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Il ruolo dei centri (e dei capitanei?) rurali nell’espansione territoriale milanese

La formalizzazione dello spazio politico urbano: i capitanei e le istituzioni milanes

2.1 Un “laboratorio consapevole” Verso l’affermazione della cittadinanza nella politica urbana (1111-1135)

2.1.3 Il ruolo dei centri (e dei capitanei?) rurali nell’espansione territoriale milanese

Si è dimostrato come vi siano indizi dell’accresciuta autorità di Milano nei rapporti con le forze inserite nella propria arcidiocesi. Si potrebbe fare un discorso analogo per i poteri affermatesi all’interno del territorio milanese? Alcune comunità avevano già acquisito una certa giurisdizione e avrebbero potuto sfruttare i loro rapporti con i centri urbani limitrofi per favorire la propria crescita all’ombra delle autorità cittadine; dall’altra parte, la città avrebbe potuto sfruttare le relazioni costruite con questi centri per creare una rete di alleati e così potenziare il proprio dominio territoriale47.

La guerra tra Milano e Como è il perfetto esempio di queste griglie di relazioni tra forze maggiori e poteri rurali48: entrambe le realtà cittadine, infatti, avevano affermato la

propria autorità su una serie di centri minori, utilizzati durante la guerra per far pendere la bilancia della vittoria a proprio favore. L’Anonimo Cumano illustra due realtà urbane dal peso differente: Como ebbe alleate buona parte delle comunità attigue al proprio distretto d’influenza, Milano ebbe un chiaro vantaggio sul piano generale, circondando con i suoi socii (Isola Comacina, Lecco, Varese, Cantù) il territorio comasco. Paolo Grillo ha dimostrato come questi centri rurali avessero raggiunto un certo grado di istituzionalizzazione, tale da potersi rapportare come comunità con il potere urbano: «è evidente che la località si comportava come una vera entità politica, in grado di interloquire efficacemente con le città, guidata, almeno in casi eccezionali, da un ufficiale (tyrannus) con poteri speciali»49. Alcune realtà ebbero, anche, un’intesa attività diplomatica, cambiando più

47 Il lungo dibattito sulla genesi delle comunità rurali nel contado è parallelo a quello relativo alla nascita

dell’autogoverno in città. Per questi studi è stato fondamentale l’apporto di Gian Piero Bognetti, il quale propose una forte continuità delle istituzioni di stampo comunitario tra Tardo Antico e Medioevo e il rinfocolare di queste autorità come risposta all’affermazione del dominatus loci signorile: G.P. BOGNETTI,

Sulle origini dei comuni rurali nel Medioevo con speciali osservazioni pei territorii milanesi e comasco in Studi sulle origini del comune rurale, Milano 1978, pp. 3-262 (ed. or. Pavia 1926). Questo modello è stato

messo in discussione dalle analisi di Chris Wickham a partire dai lavori sulla piana di Lucca; lo studioso inglese ritenne che la struttura sociale di queste realtà fosse molto complessa, caratterizzata dalla presenza di un forte nucleo di possessori allodieri e milites che avrebbero rappresentato la comunità nei rapporti con i poteri superiori. La capacità di agire come un organo unitario, senza però avere una vera istituzionalizzazione, era testimoniata già dal X secolo ma fu solo dopo l’anno Mille che queste collettività emersero con tutta la loro forza nel panorama politico, riuscendo a difendere a lungo le loro prerogative. Tale periodo di affermazione si identificherebbe con la disgregazione dell’apparato pubblico: C. WICKHAM, Comunità e clientele nella

Toscana del XII secolo. Le origini del comune rurale nella Piana di Lucca, Roma 1995; ID., La montagna e la città. L’appenino toscano nell’Alto Medioevo, Torino 1997 (ed. or. The mountains and the city. The Tuscan Appennines in the early Middle Ages, Oxford 1988); ID., Dispute ecclesiastiche e comunità laiche: il caso di Fligine Valdarno (XII secolo), Figline Valdarno 1998.

48 L’analisi su questa tematica è basata sulle attente riflessioni contenute in un articolo di Paolo Grillo,

rimasto ancora oggi un unicum dei rapporti tra la città e il proprio territorio in area lombarda nella prima parte del XII secolo: GRILLO, Una fonte per lo studio dei comuni rurali.

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volte fronte: Gravedona fu prima alleata di Milano e poi dalla parte di Como, alla quale nel 1124 consegnò delle navi50. Le riscossioni rischieste alle comunità presentano il territorio

soggetto al potere cittadino51: Milano estese il proprio dominio sull’intero Seprio e nelle aree

settentrionali del proprio territorio almeno fino a Lecco e Cantù52.

Le comunità rurali non furono gli unici soggetti affermatesi alla disgregazione del potere pubblico; una giurisdizione locale si sarebbe consolidata anche da parte dell’aristocrazia rurale53. È probabile che la città avesse relazioni anche con queste forze ma

non ne abbiamo testimonianza diretta: la ricerca nella documentazione è inconcludente e neppure l’Anonimo Cumano ci viene in aiuto poiché, come ha evidenziato Grillo, «(le comunità) erano le quasi esclusive interlocutrici dei due comuni urbani, mentre i signori rurali, con pochissime eccezioni, risultano completamente estranei allo sguardo del poeta»54.

Alcuni indizi sono attestati nel casus belli dello scontro contro Como. Il fattore scatenante fu, infatti, la cacciata da Como del vescovo Landolfo da Carcano, presentato da Landolfo Iuniore come «Mediolanensis ecclesie clericum ordinarium et ministrum» e, in particolare, dall’uccisione durante gli scontri con le forze del vescovo rivale Guido Grimoldi, di Ottone «ejusdem Landulphi nepotem et urbis Mediolani egregium capitaneum»55.

Landolfo evidenzia come entrambi i personaggi fossero considerati parte della realtà cittadina; offendere la loro dignità equivarrebbe a ledere l’honor civitatis. La famiglia da Carcano, però, appartenne a quei capitanei rurali rimasti fuori dal sistema politico cittadino. L’apertura del capitolo degli ordinari a queste casate permise ai cittadini di considerare questi personaggi come ancora parte della comunità ambrosiana, tuttavia fu un uso strumentale di questo legame: l’honor civitatis sarebbe servito esclusivamente come casus

50 Liber Cumanus, v. 1342-1343, p. 442: «Interea Cumis fociae fuerant Grabadonae legatae naves» 51 Le città di Como e Milano, già nei primi decenni del XII secolo, furono capaci di drenare risorse da

quello che considerarono il loro territorio. Nel documento con il quale nel 1170 si tentò di risolvere l’appartenenza del comitato del Seprio tra le due città (MANARESI, n. 103, pp. 106-115) alcuni testimoni dichiarano che i rappresentanti di Milano avevano raccolta blavam in varie località durante la guerra contro Lodi (1107-1111); altri affermarono, invece, che Como requisì il fodro, richiesto il carriaggio e obbligato a partecipare all’oste durante il periodo tra le due guerre (1111-1118); P. GRILLO, Comune rurali e poteri locali.

52 GRILLO, Una fonte per lo studio dei comuni rurali, pp. 68-73.

53 Non vi è ancora, per l’area milanese, uno studio della componente signorile nel territorio di Milano.

Infatti, alcuni lavori degli ultimi anni evidenziano come il dominatus loci fosse presente come realtà ecclesiastica, soprattutto da parte dei monasteri cittadini (S. Ambrogio, Maggiore). Tuttavia è assente nella documentazione del XII secolo una forte presenza di dominazioni di stampo laico. Il dominio su vaste aree rurali da parte di stirpi aristocratiche, chiaramente presente nella documentazione toscana, non trova riscontro nell’area lombarda. Per alcune prime riflessioni su questo tema attraverso l’analisi di un singolo caso, quello della famiglia da Castiglione, rimando al capitolo 6°, pp. 271-275.

54 GRILLO, Una fonte per lo studio dei comuni rurali, pp. 71-72.

55 LANDOLFO IUNIORE, cap. 47, p. 41: «Quoniam quidem, ubi imperator a Roma exivit, et se a

predicto papa Gregorio sive Burdino prolongavit, mox manus Guidonis, Cumani episcopi, ejusque militum et civium violenter apprehendit Landulphum Carcanensem, Mediolanensis ecclesie clericum ordinarium et ministrum; atque in ipsa apprehensione interfecit Ottonem, ejusdem Landulphi nepotem et urbis Mediolani egregium capitaneum».

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belli. Il conflitto tra i due vescovi era iniziato già dalla fine dell’XI secolo e sappiamo che Milano si era schierata, almeno in una occasione, al fianco del rivale Guido Grimoldi: infatti, nelle sottoscrizioni alla sinodo del 1098 possiamo trovare la firma del candidato papale al soglio comasco56. Nella nuova realtà del Regnum dopo la discesa di Enrico V, Milano

avrebbe favorito il candidato più filoimperiale trovando come appiglio del proprio intervento l’appartenenza dei da Carcano alla koiné ambrosiana. Eppure, tale considerazione non servì ai capitanei rurali per interagire con lo spazio cittadino. La documentazione di questi anni non ci testimonia la partecipazione di queste casate alla vita politica cittadina: non vennero citati nelle lunghe liste di intervenuti e nessuno degli ordinari identificati sarebbe originario dei capitanei rurale57.

Milano riuscì non solo a utilizzare a proprio favore il concetto di honor civitatis ma anche le reti sociali dei propri leaders cittadini, soprattutto in una zona contesa come quella della valle del Seveso. Uno di questi casi è testimoniato da un racconto dell’Anonimo Cumano: agli inizi del 1127, dopo una serie di sconfitte patite alla morte di Guido Grimoldi, i cittadini di Como riunirono i propri alleati per pianificare la strategia dell’anno venturo. In questa assemblea fu invitato Alberico signore del castello di Bregnano, luogo strategico dominante la strada tra Milano e Como. Egli propose di preparare una trappola per l’esercito milanese, nascondendo buona parte dei soldati in un luogo riparato, dal quale attaccare di sorpresa il nemico. Ma Alberico era un traditore: infatti, nel giorno concordato, le schiere comasche furono sconfitte da un esercito milanese comandato dallo stesso signore di Bregnano. I comaschi persero alcuni dei più importanti comandanti militari, appartenenti alle famiglie rilevanti del regime urbano58. Questa azione non dimostrerebbe solo la capacità

del regime milanese di interagire con i poteri del territorio ma anche l’abilità dei soggetti politici di utilizzare, a proprio favore, l’ampia rete ecclesiastica cittadina. Infatti, l’Anonimo presenta Alberico come capostipite della propria casata. Nello stesso tempo, documenti provenienti dall’archivio del monastero di S. Vittore di Meda, testimoniano come la famiglia da Bovisio, quella dell’arcivescovo Anselmo IV, stesse spostando i propri interessi dall’area

56 Vedi capitolo 1°, p. 70.

57 Questa affermazione è temperata da un limite oggettivo della documentazione. Molto spesso, almeno

fino al XIII secolo, gli ordinari della cattedrale firmarono i documenti apponendo solo il proprio nome. L’identificazione dei personaggi deve, quindi, avvenire attraverso un confronto con altra documentazione disponibile (come nel caso di Anselmo indignus diaconus, figlio di Ariprando da Rho: vedi capitolo 4°, p. 195) o, per rari casi, con la presenza del cognomen nella firma. Nel primo caso la ricostruzione è ancora più ardua a causa della presenza di nomi comuni tra il ceto aristocratico, cosa che rende l’identificazione con un singolo personaggio citato in altra documentazione, dubbia e incerta; per i capitanei rurali, inoltre, la documentazione con cui fare un raffronto è minore rispetto all’aristocrazia cittadina, sia per la minor quantità di atti compilati nelle campagne sia per la dimora cittadina degli ordinari, fatto che gli allontanava dal centro d’interesse della famiglia.

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di Bovisio a quella di Bregnano. Prova di questo passaggio é la presenza, in alcuni documenti, della formula «de Buisio, de loco Breniano»; tale dicitura testimonierebbe una fase di trasferimento da parte di un ramo della casata verso Bregnano59. Dopo gli anni Trenta

del XII secolo non vi furono più simili riferimenti e, nello stesso tempo, è testimoniata la comparsa della famiglia da Bregnano. Le interazioni tra i vari rami della famiglia continuarono anche dopo la separazione del cognomen come provato dai diritti del ramo milanese dei da Bovisio a Bregnano e dai rapporti con il monastero di Meda. Questi legami con il cenobio di S. Vittore sono la prova della forte influenza che il monastero avrebbe acquisito nel territorio di Bregnano lungo il XII secolo; il cenobio di Meda che, come si mostrerà successivamente, era appannaggio della famiglia da Rho, una delle famiglie di capitanei urbani più attive nella Coniuratio, cioè l’autorità a Milano in quel periodo60.

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