potuta perorare una causa nella Milano dell’inizio del XII secolo. L’analisi del testo sarebbe quindi fondamentale per la ricostruzione delle funzioni dei vari organi politici nell’ambito giudiziario, uno dei campi principali nel sistema politico cittadino. Un esempio del possibile contributo dell’opera ci viene dal capitolo 44: il passo è utile a evidenziare come la concio non fosse l’unica assemblea all’interno del sistema cittadino e come lo spazio politico non fosse racchiuso solo nelle sue istituzioni di vertice85.

Il testo presenta uno dei tentativi di Landolfo di risolvere la causa relativa alla restituzione della chiesa di S. Paolo in Compito, occupata da ecclesiastici fedeli allo schieramento a lui avverso, cioè fedeli all’autorità cittadina. La narrazione è divisa in tre blocchi relativi a tre differenti azioni giuridiche percorse dallo Iuniore: tutte e tre furono effettuate in realtà assembleari ma dalle caratteristiche differenti86.

La prima è l’assise sovralocale del 1117, già citata in precedenza; il carattere giudiziario è enfatizzato dalla presenza di una numerosa folla riunitasi nell’occasione proprio per questo fine. La presentazione di Landolfo rimanda a un tipo di giustizia di carattere pubblico di stampo imperiale: l’immagine utilizzata è perfettamente sovrapponibile a quella dei mercanti lodigiani che si presentarono davanti a Federico I alla dieta di Costanza per chiedere giustizia contro i milanesi nel 115387.

La seconda è la concio di cui possiamo evidenziare alcune caratteristiche: il luogo di ritrovo sarebbe ormai standardizzato nell’area dell’Arengo, in una posizione centrale e vicina agli edifici del potere episcopale; l’assemblea non venne riunita dall’arcivescovo e il presule non sembra avere un ruolo specifico di controllo sull’organo. Inoltre, la contio si sarebbe riunita indipendentemente dalla causa presentata da Rolando, prova di riunioni cadenzate nel tempo e regolari. Infine, l’assemblea riunì solo una parte della popolazione poiché, alla sua convocazione, furono assenti sia gli uomini di Grossolano sia Liprando. La concio avrebbe, quindi, raggiunto un grado di formalizzazione tale da poter essere

85 LANDOLFO IUNIORE, cap. 44, pp. 39-40.

86 I tentativi di restituzione da parte di Landolfo Iuniore non furono solo di carattere locale: egli portò la

propria causa anche davanti alle autorità universale. Per due volte cercò di appellarsi all’imperatore: la prima volta nel 1125 non riuscì a causa della morte improvvisa di Enrico V (LANDOLFO IUNIORE, cap. 51, p. 43), la seconda nel 1136, durante una dieta a Roncaglia, Lotario III rimandò la causa alla giurisdizione consolare ma Arnaldo da Rho, membro del gruppo a lui avverso e della pars al potere, fece fallire l’iniziativa (LANDOLFO IUNIORE, capp. 65-66, p. 47-48). In un altro caso, mentre papa Callisto II si trovava con Giordano da Clivio a Tortona, tentò di appellarsi al papato ma la risposta fu, ancora una volta, negativa (LANDOLFO IUNIORE, cap. 48bis, p. 42).

87 Historia Fedrerici I, p. 3: «Quod predicti Laudenses qui ibi aderant considerantes, placuit eis de

mercato, quod Mediolanenses Laudensibus abstulerant, ante ipsum regem querimoniam proponere. Statimque in quandam ecclesiam introeuntes duasque inde maximas cruces ad humeros levantes coram ipso rege ceterisque principibus adierunt et pedibus ipsius regis cum ipsis crucibus prostrati sunt maxime lugentes».

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considerata un’istituzione alternativa alla struttura arcivescovile. Il gruppo avverso a Liprando avrebbe utilizzato l’affermazione nella concio per danneggiare l’ecclesiastico: la coalizione non avrebbe colpito Liprando attraverso la struttura arcivescovile sia per non rischiare situazioni di stallo come quelle riscontrare sotto Grossolano sia per non indebolire la politica di compromesso seguita da Giordano da Clivio. L’indipendenza della concio avrebbe permesso di attaccare Landolfo senza però delegittimare la posizione dell’arcivescovo; infatti, il nipote di prete Liprando non poté accusare direttamente l’arcivescovo poiché egli non ebbe nessuna funzione in questa azione giuridica. Landolfo poté solo appellarsi alla mancata denuncia della falsità delle accuse da parte di Giordano.

La terza assemblea venne descritta come una riunione non formalizzata; tale assise ricorderebbe le folle del periodo delle coniurationes, simile alla popolazione partizipierender zeugen della legazione di Pier Damiani del 105988. Landolfo fa riferimento

a questa assemblea con un termine vago (populum et gentem), segno della sua informalità. Il sacerdote posto in fondo all’emiciclo, all’estremo opposto dell’arcivescovo, tentò di assicurarsi l’attenzione dei fedeli riuniti: perciò le modalità sono simili a quelle dello scontro nella cattedrale tra Arialdo e Guido da Velate nel 106689. L’obiettivo di Liprando era quello

di sollevare parte della popolazione a proprio favore e così colpire lo schieramento opposto. Questo tentativo prova come potessero ancora essere utilizzate delle metodologie extra istituzionali per poter perorare le proprie istanze.

Le tre azioni mostrano come l’assemblea fosse una realtà politica molto fluida, funzionale e adattabile alle differenti realtà. In un sistema plurale in cui i soggetti formalizzati non saturarono lo spazio politico, la dialettica tra le forze cittadine poté estendersi oltre la concio, utilizzando metodologie e stilemi informali utili in una realtà nella quale la gerarchia istituzionale era ancora debole.

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