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I capitanei e il Barbarossa: la divisione tra città e territorio (1155-1185)

3.2 I capitanei rurali: la sfida alla città

3.2.2 Le relazioni tra il Seprio e Milano fino all’arrivo del Barbarossa

La prima testimonianza dei rapporti tra Milano e il Seprio, già presentata in questo lavoro, si inquadra in un momento di tensione tra le due zone: l’assedio della fortezza di Castiglione nel 107178. Come si è già osservato, è ipotizzabile l’esistenza di una differenza

tra i milanesi e il gruppo di alleati dell’arcivescovo, identificabile con i milites legati alla famiglia di Gotofredo. Questo scontro, generatosi nelle contrapposizioni politiche di Milano, ci aiuta a conoscere qualcosa della realtà sepriese e dello sviluppo delle famiglie capitaneali: la difficoltà di Gotofredo a controllare i castelli arcivescovi, attestata dalle spedizioni contro la fortezza di Lecco e di Varese, dimostra come il dominio della città sulla regione potesse avvalersi di queste strutture. Non sappiamo quali mezzi fossero utilizzati dall’arcivescovo per controllare queste fortezze ma possiamo supporre che alcuni milites, milanesi o locali, fossero insediati in questi castelli. Le azioni del da Castiglione provano, inoltre, come questi uomini fossero legati più alla Chiesa ambrosiana che alla singola figura dell’arcivescovo. Il presule non poté contare sull’appoggio di questi milites ma avrebbe ricavato la sua forza dalla rete sociale dei da Castiglione, una delle famiglie più importanti della regione. La capacità di resistere all’esercito cittadino, la sconfitta di misura contro la truppa di Erlembaldo e l’abbandono dell’assedio da parte dei milanesi senza la conquista della rocca mostrano come lo schieramento dei da Castiglione potesse rivaleggiare con un esercito cittadino, pur indebolito dall’abbandono di parte dei suoi uomini. Una tale forza non è testimoniata per nessuna delle famiglie capitaneali urbane, segno di una qualità differente del potere dei capitanei rurali. Si tornerà su questo punto nella parte prosopografica, qui ci si può limitare a osservare come, già pochi anni dopo la metà dell’XI secolo, Milano potesse difendere le proprie istanze sia con i castelli arcivescovi sia con un intervento diretto del proprio esercito; dall’altra parte, nel Seprio, sarebbero già protagonisti alcune casate caratterizzate da una forte ostilità alla città.

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Negli anni successivi, la documentazione limita la nostra conoscenza delle relazioni tra Milano e il Seprio, ma alcune carte potrebbero contenere alcuni indizi: il rafforzamento della figura arcivescovile al vertice del sistema politico cittadino avrebbe favorito l’espansione milanese in quest’area. La forte interazione nel regime cittadino tra l’arcivescovo e i nuovi soggetti politici incentivò da una parte l’azione nel mondo cittadino di alcune casate originarie di queste aree ma trasferitesi in città, come i da Porta Romana, dall’altra permise all’élite cittadina di operare in queste zone, favorendo un controllo diretto della città. Testimonia tale capacità di azione dei milanesi la nomina a nuovo arciprete di S. Maria di Velate, negli anni Dieci del XII secolo, di Gualdo, ordinario della chiesa cattedrale milanese e camerario dell’arcivescovo Giordano da Clivio79. L’appoggio milanese alla

politica di Gualdo fu alla base del periodo di prosperità vissuto dalla canonica in questi anni, nei quali la chiesa riuscì a recuperare una serie di beni alienati nei decenni precedenti. Molte di queste acquisizioni ebbero come controparte famiglie di milites locali, quelle più vicine alle posizioni antimilanesi, indebolendo così la loro base economica80. Inoltre, in un atto del

1107, si può constatare come il regime cittadino fosse molto attento a mostrare la propria autorità nella zona: in una refuta su alcune terre che due abitanti di Velate fecero all’arciprete, venne trascritto come primo testimone, Arialdo da Melegnano, già console milanese, uomo vicino sia a Anselmo IV sia a Grossolano81. I rapporti con il Seprio non

furono esclusivamente di sottomissione. Infatti, in certi momenti il regime cittadino cercò di ingraziarsi l’aristocrazia locale: lo testimonia l’annullamento da parte di Anselmo IV delle cessioni di beni promosse dai suoi predecessori, le quali erano finite in mano all’aristocrazia cittadina come comprovato dalla lite tra Oberto da Rho e Gualberto da Velate82.

Inoltre, l’espansione dell’autorità milanese è documentata da un atto del 1170 nel quale sono enunciate alcune esazioni richieste alle comunità del Seprio; vari teste dichiararono di aver visto i messi milanesi raccogliere alcune imposte durante gli anni della guerra contro Lodi83. Tuttavia, lo stesso documento precisa come il Seprio, in un’epoca in

79 La famiglia di Giordano era sicuramente originaria dell’area del Seprio poiché il cognome fa

riferimento alla località di Clivio, poco distante dalla città di Varese e vicino alla strada che dal castello vescovile portava alla città di Como e a Lugano. La posizione strategica per Milano, provata dalle numerose spedizioni cittadine in queste aree durante la guerra contro Como, avrebbe favorito l’urbanizzazione di alcune casate sul modello dei da Porta Romana. Non si conosce quasi nulla della famiglia di Giordano per cui non si può andare oltre questa breve deduzione. Per l’arciprete Gualdo vedi LUCIONI, Cronologia degli arcipreti, p. 20.

80 S. Maria Velate, I, n. 72, pp. 129-130. Nel dicembre 1116 i fratelli Gotefredo e Gualberto figli del fu

Gualberto da Velate rinunciarono a tutti i beni della chiesa che il padre aveva detenuto a titolo di beneficio, livello o per invasionem. Il documento costituisce la fine di una lite che contrappose gli attori per i beni occupati dai fratelli. Tali proprietà ebbero un certo valore se l’arciprete pagò trenta lire.

81 S. Maria Velate, I, n. 63, pp. 115-116.

82 Per la lite tra Oberto da Rho e Gualberto da Velate vedi capitolo 4°, pp. 205-206.

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cui i confini delle varie giurisdizioni erano definiti solo dalla capacità di un determinato regime di imporre la propria autorità, non fosse campo d’interesse solo per Milano: la città di Como, precocemente attiva nell’imporre imposte sul proprio territorio, raccolse una serie di esazioni in certe località della regione nel periodo intercorso tra il 1111 e il 1118. La spedizione notturna contro Varese durante la guerra con Milano è un ulteriore testimonianza delle capacità di Como di agire in questo comitato84. Invece, è assente qualsiasi riferimento

alla famiglia comitale, prova dell’esautorarsi della sua funzione pubblica in uno spazio in cui si era ormai affermata l’autorità urbana e dove si stavano formando tutta una serie di poteri locali di natura comunitaria85. L’assenza del potere comitale perdurò sia

all’esautorarsi del potere comasco, a causa della conquista milanese della città lacustre, sia all’indebolimento dell’autorità di Milano durante gli anni Trenta: non sappiamo se il gruppo antimilanese fu in azione durante il periodo del regime “corradiano” ma è probabile che, a causa delle sconfitte militari e della pressione degli avversari, Milano avesse allentato la propria presa sulla regione.

Le difficoltà della pars Chunradi causarono un rafforzarsi dell’aristocrazia locale e una nuova capacità di operare sul piano politico. Una possibile prova di ciò sarebbe il privilegio con il quale nel 1140 l’arcivescovo Robaldo concesse ai canonici di S. Vittore di Varese che la nomina dell’arciprete di S. Maria di Velate, pur rimanendo arcivescovile, dovesse considerare esclusivamente i candidati di origine varesina. Se da una parte, quest’atto confermò la sottomissione all’autorità arcivescovile, dall’altra attestò una condizione precaria, poiché la conseguenza dell’atto fu il consolidarsi del potere dell’aristocrazia sepriese, i cui membri erano inseriti nella canonica varesina. Non è un caso che nello stesso periodo ricomparvero alcune istituzioni dotate di una certa iurisdictio sul territorio. Tali tentativi di costituire un’autorità di tipo regionale da parte dell’élite sepriese si confrontarono con almeno due problemi: il primo fu la debolezza di queste istituzioni rispetto all’autorità che alcuni soggetti cittadini, come il consolato, avevano acquisito anche in settori extracittadini, portando così molti attori locali a fare riferimento direttamente agli enti urbani86; il secondo è la dipendenza economica della regione dal mondo cittadino come

testimoniato dal pesante indebitamento della canonica di S. Maria di Velate con alcuni

84 Sulle operazioni belliche nel Seprio, tra cui la spedizione dell’esercito comasco contro la filomilanese

Varese, vedi G.P. BOGNETTI, S. Maria Foris portas di Castelseprio e la storia religiosa dei Longobardi, in

L’età longobarda, vol. II, Milano 1966, pp. 617-619 (ed. or. in Santa Marina di Castelseprio, Milano 1948).

85 Per la precocità delle esperienze comunitarie nell’area del milanese e del comasco si deve rimandare,

ancora una volta, a GRILLO, Una fonte.

86 Per un esempio vediMANARESI, n. 5, pp. 9-11. Il caso più emblematico delle molte circostanze in

cui, negli anni Quaranta, le forze sepriesi fecero riferimento alle istituzioni cittadine è quello del 1138 in cui la dinastia dei conti di Castelseprio, per difendere alcuni diritti sulle località di Mendrisio e Rancate, dalle mire della casata dei da Besozzo, si rivolse alla magistratura consolare di Milano.

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personaggi milanesi87. Queste strutture, in realtà avevano sin dalle loro fondamenti un punto

debole: infatti, la configurazione era identica a quella urbana.

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